L’inventore di sogni –
Ian McEwan
Un
bambino sogna a occhi aperti e immagina di far sparire l'intera famiglia, un
po' per noia e un po' per dispetto, con un'immaginaria Pomata Svanilina; oppure
sogna di poter togliere al gatto di casa la pelliccia, di farne uscire l'anima
felina e di prenderne il posto, vivendone per qualche giorno la vita, soltanto
in apparenza sonnacchiosa; oppure sogna che le bambole della sorella si animino
e lo aggrediscano per scacciarlo dalla sua camera...
Fin
dalle prime pagine di questo libro ritroviamo il consueto campionario di
immagini perturbanti che sono un po' il "marchio di fabbrica" di Ian
McEwan. Specialmente nella prima stagione della sua narrativa l'autore
britannico ci aveva abituato a profondi e terribili scandagli nel microcosmo
della famiglia, e in quei mondi chiusi e violenti i bambini e gli adolescenti
giocavano sia il ruolo delle vittime e sia quello dei carnefici.
Nell'Inventore
di sogni McEwan ritorna sul luogo del delitto, ma lo fa con un tono e uno
spirito completamente diversi, scegliendo il registro sereno e sdrammatizzante
per definizione: quello del "racconto per ragazzi".
Editore: Einaudi
Pagine: 117 pagine
Formato: brossura
Prezzo: € 8,50
Voto: 









“La
vita è sogno”, come direbbe Calderon de La Barca. Siamo tutti quanti propensi
al sogno ad occhi aperti, anche gli adulti.
In
questo meraviglioso libricino, che si presenta come un racconto per ragazzi –
ma che in realtà non farebbe male leggere anche agli adulti – McEwan ci
presenta, con la sua spettacolare dialettica, la storia di un bambino con una
fervida immaginazione in grado di fargli vivere avventure inimmaginabili.
L’incontro con un ladro, lo scambio di corpi con un gatto e un neonato e
perfino, sogno recondito e perverso di ogni bambino, far sparire i genitori con
una pomata speciale.
C’è
un solo problema: come ogni buon sognatore che si rispetti, Peter non è sempre
compreso, ma anzi si vede affibbiata l’etichetta dello “strano” e spesso
“diverso”, una tematica che sembra star molto a cuore all’autore, perché viene
sottolineata fin dalle prime pagine. E di certo, la cosa che più colpisce è che
non ci si limita, per esempio da parte degli insegnanti, al classico “è
intelligente, ma non si applica”, piuttosto un voler risolvere la situazione
nel modo sbagliato, come se Peter avesse qualcosa che non va.
Il
romanzo è una raccolta di alcuni degli episodi più eclatanti della vita di
Peter, raccontati con la maestria di chi è capace di fare diventare anche le
storie più scabrose delle favole. Nonostante la materia principale sia il
sogno, McEwan riesce a trasportarci in un mondo che quasi assomiglia al paese
delle meraviglie, dove le bambole possono animarsi e organizzare un vero e
proprio movimento di emancipazione per il possesso di un’intera camera, riuscendo
di contro a risultare abbastanza realistico.
Inoltre
è facile immedesimarsi in tutto ciò che accade: i pensieri del protagonista non
sono altro che quelli che hanno cadenzato il nostro essere bambini, qualcosa
che col tempo abbiamo dimenticato e non farebbe male ricordare per vivere con
più spensieratezza il presente. Per certi versi, la lettura mi ha rimandato ad
un altro romanzo strutturato in episodi quasi epici, ossia “Big Fish” di Daniel
Wallace, ma la differenza sta nel fatto che, nonostante le avventure narrate da
McEwan siano sostanzialmente fittizie, sono ben radicate nel reale, al
contrario del romanzo di Wallace, dove sono rappresentate da eventi per lo più
surreali. Ad ogni modo, la storia di Peter rappresenta un unicum, laddove c’è
una digressione sottile ma esaustiva su una materia di origine metafisica.
Il
capitolo che più mi ha colpito è “Il prepotente”, dove non solo Peter si
confronta con il bullismo, ma avviene anche una delle riflessioni delle quali
parlavo prima, improntata del relativismo sofista per il quale non è possibile
pervenire ad una verità assoluta: il succo è che tutto quello che viviamo
potrebbe essere sogno, sia le cose spiacevoli che quelle divertenti, e che
nonostante ci sia la tendenza a giudicare finito tutto ciò che è tangibile, in
realtà anche quello potrebbe far parte della nostra immaginazione.
Sebbene
in alcuni momenti io sia arrivata a captare i piani del narratore prima che
questi venissero svelati, la lettura è stata non solo scorrevole e piacevole,
ma anche molto utile a portarmi verso la riflessione. Ci sono infatti delle
domande, forse anche retoriche, che ci poniamo spesso quando stiamo vivendo la
nostra realtà, se quello che ci succede sia tangibile o meno, o se siamo in
verità trasportati nella dimensione onirica per cui tutto è pura immaginazione.
Io
direi proprio che, se avete voglia di una lettura breve, edificante e
letterariamente valida, “L’inventore di sogni” è il libro che fa per voi. Da
parte mia, l’ho davvero apprezzato, ma nel mio caso sono di parte, visto che
adoro la scrittura di McEwan.
Vi
ricordo che, se cercate informazioni sull’ultimo romanzo di Ian McEwan, Miele,
trovate un estratto e informazioni sulla trama qui.
Ian McEwan
Ian McEwan è nato nel 1948 ad Aldershott
e vive a Londra. È autore di due raccolte di racconti: Primo amore, ultimi riti e Fra le lenzuola; un libro
per ragazzi: L'inventore di sogni; un libretto d'opera: For You. Ha pubblicato
il saggio Blues della fine del mondo e i romanzi: Il giardino di cemento,
Cortesie per gli ospiti, Bambini nel tempo, Lettera a Berlino, Cani neri,
L'amore fatale, L'inventore di sogni, Amsterdam, Espiazione, Sabato, Chesil
Beach e Solar.
Tutti
i suoi libri sono stati pubblicati in Italia da Einaudi.
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