sabato 30 marzo 2013

Recensione: A casa del diavolo di Romano De Marco


A casa del diavolo - Romano De Marco

Giulio Terenzi è un trentenne ambizioso e un impenitente seduttore: ma proprio quando ogni cosa sembra andare per il meglio, la sua promettente carriera di bancario viene stroncata dall'improvviso trasferimento a Castrognano, un borgo sperduto tra i monti dell'Abruzzo dove si ritrova a gestire, da solo, la piccola filiale della banca per cui lavora. L'impatto con il paese si presenta a dir poco scoraggiante. Il vecchio direttore della filiale, Rinaldi, muore in un misterioso incidente stradale subito dopo aver passato le consegne al giovane collega; esaminando i depositi e i conti correnti, Terenzi nota poi delle gravi anomalie che fanno pensare a una truffa architettata ai danni della baronessa De Santis, una ricchissima ottuagenaria che vive nel palazzo situato di fronte alla banca. Col passare del tempo, gli eventi misteriosi si moltiplicano: strani simboli appaiono all'ingresso di abitazioni i cui proprietari sono scomparsi nel nulla; un bambino inizia a seguirlo come un'ombra, mostrandogli disegni che rappresentano allucinate scene di morte; si vocifera di strani rituali celebrati nei boschi, cui Terenzi non può e non vuole dar credito...




Voto: 

A casa del Diavolo è il thriller che inaugura la collana Nero Italiano di Time Crime (Fanucci). Il protagonista, Giulio Terenzi, risponde alla tipica definizione dell'anti-eroe: è un seduttore ma non si innamora, ed è poco interessato agli altri se non nella misura in cui può ricavarci qualcosa per sé stesso. In seguito a una delle sue avventure amorose con una collega, stroncata senza alcun riguardo per i sentimenti di lei, al giovane, come punizione, viene affidata la direzione della banca di Castrognano, un piccolo paesino all'apparenza inutile e noioso, ma che come nei classici film horror si rivela in realtà un luogo a dir poco infernale.Un po' per gioco, un po' per noia, Terenzi si trova ad indagare sulla morte del suo predecessore lì a Castrognano, il direttore Rinaldi, e sui conti della baronessa De Santis, l'unica cliente ricca della banca del posto, i cui soldi sono gestiti dal figlio in un modo piuttosto inusuale. Le indagini del giovane non arrivano che a sfiorare la soluzione del mistero di Castrognano, quando gli eventi gli precipitano addosso e Terenzi si trova a dover lottare per la sua stessa vita.A casa del Diavolo non appartiene certo all'alta letteratura, ma è comunque una lettura abbastanza piacevole. Lo stile di De Marco è accattivante, fluido, anche se piuttosto semplice, ma questo dipende probabilmente dal tentativo - riuscito - di rendere bene il carattere del protagonista, Terenzi, che racconta in prima persona con toni menefreghisti e lamentosi. 

La prima parte del libro non mi è piaciuta molto, in parte perché Terenzi è un personaggio che sa essere davvero antipatico, in parte perché è abbastanza blanda per un thriller. Ci troviamo davanti alle scene di vita quotidiana del protagonista, e alle sue continue lamentele su quanto è noioso Castrognano, su quanto sono vecchi i suoi abitanti, su quanto è stato antipatico il suo capo a mandarlo lì, e via dicendo, in un vittimismo senza fine. 
La seconda parte è migliore: De Marco scatena l'azione e la sostiene abbastanza bene, riuscendo a destare l'attenzione del lettore e a tenerla viva fino alla fine. Purtroppo, quando ci si ferma a pensare a quello che si è letto, ci si rende conto del miscuglio senza logica che l'autore è stato in grado di creare. Ci sono i satanisti, ci sono le orge notturne nei boschi, ci sono pericolosi e altrettanto attempati assassini, ladri poco brillanti e il classico bambino autistico che per dare un senso di mistero va sempre bene. Naturalmente c'è la dama in difficoltà, per cui Terenzi andrà incomprensibilmente contro il suo stesso carattere, arrivando a rischiare la vita pur di salvarla, un gesto che ha dell'incredibile per un simile personaggio. Solitamente nei libri le varie disavventure fanno maturare il protagonista, ma così non è per Terenzi, che continua a pensare sempre le stesse cose, cioè che le donne esistono per soddisfare la sua vanità e che la sua vita è più importante di qualsiasi altra cosa al mondo, eppure rischia tutto per salvare Assunta, fra l'altro, lanciandosi nella mischia a casaccio. Lui non sa dove sia la donna, né tanto meno se sia realmente in pericolo, ma pensa bene di piombare, da solo, nel quartier generale dei satinisti per cercarla. Una mossa davvero stupida e insensata, come del resto scoprirà Terenzi, a sue spese.

Altra cosa che proprio non mi è chiara è il motivo per cui De Marco abbia aggiunto i satanisti. Non ho compreso il nesso logico con il brillante piano per rapinare la baronessa, e dubito seriamente che esista. Probabilmente l'autore aveva solo bisogno di più carne da mettere al fuoco, ma il risultato è un minestrone di sceneggiature diverse tenute assieme in qualche modo con dello scotch, neanche troppo buono. La parte del gruppo di satanisti fila molto bene, ma quando si scopre da dove il tutto nasce - non ve lo rivelo per non anticiparvi nulla - si rimane perplessi.

Ma veniamo al modo di gestire le indagini di Terenzi, che, dopo pochi giorni dal suo insediamento nella banca di Castrognano, si ritrova con il pallino del detective e decide, senza l'ausilio di indizi, che l'incidente di Rinaldi è in realtà un omicidio e che il figlio della De Santis è un drogato che usa i soldi per loschi affari. Terenzi non ha davvero in mano nulla, se non una fervida immaginazione. Quando, infatti, chiama i colleghi alla banca centrale per far controllare i conti della De Santis, viene preso per un pazzo visionario. Gli indizi successivi si fanno più concreti ma piovono dal cielo, in veste di un bambino autistico con la passione per il disegno macabro e di uno dei satanisti poco furbo, che rivela fin troppi dettagli al nostro Terenzi. 
Un po' come se si fosse costituito, chissà perché. I colpi di scena non sono sempre riusciti, in particolare quello ripreso da Psycho, ma non con altrettanta maestria, sebbene siano comunque interessanti.

