giovedì 23 agosto 2012

La morte del romanzo come presagio della rinascita della scrittura


A cura di Lizy

Carissimi lettori, ieri ho letto questo bellissimo articolo della testata britannica “The Guardian”, un quotidiano che in queste ultime settimane ha arricchito la sua terza pagina di tante notizie interessanti, nonché articoli di discussione e approfondimento in occasione dell’Edimburgh International Book Festival (dall’11 al 27 Agosto), e mi sono detta che era troppo interessante per rimanere appannaggio di chi ha una buona conoscenza dell’inglese. Così, di comune accordo con Malitia, abbiamo deciso di tradurlo. Per i più temerari resta la possibilità di leggerlo in originale all’indirizzo http://www.guardian.co.uk/books/booksblog/2012/aug/22/death-of-the-novel-rebirth-writing. In questo articolo, George Szirtes affronta un tema che ha acceso il dibattito alla Conferenza Mondiale degli Scrittori, riguardo la sopravvivenza del romanzo e il suo rapporto con la poesia, attraverso esempi illustri di narrazione e poesia e cercando le differenze tra i due generi letterari.

Fierce instinct for survival ... Detail from Tiger in a Tropical Storm (Surprised!) by Henri Rousseau. Photograph: Carl De Souza/AFP/Getty Images

Venerdì, 22 Agosto 2012
L’ansia riguardo la sopravvivenza della fiction narrativa può placarsi con una riflessione riguardo la capacità della poesia di reinventarsi per i tempi che cambiano.

Ieri, al Festival Internazionale del libro di Edimburgo, China Miéville (n.d.t. è uno scrittore inglese di romanzi di fantasy e fantascienza) ha tenuto il suo programmatico discorso all’ultima Conferenza Mondiale degli Scrittori sul futuro del romanzo. La discussione si è accesa tra i delegati dopo il suo intervento, ma una delle osservazioni più interessanti è arrivata da Jackie Kay (n.d.t. poetessa e romanziera scozzese), in risposta a quello che ha percepito come un clima di tristezza che guarda con perplessità alla sopravvivenza del romanzo. "Perché i romanzieri temono così tanto la morte del romanzo?" ha chiesto, aggiungendo poi  "I poeti non temono la morte della poesia".

È in atto un forte e costante dibattito sulla morte del romanzo - Will Self (n.d.t. giornalista e scrittore britannico) ha espresso i suoi dubbi in proposito solo questa settimana – ma d’altro canto esiste un dibattito molto meno acceso (se non quasi inesistente) sulla morte della poesia. La vera distinzione che si fa, tuttavia, non è tra romanzo e poesia, ma tra poesia e narrazione. Il romanzo è una forma specifica, ma non è una forma canonica di narrazione, come la lirica romantica, o il sonetto, sono una forma di poesia. I due esempi profondi sono storia e poesia.

Ci sono due istinti essenziali nel rapporto con il mondo attraverso il linguaggio. Il primo è il grido di incontro legato al desiderio di dare una definizione, il secondo è la valutazione delle opzioni a seguito dell'incontro.

The Tyger” è una poesia di William Blake. “Tiger! Tiger!” è un racconto di Rudyard Kipling, introdotto da un verso. Il primo non racconta una storia, ma ci offre una presenza vivida nell’immaginazione; il secondo non si sofferma sulla presenza, se non nella misura in cui si tratta di un aspetto consequenziale. Le conseguenze sono vitali. Per fare un cenno molto breve a Kipling:

“Buldeo stava spiegando come la tigre, che aveva rapito il figlio di Messua, era una tigre fantasma che racchiudeva nel suo corpo lo spirito di un vecchio e malvagio usuraio morto qualche anno prima.
- E io so che è vero, - disse, - perché Purun Dass zoppicava per un colpo che aveva ricevuto in una rissa, quando gli bruciarono i libri dei conti, e anche la tigre di cui parlo zoppica, poiché le orme dei suoi piedi non sono uguali”. (Rudyard Kipling, “Il libro della giungla”)

"Perché Purun Dass zoppicava sempre". Nelle storie c'è sempre un implicito "e poi", e un "perché". Non c'è né un “poi” né un “perché” in Blake. Nessuno legge una poesia come quella di Blake per scoprire cosa succede nell'ultima riga. La fine è l'inizio.
Ci sono varie forme di poesia narrativa. Siamo in grado di distribuire le vecchie categorie e parlare di poemi epici, poesie discorsive, e poesie drammatiche così come poesie liriche, ma c'è qualcosa di significativo in quello che Edgar Allan Poe ha sostenuto: le poesie lunghe non sono altro che poesie brevi legate tra loro mediante una serie di flash.

"La Ballata del Vecchio Marinaio" di Coleridge è una ballata, quindi una storia. Ma anche qui, quando la storia sembra essere il punto focale, non è quello che rimane al lettore. Si tratta piuttosto di un’immagine dopo l’altra, ognuna con il proprio impatto: l'incontro con la natura e l'immaginazione. Lo stesso Marinaio è un personaggio molto sottile, e non è altro che un veicolo semi-trasparente per una serie di incontri con il mondo.
La poesia si ha quando l’immaginario colpisce più dell'unità narrativa.

Le idee di un personaggio e le conseguenze delle sue azioni sono al centro di un romanzo, e ne alimentano la storia. EM Forster si lamentò di dover imporre le storie sui personaggi, ma si sentiva obbligato a farlo, né potrebbe la Miss Prism di Oscar Wilde aver completamente sbagliato nel suggerire che la narrazione ha fatto sì che il bene abbia una felice conclusione e il male una cattiva fine: la felicità e il dolore sono fondamentali nel romanzo nella misura in cui non possono esserlo nella poesia, e anche i grandi romanzi moderni in cui voce narrante e protagonista sembrano quasi intercambiabili, offrono scelte e collegamenti che impediscono al libro di perdersi in una serie di liriche. Siamo abbastanza felici di leggerne brani solo in Omero, Virgilio, Milton, Pope e Wordsworth: sembrerebbe sbagliato conoscere i grandi romanzi attraverso questo o quel passo.

Non vi è alcun senso nel sostenere la supremazia della poesia o della storia: entrambe sono ugualmente importanti. Il poeta e il narratore coesistono nell’essere umano, anche se non nella stessa misura in ogni individuo.
L’essere altamente specifico e stabile per l’intero corso della narrazione del romanzo assorbe molto dal rapporto del lettore con il mondo e il linguaggio, ed è molto probabile che un tale rapporto richiederà – se non sia stato già abbastanza impegnativo – una narrazione diversa sul piano psicologico, così come si potrebbe chiedere ai poeti un diverso costrutto della poesia.
Il romanzo può morire – si sente un po’ stanco a volte - ma l'istinto di raccontare una storia non morirà, né l'istinto di fare poesia.

3 commenti:

  1. Grazie per aver condiviso questo articolo! E' decisamente interessante e solleva dubbi in modo conciso e chiaro.

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  2. Contentissimi di esserti stata utile ^^

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