venerdì 4 novembre 2011

Acchiappa Shadowhunters: i vincitori e le soluzioni!

Lo sappiamo, vi abbiamo fatto penare. Siamo stati cattivi e scommettiamo che gli improperi che ci avete inviato siano inenarrabili. Però tre di voi ce l'hanno fatta, anche se stremati dal machiavellico settimo indizio. Qui di seguito riporto tutte le soluzioni della caccia al tesoro e vi comunico i nomi dei vincitori (che potete controllare nell'ultimo link, sono i primi tre ad essere arrivati!). Vi ringrazio ancora una volta per averci seguito ed esservi divertiti con noi, è stato un piacere escogitare gli indizi, darvi una mano se necessario e inventare cose assurde (cruciverba... ci siamo inventati un cruciverba O.o). Se vi ha fatto piacere organizzeremo qualcosa di simile per altre occasioni!


Primo indizio

La soluzione è: tante pagine.

Mini-blog con il capitolo: http://tantepagine.blogspot.com/

Secondo indizio

La soluzione è: bibliotecawonderland

La filastrocca da decifrare con il cifrario di Cesare era:

Luogo chiuso e polveroso
pien di libri e silenzioso
quando entri ti ci perdi
trovi grandi scaffali e persino scale a pioli verdi
per salire proprio in su
(siamo bassi, non se ne può più!)
giusto in alto si deve andare...
e potere in mezzo ai libri cercare
ma è così bello sedersi e accoccolarsi
in questo posto che devi indovinare
che il tempo ora sembra quasi impossibile da calcolare!
Fino a quando, divenuta tarda l'ora,
una vecchia imbronciata signora
(che del posto, mi sa, ha esperienza decennale)
con lenti spesse quanto quelle di un cannocchiale
ti ordina che da lì devi filare
il libro in prestito lo puoi prendere ma su, veloce adesso,
scesa è la sera e i tipici (quelli veri) devono fare un gran consesso
Banchetto, per bacco, di quelle pagine, che nemmeno noi esitiamo a divorare
e così con un fidato amico a casa ce ne andiamo
e ricordiamo che, entro un mese, il prezioso oggetto restituire dobbiamo

la parola del nome del blog da aggiungere alla parola chiave era wonderland

Mini-blog con il capitolo: http://bibliotecawonderland.blogspot.com/


Terzo indizio

La soluzione è: cacciatori di demoni

Mini-blog con il capitolo: http://cacciatorididemoni.blogspot.com/


Quarto indizio

La soluzione è: città degli angeli caduti




Quinto indizio

La soluzione è: se trovi un buon libro trovi un tesoro



Sesto indizio

La soluzione è: mortal instrument saga

Il codice contenuto nel puzzle non era altro che il font Webdings:

mortalinstrumentsaga

rintracciabile in qualsiasi versione di Word.

Mini-blog con il capitolo: http://mortalinstrumentsaga.blogspot.com/


Settimo indizio

La soluzione è: capitoli

Il link trovato grazie al puzzle doveva essere tradotto in bit.ly/citta;
nella seconda tappa dovevate rintracciare negli spazi bianchi tra le lettere la parola nephilim11, che preceduta da bit.ly portava al seguente link:  bit.ly/nephilim11
nella terza tappa, in corrispondenza delle lettere  W H Q H D passando il mouse avreste trovate uno spazio bianco. Cliccando, vi avrebbe riportato a questo link: http://valerioem.altervista.org/whqhd-indizio.html.

A questo punto, bastava decifrare le lettere delle tappe con il cifrario di Cesare di cui avevamo già fatto uso nell'indizio due. La filastrocca corrispondente sarebbe stata:

Bentornato caro lettore!
Sei diventato un esperto investigatore
Di indizi e di segreti
tanti te ne abbiamo fatti fare
Che scommettiamo non li puoi più sopportare.
Giunti ormai all’ultimo indizio,
(risolverlo deve sembrarti uno sfizio)
Una parola sola devi indovinare
Per poter Shadowhunters accaparrare.
Di libri ancora noi parliamo
Che come sapete mai ce ne stanchiamo
E la parola ha proprio a che fare
Con questo oggetto magico da sfogliare.
Pensa a come è costruito
(Pagine, fogli, inchiostro e parole)
Ma in tanti frammenti è distribuito
Queste cose elencate non sono le sole.
Alcuni libri non li hanno
-ma son pochi in verità-
E coloro che questi sfoglieranno
Guardando bene magari un numero in cima alla pagina ci sarà.

