giovedì 30 agosto 2012

Dusty pages in Wonderland presenta... Path for Wonderland


Ci lavoriamo da tempo immemorabile.
Abbiamo impiegato ore, sudore, nottate in bianco e ben QUATTRO revisioni del trailer.
Ma ora ci siamo. Il conto alla rovescia è cominciato.
In occasione del suo secondo compleanno,  Dusty pages in Wonderland sta organizzando una grande gara, qualcosa che non avete mai visto. 
Quattro campoca, dodici chapters.
Tanti libri in regalo.
Un mese di tempo per iscriversi ai giochi. 
A partire da ora.





Noi ci abbiamo messo il cuore. A voi, tocca soltanto partecipare.

Il Bianconiglio vi aspetta...


a Rafflecopter giveaway

(Il form ha l'unico fine di raccogliere le iscrizioni, non è un giveaway e non ci sarà nessun vincitore... almeno per quanto riguarda questo form!)



Per iscriverti al gioco:

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ABBIAMO RAGGIUNTO IL NUMERO MASSIMO, STOP CON LE ISCRIZIONI!

Il tempio degli Otaku #73 "Georgie"


A cura di Surymae Rossweisse

Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi parliamo di un'opera che, per una volta, molti di voi conosceranno, perché il suo anime è stato passato diverse volte da Mamma Mediaset nel corso degli anni. Se lo ricorderanno le ragazze, per le travagliate storie d'amore contenute; e se lo ricorderà qualche ragazzo... per una particolare scena – in seguito censurata, ma il danno era fatto – che lasciava ben poco all'immaginazione.
Probabilmente questa descrizione vi dirà poco, ma la memoria vi tornerà presto. Non vi ricordate di Georgie, la “cara Georgie”? Sì? Bene, perché è proprio del manga omonimo che parleremo oggi, frutto del lavoro di Mann Izawa alla sceneggiatura e Yumiko Igarashi ai disegni. Buona lettura!

Australia, metà del diciannovesimo secolo, dove vive Georgie con sua madre ed i fratelli Abel ed Arthur. Non si può dire che non sia felice, visto che i suoi fratelli le vogliono un gran bene, e non le manca niente; l'unico problema è sua madre Mary, che non perde occasione per darle addosso e farla stare male.
Georgie non comprende le ragioni di tanto astio. Non sa, infatti, che è stata adottata, ed in realtà è figlia di deportati. Mary teme che una volta diventata grande la sua bellezza non passerà inosservata agli occhi di Abel ed Arthur, che sono a conoscenza della verità. Ed infatti è esattamente quello che accade, perché entrambi si scoprono innamorati di Georgie. Non solo sono rivali, non sono nemmeno d'accordo se rivelare alla “sorella” il segreto dietro le sue origini: Abel, che vorrebbe  rivendicarla come sua sposa, preme per dirle tutto, mentre Arthur comprende fin troppo bene quanto tutto ciò le causerebbe dolore.
La diretta interessata non si accorge di questo clima teso, anche perché la sua mente è tutta per il nobile inglese Lowell J. Gray, di cui è innamorata ricambiata. Lui è fidanzato, ma tempo sei mesi – per andare in Inghilterra e sciogliere l'unione – tornerà da lei per sposarla. Ma per Mary è la goccia che fa traboccare il vaso, e durante una scenata dice finalmente a Georgie le sue vere origini.
Naturalmente la nostra è sconvolta, e non l'aiuta il fatto che Abel le si dichiari subito dopo. Decide quindi di non aspettare Lowell, ma di partire alla volta dell'Inghilterra. I suoi “fratelli”, sebbene in tempi e modalità diverse, partono all'inseguimento, sperando di spuntarla sugli altri rivali in amore...

