domenica 12 agosto 2012

Etichetta Young Adult: ne abbiamo bisogno?


A cura di Surymae Rossweisse


Recentemente mi è capitato sotto mano un articolo sull'ambiguità della definizione “Young Adult”, termine entrato di recente nell'uso quotidiano per designare i libri destinati agli adolescenti - genere di cui si occupa, per l'appunto, colei che ha sollevato la questione, la scrittrice Beth Kephart.
E' infatti una classificazione piuttosto generica: c'è differenza, ad esempio, tra le serie “Gossip Girl” di Cecily von Ziegesar - una misteriosa blogger racconta le vicende più scabrose di un liceo americano d'élite – e la saga di “Twilight” di Stephenie Meyer, in cui predomina l'elemento fantastico. E allora perché sono nella stessa categoria? In base a quale principio si dà per scontato che piacciano entrambe allo stesso tipo di lettore quando l'unico elemento in comune è il target di riferimento?

Se è ragionevole distinguere tra narrativa per bambini e narrativa per adulti, nel pubblico di età intermedia questa “ghettizzazione” risulta quantomeno azzardata, in quanto la durata dell'adolescenza è costante oggetto di dibattito. Tutti, inoltre, sappiamo che mai come in questa fase la maturità fisica e quella psichica viaggiano su binari talvolta anche molto diversi fra loro. Abbiamo quindi editori che considerano gli YA adatti a partire dai bambini di dieci anni e altri che arrivano fino ai venticinque. Se proprio dobbiamo dividere i romanzi per fasce d'età, almeno cerchiamo di istituire dei parametri riconosciuti da tutti!

Una simile confusione non giova a nessuno, né agli addetti ai lavori né al giovane lettore, che magari viene dissuaso dal comprare un determinato romanzo per paura che i suoi contenuti siano troppo infantili. Quando invece sono mamma e papà ad occuparsi dell'educazione letteraria del pargolo, la vaghezza di questa etichetta rischia di far prendere loro dei bei granchi, magari regalando al figlio diciassettenne “Le Cronache di Narnia” ((<<In fin dei conti ha divorato “Eragon”!>>) e al fratellino di nove “The Hunger Games”. 

Non va inoltre sottovalutato il fatto che a volte dietro a questa definizione si celano delle vere e proprie trovate commerciali nate per cavalcare, fin quando è possibile, la moda del momento, rendendo il libro in questione quasi un prodotto usa-e-getta. D'accordo che a quell'età la lettura non è tra gli hobby più popolari, ma non bisognerebbe mai sacrificare la qualità in nome di qualche migliaio di copia in più. Se il lettore scoprisse il trucco potrebbe assumere che tutti gli YA siano fatti alla stessa maniera e con le stesse finalità. Cosa sarebbe successo se si fosse applicato lo stesso (vago) metro di valutazione anche a romanzi più datati? “Il Giovane Holden” avrebbe avuto lo stesso successo? E Mark Twain avrebbe digerito lo smacco di vedere sulla quarta di copertina di “Tom Sawyer”, da lui ritenuto per adulti, la dicitura “Dai sei anni in su”?

La tesi della Kephart è che, anche volendo fare chiarezza sul concetto di YA, non sarebbe possibile in quanto non vi sono mai state reali esigenze di istituire una simile categoria. Cito direttamente le sue parole: << Sicuramente l'etichetta YA non sta “proteggendo” gli adolescenti da letture scandalose (in qualunque modo oggigiorno i lettori scelgano di definire “scandaloso”); non è l'equivalente, in altre parole, di un rating PG. E di certo la definizione YA non ci dice molto riguardo la storia che stiamo per leggere, o sul suo modo di fare arte. “YA” ci dice soltanto che uno o più teenager sono coinvolti. Ma non è importante, in realtà, perché lo stesso accade anche in diversi romanzi per adulti. >>
Un buon libro – ma anche un buon film, un buon disco... - trascende il target a cui è rivolto, e lo dimostrano gli YA che sono riusciti ad imporsi sul grande pubblico, primo tra tutti la saga di Harry Potter. L'età del protagonista – ma anche quella di chi legge - non è e non dovrebbe essere uno dei criteri principali per etichettare e leggere un romanzo. Qualora quest'ultimo sia destinato a diventare un classico, lo farà a prescindere da tutto il resto. Nel frattempo tutto quello di cui abbiamo bisogno, per dirlo con le parole della Kephart, è di un libro a cui credere.

7 commenti:

  1. Bellissimo articolo, Sury... complimenti.
    Effettivamente me lo sono chiesta anch'io il perché si usi l'etichetta Young Adult quando non si tratta nemmeno di un genere letterario. Credo sia un modo generico per catalogare senza dover decidere per forza di cosa tratta un libro, rischiando a volte che capiti qualcosa come la non corrispondenza tra copertina e contenuto del libro.
    Preferirei la vecchia classificazione... anche perché ultimamente i libri definity YA sono romance, nonostante alcuni abbiano l'elemento magico... ma si sa che i romanzi in stile Harmony non hanno tanta appetibilità, quindi si usa l'escamotage del YA.

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  2. Grazie. Facciamo i complimenti anche a mia sorella, però, che mi ha aiutato a "correggere il tiro" :) Onestamente, l'etichetta YA non mi invoglia affatto a comprare un libro, appunto perché non mi dice niente - o al contrario, mi dà sensazioni estremamente negative. Come ho scritto nell'articolo, trovo sia una ghettizzazione inutile, visto che gli adolescenti non sono poi così idioti da non sapere nemmeno scegliersi un libro da soli.

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  3. Eh, già. Avuta la dimostrazione l'altro giorno quando mia sorella mi ha chiesto "Vale, mi presti "L'abbazia di Northanger"? XD

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  4. Si in effetti se ne potrebbe fare a meno... però bon amen... alla fine penso sia più che altro per distinguere i libri destinati agli adulti da quelli destinati ai ragazzi... però si indubbiamente se non ci accosta il genere principale... il termine young adult vuol dire ben poco ^^

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  5. Interessante articolo! :D
    Il termine YA però non è un'etichetta per stabilire un genere in particolare, bensì il target. Può essere YA un fantasy come un mainstream. Anzi, dirò di più: può essere YA un romanzo come un saggio o un manuale.
    Le parole "Young Adult" sono entrate per consuetudine nel linguaggio editoriale, fino a diventare una vera e propria "etichetta". Più che di libri per adolescenti, si parla - in realtà - di libri destinati a un pubblico giovane (e non è la stessa cosa), senza comprendere la narrativa per ragazzi.
    Il termine generalizza tanto, su questo sono d'accordo, però può essere utilizzato come una sorta di traccia per separare ciò che è prettamente per adulti da ciò che non lo è.
    Quanto ai Classici, sono altra storia! Però non è detto che un adolescente legga solo YA e non sappia per questo apprezzare i Classici. Per di più, un cosiddetto YA contemporaneo potrà benissimo diventare un Classico un domani, ciò perché la cosa prescinde dal target (come appunto ho letto a fine articolo).
    Ormai la terminologia è entrata a far parte del mondo letterario, indirizza e consiglia, mica nuoce!

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  6. A me invece sembra che crei solo confusione e dispersione, non si può catalogare sempre tutto

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  7. Lo so, Malitia, ma tu pensa che addirittura hanno dato una definizione alla narrativa non di genere con il termine "mainstream". Alcuni sostengono che, in questo modo, non si è fatto altro che assegnarle un genere di appartenenza. XD
    Catalogare è un modo per mettere ordine, tu affermi che invece crea confusione... è che siamo diversi per definizione (com'è normale che sia) ;)

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