Mini-blog con il capitolo: http://capitoli.blogspot.com/

Le prime tre arrivate sono state dunque:

Azzurra
Black Infinity
Aliena

Eccovi infine il secondo capitolo di Shadowhunters al completo:

2
LA CADUTA

— Allora, questa sera ti sei divertito con Isabelle? — Clary, col telefono premuto contro l’orecchio, si destreggiava con prudenza da una lunga trave a un’altra. Le travi erano collocate a circa sei metri di altezza, nel sottotetto dell’Istituto, adibito a sala allenamenti. Camminare sulle travi serviva a imparare a mantenere l’equilibrio. Clary le odiava. La sua paura delle altezze rendeva l’intera faccenda una
discreta fonte di nausea, malgrado la fune elastica che aveva legata attorno la vita, utile per impedirle di schiantarsi a terra in caso di caduta. — Le hai già detto di Maya?
Simon emise un suono debole e svogliato, che Clary interpretò come un chiaro “no”. Sentiva della musica in sottofondo; si immaginava Simon sdraiato sul letto, al telefono, con lo stereo acceso a basso volume. Le sembrò stanco, quel genere di stanchezza capace di rivelarle che il suo stato d’animo non era dei migliori.
All’inizio della telefonata gli aveva chiesto diverse volte se andava tutto bene, ma lui aveva minimizzato.
Clary sbuffò. — Stai scherzando col fuoco, Simon. Spero che tu lo sappia.
— Non lo so, in realtà. Pensi che sia davvero così importante? — chiese Simon in tono lamentoso. — Non ho parlato con Isabelle, né con Maia, di volere un rapporto esclusivo.
— Lascia che ti spieghi una cosa
su noi ragazze — rispose Clary sedendosi sulla trave e lasciando penzolare le gambe. Le finestre a mezzaluna del sottotetto erano aperte e lasciavano entrare una fredda brezza notturna che le gelava il sudore sulla pelle. Aveva sempre pensato che gli Shadowhunter si allenassero con la loro divisa da duri, in un materiale similie alla pelle, ma poi aveva scoperto che quella era per gli allenamenti di grado avanzato, quelli in cui si usavano anche le armi. Per il genere di esercizi che stava facendo ora, mirati ad aumentare flessibilità, velocità e senso dell’equilibrio, indossava una canottiera e dei pantaloni chiusi con una
cordicella che facevano tanto personale ospedaliero. — Anche se non hai parlato di esclusiva, si arrabbieranno comunque se scopriranno che stai uscendo con una persona che conoscono e di cui tu non dici niente. È una regola non scritta di tutte le relazioni
sentimentali.
— Be’, e io come dovrei fare a conoscere questa regola?
— La conoscono tutti.
— Pensavo che tu stessi dalla mia parte.
— Ma io sono dalla tua parte!
Clary passò il telefono all’altro orecchio e sbirciò in basso, verso l’ombra che proiettava sotto di sé. Dov’era Jace? Se n’era andato per prendere un’altra corda dicendo che sarebbe tornato dopo cinque minuti. Ovviamente, se l’avesse sorpresa al cellulare, a quell’altezza, si sarebbe arrabbiato parecchio. Capitava di rado che fosse lui il responsabile del suo allenamento; in genere era un compito che spettava a Maryse, a Kadir o ad altri membri del Conclave di New York , che si arrabattavano in attesa che si trovasse il sostituto di Hodge, il precedente insegnante dell’Istituto. — Perché — riprese Clary — i tuoi problemi non sono problemi reali.
Stai frequentando due bellissime ragazze. Pensaci! Questi
sono… problemi da rockstar!
— Avere dei problemi da rockstar potrebbe essere un modo per diventare davvero una rockstar…
— Non te l’ho detto io di chiamare la tua band Salacious Mold, caro mio.