Il manga, a differenza dell'anime, parte subito con Georgie, Abel ed Arthur adulti. Una simile scelta potrebbe lasciare sorpresi, ma invece si dimostra l'approccio giusto, perché vengono evitati inutili filler e allo stesso tempo si mette l'accento sui fatti davvero importanti. In ogni caso, la trasposizione animata è piuttosto fedele: gli unici cambiamenti sono nel finale, totalmente diverso. Nel manga è molto più drammatico... ma lascio a voi la sorpresa e le lacrime.
In fondo, siamo sinceri: al lettore gliene importa fino ad un certo punto di Georgie bambina che corre sui prati... Quello che vogliamo davvero sapere è del triangolo amoroso in atto. O forse dovremmo scomodare altri poligoni? Perché sono tre, i pretendenti della nostra amica: Abel, Arthur – che però non diventa mai una seria minaccia – e Lowell. Non mancheranno le rivali, come ad esempio Marie (dall'ambigua professione) per Abel o Elise per Lowell. Non c'è bisogno di dirvi, però, che per loro sarà molto, molto dura spuntarla.
Contrariamente alle aspettative, e al fatto che la fine ormai la sanno anche i sassi, le relazioni amorose sono davvero coinvolgenti, sia dal punto di vista narrativo che emozionale. Per quanto riguarda il primo, non si può dire che la carne al fuoco non manchi, per la presenza di diversi cliché tipici degli shojo manga dell'epoca, gli anni ottanta. Malattie, piani di morte, la ragazza che (seppure, in questo caso, per breve tempo) si traveste da uomo, e la solita finestra su temi scomodi e scabrosi come la droga o gli abusi sessuali. E non avrete tempo per sbadigliare o per lamentarvi su quanto ognuna di queste cose stata vista centinaia di volte, perché il ritmo è davvero incalzante. E paradossalmente sempre avvincente.
Dal punto di vista psicologico, il lettore che si interessi di accoppiare i personaggi delle sue opere preferite sarà soddisfatto: avrà l'imbarazzo della scelta. Ciascuno dei tre pretendenti, infatti, ama la sua bella in un modo diverso: Abel, in modo impetuoso e passionale; Lowell, che non riesce mai davvero a dimostrare in modo convincente la bontà del suo sentimento; Arthur, che più di ogni altra cosa vorrebbe che Georgie sia felice, non importa con chi. Ciò li rende personaggi diversi gli uni dagli altri, ognuno con le sue ragioni, e nessuno che, in fondo, merita di prevalere sull'altro. E' innegabile che Mann Izawa avrebbe potuto fare qualcosa di più per la loro introspezione psicologica – in particolare i motivi per cui si innamorano potevano essere definiti meglio – ma il quadro è soddisfacente anche così.
Vi chiederete che faccia Georgie in tutta questa situazione; e già che ci siamo, meglio sfatare un falso mito a cui credono generazioni di lettori/spettatori. Georgie non è una ragazza di facili costumi. Lei ama veramente tutti e tre: cambiano le modalità, ma non la profondità e – me lo si conceda – la purezza d'animo. E' soltanto indecisa, e gravata dalla consapevolezza che qualunque sua scelta causerà sofferenza a tutti gli altri, non ultimo sé stessa. Non è affatto una mangiatrice di uomini, ed ogni suo comportamento ambiguo è da imputarsi solo ed esclusivamente all'ingenuità.
Quest'arringa già vi dovrebbe far capire come la nostra protagonista sia ben caratterizzata e, se vogliamo, anche carismatica. Ciò non cambia che Georgie sia una vera e propria Mary Sue – nel gergo delle fanfiction, i personaggi perfetti in tutto e per tutto. Una storia di famiglia quanto mai travagliata, un carattere pepato ed intraprendente sotto cui però si nasconde il pio desiderio di avere una vita serena con l'uomo che ama, l'essere amatissima dalla maggior parte del cast e odiata a morte dal resto. Eppure, non si riesce a detestarla, perché – come dire? - non lo fa apposta. E' una ragazza estremamente semplice, che nemmeno si accorge di tutte le attenzioni che suscita. Non a caso, è quella che rimpiange più di tutti i bei tempi in Australia, quando lei, Abel ed Arthur erano solo fratelli e non c'erano tutte queste complicazioni. Ma attenzione, Georgie non si piange addosso. E' quella che in Giappone chiamano “otomechikku” - la tipica orfanella degli shojo anni '70/'80 – tuttavia si autocommisera molto meno di quanto ci si potrebbe aspettare. Ciò non le impedisce di provare dolore, la sua situazione è obiettivamente difficile.
N.d.M.: ma perché hanno questi occhi
stranissimi?


E' venuto il momento di parlare del tratto di Yumiko Igarashi, di cui avevamo già trattato qualche tempo fa con “La spada di Paros”. Meglio rinfrescarsi la memoria, però. Abbiamo uno stile che deve tutto, o quasi, alla sua epoca, di cui riprende con fedeltà gli stilemi: perciò non potranno mancare tonnellate di fiori a ricoprire ogni singolo centimetro vuoto della tavola, primi piani con i volti – a dire il vero tutti un po' simili tra loro – dei personaggi, una certosina cura per i dettagli e sfumature fatte con grande perizia. E all'epoca mica si poteva barare con la computer graphic...

…E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!




La sigla dell'anime! 

Hollywood e le fiabe: nuove rivisitazioni presto sul grande schermo

A cura di Lamia


Quando una novità sbanca i botteghini  è risaputo che a Hollywood non si lasciano scappare l'occasione di ripropor allo sfinimento, nel bene e nel male. Così, insieme alla nuova ondata di supereroi dei comics che quest'anno hanno invaso il grande schermo, sono arrivate anche le fiabe.


Qualcuno le ripropone cambiando le carte in tavola, come Rupert Sanders nel suo Biancaneve e il cacciatore (Snowhite and the Huntsman), in cui introduce un'Armata Oscura, composta di invincibili guerrieri di vetro, a cui fa capo la strega cattiva, Ravenna (la bellissima Charlize Theron). Come nella fiaba originale, Ravenna consulta spesso il suo fidato specchio magico per assicurarsi di essere sempre la donna più bella del regno. Le cose cambiano quando Biancaneve (Kirsten Stewart) compie quindici anni. Scoprendo che la ragazza è destinata a superarla in bellezza, la strega manda Eric il Cacciatore (Chris Hemsworth) a catturarla. Quest'ultimo, a sorpresa, finisce per allearsi con Biancaneve iniziandola anche all'arte della guerra.
Siamo dinnanzi a una Biancaneve inedita, che abbandona trine e merletti per indossare l'armatura, e a una strega così bella da ribaltare, completamente, l'idea delle vecchie bitorzolute e rugose cui ci siamo abituati da piccoli.
Il film è stato votato 3/5 su Comingsoon



Tarsem Singh è più fedele alla trama originale nel suo Biancaneve (Mirror Mirror), in cui Biancaneve (Lily Collins), fugge dalla Regina cattiva (Julia Roberts), che la vuole uccidere e trova rifugio presso i nani. Qui, imparerà come combattere per riprendersi il trono che le spetta di diritto, salvare il suo popolo, vessato dalle ingiustizie della Regina, e riprendersi il Principe (Armie Hammer), prigioniero di un incantesimo che lo lega a quest'ultima. Un rovesciamento di ruoli in cui è la donna a salvare l'amante e non viceversa e un'altra strega bellissima… pare proprio che Hollywood si sia divertita a reinventare i personaggi classici delle fiabe.
Il film è stato votato 3/5 su Comingsoon






In lavorazione per Walt Disney Pictures sono, invece, altri due film sempre di questo genere: Maleficent -previsto per il 2014- e Il grande e potente Oz -previsto per l'8 marzo 2013.


In Maleficent, Robert Stromberg, riprende la favola de La bella addormentata nel bosco, narrata, però, dal punto di vista della strega, Maleficent appunto, interpretata da un'altra bellissima attrice, Angelina Jolie. Del cast fa parte anche Vivienne, la figlia di Brad e Angelina, nel ruolo di Aurora bambina, personaggio che passerà poi a Elle Fanning interprete di Aurora adolescente.



