
A cura di Surymae Rossweisse
Eppure, l'opera di questa
settimana ci è riuscita, affermandosi nella sua piccola nicchia e ricevendo
persino un adattamento animato. Come già accennato, la particolarità del titolo
non mi rende facile presentarlo, quindi la soluzione migliore è probabilmente
lasciarlo parlare da solo. Ecco a voi “Mushishi” di Yuki Urushibara. Buona
lettura!
In un Giappone di età non meglio
imprecisata – più o meno verso l'800/900, quando ancora il Giappone era
pressoché inaccessibile agli stranieri – vivono delle strane creature. Sono i
mushi, esseri inclassificabili dal punto di vista biologico: vivono,
semplicemente. Qualche volta entrano a contatto con degli esseri umani: gli
effetti sono imprevedibili, spesso a danno dell'organismo ospitante.
La maggior parte delle persone,
pur essendone a conoscenza della loro presenza, non vede i mushi; alcuni,
invece sì. Tra questi ultimi spiccano i mushishi, coloro che dedicano la
propria vita a cercare di guarire coloro che hanno avuto incontri ravvicinati
con le creature. I dieci volumi autoconclusivi del manga seguono i vagabondaggi
di Ginko, mushishi dall'aspetto peculiare con la capacità di attrarre i mushi a
sé.
Se questa fosse una serie basata
sulla trama, un tale metodo ripetuto così tante volte – quasi sempre –
porterebbe presto alla noia il lettore, probabilmente. Per fortuna, invece, non
è così, quindi la ripetitività non è un difetto grave. Se leggere un manga
equivale ad affrontare un viaggio, questo è un vagabondaggio in cui non conta
la meta (non c'è) ma soltanto godersi il panorama. Ed in fondo anche la storia
di Ginko è così, perché non ha un posto a cui ritornare.
Le varie storie sono piuttosto
diverse fra loro, ma hanno in comune l'atmosfera, piuttosto onirica ed eterea.
Le storie si svolgono perlopiù all'aperto: vengono presentati ambienti diversi,
ma i più frequenti sono la foresta – soprattutto di notte – e la montagna,
quest'ultima presentata in chiave quasi sovrannaturale. Altrimenti prevale una
stanza buia, in cui gli occhi si abituano all'oscurità e quindi consentono di
vedere tutte le cose più misteriose, spaventose o meno. Il ritmo di narrazione
è lento; i dialoghi sono presenti, ma non disturbano l'atmosfera sognante.
Per quanto riguarda i personaggi,
Yuki Urushibara poteva scegliere tra diverse opzioni, nel costruire la storia.
La prima: enfatizzare Ginko, usando gli altri personaggi come mezzo di
approfondimento psicologico. La seconda: l'esatto contrario. Ginko è soltanto
un tramite tra noi e le varie comparse.
Per quanto riguarda Ginko si
potrebbe rimanere delusi da lui, perché non è proprio quello che si chiama
personaggio tridimensionale. Nel corso della storia impariamo a conoscerlo:
capiamo che nonostante il suo essere solitario ha un grande cuore e che
desidera aiutare gli altri, è di mente aperta rispetto agli altri mushishi, non
tratta i “pazienti” come cavie ma anzi cerca prima di tutto di risolvere i loro
problemi personali, non solo legati al parassita.
Tuttavia, rimane sempre piuttosto
sfuggente e misterioso: quando parla lo fa soltanto per esprimere giudizi
legati alla sua attività. Se le “vittime della settimana”, come vedremo tra
poco, sono subordinate ai mushi, per lui il discorso vale sia per le creature
sia per i personaggi. E' un tramite tra noi e loro: se non ci fosse, non
verremmo a conoscenza delle loro storie, e anche il manga ne avrebbe pesanti
conseguenze: sarebbe più disorganizzato, e di conseguenza pesante da leggere.
E' più uno strumento che un vero componente del cast.
In generale si dividono in due
categorie, a seconda di come reagiscono agli effetti dei parassiti. Ci sono
quelli, la maggior parte, che desiderano in tutti i modi liberarsi di loro: non
sono rari coloro che vengono menomati in vario grado dai mushi – ad alcuni
cominciano a crescere sulla loro pelle foglie e fiori, e si trovano anche in
pericolo di vita o comunque in difficoltà. Una delle prime storie verte proprio
su questo: in un villaggio di montagna è pericoloso avere problemi di udito,
perché in caso di tormenta è più facile perdersi. Naturalmente, il parassita di
turno mangia i suoi...
Altri cercano di sfruttarne gli
effetti positivi, ammesso che ci siano. L'uomo con i sogni profetici cerca di
usarli per salvare le persone a cui tiene; un produttore di saké cerca in tutti
i modi quello contaminato dal mushi per il suo gusto particolarissimo, ecc. In
genere i fatti gli dimostrano che non è una scelta saggia, ma più dei consigli
di Ginko ne fa il decorso della loro malattia.
Il comparto tecnico è
altalenante. Bellissimi gli sfondi, e pregevole l'uso dei colori; gli ambienti
sono ricostruiti con grande cura, così come le atmosfere. I personaggi, però,
hanno una fisionomia tutta uguale, a volte anche nelle stesse storie. Come dice
il sito internet “TV Tropes” - la sua missione: cercare e classificare gli
stereotipi della fiction – la Yuki Urushibara disegna “solo sei facce”. Uno dei
nei più rilevanti per una serie difficile da definire, ma di sicuro pregio.
...E con questo è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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