— Senti, pensaci un po’ prima che arrivi il giorno delle nozze. Se tutt’e due sono convinte che ci andrai con loro e poi scoprono che stai facendo il doppio gioco, ti faranno a pezzi. — Si alzò in piedi. — E a quel punto il matrimonio di mia madre sarà rovinato e anche lei ti ucciderà. Quindi sarai morto due volte. Anzi tre, per essere precisi…
— Non ho mai detto a nessuna delle due che voglio sposarle! — esclamò Simon, ora ufficialmente nel panico.
— Certo, ma si aspetteranno che tu glielo chieda. È questo il motivo per cui le ragazze hanno il ragazzo: per avere qualcuno che le accompagni agli eventi più barbosi… — Nel frattempo Clary raggiunse il bordo della trave,
guardando giù verso le ombre illuminate dalla stregaluce. Sul pavimento era tracciato con il gesso
un cerchio usato per gli allenamenti. — Senti, ora devo saltare giù da questa trave e probabilmente precipitare verso una morte orrenda. Ci sentiamo domani.
— Alle due ho le prove con la band, te lo ricordi? Ci vediamo là.
— Okay, ciao! — Clary riagganciò e si infilò il cellulare nel reggiseno. I vestiti leggeri da allenamento non avevano tasche, perciò cos’altro poteva fare una ragazza?
— Ehi, hai intenzione di restare lassù tutta la notte? — le chiese Jace mettendosi al centro del cerchio di gesso e alzando gli occhi su di lei. Indossava la divisa da combattimento, non i semplici vestiti da allenamento di Clary, e i suoi capelli biondi risaltavano al buio in maniera sorprendente. Dalla fine dell’estate si erano scuriti leggermente e adesso erano di un biondo dorato più scuro,
tonalità che, secondo Clary, gli donava ancora di più. Riuscire a notare anche i più piccoli cambiamenti nell’aspetto di Jace la rendeva felice in modo assurdo.
— Pensavo che saresti salito quassù! — gli gridò lei dall’alto. — Cambiato programma?
— È una lunga storia — rispose Jace sorridendole. — Dunque, vuoi allenarti con i salti mortali?
Clary fece un sospiro. Provare i salti mortali consisteva nel lasciare la trave e lanciarsi nel vuoto, utilizzando la fune elastica per restare sospesi mentre ci si dava la spinta contro le pareti e si facevano delle capriole in avanti verso il basso, il tutto per imparare a ruotare, calciare e abbassarsi senza preoccuparsi di quanto fosse duro il pavimento o di quanto facessero male i lividi. Aveva visto Jace farlo e le era sembrato un angelo che cadeva dal cielo, si librava nell’aria, volteggiava e girava su se stesso con la grazia
incantevole di un ballerino. Lei, invece, si raggomitolava come un bruco appena si avvicinava il pavimento, e il fatto di sapere, razionalmente, che non si sarebbe schiantata, sembrava non fare la differenza. Iniziava a chiedersi se essere nata Shadowhunter fosse poi così importante: forse era tropo tardi per poter diventare una di loro, o per lo meno una davvero in gamba. O forse il dono che rendeva lei e Jace quello che erano era stato distribuito fra loro in maniera diseguale, per cui a lui era andata tutta la grazia fisica e a lei… be’, non molta.
— Muoviti, Clary — la incitò Jace. — Salta! —
La ragazza chiuse gli occhi e si lanciò. Per un momento si sentì sospesa nel vuoto, totalmente libera. Poi però subentrò la forza di gravità, che la fece precipitare verso il pavimento. D’istinto avvolse le gambe fra braccia, strizzando gli occhi. La fune entrò in tensione e
Clary rimbalzò verso l’alto, per poi ricadere di nuovo giù. Mentre rallentava aprì gli occhi e si ritrovò appesa all’estremità della fune, circa un metro e mezzo sopra Jace. Lui stava sorridendo.
— Bello — commentò. — Aggraziata come un fiocco di  neve che scende  leggero...
— Ho gridato? — chiese lei, seria. — Intendo mentre scendevo.
Jace annuì. — Per fortuna non c’è nessun altro, altrimenti avrebbero pensato  che ti stavo uccidendo.
