Avete mai sentito parlare degli Afropolitan? Io fino a
poco tempo fa no, ma ancora una volta, sfogliando le pagine di uno dei miei mensili
femminili preferiti, mi sono imbattuta in un trafiletto dedicato alla
scrittrice ghanese-nigeriana Taiye Selasi, che ha coniato il termine (crasi di
africano e cosmopolita) usato ora per descrivere una nuova generazione di
giovani africani: cosmopoliti, ben istruiti e dai lavori prestigiosi, come
avvocato, chirurgo e artista. Naturale che tra loro ci siano anche gli
scrittori, come la già citata 32enne Selasi e Teju Cole, nigeriano di 36 anni,
infanzia trascorsa a Lagos e trasferimento negli Stati Uniti, considerato fra
le penne più promettenti di questa corrente.
Dato che siamo soliti associare l'Africa alla guerra e alla
povertà più estrema, ho pensato sarebbe stato interessante conoscere qualcosa
di più su questi autori, che credo siano in grado proporre una nuova visione
della realtà vissuta da una parte di africani.
Taiye Selasi è nata a Londra, cresciuta nel Massachusetts e
ora vive a Roma (perché? Perché non ha
trovato un appartamento a Parigi, dichiara arguta); ha scritto un libro, Ghana
Must Go, che sarà pubblicato in lingua inglese dalla casa editrice Penguin
in aprile e che sbarcherà da noi probabilmente in autunno edito da Einaudi (ne
abbiamo parlato giusto nell’ultima puntata di International release), e fra i
suoi ammiratori annovera scrittori del calibro di Salman Rushdie e Toni
Morrison. Il suo romanzo ha tutte le caratteristiche di una saga famigliare,
che si svolge fra vari continenti e generazioni: Kwaku chirurgo ghanese e la
moglie nigeriana Fola arrivano negli Stati Uniti con i loro 4 figli, perfetti Afropolitan,
ma, a causa di un ingiusto licenziamento per ragioni razziali di Kwaku (che,
umiliato, abbandonerà la famiglia per 10 settimane, per poi ritornare invano), l'unità famigliare si spezza
definitivamente e i protagonisti dovranno affrontare le conseguenze di questa
rottura fino alla fine della loro vicenda. La morte del padre Kwaku sarà la
“spinta” che porterà la famiglia a riunirsi.
Le recensioni da parte di chi ha potuto leggere il libro in
anteprima sono entusiastiche, Teju Cole usa parole molto lusinghiere per
descriverlo: “Ghana Must Go" è insieme la storia del destino di una
famiglia, narrata con ritmo incessante , e un'esplorazione estatica della vita
interiore dei suoi membri. Con la sua prosa perfetta e tecnica impeccabile,
Taye Selasi fa qualcosa di più che semplicemente rinnovare il nostro senso del
romanzo africano: rinnova il nostro senso del romanzo in generale, del periodo.
Un debutto sorprendente.”
Con premesse simili, sembra proprio un libro da non perdere!
Navigando in vari siti stranieri, inoltre, ho scoperto alcune curiosità sulla
Selasi: una donna esuberante e di grande stile, così squisitamente Afropolitan
anche nella sua passione per la moda... in particolar modo per una giacca dello
stilista Alexander McQueen vista in una vetrina di una boutique di Hong Kong e
subito acquistata, un amore a prima vista, tanto è vero che la scrittrice
racconta di essersi rivolta alla commessa dicendole “Non è solo la mia
taglia, ma è la mia giacca. Capisce quello che dico? Mi confonde che sia in
vetrina quando è mia.” Una vera trendy-girl!
Teju Cole è invece l'autore di Open City (non ancora
tradotto in Italia), un altro debutto strepitoso che è stato insignito
lo scorso anno del prestigioso premio Pen Hemingway, dove protagonista è New
York, ma non quella scintillante e WASP dell'Upper East Side, bensì quella
meticcia, crepuscolare e contaminata culturalmente, proprio come lui che ha
un'idea ibrida della letteratura. Open City racconta la vicenda di uno
psicologo tedesco-nigeriano in città nella difficile epoca post 11 settembre,
una vicenda soprattutto notturna, piena di incontri con persone di diverse
nazionalità: cinesi, kenioti ecc.
Anche in questo caso, la critica ha reagito in modo molto
positivo, “scomodando” nomi importanti del panorama letterario come Coetzee.
Cole mostra una vivacità intellettuale e una personalità poliedrica come emerge
da alcune dichiarazioni, in cui racconta di subire suggestioni autorevoli anche
da mondi diversi dalla letteratura, come la fotografia, il cinema, l'arte in
generale.
Credo non si possa negare che questi autori presentino l'”africanità”
in modo forse inedito rispetto ad altri autori africani (e tra loro includerei
anche quegli scrittori trapiantati in occidente, ma dalle radici culturali più
“monolitiche”) e che i loro libri possano rappresentare letture coinvolgenti,
non fosse altro che per la particolarità delle vicende e per il differente
punto di vista. Sarà banale dirlo, ma il mondo sta cambiando e non esiste più
un unico punto di riferimento culturale, bensì molteplici, come molteplici ormai
sono le realtà che vengono mostrate tramite la letteratura. Africa calling mi
verrebbe da dire: io rispondo, voi che fate?
Questa è una realtà che, in tutta onestà, non conosco affatto. Urge informarsi! :D
RispondiEliminaAppena escono in italia li leggerò! ^.^ in effetti libri scritti da africani non ne ho mai letti, e credo che invece possano essere molto interessanti!
RispondiEliminaIo ho letto il libro della Selasi è l'ho trovato davvero fantastico.
RispondiEliminaSeguendo questa tendenza sto leggendo un libro di un altro autore africano e anche questo mi sembra molto valido. Peccato per non abbiano avuto, fino ad ora, la giusta considerazione.
Magari la Selasi creerà una nuova tendenza (sto cercando di infilare il suo libro tra i mille da leggere!). Se c'è qualità, ben venga :)
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