
Scritto da Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi parliamo di un anime che, a volerlo definire in una parola, è ambizioso. Vi basti sapere che è solo uno dei
tasselli di un progetto multimediale comprendente anche un manga, un musical ed
un film, ognuno dei quali comincia con la stessa situazione ma prende strade
differenti, completandosi però a vicenda.
Questa coraggiosa operazione ha
avuto ottimi esiti: per i suoi autori, ovviamente, e anche per il pubblico, che
stranamente ha reagito bene a un'opera di tale complessità. Probabilmente ciò è
dovuto al fatto che nel decennio in cui quest'opera è stata prodotta – gli anni
'90 – già avevano cominciato ad affermarsi anime ad elevato contenuto
psicologico e filosofico, quindi gli spettatori, in un certo senso, erano già
abituati a certe tematiche.
Naturalmente, però, ha aiutato
molto anche la copertina accattivante con cui questo prodotto si è presentato:
anche l'occhio, del resto, vuole la sua parte. Infatti anche a chi non gliene
importa un fico secco di raffinate metafore probabilmente troverà pane per i
suoi denti. Comparto tecnico ai massimi splendori per l'epoca! Bei ragazzuoli
che stanno per tutto il tempo in pose discinte! Temi a dir poco scottanti, con
evidenti simbolismi altrettanto scottanti! Questo, e molto altro, nell'anime
“La rivoluzione di Utena”. Buona lettura (e visione)!
Utena Tenjō è una ragazza a cui
le parole “status quo” non dicono assolutamente nulla. Tradizione vuole che nelle favole le ragazze facciano le principesse e si facciano salvare dai
principi azzurri: nella sua personale favola, invece, vuole essere lei il
principe, e non quella da proteggere. Questa scelta di vita tanto particolare è
dovuta ad un incontro fatto quando era bambina: disperata per la perdita dei
suoi genitori, si era vista arrivare su un cavallo bianco un principe, che le
aveva asciugato le lacrime con un bacio. Dopodiché lui l'aveva lodata per la
sua nobiltà e il suo orgoglio, ingiungendole di conservarli sempre. Utena aveva
quindi domandato se un giorno lo avesse potuto incontrare ancora: lui aveva
risposto dandole un anello, promettendole che se avesse mantenuto le stesse
doti di allora il gioiello li avrebbe fatti riunire.
Sono passati gli anni. Adesso
Utena cerca di fare il principe nell'Accademia Ohtori, su cui aleggia un'aura
di mistero. L'occasione per distinguersi, alla nostra, arriva presto: per la
precisione quando vede un componente del consiglio studentesco, Kyōichi
Saionji, maltrattare una ragazza, Anthy Himemiya. Decisamente troppo per il
nostro principe, già sul piede di guerra.
Per uno strano scherzo del
destino, Utena vince la sposa della rosa: all'inizio una volta, poi due, e alla
fine diventa quasi un'abitudine. Non che al nostro principe piaccia molto: è
disgustata da tutta questa storia, e se potesse ne farebbe volentieri a meno.
Ma c'è Himemiya da proteggere...
E' innegabile che “La rivoluzione
di Utena” sia un anime piuttosto difficile da comprendere. Tutto, nella
comprensione (e gradimento) dell'anime, dipende dalla sensibilità e dall'arguzia
dello spettatore. Però non c'è da aver paura, né farsi venire “i complessi di
inferiorità” : al limite ci si può sempre godere un gradevole sconvolgimento
delle dinamiche delle favole, una storia avvincente, e dei personaggi tanto
problematici quanto interessanti.
L'unico modo, però, che i
personaggi trovano per risolvere – o rimandare... - i loro problemi è
rivoluzionare il mondo. I panni sporchi, ne “La rivoluzione di Utena”, NON si
lavano in famiglia: meglio nell'arena dei duelli, invece, che tra l'altro ha
pure una costruzione che parrebbe proprio fatta apposta per stenderci il
bucato. Il nostro principe, suo malgrado, ci si ritroverà immischiata in pieno:
e magari chissà, forse riuscirà persino a rimuovere le macchie, o quantomeno a
renderle meno visibili – ma indovinate un po'? Non ve lo dico! In ogni caso,
ammesso che ci riesca, ci impiegherà un bel po' per farlo, perché le cattive
abitudini sono cattive a morire. E badate bene che questo discorso non si
applica solo ai personaggi principali ma anche a quelli minori, che avranno il
loro bel quarto d'ora di fama.
Comunque, vi insegno un
trucchetto: la maggior parte delle metafore presenti hanno un significato
sessuale. E fidatevi, anche i più ciechi davanti ai simboli potranno facilmente
fare due più due. Tanto per fare un esempio: secondo voi è una semplice
questione estetica se uno degli edifici più ricorrenti è una torre dalla forma
piuttosto, ehm, evocativa...?
Chiudiamo questo argomento
spinoso, che è meglio. Parliamo invece del comparto tecnico. Essendo la serie
degli anni '90, a
noi viziati spettatori di oggi potrà sembrare un po' carente, ma probabilmente
era il meglio che si potesse avere allora. Il character design grida “shojo” da
tutti i pori; la fotografia è buona, ed è tutto un tripudio di colori –
soprattutto i personaggi, con le loro tipiche capigliature kitsch e
irrealistiche. Ma sono soprattutto la musica e la regia a fare la differenza.
Il regista, Kunihiko Ikuhara, si era già distinto in due serie di Sailor Moon e
non delude le aspettative, regalandoci una direzione personale e adatta ad ogni
frangente. Le musiche, poi, sono se possibile ancora meglio: menzione d'onore
soprattutto per la traccia che anticipa ogni duello, epica e al tempo stesso
orecchiabile. Come dite, vi sembra un mix un po' strano? Beh, allora guardatevi
“La rivoluzione di Utena” e capirete!
E per oggi è tutto, cari amici.
Arrivederci ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”!
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver condiviso la tua opinione!