giovedì 18 aprile 2013

Recensione: Il posto dei miracoli di Grace McCleen


Il posto dei miracoliIl posto dei miracoli - Grace McCleen
In mano ai bambini uno scampolo di velluto a coste può diventare un campo coltivato e la carta delle caramelle un arcobaleno. Una matassa di filo è un gatto e uno scovolino da pipa un uomo, e le cose parlano e le cose ascoltano. I bambini hanno milioni di segreti e un amico immaginario a cui raccontarli. E, in un mondo ideale, una schiera di sentinelle adulte a proteggere tutto questo.
A certi bambini, invece, capita di crescere in un mondo di divieti, dove la Legge Fondamentale pretende un occhio per un occhio e una vita per una vita, e la fine dei tempi è sempre in agguato. Un mondo di bibliche punizioni dove la fantasia è un peccato e le cose servono solamente e non parlano.
Judith McPherson è fra quei bambini. Suo padre è un ardente «Fratello» di una setta millenarista che obbliga i suoi membri al proselitismo porta a porta in attesa dell'Armageddon che spazzerà via il mondo e trasporterà i pochi salvati nella Terra Promessa, adornamento di tutti i paesi. La «Terra dell'Adornamento» di Judith ha un aspetto molto concreto. È fatta dei materiali di scarto che da quasi tutta la vita la bambina va raccogliendo nelle sue peregrinazioni solitarie e dei pochi oggetti ricevuti in eredità dalla madre, ed è il luogo in cui trova rifugio da ogni minaccia. Come tutti i diversi, i McPherson non sono troppo popolari nella cittadina operaia in cui vivono, e mentre il padre si attira le ire dei sindacati rifiutandosi di aderire allo sciopero indetto nella fabbrica in cui lavora, Judith deve tentare ogni giorno di sfuggire alle angherie dell'immancabile bullo della classe, che l'ha prevedibilmente scelta come vittima designata. Per il giorno seguente, ad esempio, le ha promesso una morte per affogamento nei bagni della scuola e Judith sa che il solo modo per evitarlo è tenersi alla larga dall'edificio, ma come fare? Per una bambina come lei la magia di ogni gioco può chiamarsi miracolo, ed è con questa fede che, incitata da una voce disincarnata che sceglie di chiamare Dio, cosparge la Terra dell'Adornamento di zucchero e farina, e cotone e schiuma da barba e plastilina e gocce di colla, e la mattina seguente apre le tende della sua camera sul candore di una colossale nevicata fuori stagione. È il primo di una serie di miracoli, e l'inizio di un dialogo fitto con un Dio - versione mistica dell'amico immaginario? sintomo psichiatrico? autentica espressione del sovrannaturale? -, del quale Judith si convince di essere l'onnipotente strumento. Lei, una bambina di dieci anni che vorrebbe solo raddrizzare le cose storte.
Grace McCleen, cresciuta, come la sua protagonista in una setta cristiana fondamentalista del Galles, usa lo sguardo leggero e divertente di una decenne fuori dal comune per raccontare una storia che scuote ogni convinzione.
Editore: Einuadi
Pagine: 304
Prezzo: € 18,00



Voto: 

Il posto dei miracoli è l’ottimo esordio di Grace McCleen, vincitrice del Desmond Elliot Prize 2012 e selezionata dal The Sunday Times come una dei quattro autori più promettenti dell’anno passato, candidatura che lascia la speranza di una fiorente carriera.
L’autrice inglese, appartenente ad una comunità di estremisti cattolici, riporta parte della sua esperienza nella soffocante vita di Judith, bambina di dieci anni cresciuta con il “mito” dell’Apocalisse imminente. Orfana di madre  – che, al momento del parto, ha rifiutato una trasfusione per le sue convinzioni religiose ed è morta – e figlia di un padre rigido che non le dimostra affetto e le fa leggere la Bibbia ogni santa sera,  Judith è bersagliata dai compagni di scuola, da cui subisce atti di bullismo. Precoce e straordinariamente matura, curiosa e piena di immaginazione, tanto da creare nella sua stanza una riproduzione in miniatura della sua città, fatta dei rifiuti che trova per strada,  dove proietta i suoi desideri e le sue aspirazioni: la Terra dell’Adornamento, così la chiama, sembra infatti la catalizzazione della sua interiorità, lo sfogo di una mente sempre fervente e ingenua.
In seguito alla predica di un nuovo prete, Padre Micheals, e ad uno strano sogno, la bambina comincia a “sentire” la voce di Dio, e a convincersi di poter compiere dei miracoli: tutto quello che fa nella Terra dell’Adornamento si riproduce nella realtà, con conseguenze prima benevole e poi cattive. Un’escalation che raggiungerà il picco nell’ultima parte del romanzo, di cui Judith si sobbarcherà, pur innocente, tutte le colpe.