— Tsé! Non riusciresti nemmeno a prendermi — fece lei allungando una gamba  e iniziando a roteare lentamente a mezz’aria.
Negli occhi di Jace comparve una scintilla. — Scommettiamo?
Clary conosceva quell’espressione. — No — si affrettò a dire, — qualunque  cosa tu abbia intenzione di fare…
Ma ormai l’aveva già fatta. Quando Jace si muoveva  in fretta, i suoi singoli gesti risultavano quasi invisibili. Clary
vide solo la mano che gli andava alla  cintura, poi qualcosa che balenò nell’aria. Sentì un rumore, come di stoffa che si  strappava: la fune elastica era stata tagliata in due. Senza più sostegno, e troppo  sbalordita anche solo per gridare, Clary cadde… fra le braccia di Jace. L’impatto lo  fece barcollare all’indietro e insieme caddero su uno dei materassini imbottiti che  ricoprivano il pavimento, con Clary sopra. Lui la guardò e le sorrise.
— Ecco — le disse. — Stavolta è andata molto meglio. Non hai gridato neanche  un po’!
— Non ne ho avuto il tempo — rispose lei. Era senza fiato, e non solo per la  caduta. Essere sdraiata sopra Jace, sentire il suo corpo contro il proprio, le faceva  tremare le mani e battere in fretta il cuore. Tempo prima aveva pensato che l’effetto  che lui aveva su di lei (o, meglio, gli effetti che si provocavano a vicenda) prima o poi sarebbero
scomparsi, conoscendosi meglio, ma non era stato così. Anzi, se  possibile, più tempo passava insieme a Jace e più la situazione peggiorava. O  migliorava, a seconda dei punti di vista. Ora lui la stava guardando con quei suoi occhi color verde nocciola dorato, spingendola a domandarsi se il loro colore si fosse intensificato dopo l’incontro con  Raziel, l’Angelo, sulle rive del lago Lyn di Idris. Ma non poteva chiederlo a  nessuno: anche se tutti sapevano che Valentine aveva evocato l’Angelo, e che  quest’ultimo aveva guarito Jace dalle ferite inflittegli dal padre adottivo, solo Clary  e Jace sapevano che Valentine non si era limitato a procurargli delle semplici ferite:  nel corso della cerimonia d’evocazione aveva pugnalato il ragazzo dritto nel cuore.  Lo aveva pugnalato e lo aveva sorretto mentre moriva. Su richiesta di Clary, poi,  Raziel aveva riportato Jace in vita. L’enormità di
 quell’evento non smetteva di  scioccare Clary, sicura che lo stesso valeva anche per Jace. Così avevano deciso di  non rivelare mai a nessuno che lui, anche se solo per pochi istanti, era morto sul  serio. Era il loro segreto.
Jace alzò una mano e le scostò i capelli dal viso. — Sto scherzando — disse, —  non sei così male. Ce la farai. Avresti dovuto vedere Alec, quando faceva i primi  salti mortali… Una volta si è dato un calcio in testa.
— Sicuro — rispose Clary. — Ma avrà avuto undici anni! — Lo osservò  attentamente. — Scommetto che tu invece sei sempre stato speciale.
— Io sono nato speciale — fece lui accarezzandole la guancia con la punta delle dita, un gesto delicato ma abbastanza intenso da farle venire i brividi. Clary non  disse una parola; Jace stava scherzando, ma in un certo senso aveva ragione: lui era  nato per essere ciò che era. — Per quanto
puoi fermarti, stasera?
Lei accennò un sorriso. — Abbiamo finito di allenarci?
— Mi piacerebbe pensare che abbiamo concluso gli esercizi assolutamente  indispensabili. Però ci sono due o tre cosette che vorrei fare ancora… —
Jace fece per tirarla verso di sé, ma in quell’istante si aprì la porta e Isabelle entrò a grandi  passi, battendo i tacchi alti degli stivali sul parquet lucido.
Quando si accorse di Jace e Clary sdraiati sul pavimento, sollevò perplessa un sopracciglio. — Vedo che qui si amoreggia. Ma non dovevate allenarvi?
