mercoledì 10 aprile 2013

Recensione: Buona fortuna di Barbara Fiorio e intervista all'autrice


Buona fortuna è il secondo libro che leggo di Barbara Fiorio - autrice che ha gentilmente partecipato alla raccolta di racconti Christmas Tales -, dopo l'avventura, due anni fa, di Chanel non fa scarpette di cristallo (QUI la recensione). I due libri sono molto diversi anche se la qualità della Fiorio si nota sempre, nell'abilità di scavare certi particolari e condirli con tanta ironia. Mi ha concesso un'altra intervista, per cui la ringrazio calorosamente, e a cui ha risposto durante un viaggio (quindi doppio grazie!)



Buona fortuna - Barbara Fiorio
Margot ha trentotto anni, un gatto, un fidanzato soprannominato Tormento e un lavoro precario. Giovanna, la caporedattrice del quotidiano genovese dove lavora, la costringe a un'assoluta flessibilità anche nella scrittura, chiedendole articoli in tempi record e sugli argomenti più improbabili, dalle ultime novità in fatto di cake design ai modi per favorire i migliori auspici per l'anno nuovo. Non era così che Margot aveva immaginato la propria vita: il lavoro la fagocita, Tormento si rivela ancor peggiore del suo soprannome e persino Diesel, il gatto dispensatore di abbracci, non sta niente bene. Un giorno, intenta a scrivere un nuovo pezzo, Margot varca la soglia di una piccola ricevitoria del centro di Genova gestita da un'ottantenne del tutto fuori dal comune, Caterina: lo sguardo saggio e lieve che l'anziana signora rivolge al mondo la colpisce in profondità. Pochi giorni dopo il loro incontro, Caterina viene aggredita nel suo negozio e in poche ore si ritrova incomprensibilmente travolta da una vicenda che rischia di toglierle tutto ciò che le è rimasto: la ricevitoria, la libertà, il calore della gente, la reputazione. Margot non può stare a guardare. Per affetto, per un senso di giustizia che le impedisce di assistere indifferente a un torto e anche per non farsi ingoiare dal vuoto che ha allagato la sua vita, Margot si trasforma in àncora di salvataggio della sua anziana amica e si improvvisa detective per capire chi ha interesse a rovinare la vita di Caterina. Rischia molto, Margot, rischia del suo: ma - vantaggi emotivi della precarietà! - sa che rischiare a volte è il solo modo per vincere. Con straordinaria ironia e delicatezza, Barbara Fiorio scrive la storia di un'amicizia capace di annullare il tempo e ci accompagna in un mondo - quello delle ricevitorie e di chi affida ai numeri i propri sogni - fatto di contraddizioni, speranze e desideri che sono quelli di tutti noi. La sua protagonista è capace di sorridere di sé e degli altri ma anche di prendere la vita ostinatamente sul serio, quando è necessario: sarebbe davvero bello, ogni mattina, trovare sul giornale i pezzi di Margot a darci il buongiorno...
Editore: Mondadori
Pagine: 200
Prezzo: 14.90 euro


Voto: 



“Buona fortuna” è un titolo insolito per un libro, un auspicio propizio che nasconde la riflessione amara su quanto, di fortuna, abbiamo disperatamente bisogno.
Nel caso del romanzo di Barbara Fiorio è anche un riferimento al “terno al lotto” della vita: quella della protagonista, Margot, e quella di Caterina Bonardi, anziana proprietaria di una ricevitoria che ha quotidianamente a che fare con giocatori di tutti i tipi e le età, uno strano mosaico di individui che chiameremmo personaggi, se non sapessimo che sono persone: la coppia giovane e innamorata, la vedova che gioca i numeri suggeriti dal marito (morto, ovviamente), la donna che gioca guardandosi in giro con fare circospetto, lo studioso di statistica che va sempre vicinissimo alla combinazione perfetta.
Di questo strambo universo Margot viene a conoscenza quando si offre di aiutare Caterina, conosciuta grazie ad un’intervista utile al suo ultimo improbabile articolo – è infatti una giornalista o, meglio, una “collaboratrice esterna” -,  vittima di un’aggressione per rapina.
Margot si districa fra i clienti imparando la terminologia dei giocatori, lanciando ogni tanto una battuta sarcastica, imparando a rendersi partecipe di un pezzo di umanità che le era sconosciuto. D’altronde questo è un ottimo modo per distrarsi dai problemi della sua vita: trentotto anni, fidanzata da tre con un uomo soprannominato Tormento, professore universitario instabile e immaturo che, si scopre dopo l’ennesima vacanza saltata, conduce una vita parallela in cui lei non esiste.