Come vi anticipavo, nonostante il miscuglio inspiegabile di più filoni del genere, il libro risulta piacevole, soprattutto grazie alla capacita di De Marco di descrivere le scene d'azione, che sono ben fatte. L'importante è non voler trovare una risposta logica a ciò che succede. Un po' come i classici film d'azione all'amaricana, godibili mentre si guardano, ma finita la visione non rimane proprio nulla.



venerdì 29 marzo 2013

Il tempio degli Otaku #84: “Ken il Guerriero”








Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”! Questa settimana, lasciatemelo dire – ed abbandonare la modestia – abbiamo una vera chicca. No, non mi riferisco all'ennesima serie che conosciamo solo io ed i loro autori. Tutt'altro: parliamo di una vera istituzione, sia in Giappone che in Italia, un manga che ha rivoluzionato gli shonen degli anni '80 portando idee che prima erano semplicemente impensabili e che, con i suoi personaggi carismatici, le vicende toccanti e profonde, i combattimenti avvincenti, ha lasciato un segno su tutte le opere future (ad esempio “Le bizzarre avventure di Jojo” di Hirohiko Araki su cui di tanto in tanto dedico degli appuntamenti). Qualunque appassionato di manga che si rispetti ci si sarà sicuramente imbattuto e l'avrà letto a sua volta. Altrimenti, può sempre documentarsi leggendo la recensione: signori e signori, “Ken il Guerriero” di Buronson e Tetsuo Hara! Buona lettura!

Siamo alla fine del Ventesimo Secolo, alle prese con le conseguenze di terribili incidenti nucleari. I pochi sopravvissuti devono adattarsi ad una vita forzatamente semplice, dovendo fare i conti con la mancanza di risorse – l'acqua su tutti – l'assenza di autorità e il conseguente proliferare di criminali che si approfittano dell'emergenza per fare i loro comodi. Tra un villaggio e l'altro si muove Kenshiro, erede della scuola di combattimento di Hokuto, che usa le nozioni da lui apprese per sgominare i malvagi. E già che c'è, cercare indizi sulla sorte della sua amata, Julia, rapita da uno dei maggiori esponenti della scuola di Nanto, storica rivale di quella di Hokuto. Unendo i suoi obiettivi personali con quelli più “solidali”, Kenshiro conoscerà nei suoi vagabondaggi sia tanti uomini da sconfiggere che tanti innocenti da proteggere.

Per chi si fosse sintonizzato solo ora su queste frequenze, tenete presente che stiamo parlando non solo di un manga di combattimenti, ma di un manga di combattimenti il cui target è più vicino all'infanzia che all'età adulta. Non aspettatevi, perciò, una trama coerente, ideata non di settimana in settimana ma con congruo anticipo – curata da un ancora inesperto Buronson, che comunque si farà le ossa durante lo svolgimento della storia. Nella seconda metà dell'opera, infatti, le cose miglioreranno, raggiungendo addirittura forse un eccesso di zelo nella costruzione delle vicende e dei suoi retroscena.
Ma allo stesso tempo, non abbassate troppo le vostre aspettative, qualunque esse siano. “Ken il Guerriero” peccherà forse di trama ma non nella parte più d'azione. Gli scontri sono infatti curatissimi e di breve durata – a differenza di molti shonen moderni che non capiscono il semplice assioma che allungare il brodo e mantenere alta la tensione non si conciliano bene. La sceneggiatura si intromette con parsimonia: niente inutili chiacchiere – come dimostra la celeberrima frase di Ken “Sei già morto” - e nessuno dei testimoni di turno ha la bella pensata di descrivere nei minimi dettagli il combattimento che sta avvenendo sotto i nostri occhi. Vero, Araki?

Ma soprattutto, i combattimenti hanno una ragione di essere. A parte i cattivi minori che sono tutti uguali – anche fisicamente! - e il cui unico obiettivo è godere del dolore altrui, gli altri personaggi hanno la loro etica ed i loro motivi per combattere. L'esempio lampante è lo stesso Kenshiro, la cui filosofia è far ritrovare il sorriso ai bambini, le principali vittime della fame, delle malattie e della criminalità. Potrebbe sembrare una contraddizione che per riuscirci usi la violenza, ma non è così. Ken, in quanto depositario di poderose capacità da combattente – che però, all'occorrenza, possono anche essere utilizzate per scopi curativi – usa il suo potere per fare del bene: per proteggere chi non ha i mezzi, o in alternativa ispirare con il suo esempio altri a fare lo stesso. E' lui il primo a volere una soluzione più pacifica, come dimostrano i vari tentativi di redimere i cattivi di turno – ad eccezione dei più infimi e implacabili, per cui la pietà non è prevista – ma il suo dolore passa in secondo piano di fronte alla possibilità di rendere felici gli altri. La sua vita non è stata facile, ma è riuscito a trasformare le sue sofferenze in un'opportunità.

Come avrete capito, l'introspezione psicologica, a dispetto dell'esile trama, non manca in “Ken il Guerriero”. Questo vale non solo per il protagonista, ma anche per il resto del cast, a parte poche eccezioni. Mi viene in mente ad esempio Toki, che anche lui usa il potere di Hokuto per curare le persone, oppure Raoul, che al contrario trova questa idea inconcepibile. Mi viene in mente anche Rei, il cui amore per la sfortunata sorella Aili lo portano dapprima a cercare ciecamente la vendetta, e poi (dopo l'incontro con Ken) a difendere la pace. Mi vengono in mente anche le miriadi di personaggi minori, che sebbene durino soltanto lo spazio di poche pagine – spesso per subire l'ennesima angheria – lasciano il segno nella mente del lettore.
Diverso il discorso, purtroppo, per le donne del cast, che pagano lo scotto del fare parte di un manga per ragazzi in un paese fortemente maschilista. Anche perché tutti i “ruoli” disponibili – sorella, fidanzata, combattente (all'occasione), musa ispiratrice... - vengono occupati da una sola persona: Julia. Praticamente tutti gli uomini che l'hanno conosciuta si sono innamorati subito di lei, senza che lei abbia dovuto alzare un dito per ispirare tali nobili sentimenti. Ma il suo cuore, beninteso, batte soltanto per Ken, per cui nutre un'immensa fiducia. Peccato soltanto che lei sia poco “di carne” ed eccessivamente spirituale: non ha un vero carattere, inglobata nella sua funzione di simbolo. Tutto il contrario di Mamiya, l'unica donna che riesce a non essere sopraffatta dall'aura di perfezione di Julia. La sua backstory, sebbene inventata all'ultimo minuto, è drammatica ed puntuale, e il suo rinunciare ad essere donna colpisce il lettore. Il suo unico problema è che non le viene dato abbastanza spazio ed il suo coraggio nel combattere viene vanificato dal non riuscire mai a sconfiggere un nemico.
 