— Nessuno ti ha detto che potevi entrare senza bussare, Iz. — Jace non si mosse, girò solo la testa di lato per guardare Isabelle con un misto di irritazione e affetto. Clary invece si alzò di corsa e si risistemò i vestiti spiegazzati.
— È la sala allenamenti, un luogo pubblico — replicò Isabelle, sfilandosi un guanto di velluto rosso
fiamma e fermandosi a guardarlo. — Li ho appena presi da  Trash and Vaudeville, la mecca del look da rockstar. Erano in saldo. Non vi piacciono da morire? Non ne vorreste un paio anche voi? — disse puntando il dito
verso gli altri due.
— Non so — disse Jace. — Ho paura che stonerebbero con la mia divisa. Isabelle fece una smorfia. — Hai sentito dello Shadowhunter trovato morto a Brooklyn? Il cadavere era completamente dilaniato, perciò non sono ancora riusciti a identificarlo. Credo che la mamma sia già sul posto.
— Sì — rispose Jace alzandosi. — Riunione del Conclave. L’ho incontrata mentre usciva.
— Non me l’hai detto — disse Clary. — È per questo  che ci hai messo così tanto ad andare a prendere quella corda?
Lui annuì. — Scusami. È che non volevo spaventarti.
— In realtà non voleva rovinare l’atmosfera romantica —
disse Isabelle, mordendosi un labbro. — Spero solo che non si tratti di qualcuno che conosciamo.
— Non credo. Il cadavere è stato ritrovato in una fabbrica abbandonata, dove è rimasto per diversi giorni. Se fosse stato qualcuno dei nostri, ci saremmo accorti della sua assenza. — Jace si infilò i capelli dietro le orecchie. Clary era convinta che stesse guardando Isabelle con aria impaziente, come infastidito dalla scelta di quell’argomento. In realtà avrebbe preferito se lui gliene avesse parlato prima, anche a costo di rovinare l’atmosfera. Gran parte di quello che Jace faceva, anzi di quello che tutti loro facevano, li portava spesso a contatto con la realtà della morte. Tutti i Lightwood, ciascuno a modo suo, soffrivano ancora per la perdita del figlio più piccolo, Max, morto semplicemente per essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Era strano: Jace aveva
accettato la decisione di Clary di lasciare la scuola e iniziare gli allenamenti senza batter ciglio, ma evitava di parlare con lei dei pericoli della vita da Shadowhunter.
— Vado a cambiarmi — annunciò dirigendosi verso la porta che immetteva nei piccoli spogliatoi attigui all’area allenamento. Erano molto semplici: pareti di legno chiaro, uno specchio, una doccia, ganci appendiabiti. Su una panca di legno accanto alla porta c’erano delle pile ordinate di asciugamani. Clary si fece una doccia veloce e si vestì: collant, stivali, gonna di jeans e maglione rosa. Guardandosi allo specchio notò che le calze erano smagliate e i suoi capelli rossi, umidi e arricciati, erano un groviglio disordinato. Non sarebbe mai riuscita ad  avere un look perfetto come quello di Isabelle, ma Jace sembrava non farci caso.
Quando tornò in palestra, lui e Isabelle avevano accantonato il tema
dello Shadowhunter morto per passare a qualcosa di cui, a quanto pareva, Jace era ancora più inorridito… L’appuntamento di Isabelle con Simon. — Non ci credo che ti ha portato in un vero ristorante! — Jace era in piedi, impegnato a rimettere a posto i tappetini e il resto dell’attrezzatura, mentre Isabelle era appoggiata al muro giocherellando coi guanti nuovi. — Pensavo che la sua idea di appuntamento consistesse nel portarti a vedere lui che gioca a World of Warcraft coi suoi amici sfigati.
— Io — gli fece notare Clary — Sarei uno dei suoi amici sfigati, grazie tante.  Jace le sorrise.
— Non era un vero e proprio ristorante, diciamo più una tavola calda. E poi voleva che assaggiassi una zuppa rosa… — disse Isabelle ripensando alla serata. — È stato molto dolce.