All’inizio ho accennato ad una riflessione amara. Buona fortuna è infatti un libro molto lontano dal precedente dell’autrice, Chanel non fa scarpette di cristallo: abbandonate le fiabe frizzanti, questo romanzo è percorso da una sorta di malinconia. Il bene trionfa, è vero, le ingiustizie vengono in parte sconfitte.  Ma non esiste un vero happy ending, nessuna nuova storia per Margot, anzi, un triste epilogo per il suo lavoro e per il gatto quindicenne a cui è profondamente affezionata.
C’è, in Buona fortuna, una sorta di realismo non cinico, ma comunque disilluso. Il complotto ordito ai danni della povera Caterina è solo un esempio. In verità, è il tenore del libro a ricordare questa atmosfera. Così vicina, così vera.
E’ uno dei motivi per cui ho apprezzato molto più Buona fortuna che Chanel non fa scarpette di cristallo: Margot è una donna forte e fragile allo stesso tempo, matura perché ormai adulta, che prende la vita com’ è, incalza le delusioni con coraggio e crede ancora che si debba combattere per il bene contro i potenti. Saggezza, forza e determinazione: non stenterei a credere quanto sia vicina alla descrizione dell’autrice. E forse è questo  il motivo di tanto realismo: null’altro si tratta che di una storia personale – non a caso, dice  nei ringraziamenti, Caterina Bonardi era il nome della nonna – dove è stato riversato un pezzetto della Fiorio. Lo si nota dalle righe dedicate all’amore per il gatto Diesel, e per quelle sulla sua città natale, Genova: un inno alle sue tradizioni, alla sua storia e ai suoi cittadini.
In comune con Chanel non fa scarpette di cristallo, Buona fortuna ha, però, l’incredibile, sferzante, ironia. La voce narrante, quella di Margot, lascia spazio a commenti caustici e osservazioni sibilline e dolceamare (“Raramente gli innamorati prestano attenzione al mondo circostante, soprattutto se sono giovani. E’ solo verso i quarant’anni, quando l’amore diventa un bene di lusso, che sentono la necessità di condividere con chiunque la propria felicità”, pag. 144). Lo stile è quindi semplice, quotidiano, godibile, a tratti divertente e mette in luce la personalità della protagonista. Dell’altro personaggio principale, Caterina, c’è poco da dire, anche se le brevi pennellate dell’autrice sono sufficienti: un’ottantatreenne vecchio stampo, con antichi valori, fedele all’onestà e alla rettitudine, lavoratrice, riservata, con un dolore mai sopito derivato dalla morte prematura del figlio.
Anche per Tormento basta una breve descrizione, un uomo incapace di amare chiunque tranne se stesso, irascibile, egoista e molto immaturo, con comportamenti da bambino capriccioso.
Queste tre sono le uniche personalità di rilievo, ma Margot è l’unica abbastanza approfondita da poterne ricavare un quadro completo. In questo senso c’è un’evidente pecca all’interno del romanzo, anche se io non le attribuisco il peso che meriterebbe perché ho interpretato il libro in un altro modo. Come un diario, appunto, una confessione, una fessura d’anima di Barbara Fiorio.



Interview with...

Barbara Fiorio



Ciao Barbara, è un piacere ritrovarti! E’ passato un po’ di tempo dalla nostra ultima intervista, risalente a due anni fa per l’uscita di Chanel non fa scarpette di cristallo: cos’è cambiato in te, nella tua vita e nella tua carriera di scrittrice da allora?


