venerdì 4 novembre 2011

Il tempio degli Otaku... Trentaseiesimo appuntamento "Sanctuary"



Scritto da Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi ci addentriamo in due aspetti della società giapponese che non emergono tanto spesso nei manga/anime: la politica e la malavita organizzata, la yakuza. Non bisogna essere Einstein per capire perché non se ne parli molto: come la mafia a casa nostra – e le sue connessioni con la politica – è un argomento scomodo, non esattamente l'ideale per un'opera di evasione come dovrebbe essere un manga. E poi si sa: è sempre meglio nascondere sotto il tappeto la polvere, se non si riesce a pulirla.
Invece questa serie non si tira indietro, ed anzi il suo tema centrale è proprio quello. Il coraggio non gli manca, non trovate? Scoprite quanto in “Sanctuary” di Buronson (sceneggiatura) e Ryoichi Ikegami (disegni)!

Due ragazzi, Akira Hojo e Chiaki Asami, dopo aver passato l'inferno in terra con la guerra civile in Cambogia riescono ad arrivare in Giappone, e quindi alla salvezza. Quello che trovano, però, non è come se lo aspettavano. Un paese ricco, senza dubbio, ma proprio questo è il problema: la sua popolazione, non più abituata a lottare per il proprio benessere, dà per scontate le cose importanti della vita e pensa solo ed esclusivamente al lavoro. I giovani, poi, sono anche peggio: amorfi, con un  futuro uguale a quello dei genitori, senza la minima voglia di mischiare le carte in tavola. I pochi che vogliono modificare questa situazione vengono inevitabilmente schiacciati dall'attuale classe dirigente, refrattaria a qualsiasi cambiamento e attaccata in maniera morbosa alle loro poltrone.
Asami e Hojo decidono di provarci comunque, attuando il “Santuario”: una scalata ai vertici del Sol Levante. Non per potere personale, ma per costruire un nuovo paese, che lotti non solo per le minuzie, che abbia giovani valorosi, pieni di voglia di migliorare sé stessi e l'ambiente in cui vivono. Come? Il primo prosegue gli studi, ambendo a diventare un politico; l'altro invece adotta metodi più cattivi, diventando uno yakuza. La ripartizione delle responsabilità è dettata dal loro gioco preferito, la morra cinese, ma potete stare certi che il loro obiettivo, e gli ostacoli che si troveranno davanti, non saranno giochi da ragazzi...

Una delle prime cose che si può notare in “Sanctuary” è come i due protagonisti vengano dipinti in modo quasi simpatetico. Strano, non credete? Parliamo sempre di un politico ed un mafioso. Però quello che fa la differenza è quello a cui ambiscono: quello sì, nobile. Se volete, il “Santuario” è un gesto altruista: loro, a causa della loro esperienza di vita, conoscono già le cose per cui vale la pena lottare, ma la stragrande maggioranza dei loro cittadini no. Vogliono cambiare lo stato delle cose non perché non sanno cosa fare, non perché vogliono soltanto avere un po' di potere tra le mani, ma per amore del Giappone.
Ciò però non toglie che i loro metodi siano moralmente discutibili: nessuno dei due – soprattutto Hojo – si fa remore ad usare la violenza. Tutto è lecito, basta che sia per il Santuario. Ovviamente il lettore non è affatto tenuto a condividere le loro azioni, ma ciò non toglie che, sotto sotto, è difficile non provare simpatia – o almeno comprensione – per i nostri. Due anti-eroi allo stato puro, costituiti al cinquanta per cento sia da parti eroiche sia da cattivi. Quasi quasi, ci vorrebbero un Hojo ed un Asami anche per la nostra Italia...?

