Il 10 Aprile arriverà nelle librerie, grazie alla casa editrice e agenzia letteraria Jo March (che ha pubblicato l’anno scorso l’inedito – In Italia - Nord & Sud di Elizabeth Gaskell), un romanzo vittoriano mai tradotto nel nostro paese: si tratta de La storia di una bottega, scritto nel 1888 da Amy Levy, un’autrice molto interessante ma pressoché sconosciuta nel nostro paese, una donna legata ai movimenti femministi delle suffragette, ma anche una scrittrice di homosexual romance . Nella sua breve vita, Amy Levy sperimentò la passione per la scrittura, scrisse pamphlets e articoli di giornale, fu la prima studentessa ebrea del Newnham College di Cambridge, si innamorò di Vernon Lee (Violet Paget) che la introdusse alla scrittura saffica ed i suoi lavori Cohen of Trinity e Wise in Their Generation vennero pubblicati sul magazine Women's World, diretto da Oscar Wilde. Morì suicida a soli ventisette anni, inalando monossido di carbonio, dopo una lunga depressione scatenata dalla graduale perdita dell’udito. Fin dalla sinossi, La storia di una bottega - che però non ha contenuti omosessuali - profuma di emancipazione femminile, e devo dire che trovo davvero interessante l’estratto che la casa editrice ha diffuso su Facebook (e che voi trovate di seguito), tanto che credo proprio che questo romanzo sarà il mio prossimo acquisto.
Una piccola curiosità: la traduzione doveva essere diffusa negli ultimi mesi del 2012, ma la casa editrice ha posticipato l’uscita in attesa dell’autorizzazione del “Leighton House Museum” di Londra per l’utilizzo di una preziosa fotografia d’epoca dell’artista vittoriano Edward Linley Sambourne, che ora potrete ammirare sulla copertina del romanzo in italiano.
Uno splendido ritratto di donne nuove e moderne, con una metafora assolutamente calzante, quella della tecnica fotografica: le giovani sorelle Lorimer perdono il padre e finiscono sul lastrico. Rifiutandosi di accettare un destino che le vedrebbe tutte divise tra i familiari, intraprendono un percorso più rischioso, che però permette loro di restare insieme e di sopravvivere con le proprie forze. La preziosa eredità che hanno potuto mettere da parte, infatti, non è una somma di denaro bensì la capacità di esercitare l’arte che hanno imparato dal genitore e che intendono coltivare con passione e volontà tanto da farne un mestiere. Tra lo sgomento dei parenti, le quattro donne scelgono di mettere in vendita la grande casa di famiglia e di trasferirsi nell’affollata e viva Baker Street, nel centro di Londra, dove aprono una bottega di fotografia.
Estratto dal Capitolo 7 del libro:
Una luminosa mattina sul finire di gennaio, Gertrude scarrozzava verso casa sulla cima di un alto omnibus verde, con i capelli mossi allegramente dal vento, e le mani senza guanti strette su un voluminoso taccuino. Frank, che passava di lì, con indosso un grembiule da pittore e un cappello di feltro, si strappò quest’ultimo dalla testa e lo sventolò esageratamente in segno di saluto, un gesto che evocò un sorriso di risposta da parte della persona cui il saluto era indirizzato, ma che ricevette ben altra accoglienza da parte di un’altra persona a cui capitò di esserne testimone, e alla quale certamente non era stato rivolto. Non era altri che zia Caroline Pratt che, per la costernazione di Gertrude, era passata impetuosa su una carrozza aperta, con uno sguardo di indicibile orrore sull’avvenente volto equino.
Dunque, è impossibile mantenere la propria dignità sulla cima di un omnibus, e Gertrude ricevette una glaciale occhiata di disconoscimento, avvertendo un’umiliante consapevolezza degli svantaggi della sua posizione.
Con il cuore che sprofondava, lasciò furtivamente il suo posto sulla vetta, quando l’omnibus si fermò all’angolo, e camminò a testa bassa fino al numero 20B, davanti alla porta del quale la carrozza, priva del suo passeggero, stava sostando.
Zia Caroline non le aveva disturbate più di tanto in quei giorni e, domandandosi cosa l’avesse portata lì, Gertrude fece il suo ingresso nel soggiorno, dove l’ospite si era già accomodata.
«Come state, zia Caroline?»
«E tu, Gertrude? Dove sei stata questa mattina?»
«Al British Museum.»
Gertrude avvertì tutte le vecchie resistenze sollevarsi dentro di lei, a quella presenza stridente; una resistenza che assicurò a se stessa essere irragionevole. Cosa importava ciò che zia Caroline aveva da dire, a questo punto? Era stato diverso quando erano bambine; diverso, anche, in quel primo momento di dolore e preoccupazione, quando lei aveva allungato il suo ruvido tocco sui loro animi turbati.