Il Grande e potente Oz, diretto da Sam Raimi, si propone, invece, come prequel (e anche qui sappiamo quanto Hollywood ami questa parola) de Il Mago di Oz del 1939. Ancora una volta l'attenzione sarà rivolta al mago Oscar Diggs (James Franco) e al suo passato. In breve, Oscar è un mago con la fama di ciarlatano, che scappa dal Kansas e si ritrova nel magico mondo di Oz. Qui tutto sembra arridergli e le varie avventure, fra cui l'incontro con Theodora, Evanora e Glinda (Mila Kunis, Rachel Weisz e Michelle Williams), lo proteranno a diventare un vero mago.


Ennesima mancanza di fantasia o voglia di mettersi alla prova? Voi cosa ne pensate? Avete già visto o avete intenzione di vedere qualcuno di questi film?

mercoledì 29 agosto 2012

Recensione: La pittrice di anime di Isabel Wolff

A cura di Lizy

La pittrice di anime – Isabel Wolff 
Mentre gli occhi si fermano alle apparenze, il cuore coglie l’essenza reale delle cose...Ella è una ritrattista di grande successo e sensibilità: dalle sue opere emergono le sfumature più intime delle persone. Il suo atelier diviene così un luogo nel quale tirare fuori sé stessi, per conoscersi meglio. Perché dietro ogni volto si nasconde una storia che vale la pena di essere raccontata. C’è una donna che guarda al passato con cui vorrebbe riconciliarsi, mentre un’altra tenta di convivere con i primi segni del tempo; e poi c’è lui, un uomo che con la sua presenza diventa sempre più importante. Incontro dopo incontro, Ella percorre un cammino fatto di empatia e conoscenza, fino a quando una lettera inattesa non la obbligherà a riscrivere la propria storia familiare, confermando con ancor più forza l’ingannevole peso delle apparenze. Ora non resta che dipingere quel ritratto, che la illuminerà come solo la vita stessa, con tutta la sua meraviglia, sa fare.


Voto: 

C’è chi riesce a catturare un carattere, un’emozione, un modo di essere intingendo il pennello in un colore specifico per poi tracciarlo sulla tela, che più di una fotografia riesce ad immortalare non solo un attimo specifico, ma tutti gli istanti che compongono la vita umana. Per questo è più interessante dipingere le persone anziane: perché nei loro occhi e in ogni singola ruga si può leggere il loro vissuto. È quello che sostiene Ella, la protagonista di questo libro, una ritrattista di mestiere che ha cominciato col disegnare suo padre per non dimenticarlo. Perché suo padre non è venuto a mancare, ma un brutto giorno ha abbandonato lei e sua madre, per scappare con l’amante. E così sua madre ha dovuto crescerla e rifarsi una vita, con Roy, dal quale ha avuto un’altra figlia, Clohe, in procinto di sposarsi con Nate, al quale Ella deve fare un ritratto. Il problema è che Ella non vede di buon occhio il ragazzo e teme che la cosa trasparirà dal ritratto.

Narrazione interessante, ma a tratti lenta, “La pittrice di anime” è un romanzo molto discorsivo, forse anche troppo, ma un bel libro, se non altro perché ci trasporta in un mondo particolare come quello della pittura. Di certo la vicenda è più arzigogolata rispetto a come ve l’ho riassunta, ma avrei rischiato di dirvi un po’ troppo. Il bello sta nell’incontro con i tanti “modelli” che posano per i quadri e delinearne stati d’animo e pensieri attraverso gli occhi della protagonista, per cui il titolo corrisponde appieno a quello che realmente lei è, caricata di un’empatia che però è anche una maledizione, perché la spinge anche a soffrire insieme ai suoi soggetti.
Sicuramente il messaggio fondamentale del libro è che la verità ha un numero di facce pari alle persone che la conoscono, e che non bisogna dare per scontata una versione se questa presenta delle lacune, perché dietro ai silenzi non c’è solo dolore, ma anche qualcosa di non detto.
Vi sono alcuni eventi che il lettore è portato ad interpretare: in questo l’autrice è così brava da sviare l’intuito facendo credere che la prima impressione sia quella giusta, dando vita ad una serie di equivoci che hanno lo scopo di dimostrare che ci lasciamo trasportare facilmente dalle apparenze o passivamente accettiamo ciò che gli altri ci dicono senza verificare la fonte.

Il romanzo è ben tradotto e consta di soli undici capitoli, cosa un po’ insolita vista la tendenza di giungere ad almeno cinquanta capitoli. Nel complesso si tratta di una materia non sempre trattata dagli scrittori, e per questo meriterebbe anche quattro stelline, ma avrei apprezzato che certe situazioni venissero affrontate con maggiore sinteticità, anche perché essendo il tutto narrato in prima persona, spesso alcuni pensieri sembrano essere ridondanti e rallentano la lettura.
Io lo consiglierei a chi ama la pittura, ma soprattutto a chi non ama i libri sdolcinati, perché nonostante si presentino dei momenti molto romantici, il tutto non cade mai nel ridicolo e nel già visto.


Isabel Wolff 
È stata una giornalista della BBC prima di diventare una scrittrice a tempo pieno. Ha scritto nove romanzi, tutti bestseller, pubblicati in tutto il mondo. “Passione Vintage” è stato il miglior titolo del 2009 su Amazon.co.uk  ed è stato tradotto in 23 lingue, in Italia edito Leggereditore. È stata anche selezionata dal Assocation American Library per il premio Reading List (RUSA) nella categoria Fiction al femminile. Isabel vive a ovest di Londra con la sua famiglia. 

martedì 28 agosto 2012

Anteprima: La colonia sommersa di Kat Falls


A cura di Lizy

Dark Life (Dark Life, #1)Settembre – ahimè – si avvicina, ma con l’arrivo dell’autunno si moltiplicano le novità nel campo dell’editoria: oggi parliamo di un romanzo distopico di Kat Falls, un’autrice scoperta da Arthur Levine, editor di Harry Potter.
Edito da Fazi, “La colonia sommersa” uscirà il 7 Settembre (pagine: 285; prezzo: € 9,90) come primo volume della duologia “Dark Life”, che comprende anche “Rip Tide”, ed è valutato 4 stelline su Goodreads. Avendo avuto modo di visionarie le varie edizioni nelle quali il libro è stato distribuito il libro, trovo che la copertina italiana sia eccezionale e superi di gran lunga quella americana, più cupa ma nello stesso tempo non altrettanto curata come la prima.
Secondo alcune indiscrezioni, si parla già di un omonimo progetto cinematografico prodotto dalla Disney, che coinvolgerà il regista di “Forest Gump” Robert Zemeckis.