Clary si sentì subito in colpa per non poter confessare né a lei né a Jace di
Maia.
— Ha detto che vi siete divertiti — disse.
Lo sguardo di Isabelle guizzò verso di lei. Sul viso le comparve un’espressione particolare, come se nascondesse qualcosa, ma svanì talmente in fretta che Clary  non fu nemmeno sicura di averla davvero notata. — Hai parlato con lui?
— Sì, mi ha telefonato qualche minuto fa, giusto per farmi un saluto — rispose Clary facendo spallucce.
— Capisco — disse Isabelle con la voce fattasi all’improvviso fredda e distaccata. — Dunque, dicevo, Simon è molto dolce. Ma forse un tantino  troppo dolce… E la cosa può diventare noiosa — commentò infilandosi i guanti in tasca.
— Comunque non è una cosa stabile. Per adesso ci stiamo solo divertendo.
A quelle parole il senso di colpa di Clary svanì. — Avete mai parlato… sì, insomma, del fatto di non uscire con nessun altro?
Isabelle
sembrò scandalizzata. — Certo che no! — A  quel punto rivolse agli altri due uno sbadiglio e, come un gatto, si stiracchiò le braccia sopra la testa. — Okay, e ora a letto. Ci vediamo, piccioncini!
Detto questo, se ne andò, lasciando dietro di sé un’avvolgente scia di profumo al gelsomino.
Jace rivolse lo sguardo verso Clary. Aveva iniziato a slacciare la divisa, una sorta di guscio protettivo sopra i normali vestiti, che scattò davanti e dietro ai polsi.
— Devi tornare a casa, vero?
Lei annuì senza entusiasmo. Già il convincere sua madre a lasciarle seguire gli allenamenti degli Shadowhunter era stato causa di una lunga e spiacevole discussione. Jocelyn aveva puntato i piedi, dicendo di aver faticato tutta la vita per tenerla fuori da quel mondo non solo pericoloso e violento, ma anche crudele e settario. Solo un anno prima le aveva detto che, se si fosse
voluta allenare, non le avrebbe più rivolto la parola; la ragazza aveva ribattuto dicendo che, se il Conclave aveva sospeso quel genere di regole mentre il nuovo Concilio rivedeva la Legge, significava che era cambiato rispetto ai tempi in cui Jocelyn era giovane, e che, in ogni caso, lei doveva imparare a difendersi.
— Spero che il motivo non sia Jace — aveva commentato infine la madre. — So cosa vuol dire essere innamorati di una persona: vuoi stare dove sta lei e fare quello che fa lei. Però, Clary…
— Io non sono te — le aveva risposto, sforzandosi di trattenere la rabbia. — Gli Shadowhunter non sono il Circolo e Jace non è Valentine.
— Non ho parlato di Valentine.
— Ma è quello a cui stavi pensando — aveva ribattuto Clary. — Valentine lo avrà anche cresciuto, ma Jace non c’entra niente con lui!
— Be’, spero proprio che tu abbia ragione…
— aveva sussurrato la madre. — Per il bene di tutti.
Alla fine Jocelyn si era arresa, ma aveva imposto delle condizioni: Clary non poteva vivere all’Istituto, ma doveva restare con lei a casa di Luke; tutte le settimane Maryse le avrebbe riferito i progressi fatti dalla figlia, per assicurarle che Clary stesse davvero imparando e non magari passando le giornate a contemplare Jace o a fare altro. E soprattutto Clary non doveva mai trascorrere la notte all’Istituto. Mai. — Non dormi nello stesso posto dove c’è il tuo ragazzo — aveva dichiarato fermamente Jocelyn. — Non mi importa se si tratta dell’Istituto, ho detto di no.
Il tuo ragazzo… Sentire quelle parole era ancora uno shock.
 Per molto tempo le era sembrato del tutto impossibile che lei e Jace potessero mettersi insieme, diventare l’uno per l’altra qualcosa di diverso da fratello e sorella, e questa cosa era stata troppo brutta e difficile da accettare. Avevano deciso che sarebbe stato meglio non rivedersi mai più, ma anche che sarebbe stato come morire. Poi, per miracolo, erano stati liberati.
