sabato 6 aprile 2013

Recensioni in breve per racconti brevi: Morire dal ridere e Il signore non abita qui




Morire dal ridere - Maria Antonietta Usardi
Milano. La famiglia di Vincent e Amelia gestisce da molti anni a Chinatown un negozio per suicidi e nella vita non sembra vedere altro che dolore e sofferenza.Un giorno di ottobre piomba nella pace domestica il nipote, il piccolo Robespierre, amante della vita, che con tutto il candore dell'infanzia si propone un'attenta e scrupolosa opera di ottimistico sabotaggio ai danni dell'attività degli zii. Una storia a sfondo macabro, ma anche divertente e ironica, sulla vita, sulla morte e sui sentimenti.
Editore: 0111 edizioni
Pagine: 120
Prezzo: € 13,50





Voto:


Morire dal ridere è un breve racconto -da ciò la brevità della recensione stessa- che si colloca nel filone delle fiabe nere, a metà fra la famiglia Addams e Neil Gaiman. i protagonisti sono i coniugi Vincent e Amelie e i loro due figli, la cupa e triste Sylvia e il geniale e altrettanto cupo Ernest. Insieme gestiscono una piccola bottega per suicidi, un posto cioè, in cui la gente si reca a comprare cordame, veleni, armi e tutto ciò che serve per il suicidio perfetto. Il motto dei nostri intraprendenti commessi è che la vita è triste e prima finisce meno si soffre. La deprimente vita della famigliola, ad un certo punto, viene scossa da un pigiama giallo, una macchia di colore in forte stridore con i toni spenti del negozio. Dentro l'indumento c'è Robespierre, nipote ormai orfano di Amelia che saluta tutti con un bel sorriso sdentato.I due genitori, loro malgrado, si fanno carico del bambino che si rivelerà, però, un sabotatore nato, sempre a sorridere e a far tornare il buonumore ai clienti che smetteranno di comprare al negozio con grande irritazione del povero Vincent.

Il romanzo breve tratta un tema molto delicato, ossia quello dei suicidi, eppure, nonostante il terreno scivoloso su cui cammina, Antonietta Maria Usardi si muove con grazia, riuscendo a trattarlo in maniera ironica, ma mai banale. La scrittura semplice e scanzonata cela in realtà uno sguardo attento e ben lontano dallo sminuire un simile argomento. Attraverso personaggi al limite della comicità e costruiti al rovescio – come Amelia che non fa che ripetere alla figlia che è brutta e non ha quindi motivo di essere allegra – ci troviamo a scendere nei pensieri più cupi del genere umano.La bottega dei suicidi e i suoi tristi avventori possono sembrare un gioco, e come tali sono descritti, ma sono invece un'ottima metafora della vita reale. Emerge con particolare forza la disperazione di non essere ascoltati e compresi dai propri simili, disperazione che porta a gesti estremi, fra cui il suicidio. La ricetta del piccolo Robespierre per riportare il sole in famiglia e fra i clienti del negozio altro non è che un sorriso e un po' di comprensione. Davvero interessanti le scene in cui il bambino, trovandosi a servire nuovi clienti, ascolta i loro problemi e propone soluzioni tanto ovvie quanto semplici, che fanno ricomparire la gioia di vivere sui loro volti, proprio per dire che spesso basta poco per cambiare la vita di chi ci sta intorno.Peccato davvero per la brevità del libro, che promette sviluppi interessanti a volerne ampliare un po' il numero di pagine. In ogni caso un'ottima prima pubblicazione per Antonietta Maria Usardi che fa sperare in una brillante carriera per questa giovane autrice e in piacevoli letture per noi.
Ho trovato interessante anche l'iniziativa della casa editrice, 0111 Edizioni, di creare la serie Grandi Caratteri, a cui questo romanzo appartiene. Si tratta, cioè, di usare un carattere di stampa di dimensione maggiore del normale in modo da rendere la lettura più semplice e piacevole anche per chi ha problemi legati alla vista o alla dislessia, motivo per cui, volendo, è possibile acuistare il libro corredato del suo cd, proprio come un audiolibro.