Scherzo, scherzo. A proposito di violenza: concentriamoci sul braccio violento della leg... ehm, sugli yakuza. Sarebbe stato facile, per Buronson, adottare tutti gli stereotipi sui malavitosi giapponesi – ignoranti, stupidi, avanzi di galera senza arte né parte – e appiccicarli su tutti i suoi personaggi. Beh, non l'ha fatto, e quindi ci ritroviamo una vasta gamma di persone e caratteri, il cui unico punto in comune è probabilmente la cieca fedeltà per i loro capi. Abbiamo così coloro che sono diventati yakuza per riconoscenza, come uno dei sottoposti di Hojo, Tashiro; quelli che semplicemente non avrebbero potuto fare altro nella vita, ad esempio lo scellerato Tokai (che però nasconde anche, molto in fondo, un lato gentile); quelli che volevano soltanto migliorare le condizioni di vita della propria madre, e poi si sono fatti prendere la mano.
Ed i capi: i filosofici, simili per ambizioni ad Akira, gli strateghi, gli indipendentisti... una grande umanità, eterogenea e ben caratterizzata. Sono tanti, e forse graficamente vi sarà difficile riconoscerli ad un primo sguardo: tuttavia saranno quasi impossibili da confondere l'un l'altro, e magari rimarranno anche impressi finita la lettura.
Adesso è giunto il momento di parlare dei cari, vecchi politici. Vecchi in senso letterale, visto che –  come in Italia – quasi tutti i parlamentari con cui si trova a che fare Asami sono dei veri e propri veterani. Il più temibile è senza dubbio Isaoka: uomo vecchissimo e potentissimo, tutt'altro che disposto a lasciare ai giovani lo scranno. Manipolatore, anche lui con parecchi scheletri nell'armadio: tutti lo sanno, eppure nessuno riesce a smuoverlo. Un personaggio senza dubbio negativo, eppure affascinante e realistico: ci sono tantissimi Isaoka nella realtà. Forse per questo, quindi, è uno di quelli il cui carattere è più complesso e sfaccettato: un degno alleato per l'astuto Asami, hanno la stessa determinazione eppure la usano per motivi totalmente diversi. Attenzione, però: scordatevi la solita manfrina tutta giapponese del “siamo-dalla-parte-opposta-ma-ti-ammiro-e-ti-sono-amico”. No. Assolutamente no. Il vecchio è intenzionato a distruggere il giovane, e viceversa. Decisamente più realistico della pappardella qui citata. Eppure chissà, forse i due sono persino più simili di quello che sembra...
Anche se non al così, comunque, anche gli altri politici sono caratterizzati con cura. Penso ad esempio al piccolo Yoshikawa, uno dei primi alleati di Asami; ad Hanaguchi, l'ambiguo lacchè di Isaoka, a Sengoku, il cui padre si è suicidato per colpa indovinate di chi? Ma certo, del vecchio!
In generale, comunque, tutto il cast, anche quello che non fa parte né della yakuza né della politica, ha un'ottima caratterizzazione. L'esempio più lampante è Kyoko Ishihara, poliziotta dapprima intenzionata a mettere in gattabuia Hojo, ma di cui poi si innamora perdutamente. Lo so: questa storia è piuttosto stereotipata, ma è comunque trattata con cura e con realismo – anche considerando che si tratta di uno sceneggiatore uomo che approfondisce i pensieri di una donna.
Ma soprattutto nel corso della storia subisce un cambiamento non indifferente. All'inizio sembra la classica Mary Sue –  personaggio perfetto in tutto: competente ed appassionata del suo lavoro, comanda degli uomini, a volte è anche una testa calda. L'amore cambia sempre tutto, anche l'acerba Kyoko, che finalmente conosce la passione, si “scongela” e cerca un difficile equilibrio tra il suo dovere ed il suo cuore. A onor del vero la loro storia viene tirata un po' troppo per le lunghe, soprattutto per quanto riguarda il suo sbocciare, ma non occupa molto spazio nella trama. E alla fine, ci si ritrova a tifare per la scongelata poliziotta...


Dopo tante righe su Buronson, adesso dedichiamoci del disegnatore di “Sanctuary”, Ryoichi Ikegami.Dotato di uno stile piuttosto caratteristico e personale, si adatta perfettamente alla storia. Usa parecchio il bianco e il nero, ma soprattutto il grigio: l'ideale per Hojo ed Asami, così ambigui. Tutto è disegnato in maniera assai dettagliata, dalle fisionomie delle tonnellate di personaggi agli ambienti. Menzione d'onore anche per le inquadrature, particolari ma sempre puntuali. Nello specifico spesso vengono inquadrati gli occhi: chissà perché. Forse perché sono lo specchio dell'anima...

E con questo è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

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