A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. La scorsa settimana abbiamo
parlato di malavita; e questa settimana... beh, parliamo di malavita. I
paragoni tra “Sanctuary” e l'anime di oggi, però, finiscono qui. Tanto per cominciare,
l'ambientazione è diversa: sorpresa sorpresa, questa serie è ambientata in
Italia. Un'Italia fittizia, naturalmente: o almeno spero. Sapete, non mi
piacerebbe scoprire che dietro ad un ente sociale si nascondono cyborg –
bambine che combattono contro i nemici (?) dello stato... e a voi? Sì?
Continuate a leggere, allora, perché non rimarrete delusi da “Gunslinger Girl”.
“Ente pubblico per il benessere
sociale”. Sulla carta, una specie di servizi sociali, i cui coraggiosi
funzionari aiutano tutti coloro che ne hanno bisogno, soprattutto bambini. Che
brave persone!
Solo sulla carta. Dietro al nome
altisonante si nasconde una branca dei servizi segreti, la cui arma principale
è decisamente abietta: delle bambine. Arrivano in fin di vita all'ospedale, e
ne escono cambiate in tutto e per tutto: dall'identità al fisico, modificato
artificialmente per renderlo il più adatto possibile a delle missioni alquanto
pericolose e scomode.
Chi fa da filtro tra la vittima
ed il mondo esterno è il Fratello: costui, infatti, non solo la sceglie
personalmente e le dà un nuovo nome, ma le gestisce anche l'addestramento e la
manda in missione. Ognuno ha un modo di lavorare diverso, ma la sua influenza
sulla protetta è sempre la stessa: dipendenza psicologica.
L'anime si concentra su alcune
“Gunslinger Girl” e i loro Fratelli: Henrietta ed il suo amato José, quasi un
rapporto tra padre e figlia; Rico ed il gelido Jean, che la tratta come uno
strumento di lavoro; la materna Triela e Hilshar, la cui relazione è in mezzo
alle due categorie sopraccitate; Angelica, che ha perso in maniera tragica il
suo Fratello; ed infine Claes e Marco, che dietro la freddezza nasconde un
sincero affetto. Non c'è tempo, però, per i rapporti personali: le missioni
incombono, e soprattutto le complicanze degli interventi chirurgici sui corpi
delle ragazze...
A dispetto di quanto possa
sembrare, gli scontri non sono il fulcro di “Gunslinger Girl”. Ovviamente, sono
una parte importante della ricetta: danno un pizzico di adrenalina che non
guasta mai, rimpinzano una trama un po' troppo frammentata, ecc. Ma non sono la
portata principale: chi vuole vedere quest'anime esclusivamente per l'azione
farebbe meglio a rinunciare all'intento. Come si evince anche dal titolo, la
serie si concentra sulle bambine e i loro protettori, e gli scontri sono solo
una cornice in cui inserire tutto ciò.
Potremmo dire che “Gunslinger
Girl” sia un anime fondato sui contrasti. Il primo, e più evidente, è la natura
delle “ragazze portatrici di fucili”: fredde killer con un corpo artificiale ed
al contempo bambine comuni, che suonano strumenti musicali, mangiano i gelati,
amano le favole, ecc. Un contrasto stridente, che lascia interdetti sia i
personaggi secondari – uno di loro, ad esempio, nota come la camera di Triela
assomigli in maniera inquietante a quella di sua nipote – sia gli spettatori.
Anche perché, soprattutto nel caso di Henrietta, il cambio tra le due
personalità avviene a velocità impressionante: basta il minimo stimolo, o la
minima minaccia al Fratello e la dolce bambina scatta, liberando subito la sua
potenza sovrumana. E una volta che il processo comincia, è piuttosto difficile
interromperlo. I malcapitati in genere se ne accorgono troppo tardi, ma è
comprensibile: uno non si aspetta che solo perché ha per sbaglio urtato con la
forchetta il cliente, una ragazzina attenti alla sua vita. I Fratelli, invece,
lo sanno: alcuni, come José, cercano di porvi freno; ad altri come Jean, basta
che non dia troppo nell'occhio ed è tutto a posto. Ma le ragazze, se ne rendono
conto?
Difficile dirlo. Quando una dà
segni di instabilità mentale, o si comporta male, ecco entrare in gioco il
medico con la sua “restrizione”: termine elegante per dire amnesia controllata.
