venerdì 11 novembre 2011

Il tempio degli Otaku: Trentasettesimo appuntamento "Gunslinger Girl"


A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. La scorsa settimana abbiamo parlato di malavita; e questa settimana... beh, parliamo di malavita. I paragoni tra “Sanctuary” e l'anime di oggi, però, finiscono qui. Tanto per cominciare, l'ambientazione è diversa: sorpresa sorpresa, questa serie è ambientata in Italia. Un'Italia fittizia, naturalmente: o almeno spero. Sapete, non mi piacerebbe scoprire che dietro ad un ente sociale si nascondono cyborg – bambine che combattono contro i nemici (?) dello stato... e a voi? Sì? Continuate a leggere, allora, perché non rimarrete delusi da “Gunslinger Girl”.

Ente pubblico per il benessere sociale”. Sulla carta, una specie di servizi sociali, i cui coraggiosi funzionari aiutano tutti coloro che ne hanno bisogno, soprattutto bambini. Che brave persone!
Solo sulla carta. Dietro al nome altisonante si nasconde una branca dei servizi segreti, la cui arma principale è decisamente abietta: delle bambine. Arrivano in fin di vita all'ospedale, e ne escono cambiate in tutto e per tutto: dall'identità al fisico, modificato artificialmente per renderlo il più adatto possibile a delle missioni alquanto pericolose e scomode.
Chi fa da filtro tra la vittima ed il mondo esterno è il Fratello: costui, infatti, non solo la sceglie personalmente e le dà un nuovo nome, ma le gestisce anche l'addestramento e la manda in missione. Ognuno ha un modo di lavorare diverso, ma la sua influenza sulla protetta è sempre la stessa: dipendenza psicologica.
L'anime si concentra su alcune “Gunslinger Girl” e i loro Fratelli: Henrietta ed il suo amato José, quasi un rapporto tra padre e figlia; Rico ed il gelido Jean, che la tratta come uno strumento di lavoro; la materna Triela e Hilshar, la cui relazione è in mezzo alle due categorie sopraccitate; Angelica, che ha perso in maniera tragica il suo Fratello; ed infine Claes e Marco, che dietro la freddezza nasconde un sincero affetto. Non c'è tempo, però, per i rapporti personali: le missioni incombono, e soprattutto le complicanze degli interventi chirurgici sui corpi delle ragazze...

A dispetto di quanto possa sembrare, gli scontri non sono il fulcro di “Gunslinger Girl”. Ovviamente, sono una parte importante della ricetta: danno un pizzico di adrenalina che non guasta mai, rimpinzano una trama un po' troppo frammentata, ecc. Ma non sono la portata principale: chi vuole vedere quest'anime esclusivamente per l'azione farebbe meglio a rinunciare all'intento. Come si evince anche dal titolo, la serie si concentra sulle bambine e i loro protettori, e gli scontri sono solo una cornice in cui inserire tutto ciò.
Potremmo dire che “Gunslinger Girl” sia un anime fondato sui contrasti. Il primo, e più evidente, è la natura delle “ragazze portatrici di fucili”: fredde killer con un corpo artificiale ed al contempo bambine comuni, che suonano strumenti musicali, mangiano i gelati, amano le favole, ecc. Un contrasto stridente, che lascia interdetti sia i personaggi secondari – uno di loro, ad esempio, nota come la camera di Triela assomigli in maniera inquietante a quella di sua nipote – sia gli spettatori. Anche perché, soprattutto nel caso di Henrietta, il cambio tra le due personalità avviene a velocità impressionante: basta il minimo stimolo, o la minima minaccia al Fratello e la dolce bambina scatta, liberando subito la sua potenza sovrumana. E una volta che il processo comincia, è piuttosto difficile interromperlo. I malcapitati in genere se ne accorgono troppo tardi, ma è comprensibile: uno non si aspetta che solo perché ha per sbaglio urtato con la forchetta il cliente, una ragazzina attenti alla sua vita. I Fratelli, invece, lo sanno: alcuni, come José, cercano di porvi freno; ad altri come Jean, basta che non dia troppo nell'occhio ed è tutto a posto. Ma le ragazze, se ne rendono conto?

