venerdì 14 ottobre 2011

Il tempio degli Otaku... Trentatreesimo appuntamento "La rivoluzione di Utena"


Scritto da Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi parliamo di un anime che, a volerlo definire in una parola, è ambizioso. Vi basti sapere che è solo uno dei tasselli di un progetto multimediale comprendente anche un manga, un musical ed un film, ognuno dei quali comincia con la stessa situazione ma prende strade differenti, completandosi però a vicenda.
Questa coraggiosa operazione ha avuto ottimi esiti: per i suoi autori, ovviamente, e anche per il pubblico, che stranamente ha reagito bene a un'opera di tale complessità. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che nel decennio in cui quest'opera è stata prodotta – gli anni '90 – già avevano cominciato ad affermarsi anime ad elevato contenuto psicologico e filosofico, quindi gli spettatori, in un certo senso, erano già abituati a certe tematiche.
Naturalmente, però, ha aiutato molto anche la copertina accattivante con cui questo prodotto si è presentato: anche l'occhio, del resto, vuole la sua parte. Infatti anche a chi non gliene importa un fico secco di raffinate metafore probabilmente troverà pane per i suoi denti. Comparto tecnico ai massimi splendori per l'epoca! Bei ragazzuoli che stanno per tutto il tempo in pose discinte! Temi a dir poco scottanti, con evidenti simbolismi altrettanto scottanti! Questo, e molto altro, nell'anime “La rivoluzione di Utena”. Buona lettura (e visione)!

Utena Tenjō è una ragazza a cui le parole “status quo” non dicono assolutamente nulla. Tradizione vuole che nelle favole le ragazze facciano le principesse e si facciano salvare dai principi azzurri: nella sua personale favola, invece, vuole essere lei il principe, e non quella da proteggere. Questa scelta di vita tanto particolare è dovuta ad un incontro fatto quando era bambina: disperata per la perdita dei suoi genitori, si era vista arrivare su un cavallo bianco un principe, che le aveva asciugato le lacrime con un bacio. Dopodiché lui l'aveva lodata per la sua nobiltà e il suo orgoglio, ingiungendole di conservarli sempre. Utena aveva quindi domandato se un giorno lo avesse potuto incontrare ancora: lui aveva risposto dandole un anello, promettendole che se avesse mantenuto le stesse doti di allora il gioiello li avrebbe fatti riunire.
Sono passati gli anni. Adesso Utena cerca di fare il principe nell'Accademia Ohtori, su cui aleggia un'aura di mistero. L'occasione per distinguersi, alla nostra, arriva presto: per la precisione quando vede un componente del consiglio studentesco, Kyōichi Saionji, maltrattare una ragazza, Anthy Himemiya. Decisamente troppo per il nostro principe, già sul piede di guerra.
La situazione le sfugge rapidamente di mano. Si ritrova infatti in un'ala sconosciuta della scuola: un posto dall'architettura quasi fiabesca, sul cui cielo pende un magnifico castello illuminato. Una volta arrivata laggiù, poi, Utena scopre che sta per partecipare ad un particolarissimo duello all'arma bianca: l'obiettivo è trafiggere la rosa appuntata al petto dell'avversario. Il premio è nientemeno che la sopraccitata Anthy: non la fidanzata di Saionji, come Utena credeva, bensì la “sposa della rosa”. Costei, priva di personalità (e di diritti), deve essere donata al vincitore del duello: fino a quando il duellante non verrà in seguito sconfitto/a, poi, lei sarà solamente sua, e gli garantirà il potere di rivoluzionare il mondo.
Per uno strano scherzo del destino, Utena vince la sposa della rosa: all'inizio una volta, poi due, e alla fine diventa quasi un'abitudine. Non che al nostro principe piaccia molto: è disgustata da tutta questa storia, e se potesse ne farebbe volentieri a meno. Ma c'è Himemiya da proteggere...

E' innegabile che “La rivoluzione di Utena” sia un anime piuttosto difficile da comprendere. Tutto, nella comprensione (e gradimento) dell'anime, dipende dalla sensibilità e dall'arguzia dello spettatore. Però non c'è da aver paura, né farsi venire “i complessi di inferiorità” : al limite ci si può sempre godere un gradevole sconvolgimento delle dinamiche delle favole, una storia avvincente, e dei personaggi tanto problematici quanto interessanti.
Personalmente io preferisco vederlo come una storia di gente che, in un contesto decisamente fuori dall'ordinario, cerca di non farsi sconfiggere dalle loro nevrosi. Una delle poche cose alla luce del sole della serie, infatti, è sicuramente il fatto che tutti i personaggi, soprattutto i membri del consiglio studentesco, abbiano seri problemi psicologici, e forse anche di peggio – la cosa viene notata persino in-universe, dove un uomo approfitta di farlocchi consulti per manipolare mentalmente i suoi assistiti. Tanto per farvi un esempio: non c'è una, e dico una, relazione tra fratelli che non abbia un contesto – a volte sottinteso, a volte non concreto, ma a volte anche fin troppo plausibile... - incestuoso. Provate a nominare un qualsiasi difetto caratteriale, scelta drammaticamente sbagliata, avvenimento lacrimevole: c'è un'elevata possibilità che almeno uno dei personaggi ci si sia trovato a che fare. Essere orfani? Naturale, ve l'ho anche detto. Egoismo ai limiti del patologico? Non può mancare. Amicizie molto meno sincere di quello che sembrano? Ne abbiamo diversi esemplari. E l'elenco potrebbe andare avanti tanto, tanto a lungo...