Il tratto di Tetsuo Hara è realistico e si sposa benissimo con l'atmosfera decadente dell'opera. Le fisionomie, seppure molto simili tra loro – come sanno bene i bambini tutti uguali e tutti destinati al medesimo triste destino che compaiono nell'opera – sono verosimili e ben distinguibili tra loro. Anche gli ambienti sono accurati e la costruzione della tavola, per quanto un po' intricata, è personale, molto cinestetica.

...E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima puntata, con il “Tempio degli Otaku”!

Lauren, l'undicenne che pubblicherà un libro grazie a Kickstarter



In tempi di crisi, nei quali è sempre più difficile trovare un contatto con le case editrici, c’è chi decide di auto-pubblicarsi attraverso i mezzi di nuova generazione, che permettono, senza un supporto editoriale e abbassando i costi di pubblicazione, un maggior guadagno finale dovuto all’assenza di “intermediari”. C’è dunque chi decide di intraprendere un progetto editoriale/artistico grazie al denaro di generosi contributi, che non provengono dai prestiti bancari, ma dal crowdfunding su Kickstarter, un sito sul quale è possibile proporre un progetto e cercare qualcuno che lo finanzi attraverso una semplice registrazione.
Sempre più artisti si affidano a questo mezzo per produrre i propri progetti: Amanda Palmer, cantante americana, ha prodotto l’album Theatre is evil lanciando attraverso Twitter la richiesta d’aiuto ai suoi fans e incassando un milione di dollari in poco meno di un mese; Rob Thomas, ideatore del telefilm Veronica Mars, è riuscito a raccogliere 3,8 dei 5 milioni di dollari necessari per la produzione di un film indipendente con i protagonisti della serie –cancellata dal network UPN (oggi CW) nel 2007.
Ma il caso più eclatante è quello di Lauren, una bambina di 11 anni che ha raccolto circa 5.800 dollari dei 5.500 richiesti per auto-pubblicare il suo primo libro, The Clown That Lost His Funny (Il clown che perse verve comica). Il denaro verrà utilizzato per coprire i costi di produzione e l’assunzione di un layouter e un designer. A ringraziare i contribuenti per aver raggiunto questo obiettivo è il padre della bambina, Michael Lukaszewski, che ha curato l’intera campagna, con aggiornamenti riguardo allo status di produzione del libro, chiarendo fin dall’inizio che se non si fosse pervenuti alla cifra stimata, il progetto non sarebbe andato in porto.
In un video di presentazione, Lauren spiega la trama del suo libro; “Hairy è un clown pelato che ama il suo lavoro al circo. Un giorno accade qualcosa di veramente brutto che gli fa perdere la sua capacità di divertire e il lavoro. Inizierà a svolgere mansioni che non gli piacciono, e poi, quello che succede dopo è davvero straordinario”.
Quello che sorge è un dubbio lecito: Lauren è davvero una bimba prodigio bisognosa di una “spinta” economica per realizzare il suo sogno, o solo una dimostrazione che le tecniche di marketing che prevedono la persuasione del consumatore sono efficaci solo se il prodotto viene presentato da un bambino, e in questo caso in realtà Lauren sarebbe solo il volto del progetto? Questo non è dato saperlo, almeno fin quando non si avranno notizie definitive riguardo la pubblicazione, non ancora disponibili in quanto il crowdfunding è stato
chiuso la settimana scorsa.
Ma, a giudicare dalle immagini postate sullo stesso Kickstarter, di certo la bambina è stata guidata nel suo lavoro. Non ci resta che aspettare notizie più precise.
Qui sotto trovate il video di presentazione del progetto.








giovedì 28 marzo 2013

“Anna Karenina”: una storia d'amore? Riflessioni sul libro dal The New Yorker




Un paio di settimane fa, sono stata al cinema con un'amica a vedere “Anna Karenina” e ne sono rimasta piacevolmente colpita. Mi è piaciuta la recitazione dei protagonisti, le ambientazioni, persino le musiche e i meravigliosi costumi. Piena di entusiasmo, volevo scrivere un pezzo su questo film, quando però mi sono imbattuta in internet in un articolo molto interessante pubblicato sul sito di “The New Yorker”, una delle pubblicazioni più interessanti dal punto di vista culturale in lingua inglese. Propongo qui la traduzione di una parte di questo articolo, che offre una lettura interessante della storia e del personaggio di Anna. Buona lettura!

Tratto dall'edizione online di “The New Yorker”

“Anna Karenina”: una storia d'amore?
di Joshua Rothman, pubblicato il 23 novembre 2012



Joe Wright
Qualche settimana fa, era un mercoledì nevoso, mia moglie e io siamo andati a vedere la nuova versione cinematografica di “Anna Karenina”, première newyorkese del film. Prima dell'inizio, il regista Joe Wright, un inglese dai capelli scuri in abito grigio, si è alzato per pronunciare un breve discorso. Ha presentato Keira Knightley, che interpreta Anna, insieme ad Alicia Vikander e Domhnall Gleeson, gli attori che impersonano rispettivamente Kitty e Levin. Wright ha raccontato con grande partecipazione, come un orgoglioso fratello maggiore, di aver lavorato con la Knightley fin dai tempi di “Orgoglio e Pregiudizio”, quando era solo “un'attrice ingenua”. Nel frattempo, ha aggiunto che il suo nuovo film era incentrato sull'amore e su tutti i modi che ha l'amore per renderci umani. Dopodiché, Wright e i suoi attori sono usciti da una porta laterale e il film è cominciato.


La versione di “Anna Karenina” di Joe Wright non è un adattamento diretto del romanzo, ma un'affascinante reinterpretazione espressionista, basata su una sceneggiatura consapevole di Tom Stoppard. Le ambientazioni sono innovative e metafictional, Keira Knightly interpreta Anna con una sensualità drammatica, la scena della corsa a cavallo di Vronsky è vivida e intensa, la storia di Kitty e Levin è dolce, paziente, persino spirituale. Tuttavia, se conoscete e amate il romanzo, troverete che nel film c'è qualcosa che non va. Il problema, credo, è che è troppo romantico. Come nelle promesse di Wright, si tratta di un film sull'amore, ma il romanzo di Tolstoj non è una storia d'amore. Se non altro, “Anna Karenina” è un avvertimento contro il mito e il culto dell'amore.