Difficile dirlo. Quando una dà segni di instabilità mentale, o si comporta male, ecco entrare in gioco il medico con la sua “restrizione”: termine elegante per dire amnesia controllata. Ad esempio, nessuna si ricorda nei dettagli la sua vita precedente: non è un male, visto che sono storie da incubo, ma non che quella che vivano adesso sia il massimo. Per rispondere alla domanda, comunque, in linea di massima sì: Henrietta, ad esempio, è convinta di stare agendo nell'interesse di Josè, e quindi nel giusto. Per altre, come Rico, si tratta semplicemente di fare il proprio dovere: gli ordini vanno sempre seguiti, anche se sono crudeli.
Collegato al precedente, ecco a voi un altro contrasto: le ragazze sembrano essere quasi contente di essere carne da macello robotica. Uno si aspetterebbe di vederle disperarsi, e contare con preoccupazione i (pochi) giorni che la separano dal renderla totalmente inutilizzabile: ed invece no. Anzi: Rico è grata all'organizzazione perché l'hanno guarita da una malattia, dandole la possibilità di camminare; Claes non vede l'ora di andare in missione; Henrietta è tutta orgogliosa perché, il mese passato, ha ucciso più persone di Triela. Il motivo è semplice, e si può riassumere in due parole, le solite: condizionamento psicologico. Le ragazze non hanno una volontà propria: sono consacrate, nel corpo e nella mente, al “bene comune”, ossia sporcarsi le mani al posto dello stato. Sono “strumenti di lavoro”, con pari dignità dei fucili che conoscono così bene: o almeno per la maggior parte nei Fratelli, e di chi ha avuto la bella pensata di manipolare i corpi di bambine in fin di vita e renderle mezze cyborg.
Ma in “Gunslinger Girl” non si può parlare di condizionamento psicologico senza citare loro, i Fratelli. Già il nome stesso deve darvi un'idea: un rapporto diverso – almeno sulla carta – che tra addestratore e soldato. E infatti per le bambine il benessere e soprattutto l'affetto che provano per loro sono una questione di vita o di morte. Letteralmente. Hanno caratteri piuttosto diversi, ma ognuna di loro è morbosamente attaccata al suo Fratello, anche se questi è freddo e la tratta male. In fondo, non dobbiamo dimenticarci che gli uomini sono gli unici loro contatti con il mondo esterno. Però quanto incide la manipolazione psicologica e quanto un sincero – per quanto deviato – affetto?  Impossibile da dire.
I riflettori dell'anime, però, si puntano anche sui Fratelli, in particolare nei loro rapporti con le protette. Rapporti che a volte possono lasciare anche spiazzati, visto che gli uomini prima mandano a morire delle bambine e dopo – alcuni – le ricoprono di regali. E' il caso di Josè, che stravede per la sua Henrietta: la porta a fare un viaggio, le regala una macchina fotografica, si intenerisce quando questa, arrossendo, gli dice che il suo regalo ideale di Natale sarebbe passare del tempo con lui. Sarà un modo per tenere a bada i rimorsi? O semplicemente, sono due aspetti diversi della faccenda? Di parere opposto è Jean, suo fratello – per davvero. Le sue parole sono secche, dure, e riguardano sempre il lavoro. Probabilmente Rico ci è talmente abituata da non farsene un problema.  Hilshar, invece, è in mezzo ai due. Dall'esterno, sembra freddo con la sua Triela: in realtà invece si preoccupa per lei, e ogni Natale, puntuale, le lascia sempre un orsacchiotto di peluche, a cui lei tiene soltanto perché sa che sono da parte sua. Gli altri Fratelli si dividono equamente tra questi tre, ma alla fine ognuno di loro ha un rapporto diverso con la sua ragazza.
La fine, però, è sempre quella: la morte della bambina. I pesanti rimaneggiamenti fisici, e gli sforzi compiuti durante le missioni, finiscono per distruggere lentamente le piccole. Vediamo “soltanto” due morti, ma state certi che sono veramente strappalacrime.

Essendo la serie del 2003, il comparto tecnico è molto buono: non eccellente, ma fa la sua figura. Il character design è gradevole, così come la regia; la fotografia è ottima, e le musiche danno la giusta atmosfera alle scene. Le città italiane, poi, sono ricostruite con cura, ed è facile riconoscerle al primo sguardo: abbondano gli stereotipi – come la maglietta di Maradona appesa ai fili del bucato a Napoli – è bello cogliere i riferimenti e notare la grande ricerca fatta. Certo, magari se non passassimo per un paese di criminali, come al solito, sarebbe ancora meglio...

E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

1 commento:

  1. ciao, ti ho aggiunto tra gli amici blogger. se ti va di fare lo stesso, indicandomi tra i blog amici, trovi il banner nel blog:
    letteraturaecinema.blogspot.com

    ciao e complimenti per il blog

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