Ciao Malitia, è un piacere anche per me essere di nuovo qui con voi. Negli ultimi due anni sono successe un sacco di cose: ho cambiato lavoro, ho comprato un cappotto rosso, mi è leggermente peggiorata la miopia, ho preso due chili che non riesco a togliermi, è arrivato un nuovo gatto in famiglia che si chiama Brodo e che vessa costantemente la povera Giuggiola, ho scritto un nuovo libro e sono entrata nella scuderia di una bravissima agente letteraria.
A occhio direi che questi ultimi due eventi sono forse quelli che più degli altri hanno influito sulla mia carriera da scrittrice.

• Come ho sottolineato nella recensione Buona fortuna è un libro inconfondibilmente tuo, ma anche con un sottotono diverso, più malinconico: a cosa è dovuto questo mutamento?


“Chanel non fa scarpette di cristallo” era una fiaba, il lieto fine era d’obbligo e con lui quello spirito un po’ magico e un po’ romantico che caratterizza quel genere di narrazione. Ma anche lì c’era una vena di malinconia, penso soprattutto al personaggio di Beatrice.
In Buona Fortuna la protagonista, Margot, vive nel nostro tempo, nel nostro spazio e nella nostra realtà, per cui ho potuto permettermi una maggiore somiglianza con la “vita vera” e nella vita vera i sentimenti convivono in modo più tridimensionale. Io più che malinconico lo definirei agrodolce: come la vita, che non garantisce mai il lieto fine.

Margot è una donna forte e fragile allo stesso tempo, e nel romanzo ci sono vari dettagli – come ad esempio la tua città – a te legati. E’ lecito dedurre che sei molto più simile a Margot di quanto non lo fossero le tue precedenti protagoniste?


Credo che sia inevitabile mettere qualcosa di se stessi quando si scrive una storia, per lo meno a me succede. Si attinge alle nostre emozioni, alle nostre esperienze personali, ai nostri pensieri. Si possono dare i nostri occhi a un personaggio, i nostri desideri a un altro e i nostri difetti peggiori a un altro ancora, così come si possono creare figure completamente estranee a chi scrive.
Nel primo romanzo non si dichiara il luogo dove vivono le protagoniste ma nel mio immaginario è Genova, in molti l’hanno riconosciuta. In Buona Fortuna, invece, l’ho dichiarato e nel farlo mi sono sentita libera di raccontarla con l’amore che ho per questa città così contraddittoria e molto schiva.
Forse è vero che Margot mi somiglia più di Penelope, Maddalena e Beatrice, anche se quest’ultima la sento molto vicina a me. A Margot ho dato molto di mio e anche qualcosa che mi piacerebbe fosse mio.

• Come mai l’idea di una ricevitoria? Da dove è arrivata l’ispirazione?


Quella della ricevitoria è stata una vera e propria sfida, considerando che mi è capitato di entrarci forse due volte in tutta la mia vita e che non ho la più pallida idea di come si giochi al lotto o al totocalcio.
E’ un’idea nata da una chiacchierata con Silvia, la mia agente, mentre le parlavo di Margot e della sua vita. Una vecchina in una ricevitoria era un elemento talmente avulso dal mondo di una giovane giornalista precaria che poteva essere quell’elemento di rottura capace di dare una svolta alla storia. E così è stato.
All’inizio doveva essere una vecchina che moriva e lasciava in eredità a Margot la ricevitoria, costringendola ad andarci a lavorare, ma, fin dalle prime righe, si è data un nome, Caterina, una forte personalità e non ha avuto alcuna intenzione di morire diventando, di fatto, la co-protagonista di questo libro e portandomi a raccontare soprattutto della vecchiaia, della solitudine, dell’amicizia tra generazioni diverse e del senso di giustizia e di protezione verso i più deboli.
Caterina e Margot sono i due personaggi forti di Buona Fortuna, quelli più importanti e più approfonditi. Il modo in cui Caterina si è conquistata lo spazio e ha lasciato raccontarsi nelle sue fragilità, nella sua saggezza, nelle sue paure, nei suoi dolori e nella sua solitudine mi ha travolta e convinta a lasciarla al fianco di Margot fino all’ultima pagina.

• Nel libro una parte importante viene dedicata al gatto Diesel e alla sua dipartita, un elemento insolito da inserire in un romanzo, descritto però con molta delicatezza. Sembra quasi ovvio, da come lo descrive nel romanzo, che ami i gatti, ma perché inserire proprio la fine del percorso?