Quando, dieci anni fa, ho iniziato a leggere “Anna Karenina” per la prima volta – ne sono ossessionato e l'ho riletto sette volte da allora – anche io pensavo che si trattasse di una storia d'amore. Avevo 23 anni e pensavo al matrimonio, per me era ovvio che nel romanzo si parlasse dell'amore, quello buono e quello cattivo, quello saggio e quello avventato. L'ho letto come si legge un libro incentrato sul matrimonio e sull'adulterio. Pensi ai protagonisti e alle loro scelte, “fai il tifo” per un lieto fine. Se succede, ne sei contento, e pensi che se lo siano meritato; se non succede, cerchi di capire che cosa hanno fatto di sbagliato. Ma questa idea “da love story” dell'amore non è propria di “Anna Karenina”. Tolstoj, quando scrisse il romanzo, stava pensando all'amore in modo diverso: un genere di destino, o maledizione, o giudizio; un mezzo attraverso il quale l'universo distribuisce felicità e infelicità, in maniera ingiusta e apparentemente casuale.

Questi pensieri non sono molto romantici, ma sono molto “tolstojani”. Quando iniziò a lavorare ad “Anna Karenina”, Tolstoj semplicemente non aveva abbandonato le tematiche di “Guerra e Pace”. Al contrario, trovò il modo di pensare a molte delle tematiche che lo avevano da sempre interessato - destino, opportunità, la nostra impotenza di fronte alle circostanze e la nostra determinazione a cambiarle – in un contesto diverso. Nel 1873, quando cominciò a scrivere “Anna Karenina”, era occupato a pianificare un romanzo storico su Pietro il Grande. A partire dal 1870, si chiuse nel suo studio a Yasnaya Polyana, a leggere e a prendere appunti, mentre la moglie e l'enorme branco di figli cercavano di mantenere tutt'intorno il più quieto possibile. Ma Pietro il Grande era risultato un argomento troppo epico pure per lui […]. Tolstoj aveva bisogno di un soggetto più maneggiabile, quando fece una scoperta: fra i suoi argomenti si era inserito qualcosa di non pretenzioso e storico, bensì personale, intimo e triste. Nella sua biografia di Tolstoj, Henry Troyat spiega così l'origine del romanzo:

Improvvisamente ebbe un'illuminazione. Si ricordò di un fatto che lo aveva profondamente colpito un anno prima. Un vicino e amico, Bibikov […] viveva con una donna di nome Anna Stepanovna Pirogova, una donna alta, dal viso largo e una natura franca e spontanea, che era diventata la sua amante. Ma negli ultimi periodi l'aveva trascurata a favore della governante tedesca del figlio. Si era persino deciso a sposare la bionda Freulein. Venuta a conoscenza del tradimento, la gelosia di Anna Stepanovna divenne inarrestabile: fuggì via con un mucchio sfatto di vestiti e vagò per la campagna per tre giorni, pazza di dolore. Quindi si gettò sotto un treno merci alla stazione di Yasenki. Prima di morire, inviò a Bibikov un messaggio “Tu sei il mio assassino. Sìì felice, se un assassino può essere felice. Se vuoi, potrai vedere il mio cadavere sui binari di Yasenki.”. Era il 4 gennaio del 1872. Il giorno seguente, Tolstoj si recò alla stazione come spettatore, mentre l'autopsia venne effettuata in presenza di un ispettore di polizia. In piedi in un angolo riparato, aveva osservato ogni dettaglio del corpo della donna disteso sul tavolo, insanguinato e mutilato […]. Che vergogna, pensò, eppure è così casta. […] Cercò di immaginare l'esistenza di quella povera donna che aveva dato tutto per amore, solo per andare incontro a una morte tremenda.

Credo che sia amore, ma quello che davvero interessava Tolstoj non era l'amore in se stesso, ma le sue estreme conseguenze. Quando iniziò a scrivere “Anna Karenina”, introdusse anche altri personaggi e altre storie, fra cui quella di Kitty e Levin, ma senza il “balsamo” della loro vicenda romantica, il fulcro del romanzo è quello che accadde ad Anna Stepanovna. Ciò lo rende diverso da altre storie, nelle quali l'amore è benefico e positivo: se ce l'hai sei felice, se non ce l'hai non lo sei (pensiamo ad esempio a Elizabeth Bennet e Charlotte Lucas in “Orgoglio e pregiudizio”). In “Anna Karenina” l'amore può essere insieme maledizione e benedizione, forza elementare degli affari umani, come la genialità o la rabbia o la forza o la ricchezza. A volte è buono, altre è tremendo, crudele, persino pericoloso. Che Kitty e Levin si innamorino è meraviglioso, ma Anna sarebbe stata molto meglio se non si fosse mai invaghita di Vronsky.

Questa visione dell'amore è accettabile, in teoria, ma in pratica si fa fatica ad accettarla, perché si scontra con la mitologia del sentimento, secondo cui gli amanti che il destino hanno fatto incontrare sono più romantici, più innamorati del resto di noi. Una mitologia che ci spinge a considerare la morte di Anna come un nobile sacrificio. È un modo di pensare seducente, ma folle. Il fatto è che dalla passione fra Anna e Vronsky non è venuto niente di buono, e tutti sarebbero stati meglio se nulla fosse accaduto. La loro relazione è stata una catastrofe per Anna, ovviamente, ma anche per Vronsky, Karenin e il loro figlio Seryozha.
[…]