Eppure, alla fine, zia Caroline non era una presenza a cui si poteva in qualunque modo passar sopra.
«È l’una e mezza,» disse zia Caroline, consultando il suo orologio; «non avete intenzione di pranzare?»
«È apparecchiato in cucina,» spiegò Lucy; «ma se vorrete rimanere possiamo mangiare qui.»
«In cucina! È necessario abbandonare le abitudini delle gentildonne perché siete povere?»
«Una cucina senza un cuoco,» puntualizzò Phyllis, «è il posto più adatto del mondo per una gentildonna.»
La signora Pratt non si degnò di rispondere a questa esclamazione, ma si rivolse a Lucy.
«Nessun pranzo, ti ringrazio. Vi dirò subito che sono venuta qui con uno scopo; unicamente, infatti, per ragioni di dovere. Gertrude, forse la tua coscienza può illuminarti su cosa mi porta qui.»
«In verità, zia Caroline, sono perplessa…»
«Sono venuta,» continuò la signora Pratt, «maldisposta a tollerare qualsiasi cosa tu possa dire. Gertrude, è a te che mi rivolgo, sebbene, data l’età di Fanny, è lei l’unica che avrebbe dovuto prevenire questo scandalo.»
«Non riesco affatto a comprendervi,» disse Gertrude, con ritegno.
La signora Pratt alzò il suo indice guantato, con l’aria di dover impartire un esperto consiglio.
«È, o non è vero, che avete stretto conoscenza con un giovanotto che abita di fronte a voi; che entra e esce dal vostro appartamento a tutte le ore e che voi lo seguite nel suo studio?»
«Sì,» disse Gertrude, lentamente, arrossendo in modo inequivocabile, «se intendete metterla in questa maniera, è vero».
«Che vi recate in luoghi pubblici con lui,» andò avanti zia Caroline; «che siete state viste, due di voi e questa persona, nei palchetti più alti di un teatro?»
«Sì, è vero,» rispose Gertrude; e Lucy, consapevole della tempesta che stava per arrivare, avrebbe voluto prendere la parola, ma Gertrude la fermò.
«Lasciami parlare, Lucy; forse, dopotutto, dobbiamo qualche spiegazione a zia Caroline. Zia, come posso trovare le parole giuste per farvi comprendere? Abbiamo ripreso in mano la nostra vita da una prospettiva diversa, l’abbiamo ricominciata su basi diverse. Noi siamo povere, e stiamo imparando a scoprire i piaceri della povertà, ad avvicinare la felicità da un altro lato. Non abbiamo nessuna delle convenzionali opportunità sociali, per esempio, ma dobbiamo per questo rinunciare a tutti i divertimenti della società? Dite che noi “seguiamo il signor Jermyn nel suo studio”, ma abbiamo il nostro sostentamento da guadagnare, e non meno le nostre vite da vivere, e in nessuno dei due casi possiamo permetterci di essere schiave delle convenzioni. I nostri cari devono aver fiducia in noi o lasciarci perdere; devono fare assegnamento sul nostro decoro e sul nostro giudizio. Convenzione a parte, non è sul giudizio e sul decoro che la maggioranza di noi fonda i propri rapporti umani, quali che siano le circostanze?»
Era solo il fatto che zia Caroline era senza parole per la collera ad averle impedito di interrompere a uno stadio precedente l’eroismo della povera Gertrude; ma a questo punto ritrovò la voce. Rigidamente seduta, e guardando con durezza sua nipote con un’espressione decisamente spiacevole negli occhi gelidi, si espresse in tono furioso:
«Fanny è una sciocca, e le altre sono delle bambine; ma nemmeno tu, Gertrude, capisci cosa significa perdere la reputazione?»
Amy Levy (1861–1889)
Scrittrice e poetessa Britannica dell’epoca vittoriana.
Tra le sue opere: Xantippe and Other Verse (1881), A Minor Poet and Other Verse (1884), The Romance of a Shop (1888), Reuben Sachs: A Sketch (1888), A London Plane-Tree and Other Verse (1889), Miss Meredith (1889).
non vedo l'ora di leggerlo!
RispondiEliminaAmy Levy doveva far parte della mia tesina di maturità ma alla fine avevo cambiato argomenti.
Io invece non la conoscevo proprio!
Eliminaè interessante, io amo gli homosexual romance...
RispondiEliminaMai letto uno, ma magari questo ne vale la pena :)
EliminaMi è stato segnalato che l'articolo potrebbe far intendere che La storia di una bottega è un romanzo omosessuale, quando non è così, e anche io devo avere male interpretato, non avendo scritto il post di mio pugno (nonostante, in effetti, nell'articolo non fosse scritto). Ho aggiunto la postilla tra i trattini "che però non ha contenuti omosessuali" per evitare ulteriori equivoci
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