lunedì 13 agosto 2012

Recensione: Il signore degli incantesimi di Markus Heitz


Il signore degli incantesimi - Markus Heitz
Mai più: è questa la solenne promessa che Lodrik fa a se stesso. È stato grazie all’aiuto del dio Tzulan che il giovane principe è riuscito a sventare una rivolta e a riportare la pace nella remota provincia di Granburg. Tuttavia la potenza del dio ha altresì scatenato una spaventosa forza distruttiva, convincendo Lodrik a rinunciare per sempre a un simile stratagemma. Almeno fino al giorno in cui un messaggero non gli comunica la notizia della morte del padre, sovrano di Tarpol, e l’ordine di tornare subito nella capitale per essere incoronato re. Una volta giunto a palazzo, infatti, Lodrik non solo deve affrontare l’ostilità dei nobili – che lo considerano troppo giovane e inesperto –, ma anche fare i conti con un’antica profezia, secondo cui l’ascesa al trono del principe farà ripiombare il mondo nel caos dell’Epoca buia. E qualcuno sta tramando nell’ombra per organizzare un attentato, ed evitare così che quella terribile predizione si avveri. Schiacciato dalle responsabilità del suo incarico e dalla paura di cadere vittima dei suoi nemici, Lodrik non ha scelta: se vuole governare su Tarpol – e salvarsi la vita –, deve chiedere di nuovo l’intervento di Tzulan…
Editore: Nord
Pagine: 430 pagine, libro rilegato
Prezzo: € 19,90


A cura di Surymae Rossweisse
Voto:  

Sugli scaffali delle nostre librerie torna un gradito ospite per gli amanti del genere fantasy: l'autore tedesco Markus Heitz. A dire il vero la saga pubblicata in questo momento dalla casa editrice Nord è stata scritta prima di quella che lo ha portato al livello per cui i fan lo conoscono; ed il materiale da leggere non mancherà di certo. Questo, infatti, è soltanto il secondo volume di un ciclo di almeno sei libri, senza contare la seconda serie che ne conta tre. Nel frattempo che arrivino anche gli altri, approfondiamo “Il signore degli incantesimi”, il romanzo fresco di pubblicazione italiana.

Il “tirocinio” forzato nelle vesti di governatore – narrato nel precedente “La profezia del re” - sembra aver dato i suoi frutti. Il principe Lodrik, infatti, non è più lo sprovveduto, capriccioso e grassottello “re dei biscotti”, ma ha subito un'importante maturazione fisica e psicologica. E dovrà sfruttare la lezione piuttosto presto: il padre, il re di Tarpol, è morto, e di conseguenza tocca a lui prendere le redini del paese.
Forte della sua esperienza, e di validi alleati (persino sovrumani), Lodrik torna a casa, ma le sfide sono appena cominciate, sotto tutti gli aspetti. Si va dall'economia – le casse dello stato sono in rovina – alla politica, attraverso riforme che si scontrano con gli interessi dei grandi proprietari terrieri, per niente disposti a rinunciare alla loro supremazia.
Il tutto senza contare l'ambigua profezia che lo vede protagonista, su cui pende il destino del mondo intero. Gli intrighi a suo danno prosperano, ed altri si formano all'orizzonte, anche al di fuori del regno. Come reagira l'ex “re dei biscotti” a tutto questo?

Se dovessi scegliere una parola – e una soltanto – per definire “Il signore degli incantesimi”, probabilmente propenderei per ambizioso. Un autore che decide di buttarsi sul mercato dei romanzi con un ciclo di sei libri merita in pieno questo aggettivo.
Dal punto di vista puramente commerciale poteva rivelarsi una mossa rovinosa, ma anche solo il tentativo è degno di lode. Non voglio illudervi, dicendo che “Il signore degli incantesimi” è un'opera matura e priva di difetti, perché non lo è.