Se Anna non è l'eroina del romanzo – se non è una martire dell'Amore – che cosa è allora? Decidere cosa pensare della protagonista è una delle sfide centrali di “Anna Karenina”. Alcuni lettori, forse perché si sentono traditi da lei, finiscono per mettere in discussione il suo personaggio, la sua capacità di giudizio e le sue motivazioni. Incapaci di vederla sotto una luce positiva, finiscono per giudicarla in modo negativo. Keira Knightley, durante un'intervista registrata nel corso della prèmiere newyorkese, sembra pensarla così: “[...] molte persone, in molti adattamenti cinematografici (e non li ho visti tutti) hanno considerato Anna come un'eroina, un'innocente, una sorta di creatura santa che viene tradita dal mondo, dal marito, da tutto. Non ho pensato per forza questo l'ultima volta che ho letto il libro. Penso che si possa dire questo di Anna, ma penso anche che lei sia un'anti-eroina”. […] In fin dei conti, forse “anti-eroina” è un termine troppo forte per Anna: Tolstoj, come sostenuto dal critico G. S. Morson, era sensibile all'idea che molte cose cattive non accadono per mala fede, ma per ignoranza. Anna compie atti sbagliati, ma spesso perché sottovaluta le conseguenze negative delle sue scelte. Non ha pianificato di innamorarsi di Vronsky, così per gioco (non è una panterona scatenata) e una delle ragioni per l'infelicità che verrà è che andando a letto con lui, lei ha deluso se stessa. Nel romanzo (così come nel film) Anna si reca a Mosca per fare da paciere tra suo fratello Stiva e la moglie Dolly, che lui ha tradito. Allontanandosi, non vede l'ora di tornare dalla famiglia a San Pietroburgo: “Grazie al cielo” pensa “domani rivedrò Seryozha e Alexei Alexandrovich, e la mia solita vita pia proseguirà come prima.”
[…] Il suo affair con Vronsky è più una tragedia comandata dal destino, che una storia d'amore. E Tolstoj è attento a mostrare che lo stesso vale, anche se in modo opposto, anche per Levin e Kitty, che semplicemente sono stati fortunati, mentre Anna non lo è stata. […] Levin e Kitty non avrebbero potuto finire insieme se non fosse stato per Anna, che ruba Vronsky a Kitty durante un ballo come descritto nelle prime pagine del libro. Quasi una provocazione. Tolstoj mette questo fatto, ossia che l'adulterio di Anna ha gettato le basi per il matrimonio felice dei due, al centro del romanzo dove rimane come un promemoria muto e ironico di quanto i nostri successi possono dipendere dai disastri altrui.

Anteprima: Una pedina sulla scacchiera di Irène Némirovsky e novità: Legami di sangue e La nemica


Esce il 3 Aprile per Adelphi un altro dei romanzi ancora inediti in Italia della famosissima autrice di Suite Francese, Irène Némirovsky. Si tratta di Una pedina sulla scacchiera, un romanzo breve ambientato nei cupi anni Trenta. E’ la storia di un inetto che vive la sua vita senza uno scopo, fin quando non gli si presenta l’occasione di smascherare una truffa in cui sono coinvolti politici, giornalisti e banchieri. Con sagacia e essenzialità, ancora una volta la Nèmirovsky ci racconta una realtà facilmente sovrapponibile a quella odierna.
Anche Elliot Edizioni ha recentemente pubblicato altri due romanzi inediti dell’autrice ucraino-francese - dopo aver lanciato La sinfonia di Parigi e altri racconti, tra l’altro da noi recensito QUI - nei mesi di febbraio e marzo: Legami di sangue e La nemica.

Legami di sangue venne pubblicato per la prima volta nel 1936 su “La Revue des deux Mondes e rappresenta il testo primo sul quale l’autrice sperimenta le finalità di una profonda analisi psicologica dei personaggi, del loro status sociale e sentimentale, successivamente affinate nei romanzi Due e I doni della vita.

La nemica comparì per la prima volta sulla rivista letteraria Les Oeuvres libres nel 1928, pubblicato da un’esordiente Irène Némirovsky con lo pseudonimo Pierre Nérey. Si tratta del secondo romanzo scritto dall’autrice dopo Un bambino prodigio, per certi versi autobiografico: la “nemica” non sarebbe altro che la trasposizione letteraria della madre della Némirovsky.



Una pedina sulla scacchiera - Irène Némirovsky 
«I padri hanno mangiato l’uva acerba e i denti dei figli si sono allegati»: così è scritto nella Bibbia. All’èra dei pirati della finanza e dell’industria, degli imperi economici costruiti sui campi di battaglia, dello sperpero e dell’abiezione (quella che nei suoi appunti Irène Némirovsky chiama «l’èra Golder») è succeduto lo scenario desolante degli anni Trenta: «Disoccupazione... Crisi... Svalutazione del dollaro... Deficit di bilancio...» e «tutti quegli scandali infami, quei processi, quelle bancarotte indecorose» in cui sprofonda la finanza internazionale... Modesto impiegato nell’azienda un tempo appartenuta a suo padre – «il Bohun dell’acciaio, il Bohun del petrolio», una sorta di «re misterioso e malefico» di cui si diceva: «Sui suoi passi nascono la rovina e la guerra» – e poi passata nelle mani di colui che era solo un faccendiere e un prestanome, Christophe Bohun non ha né ambizioni, né speranze, né desideri, né nostalgie. Si lascia svogliatamente amare da una moglie di irritante perfezione e da una cugina da sempre infatuata di lui. «È la pedina» annota ancora la Némirosky sulla minuta del romanzo «che viene manovrata sulla scacchiera, che per due o tremila franchi al mese sacrifica il suo tempo, la sua salute, la sua anima, la sua vita». Alla morte del padre, però, Christophe trova in un cassetto, ben in evidenza, una busta sigillata: dentro, una lista di parlamentari, giornalisti, banchieri che, all’epoca del crac finanziario, avevano ricevuto dal vecchio Bohun somme ingenti per convincere il governo a incentivare i preparativi bellici. Riuscirà questa potenziale arma di ricatto, e di riscatto, a scuoterlo dal suo «molle torpore»? Difficile trovare un romanzo così puntualmente applicabile a temi e fatti di ottant’anni dopo.
Editore: Adelphi
Pagine: 160
Prezzo: € 16,00

Legami di sangue 
 - Irène Némirovsky 

La famiglia Demestre si riunisce ogni domenica a casa della vecchia madre Anna. Anche stavolta intorno alla tavola apparecchiata siedono Alain, Augustin, Albert con le loro moglie i figli, e Manette, ancora senza marito. Tutti sono impegnati a celare le preoccupazioni e i sentimenti che li animano, ma è impossibile non percepire l'atmosfera di freddezza, disprezzo, ipocrisia e invidia provocata dalla decisione di Alain di sacrificare il suo matrimonio per seguire l'amante in Malesia. I fratelli sono contrari e le loro reazioni mostrano quanto tra loro non ci sia una vera unione, né comprensione, né amore: nessuno vuole aiutarlo, nessuno vuole farsi carico delle conseguenze di una simile decisione e l'essere fratelli sembra essere più un peso che un valore. Sarà la prospettiva della morte a dare un senso al legame di sangue e a unire, volenti o nolenti, questi "stranieri" tra loro.
Editore: Elliot
Pagine: 90
Prezzo: € 9,00



