martedì 12 marzo 2013

La nuova generazione di scrittori Afropolitan


Avete mai sentito parlare degli Afropolitan? Io fino a poco tempo fa no, ma ancora una volta, sfogliando le pagine di uno dei miei mensili femminili preferiti, mi sono imbattuta in un trafiletto dedicato alla scrittrice ghanese-nigeriana Taiye Selasi, che ha coniato il termine (crasi di africano e cosmopolita) usato ora per descrivere una nuova generazione di giovani africani: cosmopoliti, ben istruiti e dai lavori prestigiosi, come avvocato, chirurgo e artista. Naturale che tra loro ci siano anche gli scrittori, come la già citata 32enne Selasi e Teju Cole, nigeriano di 36 anni, infanzia trascorsa a Lagos e trasferimento negli Stati Uniti, considerato fra le penne più promettenti di questa corrente.
Dato che siamo soliti associare l'Africa alla guerra e alla povertà più estrema, ho pensato sarebbe stato interessante conoscere qualcosa di più su questi autori, che credo siano in grado proporre una nuova visione della realtà vissuta da una parte di africani.
Taiye Selasi è nata a Londra, cresciuta nel Massachusetts e ora vive a Roma (perché? Perché non ha trovato un appartamento a Parigi, dichiara arguta); ha scritto un libro, Ghana Must Go, che sarà pubblicato in lingua inglese dalla casa editrice Penguin in aprile e che sbarcherà da noi probabilmente in autunno edito da Einaudi (ne abbiamo parlato giusto nell’ultima puntata di International release), e fra i suoi ammiratori annovera scrittori del calibro di Salman Rushdie e Toni Morrison. Il suo romanzo ha tutte le caratteristiche di una saga famigliare, che si svolge fra vari continenti e generazioni: Kwaku chirurgo ghanese e la moglie nigeriana Fola arrivano negli Stati Uniti con i loro 4 figli, perfetti Afropolitan, ma, a causa di un ingiusto licenziamento per ragioni razziali di Kwaku (che, umiliato, abbandonerà la famiglia per 10 settimane, per poi ritornare  invano), l'unità famigliare si spezza definitivamente e i protagonisti dovranno affrontare le conseguenze di questa rottura fino alla fine della loro vicenda. La morte del padre Kwaku sarà la “spinta” che porterà la famiglia a riunirsi.
Le recensioni da parte di chi ha potuto leggere il libro in anteprima sono entusiastiche, Teju Cole usa parole molto lusinghiere per descriverlo: “Ghana Must Go" è insieme la storia del destino di una famiglia, narrata con ritmo incessante , e un'esplorazione estatica della vita interiore dei suoi membri. Con la sua prosa perfetta e tecnica impeccabile, Taye Selasi fa qualcosa di più che semplicemente rinnovare il nostro senso del romanzo africano: rinnova il nostro senso del romanzo in generale, del periodo. Un debutto sorprendente.”
Con premesse simili, sembra proprio un libro da non perdere! Navigando in vari siti stranieri, inoltre, ho scoperto alcune curiosità sulla Selasi: una donna esuberante e di grande stile, così squisitamente Afropolitan anche nella sua passione per la moda... in particolar modo per una giacca dello stilista Alexander McQueen vista in una vetrina di una boutique di Hong Kong e subito acquistata, un amore a prima vista, tanto è vero che la scrittrice racconta di essersi rivolta alla commessa dicendole “Non è solo la mia taglia, ma è la mia giacca. Capisce quello che dico? Mi confonde che sia in vetrina quando è mia.” Una vera trendy-girl!

Teju Cole è invece l'autore di Open City (non ancora tradotto in Italia), un altro debutto strepitoso che è stato insignito lo scorso anno del prestigioso premio Pen Hemingway, dove protagonista è New York, ma non quella scintillante e WASP dell'Upper East Side, bensì quella meticcia, crepuscolare e contaminata culturalmente, proprio come lui che ha un'idea ibrida della letteratura. Open City racconta la vicenda di uno psicologo tedesco-nigeriano in città nella difficile epoca post 11 settembre, una vicenda soprattutto notturna, piena di incontri con persone di diverse nazionalità: cinesi, kenioti ecc.
Anche in questo caso, la critica ha reagito in modo molto positivo, “scomodando” nomi importanti del panorama letterario come Coetzee. Cole mostra una vivacità intellettuale e una personalità poliedrica come emerge da alcune dichiarazioni, in cui racconta di subire suggestioni autorevoli anche da mondi diversi dalla letteratura, come la fotografia, il cinema, l'arte in generale.
Credo non si possa negare che questi autori presentino l'”africanità” in modo forse inedito rispetto ad altri autori africani (e tra loro includerei anche quegli scrittori trapiantati in occidente, ma dalle radici culturali più “monolitiche”) e che i loro libri possano rappresentare letture coinvolgenti, non fosse altro che per la particolarità delle vicende e per il differente punto di vista. Sarà banale dirlo, ma il mondo sta cambiando e non esiste più un unico punto di riferimento culturale, bensì molteplici, come molteplici ormai sono le realtà che vengono mostrate tramite la letteratura. Africa calling mi verrebbe da dire: io rispondo, voi che fate?







4 commenti:

  1. Questa è una realtà che, in tutta onestà, non conosco affatto. Urge informarsi! :D

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  2. Appena escono in italia li leggerò! ^.^ in effetti libri scritti da africani non ne ho mai letti, e credo che invece possano essere molto interessanti!

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  3. Io ho letto il libro della Selasi è l'ho trovato davvero fantastico.
    Seguendo questa tendenza sto leggendo un libro di un altro autore africano e anche questo mi sembra molto valido. Peccato per non abbiano avuto, fino ad ora, la giusta considerazione.

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    1. Magari la Selasi creerà una nuova tendenza (sto cercando di infilare il suo libro tra i mille da leggere!). Se c'è qualità, ben venga :)

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