Ad esempio, nessuna si ricorda nei dettagli la sua vita precedente: non è un
male, visto che sono storie da incubo, ma non che quella che vivano adesso sia
il massimo. Per rispondere alla domanda, comunque, in linea di massima sì:
Henrietta, ad esempio, è convinta di stare agendo nell'interesse di Josè, e
quindi nel giusto. Per altre, come Rico, si tratta semplicemente di fare il
proprio dovere: gli ordini vanno sempre seguiti, anche se sono crudeli.
Collegato al precedente, ecco a
voi un altro contrasto: le ragazze sembrano essere quasi contente di essere
carne da macello robotica. Uno si aspetterebbe di vederle disperarsi, e contare
con preoccupazione i (pochi) giorni che la separano dal renderla totalmente
inutilizzabile: ed invece no. Anzi: Rico è grata all'organizzazione perché
l'hanno guarita da una malattia, dandole la possibilità di camminare; Claes non
vede l'ora di andare in missione; Henrietta è tutta orgogliosa perché, il mese
passato, ha ucciso più persone di Triela. Il motivo è semplice, e si può
riassumere in due parole, le solite: condizionamento psicologico. Le ragazze
non hanno una volontà propria: sono consacrate, nel corpo e nella mente, al
“bene comune”, ossia sporcarsi le mani al posto dello stato. Sono “strumenti di
lavoro”, con pari dignità dei fucili che conoscono così bene: o almeno per la
maggior parte nei Fratelli, e di chi ha avuto la bella pensata di manipolare i
corpi di bambine in fin di vita e renderle mezze cyborg.
Ma in “Gunslinger Girl” non si
può parlare di condizionamento psicologico senza citare loro, i Fratelli. Già
il nome stesso deve darvi un'idea: un rapporto diverso – almeno sulla carta –
che tra addestratore e soldato. E infatti per le bambine il benessere e
soprattutto l'affetto che provano per loro sono una questione di vita o di
morte. Letteralmente. Hanno caratteri piuttosto diversi, ma ognuna di loro è
morbosamente attaccata al suo Fratello, anche se questi è freddo e la tratta
male. In fondo, non dobbiamo dimenticarci che gli uomini sono gli unici loro
contatti con il mondo esterno. Però quanto incide la manipolazione psicologica
e quanto un sincero – per quanto deviato – affetto? Impossibile da dire.
I riflettori dell'anime, però, si
puntano anche sui Fratelli, in particolare nei loro rapporti con le protette.
Rapporti che a volte possono lasciare anche spiazzati, visto che gli uomini
prima mandano a morire delle bambine e dopo – alcuni – le ricoprono di regali.
E' il caso di Josè, che stravede per la sua Henrietta: la porta a fare un
viaggio, le regala una macchina fotografica, si intenerisce quando questa,
arrossendo, gli dice che il suo regalo ideale di Natale sarebbe passare del
tempo con lui. Sarà un modo per tenere a bada i rimorsi? O semplicemente, sono
due aspetti diversi della faccenda? Di parere opposto è Jean, suo fratello –
per davvero. Le sue parole sono secche, dure, e riguardano sempre il lavoro.
Probabilmente Rico ci è talmente abituata da non farsene un problema. Hilshar, invece, è in mezzo ai due.
Dall'esterno, sembra freddo con la sua Triela: in realtà invece si preoccupa per
lei, e ogni Natale, puntuale, le lascia sempre un orsacchiotto di peluche, a
cui lei tiene soltanto perché sa che sono da parte sua. Gli altri Fratelli si
dividono equamente tra questi tre, ma alla fine ognuno di loro ha un rapporto
diverso con la sua ragazza.
La fine, però, è sempre quella:
la morte della bambina. I pesanti rimaneggiamenti fisici, e gli sforzi compiuti
durante le missioni, finiscono per distruggere lentamente le piccole. Vediamo
“soltanto” due morti, ma state certi che sono veramente strappalacrime.
Essendo la serie del 2003, il
comparto tecnico è molto buono: non eccellente, ma fa la sua figura. Il
character design è gradevole, così come la regia; la fotografia è ottima, e le
musiche danno la giusta atmosfera alle scene. Le città italiane, poi, sono
ricostruite con cura, ed è facile riconoscerle al primo sguardo: abbondano gli
stereotipi – come la maglietta di Maradona appesa ai fili del bucato a Napoli –
è bello cogliere i riferimenti e notare la grande ricerca fatta. Certo, magari
se non passassimo per un paese di criminali, come al solito, sarebbe ancora
meglio...
E per oggi è tutto, cari amici.
Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
ciao, ti ho aggiunto tra gli amici blogger. se ti va di fare lo stesso, indicandomi tra i blog amici, trovi il banner nel blog:
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ciao e complimenti per il blog