La nemica - 
Irène Némirovsky 

Gabri ha una madre bella e frivola, più interessata ai suoi flirt che a prendersi cura delle due figlie. Nel corso degli anni, Gabri ha osservato con odio e rancore il mondo degli adulti, che non le hanno dato né insegnato nulla, costruendo la sua vita sull'assenza d'amore. Ma il tempo è dalla sua parte. Quasi all'improvviso, la bambina taciturna e scostante si trasforma in un'adolescente piena di fascino e gioia di vivere. Forte del potere della giovinezza, Gabri può ora prendersi le sue piccole e grandi rivincite, per giungere alla partita finale con la nemica di sempre. L'odio e l'orgoglio sono i veri protagonisti di questo romanzo di formazione, pubblicato nel 1928 su una rivista letteraria con lo pseudonimo Pierre Nerey (ottenuto dall'anagramma di Irene: Nerey). L'uso di un nome diverso e molti degli elementi narrativi rivelano il carattere dolorosamente autobiografico dell'opera: impossibile non ritrovare nel ritratto impietoso della donna egoista e infedele la madre dell'autrice, che era solita parlare di lei come della "nemica". Secondo romanzo di Irene Némirovsky, mai apparso finora in volume singolo e inedito in Italia, "La nemica" si caratterizza come un atto di rivincita, teatro di sentimenti contraddittori, il cui groviglio potrà sciogliersi e trovare la propria catarsi soltanto nella sua drammatica conclusione.
Editore: Elliot
Pagine: 151
Prezzo: € 16,00


Irène Némirovsky
Irène Némirovsky (Kiev, 1903 - Oświęcim 1942) è stata una scrittrice ucraina naturalizzata francese. Di religione ebraica ma convertitasi al cristianesimo nel 1939, fu arrestata dai nazisti e deportata ad Auschwirz nel luglio del 1942. Morì un mese dopo di tifo. Nel 2004 venne pubblicata postuma la Suite francese (uscita in Italia per Adelphi nel 2005), dopo il ritrovamento del manoscritto. È in corso da allora una vasta riscoperta della sua opera. Tra i suoi libri ricordiamo anche Jezabel (Adelphi, 2007), Due (Adelphi, 2010) e Nascita di una rivoluzione (Castelvecchi, 2012).





mercoledì 27 marzo 2013

W...w...w... Wednesday! (46)





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What are you currently reading? (Cosa stai leggendo?)
What did you recently finish reading? (Quale libro hai finito di recente?)
What do you think you’ll read next? (Quale libro pensi sarà la tua prossima lettura?)





Dopo taaaaanto tempo torno ad aggiornarvi sulle mie letture, con una bella (per me) notizia: finalmente sono riuscita ad accumulare venti libri letti in tre mesi che, per me, non sapete quale sorta di miracolo sia *agita le bandierine*. Ok, non sono esattamente venti perché ne mancano uno e mezzo per raggiungere questo numero, ma vedrete che ce la farò!
Cosa ho letto? Come avrete visto dalle recensioni, le ultime letture sono state Le affinità alchemiche di Gaia Coltorti, Uno splendido disastro di Jamie McGuire, Follia di Patrick McGrath (di cui credo scriverò una recensione), Il ballo di Irene Nemirovsky, Le notti bianche di Dostoevskij. Come dire: dalle stesse alle spalle e viceversa.
Ho trovato infatti le prime due letture pessime, le altre molto belle (anche se su Follia devo ancora chiarirmi un po' le idee). 
Sto cercando di intervallare letture per il blog a letture personali  - l'anno scorso ho fatto un disastro perché quasi tutti i libri che ho letto appartenevano alla prima categoria - quindi, dopo McGrath, mi tocca Gregor di Suzanne Collins, che però, a differenza della trilogia di Hunger Games, sto trovando davvero davvero carino.
Prossimi libri? Oddio, ne ho davvero tanti. Se vorrò sbrigarmi per "concludere il mese" sicuramente leggerò Il mago di Oz! Ma mi attendono, in ordine di urgenza: Buona fortuna! di Barbara Fiorio, La donna del fango di Joyce Caroll Oates, La piramide del caffè di Nicola Lecca, Sulle onde della libertà di Nicoletta Bortolotti. 
Poi, tra quelle personali, avrei una lista lunghissima... Ma forse darò la precedenza a Storia di un corpo di Pennac (o Il grande Gatsby? O Cecità? Voi cosa mi consigliate?).
Non resta altro che passarvi la palla e chiedervi: cosa leggete? Raccontatemi i vostri programmi! 

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Lupo Rosso: sconti fino al 50% per chiusura attività



Una settimana fa Lupo rosso, libreria torinese aperta solo un anno fa - novembre 2011 -  e gestita dalla scrittrice Paola Boni e da Valentina Di Martino, ha tristemente annunciato di essere costretta a chiudere i battenti da ottobre.
La buona notizia, almeno per i lettori, è che i titoli saranno in vendita con sconti dal 30% al 50% tra quelli presenti in catalogo e dal 15% al 20% sulle novità. Se anche non siete di Torino (l'indirizzo del Lupo è via A. Volta 1/H) è possibile comprarli online!
Ma di che libri si tratta? Principalmente fantasy e qualche thriller/horror, con opportunità davvero ghiotte. Le migliori ve le segnalo in questo articolo, tutte da scontare al 50% (tranne La Puma e Petrosino).




