Mal tiempo – David Fauquemberg
Un pugile stanco, sulla via del tramonto è deciso ad appendere i guantoni al chiodo. Vuole lasciare tutto perché sa che la sua avventura sul ring è finita ma l'amico e maestro Rouslan Karelin gli chiede un ultimo favore: aiutarlo a portare la squadra dei giovani pugili della palestra a Cuba, terra di contrasti, dove la nobile arte, a livello amatoriale, rimane l'arte suprema.
Lì, sul suo cammino incontra Yoangel Corto, un colosso misterioso, un prodigio, il campione dei campioni.
Yoangel Corto, solo ventenne, lavora duro ma non ascolta nessuno. Conduce la sua battaglia, solo lui sa contro che cosa. Non è solo un pugile, è un eroe tragico che si batte contro i propri demoni, contro se stesso e contro la cosa che sa fare meglio: boxare.
Editore: Keller
Pagine: 208
Prezzo: € 14,00
Voto:
Il mondo della boxe è un mondo spietato, incalzante, fatto di intuizioni e mosse che sorprendano l’avversario tanto da spingerlo al tappeto per il tempo necessario a dichiarare l’incontro concluso.
Nelle sue due parti, Mal tiempo racconta la vita di un pugile ormai divenuto l’ombra di se stesso che, durante un viaggio a Cuba con alcune reclute della sua palestra e insieme al maestro Rouslan, conosce Yoangel Corto, una giovane promessa della boxe. I due personaggi sono molto diversi: il protagonista/narratore – del quale non conosciamo il nome, ma solo la sua nazionalità (francese) – è un uomo che si è perso, non sa più chi sia, ma è consapevole che il tempo che aveva per brillare nella disciplina che ama è finito; Yoangel è giovane, forse un po’ inesperto, un colosso di capacità sovraumane, che però boxa solo perché non crede che valga la pena lavorare per una misera paga. Un incontro tra i due che diventa un’amicizia, alla scoperta del quartiere natale di Corto, della sua famiglia e di un carattere che lo mette in cattiva luce agli occhi del lettore: gradasso e volgare con le donne, spietato contro gli avversari, eppure con l’animo semplice di chi ha dovuto crescere in fretta senza genitori. Nonostante la cosa possa intenerire l’animo di chi scorre le pagine, la storia non decolla.
Con ciò non voglio sminuire il valore di questo romanzo, che ha il pregio di avermi presentato un mondo che ignoravo totalmente, quale quello del pugilato e del suo “solfeggio”, ben più interessante dell’intera vicenda narrata, perché metafora della vita: basta una sola svista e ci si ritrova a terra. Il mal tiempo del titolo è un accettare che il destino, una volta intrapresa una certa strada, non può essere cambiato: tempus fugit, il tempo non si esaurisce, ma tende a “passarci davanti”. Nelle descrizioni degli incontri di boxe si ha un’essenzialità che si disperde nel resto del romanzo, che sembra essere uno snervante ed eterno lamento del pugile “finito”, e che rende ancora più difficoltoso andare avanti nella lettura. E' un vero peccato, perché potenzialmente la storia è scritta davvero bene. Ma, come ormai saprete, il mio mantra resta sempre lo stesso: non basta una buona prosa per fare un buon libro.
Mi sarei aspettata un viaggio nella psicologia dei personaggi, che sembrano invece sagome delle quali ogni tanto scopriamo qualche particolare. La caratterizzazione precisa e anche psicologica è riservata solo ai personaggi di contorno – come ad esempio Renè, che ben rappresenta la Cuba immutata e immutabile, ma sempre colorata e appassionata – mentre tutto il resto cade in secondo piano. Piuttosto, risulta molto interessante il modo fotografico di descrivere le strade e la vita a Cuba, come anche la palestra nella quale le giovani promesse si allenano, tra competizione e cameratismo.
Veniamo poi alla linguistica del testo: in alcuni dialoghi si ha l’impressione di un’indecisione nella traduzione dal francese all’italiano, che rende quasi sterile la commistione tra spagnolo cubano e italiano, tanto che alcune espressioni più colorite sembrano in realtà essere forzate. Mi spiego meglio: è come vedere un film nel quale il personaggio viene doppiato in modo da far intendere di avere davanti uno spagnolo, ma rendendo i dialoghi poco credibili perché non si è rispettato in pieno l’identità dell’idioma. Con questo non voglio assolutamente criticare il lavoro svolto dalla traduttrice, che comunque è ragguardevole, né posso dire che sia qualcosa di cui si ha sentore leggendo il testo in originale, perché non ho una conoscenza del francese tale da cimentarmi nell’ impresa.
Concludo questa recensione spendendo poche parole riguardo il formato del libro, che ho trovato davvero interessante e particolare, e che è forse ciò che mi ha attirato prima ancora della trama. Detto questo, ve lo consiglio se amate il pugilato e tutto quello che vi gira intorno, ma se cercate qualcosa di più analitico, se cercate la storia fuori dal ring, allora meglio non approcciarvisi, perché nemmeno i protagonisti hanno la forza di tirare l’asciugamano bianco.
si scrive boxe non box santiddio
RispondiEliminaNon so come ho fatto a non accorgermene O_o grazie per la segnalazione
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