La colonia sommersa - Kat Falls 
Un romanzo ambientato in un universo post-apocalittico in cui, a causa del riscaldamento globale, le acque hanno ricoperto gran parte della superficie terrestre. A seguito di questa catastrofe ecologica l’intero genere umano è posto di fronte alla scelta di disputarsi il poco spazio rimasto a disposizione, o spostarsi negli sconfinati abissi oceanici.
In questo universo acquatico le abitazioni hanno la forma di gigantesche meduse attorno alle quali si estendono sterminate coltivazioni sottomarine; gli uomini, la cui pelle emana uno strano bagliore, si nutrono di piccoli pesci luminescenti, hanno riserve di ossigeno liquido per respirare sott’acqua e nuotano fasciati in avveniristiche tute idrorepellenti, spostandosi a bordo di rapide vetture. È qui, tra le profondità oceaniche, che Ty Towson è nato e cresciuto, ma quando incontrerà Gemma, una ragazza che viene dal mondo emerso in cerca di suo fratello scomparso in mare, la sua vita diventerà improvvisamente più complicata. Insieme, Ty e Gemma dovranno affrontare pericolose creature e avventurarsi in remote città lungo frontiere sommerse. Più scenderanno tra i fondali più scopriranno oscuri segreti che nemmeno il mare riuscirà a nascondere.

«Un’affascinante miscela di ingredienti classici ambientata in una delle frontiere ancora inesplorate: il mare».
Kirkus Reviews

«Terrà i lettori incollati alle pagine».
Booklist


Kat Falls 
Vive a Evanston, Illinois. Ha conseguito un Master in sceneggiatura presso la Northwestern University, dove insegna. Può vantare al suo attivo ben quattro opere opzionate da registi indipendenti e un contratto con la Disney per la scrittura di una sceneggiatura originale. Lei stessa ha scritto e diretto un piccolo film indipendente.

Sulle note di un libro (7) 1984 di George Orwell tra David Bowie e i Muse



A cura di Miki

Nel romanzo distopico per eccellenza 1984 George Orwell considerava la musica uno strumento di controllo politico. Mi chiedo cosa penserebbe quindi il Grande Fratello se sapesse che nel corso di circa 6 decenni il suo sistema di governo ha ispirato arte, canzoni e addirittura alcuni album. Negli anni '70, infatti, il re del glam rock David Bowie, rimasto folgorato dall'opera rivoluzionaria di Orwell, aveva deciso di allestire una rappresentazione teatrale ispirata a Nineteen Eighty-Four, ma non riuscì ad ottenere il permesso della moglie dello scrittore che non gli lasciò i diritti. Del materiale per questo "musical" sono rimaste alcune canzoni che potete ascoltare nel cd Diamond Dogs (RCA, 1974), un concept album basato in parte sul capolavoro di Orwell e in parte sulle fantasie di un mondo post-apocalittico in perfetto stile Bowie. Cominciamo con We Are The Dead, canzone antefatto basata sulla frase che il protagonista Winston Smith dice alla sua Julia e che rappresenta in un certo senso la loro storia d'amore e il loro continuo tentativo di emergere e rimanere a galla in un mondo cattivo. 

Bowie canta questo pezzo con una sottile malinconia, quasi a voler ricordare qualcosa di già passato, fino ad arrivare al finale, reso più particolare dai toni distorti e sofferti. Passiamo a 1984 che, con la sua chitarra wah wah, il suo ritmo irresistibile e le sue influenze funk e soul, rappresenta l'arresto e il drammatico interrogatorio di Winston ad opera di Mr. O'Brien, uno dei momenti culmine del libro. Qui David Bowie si sbizzarrisce, ci cattura nel suo mondo e ci racconta, in un crescendo di disperazione, un futuro apocalittico in cui il Grande Fratello ci può convincere di qualunque cosa dopo aver riempito il nostro cervello d'aria. Proseguiamo con il libro e arriviamo alla traccia Big Brother. In 1984 il lavaggio del cervello di Winston è ormai completo e il protagonista ama il Grande Fratello come tutti gli altri: per questo nella canzone Big Brother i toni sono più tranquilli e corali; finalmente il protagonista ha trovato qualcuno da seguire e in cui credere, qualcuno che può costruire per lui un grande rifugio di vetro dove vivere. Concludiamo questo viaggio nel mondo "totalitario" di Bowie con la canzone Chant of the Ever Circling Skeletal Family che, dopo aver ripetuto per sei volte le quattro frasi di cui è composta, si conclude con la ripetizione ossessiva del suono "bruh-bruh-bruh", prima sillaba della parola "brother", come se il disco si fosse rotto: questa traccia rappresenta con la sua follia l'effetto che i Due minuti d'odio hanno sulla mente dei cittadini di Oceania.