Storia di neve - Mauro Corona  € 15,00
Black Frias. L'ordine della penna - Virginia De Winter € 17,50
La città di pietra - Loredana La Puma 20% € 19,50
Sopdet - Lara Manni € 18,50
Tanit - Lara Manni € 16,00
Ti porterò nel sangue - Chiara Palazzolo  € 11,00
Non mi uccidere - Chiara Palazzolo € 11,00
Oltre il Buio - Alberto Petrosino 30%  € 12,90
Hyperversum. Il falco e il leone - Cecilia Randall 50% € 8,90

Il battello del delirio - George Martin €18,00
La signora di Avalon - Marion Zimmer Bradley € 8,90
La sacerdotessa di Avalon - Marion Zimmer Bradley € 8,90
Witch hill - Marion Zimmer Bradley €7,50
La dea della guerra - Marion Zimmer Bradley € 9,00
Gli inferni di zandru - Marion Zimmer Bradley € 22,00

Un ponte per Terabithia (economica) - Katherine Paterson € 8,80

Arthur e il popolo dei minimei (economica) - Luc Besson € 8,80
Arthur e la città proibita (economica) - Luc Besson € 8,80
Arthur e la guerra dei due mondi (economica) - Luc Besson € 8,80
Arthur e la vendetta di Maltazard (economica) - Luc Besson € 8,80


I guardiani del giorno (economica) - Sergej Luk'janenko  € 9,50
Le due torri - Tolkien €9,50
La compagnia dell'anello - Tolkien €9,50
Il ritorno del re - Tolkien €9,50
Lo hobbit - Tolkien €18,00
Il silmarillion - Tolkien €19,00
I figli di Hurin – Tolkien €20,00
Lo Hobbit. Un viaggio inaspettato. La guida ufficiale al film € 17,90

Harry Potter e il calice di fuoco (nuova edizione) - J. K. Rowling € 12,00
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (nuova edizione) - J. K. Rowling € 10,00

Ora e per sempre - Ray Bradbury € 10,00
Il segreto dei maghi - Trudi Canavan  € 18,60
La prescelta e l'erede - Jacqueline Carey € 19,90
La maschera e le tenebre - Jacqueline Carey € 19,90
La spada e la promessa - Jacqueline Carey € 18,00
Nessun dove - Neil Gaiman € 9,90

Le cronache di Narnia - C. S. Lewis  € 22,00


Maximum Ride. La scuola è finita (economica) - James Patterson € 8,90
Maximum Ride. L'esperimento Angel (economica) - James Patterson  € 8,90
Maximum Ride . Il volo finale - James Patterson  € 16,60


Queste oscure materie - Philip Pullman € 22,00
La lama sottile - Philip Pullman € 16,80
Il cannocchiale d'ambra - Philip Pullman € 19,00

Strega d'Aprile - Majgull Axelsson € 18,50
Sono nel tuo sogno - Isabel Abedi € 17,60


Shadowhunter. Le origini - Cassandra Clare € 17,00
Shadowhunter. Città degli angeli caduti - Cassandra Clare  € 17,00
Shadowhunter. Città di cenere (economica) - Cassandra Clare € 10,00
Shadowhunter. Città di vetro (economica) - Cassandra Clare € 10,50
Shadowhunter. Città delle anime perdute - Cassandra Clare € 17,00

Hunger Games - Suzanne Collins € 14,90
La ragazza di fuoco - Suzanne Collins € 17,00
Il canto della rivolta - Suzanne Collins € 17,00

La sedicesima luna (nuova edizione) – Garcia e Sthol € 14,90

Madapple - Christina Meldrum € 19,50
Ragazze lupo - Martin Millar € 19,50
Vex e Kalix - Martin Millar € 19,50
Break. Ossa rotte - Hannah Moskowitz € 9,90

Angelology - Danielle Trussoni  € 18,60

Vampirus - Scott Westerfeld  € 18,50
Apocalypse vampirus - Scott Westerfeld € 18,50
I diari della mezzanotte. I cacciatori della notte - Scott Westerfeld  € 9,90

Altri regni - Richard Matheson € 16,00
Ricatto mortale - Richard Matheson  € 14,00
Io sono leggenda - Richard Matheson  € 9,90

Apocalisse Z - Manel Loureiro  € 16,60

Racconti fantastici - W. Irving
La ricerca dello sconosciuto Kadath - Lovecraft € 4,00
I capolavori – Lovecraft €15,00
The Raven rivisitato da Lou Reed - Poe
I delitti della Rue Morgue - Poe €5,00
Il pozzo e il pendolo e altri racconti - Poe €8,40
Le avventure di Gordon Pym - Poe €7,80
Frankenstein - Mary Shelley €7,80
Frankenstein - Mary Shelley (edizione giunti) € 7,00
Il castello di Otranto - Walpole
Storie di fantasmi - Wharton € 6,00

L'uomo della sabbia - Hoffman €7,80
Un oscuro scrutare - Le Fanu €17,50

La leggenda del vento. La torre nera - Stephen King  € 19,90

AL crepuscolo – Stephen King  € 20,90
La lunga marcia - King (sperling paperback) € 9,90
L'acchiappasogni - King € 11,90
Dolores Claiborne - King € 9,90
Il gioco di Gerald - King € 9,90
Stagioni diverse - King (super best sellers) -  € 11,90
Insomnia - King € 11.90
It - King  €12,50
It - King (sperling economica) € 12,90
Scheletri - King € 11,90
Buick 8 - King € 10,90
Cujo - King € 9,90
Danse Macabre - King (sperling paperback) € 11,90
Duma Key - King € 19,90
L'ultimo cavaliere - King € 13,00

La trilogia di Valis - Philip K. Dick  € 19,90
La città sostituita - Philip K. Dick  € 16,00
Le tre stimmate di Palmer Eldritch  - Philip K. Dick € 9,90

Ma gli androidi sognano pecore elettriche? - Dick € 6,90
I giocatori di Titano - Dick € 9,90
Mary e il gigante - Dick  € 6,90
Il senso inverso - Dick € 12,90
E Jones creò il mondo - Dick € 9,90
Deus Irae - Dick € 9,90
Svegliatevi, dormienti - Dick € 9,90
Confessioni di un artista di merda - Dick € 14,40
Noi marziani - Dick € 7,90
I simulacri - Dick € 13,00
Tempo fuor di sesto - Dick € 9,90
Un oscuro scrutare - Dick € 15,00
Radio libera Albemuth - Dick € 9,90
Follia per sette clan - Dick € 9,90
Lotteria dello spazio - Dick € 9,90
L'androide Abramo Lincoln - Dick € 9,90
Cronache del dopobomba - Dick € 9,90
Nostri amici da Frolix 8 - Dick € 11,90
Scorrete lacrime, disse il poliziotto - Dick € 9,90
Voci dalla strada - Dick € 18,00
La penultima verità - Dick € 16,00
Illusione di potere - Dick € 16,00
Labirinto di morte - Dick € 9,90
Mr. Lars sognatore d'armi - Dick € 16,00
Occhio nel cielo - Dick € 9,90

Vampire Empire. La principessa geomante - Susan e Clay Griffith   € 18,00
Il principe di sangue nero. Vampire Empire - Clay e Susan Griffith  € 19,00