Il mio ragazzo: ormai erano passate sei settimane, ma Clary non si era ancora stancata di quelle parole.
— Devo tornare a casa — disse. — Sono quasi le undici e mia mamma va fuori di testa se mi fermo qui oltre le dieci.
— D’accordo. — Jace appoggiò la divisa, o almeno la metà superiore, sulla panca. Indossava una maglietta sotto la quale Clary riusciva a intravedere, come inchiostro attraverso la carta umida, i marchi.
— Ti accompagno fuori.
Mentre passavano per le sue stanze, nell’Istituto regnava il silenzio. In quel momento non c’erano Shadowhunter ospiti in visita da altre città: Robert, il padre di Alec e Isabelle, era a Idris per contribuire alla formazione del nuovo Concilio. Con Hodge e Max scomparsi per sempre, e Alec in viaggio con Magnus Bane, Clary si sentiva come se gli altri presenti fossero gli ospiti di un albergo semivuoto. Le sarebbe piaciuto ricevere più spesso visite da parte degli altri membri del Conclave, ma  immaginava che  al  momento tutti  stessero lasciando tempo  ai  Lightwood.
Tempo per ricordare Max, e tempo per dimenticare.
— Dimmi un po’, hai sentito di recente Alec e Magnus? — chiese Clary. — Si stanno divertendo?—
 Sembrerebbe di  sì  —  rispose Jace togliendosi il  cellulare dalla tasca e porgendolo alla ragazza. — Alec continua a mandarmi foto irritanti, con molte didascalie del tipo VORREI CHE CI FOSSI ANCHE TU, MA NON PROPRIO.
— Be’, come dargli torto. È nata come vacanza romantica. —
Clary passò in rassegna le foto sul telefono di Jace e si mise a ridacchiare. Alec e Magnus di fronte alla torre Eiffel, Alec in jeans come al solito e Magnus con maglione a righe da marinaio, pantaloni di pelle e un basco assurdo. A Firenze, ai Giardini di Boboli, Alec portava ancora i  jeans, Magnus invece una  maestosa mantella veneziana abbinata a un cappello da gondoliere. Sembrava il Fantasma dell’Opera! Di fronte al Prado sfoggiava invece un bolero luccicante da torero e degli stivali con plateau, mentre Alec era sullo sfondo, tranquillo, che dava da mangiare ai piccioni.
— Te lo tolgo di mano prima che arrivi all’India — disse Jace riprendendosi il cellulare. — Magnus con il sari. Sono cose che non si dimenticano tanto facilmente.
Clary  scoppiò  a  ridere.  Erano  già  arrivati  all’ascensore,  che  aprì  il  suo cancelletto traballante dopo che Jace ebbe premuto il pulsante di chiamata. La ragazza entrò per prima, e lui la seguì. Nell’istante in cui l’ascensore cominciò a scendere (Clary pensò che non si sarebbe mai abituata al barcollamento iniziale, da infarto, di quando partiva), lui, nella penombra, le si avvicinò e la tirò a sé. Lei gli mise le mani contro il petto, riconoscendo sotto la maglietta i suoi muscoli possenti e, più sotto, il battito del cuore. Anche in quella luce tenue, gli occhi gli brillavano.
— Mi dispiace non poter restare — sussurrò Clary.
— Non ti devi dispiacere — fu la risposta. Nella voce di Jace c’era un che di severo che la colse di sorpresa.
— Jocelyn non vuole che diventi come me. E non posso darle torto.
— Jace… — fece Clary, un po’ scossa dall’amarezza del tono con cui il ragazzo aveva parlato. — Va tutto bene?
Invece di risponderle il ragazzo la baciò, stringendola a sé.