Il libro presenta molteplici spunti di riflessione, ma mi preme innanzitutto dire che Il posto dei miracoli è scritto benissimo. Lo stile è poetico, semplice, ma dotato di grande forza ed espressività. La voce di Judith (è infatti raccontato in prima persona) è limpida, non banale. Certe volte verrebbe da chiedersi come possa una bambina di dieci anni esprimersi così, ma i dubbi si rischiarano alla luce di due consapevolezze: Judith è assolutamente atipica, cresciuta in un contesto quasi isolato dove i suoi unici amici sono gli adulti strambi della Chiesa, ed abituata ad ascoltare la Bibbia sin da piccola; da vari episodi si deduce inoltre che è realistica perché ingenua, perché nella sua cieca fiducia nella fede si scorge un’anima infantile e pura.
Judith vuole risolvere da sola i problemi del padre e la convinzione di poterlo fare grazie al suo dono la espone ad una serie di eventi di cui si ritiene responsabile. Il genitore, d’altro canto, è un uomo poco espansivo che non presta attenzione alla figlia quando lei gli racconta di parlare con Dio e che continua a sottovalutarla e non ascoltarla, forse attribuendole davvero la colpa della morte della moglie, per quanto le voglia bene. Questo è d’altronde uno spauracchio di Judith, come ben si può comprendere e come si premura di confermarle Dio.
Dio ovviamente non è lui, è tutto frutto dell’immaginazione della bambina – e si capisce bene in alcuni punti – ma ha una personalità imperiosa, per nulla caritatevole e anzi odiosa. E’ ovviamente il Dio dell’Antico Testamento, quello in cui crede la protagonista, che preannuncia la dannazione eterna a tutti coloro che non ascoltano la sua Parola e che non è mai di sollievo, ma sembra appesantire il fardello di Judith. L’Apocalisse è la sua oasi, la attende con ansia nella speranza di vivere felice nell’Aldilà con il padre e la madre, e da qui si denota la grandissima solitudine in cui è immersa. Le figure adulte attorno a lei non le danno sicurezza, anzi spesso sono indifferenti e distanti, fatta eccezione per la nuova insegnante che si avvicina per la prima volta a lei e tenta di aiutarla. I suoi coetanei sono spregevoli, molto più smaliziati di lei, anche se vittime, a loro volta, di un mondo turpe. Padre Micheals, l’unica persona che davvero ispira Judith, non coglie il suo messaggio di aiuto ed è assente per tutto il libro: fallimentare come i semi di senape che le ha dato dopo la prima funzione, e che non cresceranno mai nonostante le vane attese.
La fede è un altro tema del libro, rappresentata con la metafora del balzo, per cui serve il coraggio di buttarsi in là, saltare. Non viene posta sotto un punto di vista critico, piuttosto sembra un personaggio silenzioso, ma non minore, del libro.

L’aspetto più interessante è la psicologia di Judith e le sue reazioni agli eventi sempre più gravi: dapprima il senso di colpa, poi la volontà di rimediare con un altro miracolo che in realtà peggiora la situazione. C’è, in questo senso, una sorta di arroganza tracotante nel voler modificare il corso delle cose, per cui viene puntualmente punita. Comincia a vantarsi del suo potere, ma si rende presto conto che è una maledizione: le sue piccole spalle devono reggere, ancor peggio di un’adulta, il peso della responsabilità, come se fosse lei stessa Dio.

In senso lato, Il posto dei miracoli potrebbe definirsi un romanzo di formazione. Judith percorre una strada lastricata di terrore, psicosi, sensi di colpa. Vede le sue certezze crollare, le sue figure di riferimento ripiegarsi su di sé, il suo Dio additarla per un “dono” che Lui stesso le ha dato.
Judith è un agnello immolato sull’altare di un mondo allo sbando, un mondo che le è stato costruito attorno e che è l’unico che conosce: la perpetua attesa dell’Armageddon, l’assenza della madre di cui si attribuisce la morte, il bullismo dei compagni di scuola a causa della sua fede.
Questo percorso la annichilisce ma la rende anche più forte, alla fine. Deve salvare gli adulti - anzi, l’umanità intera – per sopperire alle loro mancanze e poi deve mettere in discussione la sua vita, lei, una bambina, per avere la forza di dire no, allontanare da sé il calice.
Ecco, c’è una rivalsa dolce, ma anche forte. C’è una speranza. E alla fine cos’è la speranza, se non un miracolo? 





Grace McCleen 
è nata nel 1981. Dopo aver lasciato la comunità d'origine, ha studiato Letteratura a Oxford e York. Oggi svolge a Londra la sua attività di scrittrice e musicista. Il posto dei miracoli è stato giudicato uno dei quattro debutti piú promettenti del 2012 da «The Sunday Times» e ha vinto il Desmond Elliott Prize per l'opera prima.

3 commenti:

  1. la trama mia aveva colpito e tutti gli aspetti che hai rivelato, circa le tematiche e la psicologia della protagonista, me lo rendono ancora più interessante!! da leggere!

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  2. Ero curiosa di leggere questa recensione!

    Sono felice che ti sia piaciuto. Personalmente, mi intriga molto; credo proprio che lo leggerò.

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