Per dovere di cronaca vi segnalo che sono in sconto (sempre al 50%) i libri di Licia Troisi e Christopher Paolini, ma vi invito a visitare lo store (i prezzi sono in aggiornamento) per visionare tutto il catalogo che, per motivi di spazio, non ho potuto riportare.




martedì 26 marzo 2013

Recensione: Richard Matheson. Tutti i racconti Vol. 4 1999 – 2010


 Richard Matheson. Tutti i racconti Vol. 4   1999 – 2010Tutti i racconti Vol. 4 1999 - 2010Tutti i racconti Vol. 4 1999 - 2010Tutti i racconti Vol. 4 1999 - 2010
Per la prima volta al mondo, raccolti in quattro volumi tutti i racconti di Richard Matheson, definito dalla critica italiana e internazionale come il miglior scrittore al mondo di narrativa breve.
Questo volume raccoglie i 31 racconti, tutti inediti, scritti dal 1999 al 2010 e precisamente:

Sempre prima della tua voce 
Reliquie
E con dolore
È successo ieri
Il prigioniero
Forse vi ricordate di lui
Specchio, specchio…
Telefonata dall’altra parte della strada
Le scarpe di Cassidy
Rapporto intergalattico
La bambina che bussa alla mia porta
Rivoluzione
La collina
Il cucciolo
Barba e capelli
1984 ½
Contraffazione
Voleva vivere
A grandezza d’uomo
L’uomo con la clava
Orgoglio
Il professor Fritz e la casa in fuga
Il re pazzo
La follia del dottor Morton
Un elemento non dimentica mai
Cuore di donna
Ritratto
L’epurazione delle nocciolineI
l rosso è il colore del desiderio
La casa del morto
La finestra nel tempo

Editore: Fanucci, Collana Tif Extra
Pagine: 464
Prezzo: 16,90 €



Voto: 


Ultimo di una raccolta di quattro volumi, questo libro è l’unico composto interamente da racconti inediti. Il testo si lascia leggere molto velocemente invitando il lettore, col suo ritmo veloce e coinvolgente, a cominciare un nuovo racconto non appena si finisce quello precedente.
Probabilmente l’unica avvertenza che mi sentirei di ricordare a chi fosse incuriosito da Matheson è la più banale: non ci troviamo di fronte ad un romanzo, ma ad una serie di racconti completamente slegati fra loro. Questo, che per qualcuno potrebbe essere un elemento negativo o una fonte di disturbo nella lettura, permette di apprezzare la capacità dell’autore di spaziare nel giro di poche pagine dal fantasy all’horror, dal thriller al fantascientifico, con temi e stili di scrittura che mutano di racconto in racconto.
E’ noto che Matheson sia considerato uno dei maestri della narrativa breve e che le sue opere siano state spesso adattate per il cinema. Il motivo si deduce facilmente con la lettura del libro: il merito è di una scrittura viva e frizzante, quasi cinematografica, senza cali di tensione, che scava nel profondo delle paure e delle idiosincrasie dell’americano medio, mettendo a nudo paure, disagi, ossessioni, ogni aspetto più oscuro della natura umana, il tutto condito da finali a sorpresa che riescono a scioccare il lettore.
I temi e le ambientazioni comprendono tutte le sfumature del genere “fantastico”: ci sono vampiri, viaggi nel tempo, persone con paranoie di cospirazione, case infestate, allucinazioni, alieni, gravidanze inconsulte, elementi magici, società distopiche, morti viventi… Anche i riferimenti letterari sono molteplici: in alcuni racconti s’intravede l’eredità degli scritti di Lovecraft e Poe, in altri si nota un’affinità con Stephen King (che, infatti, considera Matheson un maestro), altri ancora, per la precisione scientifica, richiamano nettamente Asimov, mentre la maggior parte sono decisamente inclassificabili. Lo stile è sempre asciutto e scarno, senza fronzoli e con un uso limitato di aggettivi o abbellimenti. Le parole scandiscono in maniera secca il procedere dei racconti, che evitano tòpoi e frasi ad effetto, preferendo un linguaggio semplice che supporta trame ben costruite, con trovate e finali spesso geniali, che creano nel lettore un senso di sorpresa, talora di inquietudine.
Note negative? Volendo essere pignoli, non tutti i racconti sviluppano temi ugualmente intriganti e alcuni lettori potrebbero non apprezzare un uso così generoso di finali a sorpresa, così come il senso di profonda inquietudine, che non si risolve nemmeno nel finale, generato da alcune storie (penso ad esempio all’undicesimo racconto, La bambina che bussa alla mia porta, o al quattordicesimo, Il Cucciolo). 
In conclusione, un libro che consiglio agli appassionati del genere “fantastico”, soprattutto se amanti della narrativa breve, a patto di essere privi del timore di immergersi nelle ossessioni più recondite della civiltà occidentale e disposti ad essere accompagnati, pagina dopa pagina, in ambientazioni e stili ogni volta diversi.
“State attenti: siete nelle mani di uno scrittore che non chiede pietà e non ne concede. Vi spremerà fino all’osso, e quando chiuderete questi libri vi lascerà con il più grande regalo che uno scrittore possa offrirvi: il desiderio di leggerli ancora. Richard Matheson è l’autore che mi ha influenzato più di ogni altro.” Stephen King

Richard Matheson
Nato nel New Jersey nel 1926, ha forgiato il gusto e le caratteristiche del ‘fantastico’ contemporaneo, influenzando profondamente altri linguaggi, dal cinema ai fumetti ai videogiochi. Ha scritto alcuni degli episodi più memorabili di Ai confini della realtà, e diverse sue opere sono state adattate per il grande schermo, tra cui Tre millimetri al giorno e Io sono leggenda, che ha ispirato tre film, di cui l’ultima versione (del 2008), dal titolo omonimo, è stata diretta da Francis Lawrence, con protagonista Will Smith. Richard Matheson ha vinto numerosissimi premi, tra cui l’Edgar Allan Poe e un Bram Stoker alla carriera. Fanucci Editore ha pubblicato anche Incubo a seimila metri, Duel e altri racconti, Ricatto mortale, Io sono Helen Driscoll, La casa d’inferno, Tre ore di pura follia, The Box e altri racconti, che ha ispirato la pellicola del regista Richard Kelly, Altri regni, I migliori racconti e Ghost.

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