Certamente un cast del genere non è molto realistico: è difficile – per fortuna! - trovare persone tanto disturbate nella vita di tutti i giorni. Tuttavia è piuttosto ben caratterizzato: ognuno ha una bella porzione di episodi dedicati a loro, in cui viene minuziosamente approfondito ogni singolo aspetto della loro personalità. L'immedesimazione, per il motivo sopraccitato, è un po' difficile, ma il coinvolgimento no: a volte può sconfinare nell'antipatia aperta, però può anche capitare di sentirsi tristi per il determinato personaggio, di avere quasi voglia di entrare nello show e gridargli in faccia di fare qualcosa per risolvere la situazione orribile di turno, che diamine.
L'unico modo, però, che i personaggi trovano per risolvere – o rimandare... - i loro problemi è rivoluzionare il mondo. I panni sporchi, ne “La rivoluzione di Utena”, NON si lavano in famiglia: meglio nell'arena dei duelli, invece, che tra l'altro ha pure una costruzione che parrebbe proprio fatta apposta per stenderci il bucato. Il nostro principe, suo malgrado, ci si ritroverà immischiata in pieno: e magari chissà, forse riuscirà persino a rimuovere le macchie, o quantomeno a renderle meno visibili – ma indovinate un po'? Non ve lo dico! In ogni caso, ammesso che ci riesca, ci impiegherà un bel po' per farlo, perché le cattive abitudini sono cattive a morire. E badate bene che questo discorso non si applica solo ai personaggi principali ma anche a quelli minori, che avranno il loro bel quarto d'ora di fama.
Bene, adesso cerchiamo di parlare del simbolismo e delle metafore. Dico “cerchiamo”, perché sono una frana nel leggere tra le righe, quantomeno tra quelle di questa serie. In generale molti affermano che ogni scena, anche la più stupida o insignificante, abbia almeno un significato simbolico. Magari non proprio in tutti i casi, ma in linea generale è vero, persino nelle scene comiche. Fate parecchia attenzione, ad esempio, al teatrino delle ombre presente a metà degli episodi: oltre ad essere molto divertenti, i loro sketch comprendono anche diverse metafore utili a comprendere quello che sta succedendo – in alcuni casi, persino quello che succederà dopo. Non tutte sono proprio comprensibili al primo colpo, ma bisogna almeno apprezzare lo sforzo. Persino gli episodi filler non si sottraggono a questa norma: a prima vista sembrano un ammasso di scene insensate ed assurde, ma in realtà hanno dei significati molto più pesanti, come ad esempio l'omologazione delle masse. Certo, lascia un po' perplessi vederla sotto forma di una ragazza che si mette al collo un campanaccio da mucca solo perché crede essere di un famoso stilista – e pensate che nei momenti più seri è uno dei personaggi meglio caratterizzati di tutti... - ma tant'è.
Comunque, vi insegno un trucchetto: la maggior parte delle metafore presenti hanno un significato sessuale. E fidatevi, anche i più ciechi davanti ai simboli potranno facilmente fare due più due. Tanto per fare un esempio: secondo voi è una semplice questione estetica se uno degli edifici più ricorrenti è una torre dalla forma piuttosto, ehm, evocativa...?

Chiudiamo questo argomento spinoso, che è meglio. Parliamo invece del comparto tecnico. Essendo la serie degli anni '90, a noi viziati spettatori di oggi potrà sembrare un po' carente, ma probabilmente era il meglio che si potesse avere allora. Il character design grida “shojo” da tutti i pori; la fotografia è buona, ed è tutto un tripudio di colori – soprattutto i personaggi, con le loro tipiche capigliature kitsch e irrealistiche. Ma sono soprattutto la musica e la regia a fare la differenza. Il regista, Kunihiko Ikuhara, si era già distinto in due serie di Sailor Moon e non delude le aspettative, regalandoci una direzione personale e adatta ad ogni frangente. Le musiche, poi, sono se possibile ancora meglio: menzione d'onore soprattutto per la traccia che anticipa ogni duello, epica e al tempo stesso orecchiabile. Come dite, vi sembra un mix un po' strano? Beh, allora guardatevi “La rivoluzione di Utena” e capirete!

E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”!

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