Il signore non abita qui - Maria Rotella
La storia di questo racconto è in prima persona. Il protagonista è Marco, un ragazzo ex bullo, ora uomo che improvvisamente si ritrova a fare i conti con se stesso e con il resto della società. E’ la storia della sua presa di coscienza, raccontata in prima persona. E’ un dialogo più che per e verso gli altri, è con se stessi e Dio. Tema principale è il bullismo, un disagio che deriva dalla stessa società corrotta e mal organizzata che porta a questa “malattia”. Molti ragazzi si ritrovano ad essere “cattivi senza anima” solo per superare questi disagi sociali, attraverso l’uso di alcool, di stupefacenti ed altro, un diversivo pericoloso e il più delle volte mortale, che non li fa pensare né ragionare ma che scatenano in loro solo aggressività e violenza, lasciandoli in una sorta di coma. Ma che accade se uno di loro, uno a caso, si dovesse improvvisamente “risvegliare?”
Editore: youcanprint - self publishing
Pagine: 30
Prezzo:  € 7,00


  Voto: 


Da quando ho iniziato a recensire scrittori esordienti, ho capito l'importanza dell'editing. Bisogna farsene una ragione, per quanto uno sia bravo a scrivere, il lavoro di editoria è tutto un altro paio di maniche, ma necessario per rendere più agevole e più godibile un libro, oltre che per liberarlo da alcuni errori che inevitabilmente si commettono e aiutare l'autore a migliorare anche dal punto di vista professionale. Lo stile di Maria Rotella è valido, corretto e piacevole, sa rendere abbastanza bene il flusso di pensieri sui cui si incentra il libro, ma perde parecchio senza questa fase di editing.

Il racconto – lo leggete in venti minuti o meno, quindi lo considero tale – è incentrato su Marco, il classico bullo adolescente, che fa a botte con il mondo e crede di poter prendere tutto ciò che vuole senza alcuna conseguenza. Diventato uomo, si trova a riflettere sulle circostanze della sua vita e in particolare su un evento chiave: l'omicidio di un altro ragazzo per cui ha scontato una pena detentiva. Le riflessioni di Marco sono trascritte in questo breve libro, che si propone di guidarci attraverso i mutamenti avvenuti nella sua vita in seguito al brusco risveglio provocatogli dal carcere e dalla presa di coscienza dell'enormità del suo crimine.

La brevità della recensione è da attribuire alla brevità del racconto stesso, che non permette di valutarne appieno i meriti o le lacune.
La storia, così presentata, sembra in tutto e per tutto il canovaccio di un libro più complesso che si andrà a scrivere in un secondo momento; non c'è approfondimento psicologico nel protagonista né in nessun altro personaggio, non c'è una crescita nel momento di presa coscienza dei proprio errori. C'è una semplice descrizione lineare e non dettagliata di un proposito narrativo da sviluppare. Per un'autrice che si propone di accompagnarci attraverso un viaggio nella psiche del suo protagonista, mi sembra una mancanza piuttosto grossolana.

L'idea del racconto e il modo di strutturarlo sono, invece, molto buoni: in particolare trovo ben congegnato il voler creare un resoconto postumo dei fatti, che permette al protagonista di esternare tutta una serie di ragionamenti su quanto accaduto, ma secondo idee maturate negli anni, e quindi più solide e significative. Leggere di come la vita di Marco è stata interamente segnata dal tragico evento di una notte ci fa comprendere meglio la portata del suo gesto. Gli spunti sono davvero interessanti, come, ad esempio, un piccolo confronto che Marco ha con l'amico e complice Daniele che, al contrario di lui, non sembra affatto turbato dall'omicidio che hanno commesso, o l'improvvisa fede ritrovata di Marco, che si trova a rivalutare l'importanza della sua educazione cristiana come possibilità di salvezza. Il libro potrebbe guadagnare moltissimo approfondendo questo tipo di tematiche e concentrandosi maggiormente sui sentimenti e sulle idee del protagonista, un po' meno sulla narrazione continua e scarna dei fatti. Il tema della violenza e del bullismo è attuale e particolarmente scottante, e questo racconto ne coglie i tratti salienti, ma non li sviluppa affatto.

Ultimo appunto è sul finale, che è rapido e slegato dal resto del racconto, quasi l'autrice avesse avuto fretta di mettere la parola fine alla sua storia. Un simile epilogo non fa altro che banalizzare ulteriormente quanto scritto.
Peccato davvero che un'idea tanto valida sia finita in nulla a questo modo.

2 commenti:

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