di Lavinia Scolari
2. Divinità e personaggi contaminatori
Saruman
Il Capo dell’Ordine degli Istari è un personaggio fortemente legato alla contaminazione, di cui è allo stesso tempo vittima e autore.
Contaminato e contaminatore, egli riveste un ruolo centrale nella composizione di Tolkien, che ne delinea un ritratto fortemente connesso alla caduta e al rovesciamento della sua condizione. La prima manifestazione del cambiamento dello Stregone si svolge dinanzi a Gandalf, il quale, recatosi a Isengard in cerca di consigli, è colto da un funesto presentimento alla vista dell’anello che Saruman porta al dito.
“Tu sei venuto, ed era quello lo scopo del mio messaggio. E qui rimarrai, Gandalf il Grigio, e ti riposerai dei lunghi viaggi. Perché io sono Saruman il Saggio, Saruman Creatore d’Anelli, Saruman Multicolore”.
« Lo guardai e vidi che le sue vesti non erano bianche come mi era parso, bensì tessute di tutti i colori, che quando si muoveva, scintillavano e cambiavano tinta, abbagliando quasi la vista.» (Il Signore degli Anelli, p. 327)
La rappresentazione di Saruman come traditore si esprime attraverso la molteplicità cromatica del suo aspetto: il colore cangiante delle vesti rimanda alla sfera dell’ambiguità tipica dell’inganno e della simulazione, in linea con il motivo classico della poikilìa, cara alla tradizione dell’astuzia mitica e del mascheramento.
Ecco le dure le parole adoperate da Éomer per descrivere lo Stregone Bianco:
«Ma per il momento la nostra maggiore preoccupazione è Saruman. Pretende di dominare tutto questo territorio, e da parecchi mesi ormai tra noi infierisce la guerra. […] È arduo lottare contro un tale nemico: è uno stregone al tempo stesso astuto ed abile, esperto nel mutare sembianze. Sembra che passeggi qua e là travestito da vecchio con manto e cappuccio, molto simile a Gandalf, dicono alcuni. Le sue spie riescono ad attraversare le reti dalle maglie più fitte, e i suoi uccelli del malaugurio esplorano i cieli. Non so come finirà tutto ciò, e il mio cuore teme il peggio; mi pare infatti che non tutti i suoi amici vivano a Isengard. Ma se vieni alla reggia te ne renderai conto personalmente.» (LdT, p. 535)
La descrizione di Saruman è quella di un vecchio avido di potere e di dominio, astuto e scaltro. L’ingegno volto al raggiro è subito accostato ad un’altra attitudine dello Stregone, quella al travestimento e al mutamento di sembianze.
L’aspetto cangiante e fallace rende Saruman un personaggio in grado di insinuarsi in ogni vicenda e in ogni luogo, al fine di assorbire conoscenza di molte cose e di allungare la sua ombra di dominio.
Barbalbero riconduce il tradimento di Saruman al suo desiderio di “Potenza”:
«Credo di capire adesso che cosa stia combinando. Sta progettando di diventare una Potenza. Ha un cervello fatto di metallo e di ingranaggi: nulla gli importa di ciò che cresce se non gli serve in un’occasione immediata, ed ora vedo chiaramente ch’egli è un traditore nero». (LdT, p. 578)
Saruman è lo Stregone dell’artificio e dello stratagemma. Egli è un “traditore nero”. L’appellativo segnala il profondo rovesciamento che il personaggio opera sulla sua stessa identità: lo Stregone Bianco si è oscurato, ha ribaltato la sua identità contaminando se stesso e il suo compito in una nera inversione a favore del Nemico.
I progetti di Saruman vengono infranti dalla marcia degli Ent, che muovono contro la rocca di Isengard. Saruman ha perso su tutti i fronti e ora è assediato nell’alta torre di Orthanc. Ma la parte dello Stregone nella storia non è ancora terminata e Gandalf tenta un ultimo incontro con colui che un tempo era stato saggio e sapiente. Compagni vecchi e nuovi e l’intera cavalleria di Rohan si radunano per ascoltare la voce dell’antico Capo dell’Ordine, dalla quale Gandalf mette in guardia con cautela.
«Io verrò con te», disse Gimli. «Voglio vederlo e scoprire se effettivamente vi rassomigliate».
