La belga Saturnine cerca un alloggio a Parigi, e dopo varie ricerche sembra capitarle un colpo di fortuna: Grande di Spagna don Elemirio Nibaly Milcar le offre la possibilità di condividere il suo alloggio ad un prezzo irrisorio.
L'uomo è piuttosto stravagante, come dimostra ad esempio la scelta di affittare la casa soltanto a giovani donne, ma altrettanto ricco. Innamorato sin da subito di Saturnine, non si fa infatti scrupoli a farle sontuosi regali: lei però non si fida. Cosa ne è stato, infatti, delle sette precedenti coinquiline, di cui non si hanno più notizie? E cosa nasconde il passato di Don Elmirio?
Editore: Voland
Pagine: 112
Prezzo: 14,00 euro
Voto: ![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisT2LQaGKOAV9eDI6lfgrZ5NY0wDVYkl3NHedPHMpyLCcA7Y7VTW5b-iHiCRYYGTjA_EwSXFeqJ3rFafdaf-W6YVjXMX2GHLRCIenSTNJsHTI8Wxfv0rmezSIx6Z63K-Qpz4ZlCL_gQJE/s1600/pieno.png)
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Chi scrive questa recensione ha
avuto molti incontri ravvicinati con Amélie Nothomb, alcuni decisamente a buon
fine, altri meno. Uno dei luoghi comuni più in voga nell'arte è che le ultime
opere non siano mai all'altezza dei primi lavori, e purtroppo la nostra sembra
confermare questa diceria. Saranno i ritmi da stacanovista – almeno un romanzo
l'anno, senza contare tutti gli scarti rimasti nei cassetti - sarà il mestiere,
ma spesso i suoi ultimi lavori mi hanno lasciato l'amaro in bocca al momento
della lettura. Ad eccezione di “Una forma di vita”, salvato dall'elemento
autobiografico, abbiamo nell'ordine un ottimo spunto sprecato tra un bicchiere
di champagne e l'altro (Causa di forza maggiore), una storia a base di
allucinogeni e progetti omicidi (Il viaggio d'inverno), ed un tentativo di
rinnovarsi che però non dà i risultati sperati (Uccidere il padre). Come si
pone “Barbablù”, la sua ultima fatica, in questo trend negativo?
La belga Saturnine cerca un
alloggio a Parigi, e dopo varie ricerche sembra capitarle un colpo di fortuna:
Grande di Spagna don Elemirio Nibaly Milcar le offre la possibilità di
condividere il suo alloggio ad un prezzo irrisorio.
L'uomo è piuttosto stravagante,
come dimostra ad esempio la scelta di affittare la casa soltanto a giovani
donne, ma altrettanto ricco. Innamorato sin da subito di Saturnine, non si fa
infatti scrupoli a farle sontuosi regali: lei però non si fida. Cosa ne è
stato, infatti, delle sette precedenti coinquiline, di cui non si hanno più
notizie? E cosa nasconde il passato di Don Elemirio?
“Barbablù” è il ventesimo romanzo
pubblicato dalla Nothomb, e non è da escludersi che questo sia stato un fattore
importante nel rendere il libro così come lo conosciamo. Un aficionado della
scrittrice belga infatti riconoscerà tra le pieghe della storia diversi
elementi familiari. Ad esempio l'impostazione della trama ricorda molto da
vicino quella di “Igiene dell'assassino”, suo primo romanzo. E così via per
altre minuzie, la più evidente delle quali è lo smodato uso di champagne da
parte dei protagonisti, esattamente come nel sopraccitato “Causa di forza
maggiore”. Francamente non si capisce quanto siano piazzate lì volontariamente
– d'altronde la Nothomb si autocita, anche in maniera sfacciata, molto spesso –
e quanto no. In ogni caso questa autoreferenzialità non inficia minimamente il
libro nel suo svolgimento.
