
A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Siete comodi? Dovrei dirvi una cosa. Nei vari appuntamenti di questa rubrica abbiamo parlato più volte di
animazione giapponese, a volte tirando in ballo anche nomi illustri. Però, in
tutto questo tempo è sempre mancato all'appello uno dei registi più famosi di
sempre – i suoi film riescono persino a guadagnarsi recensioni sui giornali,
incredibile! - il cui raggio d'azione sono principalmente i bambini, ma che
mette d'accordo anche non pochi grandi.
Oggi è venuto il momento di
rimediare a questa pecca. L'opera di cui parlerò non è forse la più famosa ed
incensata di questo artista, ma ha la sua bella schiera di sostenitori, e tutti
i torti non li hanno. Spero di avervi incuriosito, gente: questa settimana è il
turno di Hayao Miyazaki, con il suo lungometraggio “Porco Rosso”. Buona lettura
(e visione – non fatevi sviare dal nome...)!
La storia è ambientata
nell'Italia fascista, pur con qualche licenza che rende il setting compatibile
con gli standard di Miyazaki. Il protagonista è “Porco Rosso”, alias Marco
Pagot, un pilota dell'aviazione italiana. Anni prima, durante la Prima Guerra
Mondiale, è stato coinvolto in una battaglia di cui si conosce soltanto l'esito
più evidente: è diventato un maiale antropomorfo.
Con l'aereo danneggiato in una
battaglia ed il problema di Curtis, il nostro maiale vola alla volta di Milano
dalla famiglia Piccolo, che guarda caso si occupa proprio di questi velivoli.
Chi cura le riparazioni sarà la giovane Fio, che un po' per le sue competenze
un po' per la sua cotta per Porco riuscirà a fargli compagnia (non pensate
male!). Insieme i due regoleranno una volta per tutte i conti con l'ambizioso
americano...
...Ehi, sento dei mugugni che non
mi piacciono molto. “E questo sarebbe il famoso Miyazaki? Diamine, mi aspettavo
meglio...” Okay, ammetto che la trama
non è tutto questo gran biglietto da visita, soprattutto se consideriamo che il
protagonista è un maiale. A maggior ragione considerando che questo dà delle
implicazioni sorprendentemente (ed involontariamente) comiche ad alcune scene,
ad esempio nel vedere il nostro andare in banca o al cinema – e nessun
personaggio sembra scioccato od anche solo meravigliato davanti a tutto ciò.
Sempre parlando della
sopraccitata ambientazione, poi, è con piacere che vi comunico che è
ricostruita con molta cura, anche nella lingua: capitano qui e lì delle piccole
sbavature, ma niente di serio. Questo è decisamente un punto a favore per un
pubblico italiano.
A dire la verità, però due
appunti andrebbero mossi allo svolgimento di Porco Rosso. Il primo è che la
trama non è molto definita, un po' come tutti i film dello Studio Ghibli: chi
non ci è abituato e preferisce storie più “solide” potrebbe trovarsi un po'
spiazzato. Credo sia un marchio di fabbrica: c'è a chi piace, e a chi no. Certo
a volte un po' di coerenza narrativa in più non guasterebbe, ma alcuni film
sono anche peggio (vedi il tanto incensato “Il mio vicino Totoro”).
Parlando dei personaggi, la sopraccitata
leggerezza è allo stesso tempo il più grande pregio e difetto. Sto pensando ai
cattivi: Curtis, le cui motivazioni sono a dire il vero un po' deboli, e
soprattutto i “terribili” pirati Mamma Aiuto, a cui viene tolto l'elemento
pauroso e spietato per essere sostituito con la stupidità da macchietta.
Discorso diverso, per fortuna,
può essere fatto per Porco Rosso. La classica persona chiusa in sé stessa a
causa di traumi subiti, silenziosa ed anche un po' rude, ma con un cuore tenero
e un senso dell'onore invidiabile. Personaggi del genere, almeno per quanto mi
riguarda, sono sempre di sicuro effetto, non importa quante volte li hai già
visti, e il nostro non fa eccezione. E' ben reso il conflitto che prova tra Fio
– il presente – e Gina, che gli ricorda il passato, soprattutto coloro che sono
morti mentre lui, sebbene maledetto, si è salvato. Ciò vale anche per il suo
senso di colpa, malcelato dall'attivismo e dai modi schietti. La sua
personalità si forma più con quello che non dice che con le parole.
Parlando di quest'ultima, è un
personaggio difficile da inquadrare: la sua personalità risalta in diversi
momenti, in particolare il suo amore per il protagonista, ma sta quasi sempre
lontana dall'azione principale, e quindi non ha molto spazio. In una di queste
scene – la prima – la vediamo poi cantare in un locale facendo girare la testa
agli uomini presenti: non è proprio un'introduzione efficace perché si rischia
di farsi un'idea sbagliata del personaggio.
Adesso è il turno del comparto
tecnico, giusto? Ma c'è poco da dire, e sono tutte lodi. Lo Studio Ghibli è
famoso per la sua cura smodata per gli ambienti – in questo caso marittimi – i
colori pastello, le musiche d'effetto (anche se a volte invadenti), ed in Porco
Rosso ci sono tutte queste caratteristiche.
“Porco Rosso” forse non è un
capolavoro: ma è sicuramente un prodotto sopra la media, e soprattutto facile
da vedere e ideale per passare un'ora e mezza con leggerezza.
...E per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
Ho visto diversi film di Hayao Miyazaki ma questo no. Sarà sicuramente bello. Miyazaki è una garanzia!
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