«E come farai a scoprirlo, Messer Nano?», disse Gandalf. «Se sapesse che gli può essere utile, Saruman potrebbe benissimo far sì che i tuoi occhi lo vedano simile a me. E sei tu abbastanza saggio per non lasciarti ingannare dalle sue finzioni?» (LdT, p. 700)
Non è solo la voce l’arma ingannevole che Saruman ha a disposizione. Gandalf teme anche la sua capacità di mutare aspetto e sembiante, non solo di mascherare la realtà, ma più propriamente di contraffarla. Un potere ammaliatore, quello dello Stregone oramai accerchiato, che agisce sulla mente dei suoi interlocutori. Saruman irretisce con una voce apparentemente saggia e dolce, e il suo aspetto è un velo di nebbia sugli occhi e sul cuore.
Ma qual è l’effetto della voce di Saruman, quale l’espediente ch’egli adopera per sedurre e convincere?
Improvvisamente si udì un’altra voce, lenta e melodiosa, il cui suono era già di per sé un incantesimo. Coloro che l’ascoltavano imprudentemente, di rado riuscivano a riferire le parole che avevano udito, e se vi riuscivano rimanevano stupefatti, perché sembravano spoglie di qualunque potere. Rammentavano soltanto, di solito, che era una delizia ascoltare quella voce, e che tutto ciò che essa diceva pareva saggio e ragionevole: nasceva allora in essi il desiderio di sembrare anche loro saggi, accondiscendendo rapidamente. (LdT, p. 701)
Le parole pronunciate dallo Stregone sembrano pregne di sapienza e persuasione. Esse intorpidiscono la mente di chi le ascolta, offuscando il ricordo e la comprensione. La voce maschera la verità, la sua melodia fornisce a questo inganno l’apparenza di ordine e bellezza, ma ciò che provoca è soltanto un obnubilamento dei sensi, che colgono solo il suono indistinto di una voce incantatrice senza attingere ad alcun significato.
Se questi sono gli strumenti e le modalità della contaminazione di cui Saruman è propagatore, restano da indagare le caratteristiche della corruzione da cui Saruman viene colpito. Strumento principale di tale corruzione è il Palantír.
La Pietra Veggente non è uno strumento magico forgiato da Sauron, ma un globo dalle proprietà prodigiose, nato per essere adoperato dai discendenti di Númenor. Le immagini che essa offre, pertanto, non sono né fallaci né false, ma frammenti di verità di cui l’Occhio manipola il senso. La volontà di Sauron opera traendo in errore colui che osserva, lasciando che la paura o l’errore lo invada e lo conduca a compiere quanto il Nemico desidera. Sauron, dunque, si impossessa del Palantír per capovolgerne la funzione e farne un’arma contro i regni degli Uomini. La concordia viene rovesciata in discordia, l’unione in divisione, la pace in guerra, la visione stessa in accecamento e follia. Questo è ciò che accadde a Saruman, divenuto succube dell’Occhio di Mordor:
«È facile immaginare con quanta rapidità l’Occhio scrutatore di Saruman venne intrappolato e ipnotizzato, e come sia stato facile da allora persuaderlo da lontano e minacciarlo quando la persuasione non era sufficiente. Chi soleva mordere era stato morso, il falco dominato dall’aquila, il ragno intrappolato in una rete d’acciaio! Chissà da quanto tempo egli era costretto a recarsi al cospetto di questa pietra per subire interrogatori e ricevere istruzioni! La pietra di Orthanc è talmente protesa verso Barad-dûr che ormai solo una volontà d’acciaio potrebbe trattenere mente e sguardo dal dirigersi costì. E quale forza d’attrazione possiede!» (LdT, p. 725)
Solo una “volontà d’acciaio” può tentare di guardare nel Palantír senza essere sopraffatta, ma Saruman non è capace di vincere con la sua mente la forza contaminatrice di Sauron. L’ambizione dello Stregone diventa un comodo appiglio per l’Occhio, ed egli da cacciatore si tramuta in preda, da contemplatore diventa oggetto contemplato. Sauron corrompe la natura dello Stregone attraverso l’uso sovvertito di uno strumento dei Grandi Re degli Uomini, e fa di Saruman un nuovo seguace, portatore della sua stessa contaminazione che lo deturpa e lo rende idoneo alla corruzione, alla quale partecipa doppiamente, come soggetto e oggetto del contagio, in linea con la sua attitudine all’ambiguità e al doppio.
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