Facciamo ora un salto di oltre trent'anni, armiamoci di cuffie e ascoltiamo i Muse con il CD The Resistance, registrato sul lago di Como nel 2009 e vincitore di un Grammy come Best Rock Album nel 2011. Il quinto album in studio di Matthew Bellamy e soci è ispirato in larga parte al libro di George Orwell e, oltre alle tematiche politiche e sociali, ripercorre la storia d'amore tra Winston e Julia. Cominciamo con Uprising, il primo pezzo dell'album, una critica al potere, ai politici e alle banche. Ci soffermiamo poi sulla seconda traccia Resistance, brano più rappresentativo e terzo singolo estratto, che racconta gli incontri di Winston e Julia e di come valga la pena a volte di rischiare per amore: la voce di Bellamy e le chitarre alternano qui momenti di innata dolcezza a momenti più violenti e convinti in un crescendo di emozioni. Il terzo brano, Undisclosed Desires, è il preferito di Matt e anche il più diverso dal suono "Muse": racconta dei piccoli e grandi segreti che a volte gli innamorati condividono. 

E se la quarta traccia United States of Eurasia prende il suo nome da uno dei tre super stati di 1984 e racconta di una guerra inutile in cui le uniche vittime sono gli abitanti, la struggente Guiding Light riprende la storia d'amore tra Winston e Julia ed esplode in un assolo incredibilmente toccante. Arriviamo ora alla protesta di Unnatural Selection: il sesto pezzo di The Resistance ci rapisce con la sua grande energia e ci porta verso la settima traccia MK Ultra che stigmatizza il lavaggio del cervello e la manipolazione psicologica dei media e dei governi. Il ritmo rallenta invece con I Belong To You, cantata in parte in francese, che si conclude con un assolo di clarinetto: ritorna qui la tematica amorosa e l'importanza di questo sentimento. L'album si conclude con Exogenesis: Symphony, traccia divisa in tre parti, Overture, Cross Pollination e Redemption, suonata da un'orchestra di circa quaranta musicisti e ispirata a Rachmaninov, Richard Strauss, Chopin e ai Pink Floyd. La canzone racconta la storia di un'umanità stanca che lascia la terra per popolare un nuovo posto nell'universo: l'uomo inizia a porsi le classiche domande "chi siamo?" e "da dove veniamo?", comincia a sognare le stelle e finisce per cercare se stesso altrove dopo aver distrutto il bellissimo pianeta su cui è nato.



Nineteen Eighty-Four - George Orwell
L'azione si svolge in un futuro prossimo del mondo (l'anno 1984) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Al vertice del potere politico in Oceania c'è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona ma di cui ovunque sono visibili grandi manifesti. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia a condurre un'esistenza "sovversiva". Scritto nel 1949, il libro è considerato una delle più lucide rappresentazioni del totalitarismo.





George Orwell
George Orwell è nato a Motihari, nella regione indiana del Bengala, nel 1903. Il suo vero nome è Eric Arthur Blair. Nella prima giovinezza fu arruolato nella polizia imperiale indiana, dal 1922 al 1927, quando tornò in Europa. Questa esperienza gli ispirò il suo primo romanzo, Giorni in Birmania del 1934, in buona parte autobiografico. Entrò a far parte dell'esercito repubblicano spagnolo nel 1936, e vi restò in condizioni di vita pessime, fino al 1939, quando fu colpito da un proiettile e, dopo una rocambolesca fuga insieme alla moglie, sfuggì alle giustizie sommarie del riassestamento politico della nazione. Su quegli avvenimenti scrisse Omaggio alla Catalogna, un'autobiografia di guerra: accorata, evocativa, in cui già si intravede la grandissima chiarezza espressiva che l'ha reso celebre. Nel 1936 scrive Fiorirà l'aspidistra, un sentito romanzo contro il miraggio del perbenismo borghese. Nel 1937 scrive La strada per Wigan Pier, ambientato tra i minatori disoccupati dell'Inghilterra. L'ultima parte della sua vita è all'insegna della ribellione verso il potere, per la libertà del singolo e per combattere qualsiasi regime autoritario. In quest'ottica convergono i suoi due romanzi più celebri: La fattoria degli animali del 1945 e 1984 del 1949 (ma il titolo è l'anagramma dell'anno di scrittura del romanzo, il 1948). Morì a Londra nel 1950, immerso in una lotta contro il tempo per la pubblicazione di 1984. Oltre che romanziere, Orwell fu anche saggista e scrittore di articoli.

lunedì 27 agosto 2012

Once upon a time approda su Rai 2!

A cura di Miki


Inizia il 12 settembre su Rai 2 C'era una volta (Once Upon a Time), il nuovo tv-serial statunitense della ABC che ha reinterpretato le fiabe di un tempo in chiave moderna, dando nuovo spolvero alle storie di Biancaneve e company, e stregato milioni di fan cresciuti coi film della Walt Disney. Il telefilm, giunto in patria alla seconda stagione che inizierà il 30 settembre sulla ABC, è già stato trasmesso in prima visione su FOX (canale SKY) da gennaio a giugno, e ha ottenuto un buon successo e ottimi ascolti anche in Italia: il merito va soprattutto all'atmosfera fatata che si respira in tutte le 22 puntate, alla complessità dell'intreccio, ai rapporti tra i personaggi e alla bellezza della fotografia e degli scenari che fanno di questo serial un piccolo bijou al di là delle divisioni di genere. Ma, come in ogni fiaba che si rispetti, cominciamo il racconto dall'inizio...siete pronti?

Le incredibili vicende di Once Upon a Time sono ambientate a Storybrooke, un piccolo paesino del Maine: lì vivono Biancaneve, il Principe Azzurro, il Grillo Parlante, Cappuccetto Rosso, Cenerentola e Consorte, Geppetto, il Nano Tremotino e molti altri, dimentichi del proprio passato nel mondo delle fiabe. La Regina Cattiva, infatti, gelosa del successo e delle fortune di Biancaneve, ha privato con un incantesimo tutti i personaggi del lieto fine e li ha confinati in un luogo dove il tempo non scorre e la magia non esiste e da cui soprattutto non possono fuggire. Il piccolo Henry Mills sa tutto e decide di andare a Boston a cercare la madre naturale Emma che, oltre ad averlo dato in affidamento appena nato, è anche la prescelta, la figlia di Biancaneve e l'unica che può riportare la magia e il lieto fine a Storybrooke.