Andando nello specifico nel
romanzo, non esiste una vera e propria trama degna di questo nome, a tal punto
che si potrebbe quasi portarla in teatro senza dover effettuare pesanti
cambiamenti di sceneggiatura. A parte il capitolo iniziale ed altre scene
sparse “Barbablù” è fatto esclusivamente da dialoghi. Saturnine ed Elemirio non
fanno altro che parlare, letteralmente: i gesti che compiono durante le
conversazioni non vengono descritti ma si intuiscono soltanto dalle battute. Le
loro sono vere e proprie schermaglie verbali – anche qui da intendersi in senso
letterale - che impiegano tutte le energie di chi le fa, di chi le scrive e di
chi le legge. Sopratutto nella prima parte, infatti, può essere difficile
mantenere costante la concentrazione e non spazientirsi di fronte a quello che
sembra, anche se non è, un unico dialogo. Come in un incontro di boxe che si
protrae particolarmente per le lunghe, soltanto poche righe all'inizio dei
capitoli fanno da pausa per tirare il fiato e riprendere con un altro round.
Vi chiederete di cosa parlino
esattamente Saturnine ed Elemirio per tutto questo tempo. Tanto per cominciare,
il nodo centrale della trama viene introdotto sin da prima del loro incontro.
Saputa questa informazione tutto il romanzo è speso in come questa influenzi il
rapporto tra i due protagonisti. Elemirio è quello che detta i ritmi, sia dando
le sue spiegazioni sull'accaduto sia cercando di sedurre la nostra eroina. Ma
le apparenze ingannano: davvero i ruoli sono così ben definiti?
E' un po' difficile parlare di
introspezione psicologica con un intreccio così scarso, ma vale la pena
provarci. La scelta di tagliare tutti gli orpelli, infatti, si dimostra sulla
lunga distanza azzeccata, perché mette in risalto soltanto la coppia
protagonista.
Saturnine è quella che ne
beneficia di più. Per una buona metà del romanzo è fermissima sulle sue
posizioni, totalmente insensibile agli incantesimi del mostro: non si fa né
ingannare dalle sue belle parole né tanto meno spaventare dalla situazione, in
uno spirito di sacrificio che forse sorprende anche se stessa. A proposito,
qualcuno potrebbe vedere delle somiglianze tra lei e Pannonique, l'imperturbabile
protagonista di “Acido Solforico” (naturalmente sempre della Nothomb), e non ha
tutti i torti. Tuttavia un certo avvenimento scuote la sua sicurezza, facendola
vacillare non poco. Al lettore il piacere di scoprire come risolverà l'impasse.
Elemirio invece non compie un
tale percorso psicologico. E' assolutamente sincero ed assolutamente radicato
su una morale che definire deviata è un eufemismo, costituita in egual modo da
follia, valori cristiani ed attaccamento alla propria nazione d'origine. La non-trama
avrà i suoi effetti anche su di lui, ma fino ad un certo punto.
Lo stile di Amélie Nothomb è
funzionale alle esigenze della storia, e si mantiene sempre sugli ottimi
livelli che i suoi lettori abituali conoscono bene. Le descrizioni sono dosate
con il contagocce, non c'è una sola scena mostrata invece che raccontata: le
intrusioni del narratore nella vicenda sono minime, come se essa si facesse da
sola. Il linguaggio, invece, è piuttosto ricercato, come dimostra la scelta di
termini come “rodomontate”, sebbene la struttura semplice delle frasi impedisca
che diventi troppo pesante.
“Barbablù” non è tra i migliori
romanzi di Amélie Nothomb, in quanto i troppi richiami ad altri romanzi – e i
dialoghi alle volte un po' troppo pesanti – gli impediscono di stare del tutto
in piedi da solo. Tuttavia, rispetto alle sue opere più recenti, è un deciso
passo avanti. E' ancora presto per capire se questo risultato positivo è
passeggero o destinato a durare, tuttavia fa ben sperare per il futuro.
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