A casa del diavolo - Romano De Marco
Giulio Terenzi è un trentenne ambizioso e un impenitente seduttore: ma proprio quando ogni cosa sembra andare per il meglio, la sua promettente carriera di bancario viene stroncata dall'improvviso trasferimento a Castrognano, un borgo sperduto tra i monti dell'Abruzzo dove si ritrova a gestire, da solo, la piccola filiale della banca per cui lavora. L'impatto con il paese si presenta a dir poco scoraggiante. Il vecchio direttore della filiale, Rinaldi, muore in un misterioso incidente stradale subito dopo aver passato le consegne al giovane collega; esaminando i depositi e i conti correnti, Terenzi nota poi delle gravi anomalie che fanno pensare a una truffa architettata ai danni della baronessa De Santis, una ricchissima ottuagenaria che vive nel palazzo situato di fronte alla banca. Col passare del tempo, gli eventi misteriosi si moltiplicano: strani simboli appaiono all'ingresso di abitazioni i cui proprietari sono scomparsi nel nulla; un bambino inizia a seguirlo come un'ombra, mostrandogli disegni che rappresentano allucinate scene di morte; si vocifera di strani rituali celebrati nei boschi, cui Terenzi non può e non vuole dar credito...
Voto:
A casa del Diavolo è il thriller che inaugura la collana Nero Italiano di Time Crime (Fanucci). Il protagonista, Giulio Terenzi, risponde alla tipica definizione dell'anti-eroe: è un seduttore ma non si innamora, ed è poco interessato agli altri se non nella misura in cui può ricavarci qualcosa per sé stesso. In seguito a una delle sue avventure amorose con una collega, stroncata senza alcun riguardo per i sentimenti di lei, al giovane, come punizione, viene affidata la direzione della banca di Castrognano, un piccolo paesino all'apparenza inutile e noioso, ma che come nei classici film horror si rivela in realtà un luogo a dir poco infernale.Un po' per gioco, un po' per noia, Terenzi si trova ad indagare sulla morte del suo predecessore lì a Castrognano, il direttore Rinaldi, e sui conti della baronessa De Santis, l'unica cliente ricca della banca del posto, i cui soldi sono gestiti dal figlio in un modo piuttosto inusuale. Le indagini del giovane non arrivano che a sfiorare la soluzione del mistero di Castrognano, quando gli eventi gli precipitano addosso e Terenzi si trova a dover lottare per la sua stessa vita.A casa del Diavolo non appartiene certo all'alta letteratura, ma è comunque una lettura abbastanza piacevole. Lo stile di De Marco è accattivante, fluido, anche se piuttosto semplice, ma questo dipende probabilmente dal tentativo - riuscito - di rendere bene il carattere del protagonista, Terenzi, che racconta in prima persona con toni menefreghisti e lamentosi.
La prima parte del libro non mi è piaciuta molto, in parte perché Terenzi è un personaggio che sa essere davvero antipatico, in parte perché è abbastanza blanda per un thriller. Ci troviamo davanti alle scene di vita quotidiana del protagonista, e alle sue continue lamentele su quanto è noioso Castrognano, su quanto sono vecchi i suoi abitanti, su quanto è stato antipatico il suo capo a mandarlo lì, e via dicendo, in un vittimismo senza fine.
La seconda parte è migliore: De Marco scatena l'azione e la sostiene abbastanza bene, riuscendo a destare l'attenzione del lettore e a tenerla viva fino alla fine. Purtroppo, quando ci si ferma a pensare a quello che si è letto, ci si rende conto del miscuglio senza logica che l'autore è stato in grado di creare. Ci sono i satanisti, ci sono le orge notturne nei boschi, ci sono pericolosi e altrettanto attempati assassini, ladri poco brillanti e il classico bambino autistico che per dare un senso di mistero va sempre bene. Naturalmente c'è la dama in difficoltà, per cui Terenzi andrà incomprensibilmente contro il suo stesso carattere, arrivando a rischiare la vita pur di salvarla, un gesto che ha dell'incredibile per un simile personaggio. Solitamente nei libri le varie disavventure fanno maturare il protagonista, ma così non è per Terenzi, che continua a pensare sempre le stesse cose, cioè che le donne esistono per soddisfare la sua vanità e che la sua vita è più importante di qualsiasi altra cosa al mondo, eppure rischia tutto per salvare Assunta, fra l'altro, lanciandosi nella mischia a casaccio. Lui non sa dove sia la donna, né tanto meno se sia realmente in pericolo, ma pensa bene di piombare, da solo, nel quartier generale dei satinisti per cercarla. Una mossa davvero stupida e insensata, come del resto scoprirà Terenzi, a sue spese.
Altra cosa che proprio non mi è chiara è il motivo per cui De Marco abbia aggiunto i satanisti. Non ho compreso il nesso logico con il brillante piano per rapinare la baronessa, e dubito seriamente che esista. Probabilmente l'autore aveva solo bisogno di più carne da mettere al fuoco, ma il risultato è un minestrone di sceneggiature diverse tenute assieme in qualche modo con dello scotch, neanche troppo buono. La parte del gruppo di satanisti fila molto bene, ma quando si scopre da dove il tutto nasce - non ve lo rivelo per non anticiparvi nulla - si rimane perplessi.
Ma veniamo al modo di gestire le indagini di Terenzi, che, dopo pochi giorni dal suo insediamento nella banca di Castrognano, si ritrova con il pallino del detective e decide, senza l'ausilio di indizi, che l'incidente di Rinaldi è in realtà un omicidio e che il figlio della De Santis è un drogato che usa i soldi per loschi affari. Terenzi non ha davvero in mano nulla, se non una fervida immaginazione. Quando, infatti, chiama i colleghi alla banca centrale per far controllare i conti della De Santis, viene preso per un pazzo visionario. Gli indizi successivi si fanno più concreti ma piovono dal cielo, in veste di un bambino autistico con la passione per il disegno macabro e di uno dei satanisti poco furbo, che rivela fin troppi dettagli al nostro Terenzi.
Un po' come se si fosse costituito, chissà perché. I colpi di scena non sono sempre riusciti, in particolare quello ripreso da Psycho, ma non con altrettanta maestria, sebbene siano comunque interessanti.
Come vi anticipavo, nonostante il miscuglio inspiegabile di più filoni del genere, il libro risulta piacevole, soprattutto grazie alla capacita di De Marco di descrivere le scene d'azione, che sono ben fatte. L'importante è non voler trovare una risposta logica a ciò che succede. Un po' come i classici film d'azione all'amaricana, godibili mentre si guardano, ma finita la visione non rimane proprio nulla.
Ok, mi hai convinta... a non leggerlo :D
RispondiEliminaLa trama mi ispirava, ma leggendo la recensione il mio interesse non ha fatto che calare, calare e calare. La tua recensione invece mi è piaciuta parecchio, hai spiegato e argomentato benissimo le tue opinioni! :)
Grazie :) purtroppo con i thriller è sempre un terno al lotto, sembra un genere facile ma non lo è per niente!
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