Questo è l'incipit di Once Upon a Time: da qui poi si diramano tutte le altre fiabe, passando per la Foresta Incantata, il regno della Regina Cattiva, la Montagna Proibita, il Regno di Cenerentola, il Regno di Re Mida, Agrabah, fino ad arrivare al Regno delle Meraviglie. In ogni puntata, inoltre, il mondo reale e presente di Storybrooke si alterna al mondo delle fiabe e al passato, dove scopriamo in un crescendo di emozioni la "vera" storia di una Biancaneve molto più coraggiosa e furba di quella che siamo abituati a conoscere. Scopriremo anche versioni "leggermente alternative" delle avventure di molti altri personaggi, tra cui una bellissima variazione su Tremotino, forse uno dei protagonisti più complessi e meglio caratterizzati, anche per merito del grandissimo Robert Carlyle (Trainspotting, The Full Monty), uno degli attori più desiderati dai due ideatori della serie. Una chicca sempre sulla scelta del cast: per il ruolo della Fata Turchina si era pensato a Lady Gaga, ma i manager della cantante non hanno mai risposto alla richiesta.

Per concludere, gli ideatori della serie sono Edward Kitsis e Adam Horowitz, coppia di autori noti per essere stati tra gli sceneggiatori e i produttori di Lost, uno dei telefilm più rivoluzionari ed enigmatici degli ultimi anni. Hanno definito Once Upon a Time come "una serie mitologica" che vive dei suoi personaggi e che, soprattutto, mette in luce il lato umano di Biancaneve e compagni e tutti quegli aspetti che ancora non conosciamo o a cui non abbiamo mai pensato. Come è facile capire dalle puntate, Kitsis e Horowitz si sono basati sulle fiabe dei fratelli Grimm ma anche spesso e volentieri sulle versioni Disney, a volte unendo persino storie diverse, come dimostra il nome del cane dello psicologo Archie, Pongo.

Passiamo ora alla presentazione dei personaggi principali di cui riporterò solo il nuovo nome così da lasciarvi la possibilità di indovinare "chi è chi".

Mary Margaret Blanchard: dolce e comprensiva insegnante di scuola elementare che diventa ben presto amica di Emma e la spalleggia nelle decisioni più spinose.









Emma Swan: nuova arrivata in città, protagonista della serie e donna dal carattere forte; a lei il compito di ridare il lieto fine agli abitanti di Storybrooke. Ha un figlio, Henry, dato in affidamento alla nascita.
 

Regina Mills: madre adottiva di Henry e sindaco di Storybrooke, antagonista diretta di Emma per l'affidamento del bambino ma anche per altre questioni "magiche".




David Nolan: a causa di un incidente ha perso la memoria ma, anche grazie a Mary Margaret, ritroverà "se stesso".

Henry Mills: figlio di Emma, conosce tutta la verità su Storybrooke e crede fermamente nella possibilità di invertire l'incantesimo.

New Once Upon a Time PosterArchibald "Archie" Hopper: psicologo che ha in cura Henry; aperto e comprensivo, riesce quasi sempre a dare ottimi consigli. Ha un cane dalmata di nome Pongo!

Signor Gold: uno dei personaggi fondamentali della serie; potentissimo padrone di Storybrooke con una spiccata passione per gli accordi e ciò che comportano.

Ruby: cameriera sexy che vive con la nonna, nasconde un inquietante segreto; è amica di Mary Margaret ed Emma.

Sceriffo Graham: uno dei primi a ricordare la sua vera identità, è legato a Regina da un patto ma diventa amico di Emma quasi subito.

Questi sono solo alcuni dei personaggi che troveremo. Allora, avete riconosciuto i protagonisti delle vostre fiabe preferite? Chi è chi? A voi la scelta!

(In ordine sparso: Biancaneve, Cappuccetto Rosso, il Cacciatore, il Principe Azzurro, il Grillo Parlante, il Nano Tremotino, la Regina Cattiva)








sabato 25 agosto 2012

Looking for books (22)


Buon sabato lettori, riesumiamo un po' questa rubrica che seguite sempre con attenzione, ma che ho lasciato un po' da parte nelle ultime settimane.
Looking for books, per chi non la conoscesse, è la rubrica in cui vi parlo, ogni due settimane, dei libri scovati in libreria durante il mio solito giro del sabato pomeriggio. Potrebbero essere vecchi di qualche anno o novità che non hanno trovato spazio sul blog, ma che mi hanno sempre e comunque colpito.
I libri proposti non sono, questa volta, la solita decina ma un po' di meno. Come sempre vado ad intuito, mi faccio guidare da copertina e trama, e questa volta ho fatto una scoperta davvero interessante: un libro di poesie di Tim Burton poco adatto ai bambini nonostante l'apparenza, che si legge davvero in pochissimo tempo ma che mette una certa tristezza. 
Gli altri libri proposti mi sono sembrati abbastanza originali: L'ultimo giorno di Joseph Conrad -edito da Neri Pozza- spiega già lapidariamente nel titolo di cosa tratta, Il rifugio è un thriller inquietante ma avvincente, Una stella di nome Henry è un romanzo "sospeso tra invenzione e realtà" a sfondo politico. Purtroppo per oggi è tutto qui, ma spero di avervi comunque dato qualche spunto di lettura!


