venerdì 22 marzo 2013

L'italia e la lettura: dati sempre più scoraggianti





Questo mese è stato pubblicato il “Rapporto sulla promozione della lettura in Italia” da parte dell’Associazione Forum del Libro, su incarico del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I dati che se ne possono ricavare non sono per nulla confortanti: fra tutte, la notizia più desolante è che più della metà degli italiani nell’ ultimo anno non ha mai preso un libro in mano. Secondo le indagini dell’Istat infatti nel 2012 solo il 46% degli italiani dichiara di aver letto almeno un libro (51,9% delle donne e 39,7% degli uomini), un dato di gran lunga inferiore a quello di altri Paesi che possono essere confrontati a livello culturale con l’Italia: Spagna 61,4%, Francia 70%, USA 72%, Germania 82%.
Non che questo sia un problema relativo al solo 2012: mai, da quando esistono queste indagini, in Italia si è superata la quota del 50%, anzi negli ultimi 20 anni circa la situazione risulta stagnante, dopo il grande boom nell’ aumento di lettori registrato fra il 1965 e il 1988.



Anche per quanto riguarda la lettura dei giornali non siamo dei virtuosi: risultiamo al 22° posto in Europa per la diffusione della stampa quotidiana (fonte: Economist), con solo il 36,7% degli intervistati che dichiara di leggere regolarmente uno o più giornali e il 52,1% che ammette di leggerli solo una volta alla settimana.
Le cause di questi indici di lettura così bassi sono molteplici e di origine remota: è opinione largamente condivisa che i livelli di lettura siano influenzati da diversi fattori che possono essere di natura ambientale, culturale, sociale e familiare. Sicuramente fra i fattori preponderanti sono da considerare il grado di istruzione e il livello socio-economico. Tuttavia, fino a una ventina di anni fa l’aumento del numero di italiani che conseguivano un diploma di scuole superiore o una laurea andava di pari passo con l’incremento del numero di lettori, ora non più.
Partiamo dai dati: nel nostro Paese il 45,2% degli adulti fra i 25 e i 64 anni ha conseguito solo la licenza media (la media dell’Unione Europea è del 27%). Tuttavia questa percentuale non spiega la questione: anche il 18,9% dei cittadini laureati e il 41,6% dei diplomati ha dichiarato all’Istat di non aver letto neppure un libro nel tempo libero nel corso del 2012, così come il 31% di dirigenti, imprenditori e professionisti. Evidentemente in Italia, più che negli altri paesi industrializzati, si manifesta una netta discrepanza fra la crescita dei tassi di alfabetizzazione e il numero di lettori.
Proviamo a considerare la questione dal punto di vista editoriale. Questo settore industriale nel nostro Paese comprende oltre 2.200 editori, con 40.000 occupati e un fatturato di circa 3,3 miliardi di euro. Negli ultimi 25 anni si è verificato un grande incremento nella produzione di titoli (da 21.063 a 63.800, +203%), ma una drastica riduzione delle tirature medie (da 6.306 a 3.343 copie per titolo, -48%).
Si può dedurne che gli editori hanno provato ad aumentare il numero delle novità editoriali sperando di stimolare la domanda e smuovere un mercato in fase stagnante.

Riprendiamo in mano, a questo proposito, i dati sui lettori, che ci danno un quadro ancora più interessante: considerando la popolazione italiana, come già detto il 54% del totale non legge, il 20,7% legge meno di 3 libri all’anno ed è quindi formato da lettori “occasionali” o “intermittenti”, che anno per anno entrano ed escono dal mercato librario, anche in relazione alla pubblicazione di bestseller molto pubblicizzati (vedi il caso de “Il Codice Da Vinci”), il 18,4% di persone legge 4-11 libri all’anno, fino ad arrivare al vertice della piramide, formato dal 6,3% della popolazione: i cosiddetti “lettori forti”, che con oltre 12 libri letti all’anno comprano circa la metà dei libri venduti in Italia e che quasi praticamente da soli reggono l’industria editoriale nazionale.

La forte dipendenza dell’editoria italiana dai comportamenti di acquisto di questi lettori forti rende ancora più acuta la crisi che si sta attraversando attualmente: per la prima volta essa si allinea al calo generalizzato dei consumi e tocca anche i lettori più accaniti, i quali finora avevano sempre avuto un comportamento anticiclico, continuando ad acquistare e a leggere libri anche quando gli altri consumi si contraevano.
Negli ultimi due anni invece si è registrato un forte calo di vendite (nel 2011 si sono vendute 1,7 milioni di copie in meno rispetto all’anno precedente e il giro d’affari è diminuito del 3,7%; mentre nei primi nove mesi del 2012 si sono persi altri 4 milioni di copie e un ulteriore 8,7% di fatturato), dovuto in gran parte proprio alla contrazione dei lettori forti (-20%), che diminuiscono di numero e spendono meno.

Questo calo della produzione intellettuale veicolata attraverso i tradizionali canali editoriali viene solo parzialmente compensato da nuove forme di pubblicazione, come i libri digitali. Gli e-book, per quanto in forte crescita, in Italia rappresentano una quota inferiore all’1% delle vendite.

Come uscire da questo trend? Paolo Peluffo, giornalista e Sottosegretario di Stato (uscente) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha proposto una strategia integrata, attivando proposte attraverso le biblioteche e le scuole, che stimolino soprattutto i giovani alla lettura nel tempo libero, potenziando il Centro per il Libro e la Lettura (un istituto autonomo del Ministero per i beni e le attività culturali che ha il compito di divulgare il libro e la lettura in Italia e di promuovere all’estero il libro, la cultura e gli autori nazionali) e difendendo il valore economico del libro.

Potremmo obiettare che i tagli alla cultura certo non aiutano a perseguire questi obiettivi. Speriamo che alle parole seguano i fatti.

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