A cura di Lizy
Carissimi lettori, ieri ho letto
questo bellissimo articolo della testata britannica “The Guardian”, un
quotidiano che in queste ultime settimane ha arricchito la sua terza pagina di
tante notizie interessanti, nonché articoli di discussione e approfondimento in
occasione dell’Edimburgh International Book Festival (dall’11 al 27 Agosto), e
mi sono detta che era troppo interessante per rimanere appannaggio di chi ha
una buona conoscenza dell’inglese. Così, di comune accordo con Malitia, abbiamo
deciso di tradurlo. Per i più temerari resta la possibilità di leggerlo in
originale all’indirizzo http://www.guardian.co.uk/books/booksblog/2012/aug/22/death-of-the-novel-rebirth-writing.
In questo articolo, George Szirtes affronta un tema che ha acceso il dibattito
alla Conferenza Mondiale degli Scrittori, riguardo la sopravvivenza del romanzo
e il suo rapporto con la poesia, attraverso esempi illustri di narrazione e
poesia e cercando le differenze tra i due generi letterari.
Venerdì, 22 Agosto 2012
L’ansia riguardo la sopravvivenza della fiction narrativa può placarsi
con una riflessione riguardo la capacità della poesia di reinventarsi per i
tempi che cambiano.
Ieri, al Festival Internazionale
del libro di Edimburgo, China Miéville (n.d.t. è uno scrittore inglese di romanzi
di fantasy e fantascienza) ha tenuto il suo programmatico discorso all’ultima
Conferenza Mondiale degli Scrittori sul futuro del romanzo. La discussione si è
accesa tra i delegati dopo il suo intervento, ma una delle osservazioni più interessanti
è arrivata da Jackie Kay (n.d.t. poetessa e romanziera scozzese), in risposta a
quello che ha percepito come un clima di tristezza che guarda con perplessità
alla sopravvivenza del romanzo. "Perché i romanzieri temono così tanto la
morte del romanzo?" ha chiesto, aggiungendo poi "I poeti non temono la morte della poesia".
È in atto un forte e costante dibattito
sulla morte del romanzo - Will Self (n.d.t. giornalista e scrittore britannico)
ha espresso i suoi dubbi in proposito solo questa settimana – ma d’altro canto
esiste un dibattito molto meno acceso (se non quasi inesistente) sulla morte
della poesia. La vera distinzione che si fa, tuttavia, non è tra romanzo e poesia,
ma tra poesia e narrazione. Il romanzo è una forma specifica, ma non è una
forma canonica di narrazione, come la lirica romantica, o il sonetto, sono una
forma di poesia. I due esempi profondi sono storia e poesia.
Ci sono due istinti essenziali nel
rapporto con il mondo attraverso il linguaggio. Il primo è il grido di incontro
legato al desiderio di dare una definizione, il secondo è la valutazione delle
opzioni a seguito dell'incontro.
“The Tyger” è una poesia di
William Blake. “Tiger! Tiger!” è un racconto di Rudyard Kipling, introdotto da
un verso. Il primo non racconta una storia, ma ci offre una presenza vivida
nell’immaginazione; il secondo non si sofferma sulla presenza, se non nella
misura in cui si tratta di un aspetto consequenziale. Le conseguenze sono
vitali. Per fare un cenno molto breve a Kipling:
“Buldeo stava spiegando come la tigre, che aveva rapito il figlio di Messua, era una tigre fantasma che racchiudeva nel suo corpo lo spirito di un vecchio e malvagio usuraio morto qualche anno prima.- E io so che è vero, - disse, - perché Purun Dass zoppicava per un colpo che aveva ricevuto in una rissa, quando gli bruciarono i libri dei conti, e anche la tigre di cui parlo zoppica, poiché le orme dei suoi piedi non sono uguali”. (Rudyard Kipling, “Il libro della giungla”)
"Perché Purun Dass zoppicava
sempre". Nelle storie c'è sempre un implicito "e poi", e un
"perché". Non c'è né un “poi” né un “perché” in Blake. Nessuno legge
una poesia come quella di Blake per scoprire cosa succede nell'ultima riga. La
fine è l'inizio.
Ci sono varie forme di poesia narrativa. Siamo in grado di
distribuire le vecchie categorie e parlare di poemi epici, poesie discorsive, e
poesie drammatiche così come poesie liriche, ma c'è qualcosa di significativo
in quello che Edgar Allan Poe ha sostenuto: le poesie lunghe non sono altro che
poesie brevi legate tra loro mediante una serie di flash.
"La Ballata del Vecchio
Marinaio" di Coleridge è una ballata, quindi una storia. Ma anche qui, quando
la storia sembra essere il punto focale, non è quello che rimane al lettore. Si
tratta piuttosto di un’immagine dopo l’altra, ognuna con il proprio impatto:
l'incontro con la natura e l'immaginazione. Lo stesso Marinaio è un personaggio
molto sottile, e non è altro che un veicolo semi-trasparente per una serie di
incontri con il mondo.
La poesia si ha quando l’immaginario
colpisce più dell'unità narrativa.
Le idee di un personaggio e le
conseguenze delle sue azioni sono al centro di un romanzo, e ne alimentano la
storia. EM Forster si lamentò di dover imporre le storie sui personaggi, ma si
sentiva obbligato a farlo, né potrebbe la Miss Prism di Oscar Wilde aver
completamente sbagliato nel suggerire che la narrazione ha fatto sì che il bene
abbia una felice conclusione e il male una cattiva fine: la felicità e il
dolore sono fondamentali nel romanzo nella misura in cui non possono esserlo
nella poesia, e anche i grandi romanzi moderni in cui voce narrante e
protagonista sembrano quasi intercambiabili, offrono scelte e collegamenti che
impediscono al libro di perdersi in una serie di liriche. Siamo abbastanza
felici di leggerne brani solo in Omero, Virgilio, Milton, Pope e Wordsworth:
sembrerebbe sbagliato conoscere i grandi romanzi attraverso questo o quel passo.
Non vi è alcun senso nel
sostenere la supremazia della poesia o della storia: entrambe sono ugualmente
importanti. Il poeta e il narratore coesistono nell’essere umano, anche se non
nella stessa misura in ogni individuo.
L’essere altamente specifico e
stabile per l’intero corso della narrazione del romanzo assorbe molto dal
rapporto del lettore con il mondo e il linguaggio, ed è molto probabile che un
tale rapporto richiederà – se non sia stato già abbastanza impegnativo – una
narrazione diversa sul piano psicologico, così come si potrebbe chiedere ai
poeti un diverso costrutto della poesia.
Il romanzo può morire – si sente
un po’ stanco a volte - ma l'istinto di raccontare una storia non morirà, né
l'istinto di fare poesia.
Grazie per aver condiviso questo articolo! E' decisamente interessante e solleva dubbi in modo conciso e chiaro.
RispondiEliminaContentissimi di esserti stata utile ^^
RispondiEliminaGrazie, Camilla :)
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