La maggior parte delle mancanze sono dovute alla scrittura, non sempre all'altezza della situazione. Tallone d'Achille – e questo accadrà anche nei romanzi posteriori, seppure in misura minore – è la differenza tra il mostrato e raccontato, una delle tecniche forse più importanti da padroneggiare per uno scrittore fantasy. Andrebbe preferito il primo, ma Heitz usa quasi esclusivamente il secondo, sia nelle scene di combattimento che – e questo è un errore non da poco – nel descrivere i sentimenti dei personaggi.
A tutto ciò aggiungiamoci un ritmo di narrazione che, forse conscio di avere ancora tanto spazio a disposizione, non è esattamente incalzante. A parte queste mancanze, comunque, la scrittura è piuttosto fluida, con una grande varietà lessicale che ben si adatta ai vari contesti; segno, quest'ultimo, che la traduzione è ben curata.

Anche la trama del romanzo è piuttosto ambiziosa. Alla linea narrativa di Lodrik, infatti, si accompagnano diverse sottotrame: della maggior parte è piuttosto chiaro il legame con quella principale, ma per altre questo discorso non vale. E' evidente che l'autore abbia le idee chiare su come si svolga la sua storia – questo è rassicurante – e che tutto verrà spiegato a tempo debito, ma a volte è difficile seguire il filo del discorso. Tutte le trame, comunque, prese singolarmente funzionano, e sono anche avvincenti: non manca mai la voglia di sapere cosa succederà e come questo si collegherà alla storia vera e propria.

Sempre a livello di economia della storia, comunque, è da registrarsi una mancanza abbastanza grave: la mancanza di un vero finale. Quasi tutti i problemi che Lodrik si ritrova ad affrontare non vengono risolti per la fine del romanzo; anzi, non fanno che aumentare. Sono molto avvincenti, e anche plausibili – finalmente qualcuno che non pensi che essere re sia una passeggiata! - ma uno stacco netto avrebbe solo giovato per l'economia della storia, ed avrebbe ingolosito il lettore verso il prossimo capitolo.

Ricollegandosi a quanto detto poco sopra, comunque, c'è un seppure timido tentativo di remare contro i cliché tipici del genere. L'uso della magia non è necessariamente facile, ed anzi nasconde diversi lati pericolosi ed inquietanti; a corte non ci si può fidare con certezza di nessuno; gli interessi economici sembrano un'ottima causa per scatenare sanguinose guerre, ecc. ecc. Non siamo ai livelli di un George R.R. Martin, che quasi ha fatto un voto per sovvertire quanti più stereotipi possibili, ma è da apprezzare lo sforzo.

L'introspezione psicologica ha risultati dignitosi: essendo la schiera dei personaggi piuttosto nutrita, non tutti ne beneficiano allo stesso modo, ma non si può mai parlare di macchiette o comparse. Il protagonista è naturalmente quello più vezzeggiato: la sua crescita – già cominciata nel precedente volume – è trattata con cura, così come il suo approcciarsi agli aspetti più difficili del suo compito. Ha ancora della strada da fare, ma è già a buon punto.
Lo stesso si può dire anche per altri personaggi primari, come la sottilmente inquietante Belkala, il guerriero Nerestro o il golosissimo re Perdòr. A parte Lodrik, non parliamo esattamente di personalità sfaccettate, bensì di un modo di comportarsi assolutamente coerente con i pochi tratti caratteristici presenti, di fatto arricchendo il loro carattere.

Concludendo, “Il signore degli incantesimi” - a proposito: questo titolo non ha praticamente alcun riscontro narrativo... - non è certamente il miglior romanzo di Markus Heitz, che aveva ancora molto da imparare, ma molto piacevole da leggere, ed in grado di creare aspettative nei confronti dei successori. Molte sono le domande a cui dare risposta... risposte che troveremo soltanto leggendo.


2 commenti:

  1. bella recensione..devo dire la verità, è la prima volta che sento parlare di questo autore, ma mi hai molto incuriosita!

    RispondiElimina
  2. i libri che ha scritto su i nani sono strepitosi...

    RispondiElimina

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...