Invece di risponderle il ragazzo la baciò, stringendola a sé. Il corpo di lui  premette quello di lei contro la parete, facendole  sentire il freddo dello specchio  sulla schiena, e le mani le scivolarono attorno alla vita, salendo su da sotto il maglione. A Clary era sempre piaciuto il modo in cui lui la stringeva. Dolce, ma  non troppo delicato, almeno non così delicato da darle la sensazione che lui avesse  il controllo della situazione più di quanto non lo  avesse lei. Nessuno dei due  riusciva a tenere a freno quello che provava per l’altro, e a lei questo piaceva, come le piaceva sentire il cuore di Jace che martellava  contro il suo e le parole che le mormorava sulla bocca quando rispondeva ai suoi baci.
L’ascensore si fermò cigolando e il cancelletto si  aprì. Dall’altra parte Clary vide la vuota navata della cattedrale illuminata da una fila di candelabri. Si strinse a Jace, felice che l’ascensore fosse abbastanza buio  da impedire allo specchio di mostrarle le guance in fiamme.
— Forse posso restare — sussurrò. — Ancora un pochino.
Lui non disse nulla. Clary riusciva a percepire la tensione dentro al suo corpo, e anche lei si irrigidì. Era più di una semplice passione: Jace aveva i brividi e tutti i muscoli gli tremavano mentre le affondava il viso sopra la spalla.
— Jace — disse lei.
Lui la lasciò andare, di colpo, e fece un passo indietro. Aveva le guance paonazze, gli occhi febbricitanti. — No — disse. — Non voglio dare a tua madre un’altra ragione per detestarmi. Lei già mi vede come la reincarnazione di mio padre…
Si interruppe prima che Clary potesse dire:  Valentine non era tuo padre. In genere Jace stava molto attento a chiamare Valentine Morgenstern per nome anziché definirlo “mio padre”, sempre che lo nominasse. Erano abituati a evitare l’argomento, e Clary non aveva mai ammesso di fronte a Jace che sua madre temeva di ritrovare in lui un secondo Valentine: sapeva che il solo accennare a quel sospetto lo avrebbe ferito profondamente. Quindi Clary, il più delle volte, faceva tutto il possibile per tenere lui e sua madre a debita distanza.
Jace le passò accanto prima che lei potesse aggiungere qualunque cosa, e spalancò il cancelletto dell’ascensore. — Ti amo, Clary — le disse senza guardarla.
Stava fissando la navata della chiesa; la fila di candele accese si rifletteva nei suoi occhi con un bagliore dorato. — Più di quanto non abbia mai… — Si interruppe. — Dio… forse più di quanto dovrei. Lo sai, vero?
Clary uscì dall’ascensore e si girò per guardarlo in faccia. C’era un milione di cose che avrebbe voluto dirgli, ma lui aveva già distolto lo sguardo e stava premendo il bottone che avrebbe riportato l’ascensore ai piani dell’Istituto. Fece per parlare, ma l’ascensore era già sul punto di muoversi; le porte stavano per chiudersi,
e in un istante sarebbe iniziata la cigolante risalita. Infine le porte si serrarono di scatto, e Clary restò a fissarle per un momento. Sopra era dipinto l’Angelo, con le ali spiegate e gli occhi levati al cielo. La sua immagine era raffigurata ovunque.  Quando aprì bocca in quello spazio vuoto, la sua voce echeggiò seria. — Anche io ti amo.

2 commenti:

  1. Ancora compliemnti per l'impegno tuo e di Valerio.
    E' stata una caccia davvero divertente...oltrechè in certi momenti da cardiopalma. ;)
    Grazie ad entrambi!

    RispondiElimina
  2. Vivissimi complimenti ai vincitori/vincitrici ^^
    E congratulazioni a te Malitia e Valerio perchè mi sono divertita anche se mi sono arresa prima xDxD

    certo che l'ultimo indizio era difficilotto e sinceramente non ho ancora capito come si faceva ad arrivare dal puzzle alla pagina bit.ly/città... o.O

    tutti indizi davvero ingegnosi! E sì, sicuramente sarebbe bello qualcosa di simile per altre occasioni ^^

    RispondiElimina

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

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