Come dicevo prima, questa volta non ho scritto una fiaba ma ho raccontato una storia ambientata nella vita reale e nella vita reale anche i nostri compagni di vita possono ammalarsi e morire. Diesel è un elemento narrativo che ci aiuta a conoscere meglio Margot, che ci parla dei suoi affetti, dei suoi dolori, delle sue tristezze come della sua forza e della sua sensibilità. Non è un romanzo che parla di gatti, ma che parla di alcuni modi di amare, che siano sbagliati come quello di Tormento, o incondizionati come quello per un gatto (ma poteva essere anche un cane, un furetto o una cavia peruviana) o immediati come quello per una vecchina sconosciuta.

• Anche Margot, come Beatrice, Maddalena e Penelope, ha a che fare con gli uomini. Tormento, in particolare, è uno della peggior specie. Ti sei ispirata a qualcuno in particolare o hai tratto spunto dall’esperienza generale di molte donne?


Nella maggior parte dei romanzi “d’intrattenimento”, che i protagonisti o gli autori siano maschi o femmine, l’innamoramento e la passione, o anche solo l’attrazione, sono elementi quasi sempre presenti. Buona Fortuna non fa eccezione, anche se questa volta si tratta di una storia d’amore piuttosto particolare, che noi incontriamo quando si infrange. Alcuni hanno creduto che Tormento sia stato esasperato o estremizzato, come se non fosse possibile che un uomo arrivi a tanto, mentre di questa storia conosco entrambi i protagonisti e non ho inventato nulla. Ciò che più andrebbe combattuto è proprio quella diffidenza preventiva che le persone hanno di fronte a certe situazioni. Sono molte le donne che si ritrovano vittime di uomini così, che subiscono un tipo di violenza psicologica difficile da spiegare e denunciare, e non tutte riescono a uscirne come Margot.
Conto molto sugli uomini - quelli veri, affidabili, sani - per aiutare le donne a non cadere in quei meccanismi sottili e letali. Comprenderli, riconoscerli e non screditare chi li subisce penso possa essere un buon passo avanti.
Tormento è un personaggio negativo che però resta sulla strada secondaria: a lui ho voluto assegnare un ruolo significativo ma marginale nella vita di Margot proprio per non attribuirgli troppo potere.

• Chanel non fa scarpette di cristallo era stato pubblicato da Castelvecchi, Buona Fortuna da Mondadori: come è avvenuto questo passaggio e perché non hai continuato a pubblicare con la prima casa editrice?


Buona Fortuna è stato rappresentato da un’agente che lo ha presentato alle case editrici che potevano essere più adatte a questo tipo di romanzo. Sono state diverse quelle che lo hanno voluto leggere, tutte di un certo calibro, e Mondadori è stata rapidissima nel proporci la pubblicazione. Per me è stata non solo una conferma importante, ma anche un salto di livello che da una parte entusiasma e dall’altra spaventa.
Pubblicare con uno dei colossi dell’editoria italiana significa veder salire le aspettative su di me e doverne essere all’altezza, un po’ come quella vecchia storia della bicicletta e del pedalare.

• Hai già in cantiere un nuovo libro? Quali sono i progetti per il futuro?


Il futuro mi sta proiettando verso un nuovo libro di cui al momento esistono solo i primi capitoli. Non posso rivelare nulla, soprattutto per scaramanzia, ma non vedo l’ora di scoprire dove mi porterà.

• Grazie mille per la tua disponibilità e tanti auguri per il tuo lavoro :)


Grazie a te e ai lettori di Dusty pages in Wonderland, spero di ritrovarvi tutti presto per un nuovo romanzo.



Barbara Fiorio

nata a Genova nel 1968, formazione classica, studi universitari in graphic design, un master in marketing communication, ha lavorato per oltre un decennio nella promozione teatrale ed è stata la portavoce del presidente della Provincia di Genova.
Tante passioni e due, in particolare, la accompagnano fin da quando era una bambina: leggere e scrivere. Ha pubblicato il saggio ironico sulle fiabe classiche C'era una svolta (Eumeswil 2009) e il romanzo Chanel non fa scarpette di cristallo (Castelvecchi 2011).

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