Copertina di Tim Burton Morte malinconica del bambino ostrica (e altre storie)Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie - Tim Burton
Tim Burton è l'ormai celebre regista di tanti film famosi e originali, come "The Nightmare Before Christmas". Il suo lavoro è segnato da una cifra particolare e inequivocabile di orrore, comicità e insieme malinconia, che apparenta le sue figure di esseri sconfitti, dolenti, o almeno colpiti da un'assoluta solitudine, alle invenzioni della grande letteratura e arte. Il libro è una raccolta di racconti i cui protagonisti sono bambini, specchio della nostra mostruosità di adulti e della nostra incapacità di ridurre tutto a cose. C'è il Ragazzo-Ostrica che giace sepolto in riva al mare, e il suo ricordo dura lo spazio di una marea che cancella tutto. Ci sono il Bimbo-Formaggio e la Bambina-Spazzatura e il Bimbo con i Chiodi negli Occhi...
Anno: 2006
Editore: Einaudi
Pagine: 137
Prezzo: € 11,50



L'ultimo giorno di Joseph ConradL'ultimo giorno di Joseph Conrad - David Miller
È un giorno di agosto del 1924 a Oswalds, la casa a pochi chilometri dalla costa sud-orientale inglese in cui i Korzeniowski si sono riuniti per celebrare i diciotto anni di John, figlio di Józef Korzeniowski, al secolo Joseph Conrad, e della moglie Jessie. Lo scrittore riposa nella sua camera da letto. Durante una gita verso la costa in compagnia di Richard Curie, giornalista e amico di famiglia di vecchia data, ha all'improvviso cessato di respirare normalmente. Curie l'ha visto ingoiare l'aria come fosse acqua, il petto che si sollevava, il corpo esausto e tremante per lo sforzo, la mano fredda e inerte che stringeva la sua. Una volta a Oswalds, il battito per fortuna è tornato regolare e il respiro normale, a detta almeno del medico subito accorso. In casa sono presenti tutti i Korzeniowski e la loro cerchia: Jessie, la moglie dell'autore di "Lord Jim" e "Cuore di tenebra", autrice a sua volta di libri di cucina; Borys, il primogenito veterano di guerra con la moglie Joan King e Philip, il loro piccolo appena nato; John, naturalmente, il festeggiato; Lilian Hallowes, la dattilografa e segretaria personale dello scrittore; Curie, l'amico di famiglia, Arthur Foote, il domestico; Charles Vinten, l'autista e factotum; Audrey, la governante e dama di compagnia di Jessie. E Jessie che annuncia la tragedia, facendo accorrere Foote e Audrey al suono della sua campanella. Ha udito un tonfo simile al rumore di una valigia lasciata cadere a terra provenire dalla camera di Conrad.
Anno: 2012
Editore: Neri pozza
Pagine: 174
Prezzo: € 13,90 


Il Rifugio - W. Paul Young
W. Paul Young ha scritto Il rifugio come regalo per i suoi figli; lo ha pubblicato a sue spese e lo ha visto arrivare al primo posto della classifica dei bestseller del "New York Times": perché le domande intorno a cui ruota questo romanzo sono quelle cruciali per ogni essere umano. Mack è un uomo alla deriva, sconvolto dalla perdita di una figlia. Un giorno trova tra la posta un biglietto misterioso: qualcuno che si firma Pa, nomignolo con cui la moglie di Mack si rivolge a Dio, lo invita a recarsi "al rifugio", il luogo in cui la piccola Missy ha trovato la morte, uccisa da un maniaco. Mack è chiamato a fare i conti con un passato che non lo abbandona e con quella sofferenza che ha silenziosamente scavato un solco tra lui e Dio. Con il ritmo di un thriller e la magia di una favola, "Il rifugio" commuove e insegna che il dolore è spesso una strada per arrivare a se stessi.
Anno: 2009
Editore: BUR
Pagine: 335
Prezzo: € 11,90


Una stella di nome Henry - Roddy Doyle
È il lunedì di Pasqua del 1916, a Dublino, quando un manipolo di rivoluzionari indipendentisti, asserragliato nell'edificio delle poste centrali della città, viene decimato dall'esercito britannico. Proprio dietro quelle barricate il giovanissimo Henry Smart ' figlio di un losco buttafuori di bordello e di una madre consumata dalle troppe gravidanze ' conosce la sua iniziazione alla politica, alla lotta armata, alla vita. Scampato alle fucilazioni che seguirono la repressione, Henry diventerà uno degli uomini di fiducia del celebre Michael Collins e unirà il proprio destino a quello di un'indomita maestra rivoluzionaria. Sospeso tra invenzione e realtà Una stella di nome Henry è un romanzo politico, ma è anche una storia d'amore e di grande passione.
Anno: 2010
Editore: Guanda
Pagine: 430
Prezzo: € 12,50



PRESENTE ANCHE L'EDIZIONE TEA DEL 2002 AL PREZZO DI 8.00 EURO

venerdì 24 agosto 2012

Il tempio degli Otaku #72 "Bokurano – Il nostro gioco"


A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi parliamo, tanto per cambiare, di un'opera non molto conosciuta in Italia: la sua versione animata – che a dire il vero ha diverse differenze con l'originale – non è mai stata licenziata, e la pubblicazione del manga procede a rilento. Lo stesso discorso però non si applica per l'autore, Mohiro Kitoh, ormai diventato una specie di scherzo tra gli appassionati per la sua fissazione per tematiche dalle tinte forti, come la perdita dell'innocenza o la fine del mondo. La sua reputazione è tale che, quando ha annunciato che la sua prossima opera si sarebbe incentrata su una ragazza che va in mountain bike, la gente si è chiesta più o meno scherzosamente se la bici si sarebbe rivelata un'arma di distruzione di massa...
Naturalmente, non sarà certo della ragazzina in bici che parleremo oggi: nah, argomenti troppo positivi. Molto meglio concentrarsi invece su “Bokurano – Il nostro gioco” di Mohiro Kitoh. Buona lettura!

Quindici ragazzi si ritrovano a partecipare insieme ad un campo estivo in un villaggio in riva al mare. In un momento morto, decidono di esplorare i dintorni. In una grotta i nostri incontrano un uomo, Kokopelli, che propone subito loro di partecipare ad un gioco. Lui, infatti, dice di essere un programmatore di videogiochi, e la sua ultima creazione è un multiplayer in cui bisogna guidare un gigantesco robot per difendere la Terra.
Ma gli manca qualcuno che la testi, e visto che quindici è proprio il numero ideale per giocare... Basta soltanto firmare il contratto, ossia toccare un oggetto e pronunciare il proprio nome per intero. La ragazza che per prima ha notato la grotta, Yoko Machi, ha qualche dubbio, ma gli altri non sentono ragione. Firmano tutti tranne una: la piccola Kana Ushiro, a causa delle proibizioni di suo fratello Jun – più che altro, perché non vuole farla divertire.
Sin dalla simulazione condotta da Kokopelli, però, i nostri si accorgono che tutto è reale: dalla cabina di guida – che ripropone le loro sedie preferite, senza alcun errore – al combattimento vero e proprio. Il destino della Terra è davvero nelle loro mani... e in quelle di Koemushi, curiosa creatura dall'aspetto molto più rassicurante e gentile di quanto non sia veramente, che fa loro da “mentore”. Non solo: alla fine del primo combattimento “ufficiale” il pilota di turno, Waku Takashi, muore. Si pensa ad un tragico incidente, ma così accade anche ai ragazzi successivi: fino a quando i rimanenti giocatori non capiscono, con orrore, che il robot funziona con la loro energia vitale.

“Bokurano” è una serie che mostra sin da subito le sue carte: demolire i cliché tipici del suo genere di appartenenza, il mecha. Pilotare il robot – a proposito, si chiama Zearth – non è l'equivalente di una passeggiata tra i prati: il non avere veri e propri comandi rende soltanto le cose più complicate. Non saranno poche le volte, inoltre, in cui durante una battaglia verranno danneggiate oggetti e persone, anche con risultati fatali.
Parlando più nello specifico, Koemushi distrugge praticamente da solo tutti gli stereotipi sulle mascotte: sempre disponibili, sempre gentili, che non nascondono mai niente ai loro protetti e che anzi diventa quasi un amico per il valido sostegno offerto sia durante gli scontri che la vita di tutti i giorni. No. Scordatevi tutte queste cose. Il nostro ha un linguaggio estremamente rude, si prende il lusso di sottacere verità importanti o addirittura mentire, ed è evidente che vede i ragazzi soltanto come armi e non come persone. E' impossibile farselo amico, ma sempre meglio che farselo nemico, come scoprirà a proprie spese chiunque ci proverà.
Ho accennato poco sopra a cosa accade all'esterno durante le battaglie; questo è un altro elemento che distingue il manga dalla concorrenza, e che lo rende realistico. In genere, infatti, l'attenzione dello spettatore viene posta tutta sulle battaglie e sui piloti: il resto non conta. Non ci è dato sapere cosa ne pensi l'opinione pubblica di tutta questa situazione, nessuna autorità si intromette mai negli scontri armati. Quando i protagonisti sono molto giovani, poi, il discorso si estende anche alle famiglie: o convenientemente morte, oppure del tutto ignare che il loro pargolo è l'eroe che sta salvando il mondo dalla distruzione.
Leggendo i primi capitoli di “Bokurano” sembrerebbe che questa descrizione calzi a pennello, a parte le famiglie. Tuttavia i ragazzi non sono i beniamini della gente comune, che non vede il lato eroico della faccenda ma soltanto gli ingenti danni – e le morti – provocate inutilmente dalle battaglie, innescando anche reazioni molto violente e pericolose. Ed in seguito entreranno in scena anche i militari, pronti ad aiutare per quanto possibile i ragazzi e prendersi cura dei lati più burocratici e delicati dello Zearth.
Naturalmente, però, il centro del manga sono gli sfortunati piloti: e la carne al fuoco non mancherà. Penserete che abbia usato l'aggettivo “sfortunato” in riguardo al loro triste fato; sì, ma non solo. Ad eccezione di uno – il primo, non a caso – tutti i ragazzi hanno alle spalle storie davvero drammatiche. Il parterre è molto ampio: si passa dal classico ragazzo che deve crescere i fratellini perché la madre è morta ed il padre è sparito dalla circolazione, fino ad arrivare agli abusi in famiglia, il tutto senza dimenticare l'adolescente che vorrebbe donare – letteralmente – il suo cuore al proprio migliore amico.
Il realismo non è lo scopo principale di Kitoh. E per fortuna, perché parliamo di giovani disillusi dalla vita, la cui causa di sofferenze è data quasi esclusivamente dagli adulti che dovrebbero aiutarli. Non ci sono terapisti di sorta, e questo si ripercuoterà sulle battaglie. Ma non è neanche questo il succo del discorso, anche se qua e là è evidente una critica alla società, rea di creare queste tragedie e non far nulla per risolverle.
Il succo del discorso è vedere come questi ragazzi così diversi tra loro reagiscano alla comune eventualità di dover combattere e morire, e come i loro problemi personali si ripercuoteranno su tutto ciò. Alcuni se li porteranno dietro anche in battaglia, e non sempre come valvola di sfogo positiva; altri invece coglieranno il poco tempo a disposizione come motivazione per migliorare la propria situazione e morire in maniera serena. Perché nonostante tutto parliamo di adolescenti, con i loro piccoli grandi sogni ed obiettivi.
Più in generale, comunque, c'è differenza tra i primi ad affrontare la morte e gli ultimi. I secondi sono da un lato più rassegnati, perché hanno visto troppe battaglie per non sapere cosa succederà, ma allo stesso tempo più determinati, perché hanno qualcosa o qualcuno da proteggere, per cui vale la pena sopportare tutto questo dolore. Gli altri, invece, è più facile che si facciano prendere dal panico e che la tensione accumulata gli si ritorca contro: e come biasimarli?

Il tratto di Mohiro Kitoh è senza dubbio personale, nel bene e nel male. E' semplice, e sporco: le figure sono appena abbozzate, a tal punto che è difficile distinguere i personaggi, alle volte persino se sono uomini o donne. I retini vengono usati il minimo indispensabile, ma spesso non ci sono sfondi. Paradossalmente, però, le pagine a colori sono fatte in maniera ottima, con una grande scelta dei toni giusti. Questione di stile...

...E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

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