Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. I giapponesi saranno pure un
popolo fortemente attaccato ai valori tradizionali, ma l'interesse per il mondo
occidentale non manca, soprattutto per quanto riguarda le religioni e la
storia. I mangaka poi non fanno eccezione, anzi: in fumetteria non è raro
trovare manga su personaggi storici. Il parterre è molto ampio: si passa senza
problemi da Nerone a Cesare Borgia, passando per il “locale” samurai Miyamoto
Musashi.
Una delle autrici che più si è
dilettata in questo campo è Riyoko Ikeda, di cui parleremo oggi: a volte
usando l'ambientazione come scusa per narrare una storia originale – vero, “Le
rose di Versailles”? - altre attenendosi più specificamente al genere
biografico. Ora, con l'aiuto di Erika Miyamoto ai disegni, si concentra
su Elisabetta I, nell'omonimo “Elisabetta – La regina che sposò la patria”.
Buona lettura!
Inutile soffermarsi sulla trama,
che conoscerete tutti. Il manga – prendendo evidentemente spunto dal film “Elisabeth”
con Cate Blanchett come protagonista – comincia con le, ehm, particolari
circostanze con cui Anna Bolena, madre di Elisabetta, viene riconosciuta legale
consorte di Enrico VIII, e termina con lo sventato complotto del 1571.
Esattamente come nel sopraccitato
film – prima parte di una trilogia – non viene coperta tutta la vita della
regina vergine, e sono presenti alcuni piccoli cambiamenti della storia
originale, forse per renderla più “shojo”.
La sceneggiatura ha un ottimo
ritmo: a conti fatti il manga ricopre all'incirca quarant'anni, ma non si
ha mai l'impressione che gli eventi vengano narrati troppo in fretta o troppo
lentamente. Al contrario, forse la parte precedente all'ascesa al trono di
Elisabetta è quella più coinvolgente e meglio riuscita.
Non si può dire lo stesso dei
dialoghi, però. Forse il problema risiede nell'adattamento italiano; ma c'è una
sovrabbondanza di segni come i punti di sospensione e i punti esclamativi, che
invece sarebbe meglio usare con parsimonia. Un difetto invece sicuramente
imputabile alla Ikeda, perché presente in altre sue opere, è l'eccessiva
verbosità dei testi, che risultano pure piuttosto improbabili. Essendo il manga
ambientato a corte, una certa raffinatezza di linguaggio è più che giusta, ma
sempre senza esagerare.
Nonostante la storia non sia
originale, comunque, si sente la mano dell'autrice, che non si lascia
intimidire dall'argomento e lo tratta con la sua solita dovizia di particolari
e di introspezione psicologica. Tre sono le donne protagoniste: Anna
Bolena, Maria I e naturalmente Elisabetta.
Anna Bolena spesso non
viene messa in buona luce dai media, in quanto, seppur indirettamente, per
colpa sua si è creato lo scisma tra Enrico VIII e la chiesa cattolica.
L'autrice, però, non la pensa così, e ci dipinge una donna innamorata di suo
marito, che dedica la sua esistenza al renderlo felice. I ripetuti – e vani –
sforzi di dargli un erede maschio ci dimostrano la sua determinazione. Tutto in
lei, anche il modo di affrontare la morte, è all'insegna della dignità, e
questo verrà tramandato anche ad Elisabetta.
Diversamente appare invece Maria
I, in genere trascurata dai biografi a favore di Maria Stuarda. In
precedenza ho affermato che la prima parte è la migliore dell'opera: uno dei
motivi principali, se non il motivo principale, è proprio lei. Grande
attenzione viene data al suo comprensibile odio per Anna e figlia. Cresciuta
sotto tutti gli onori come unica erede al trono, da un giorno all'altro perde
tutto, persino la sua amata madre, che non può vedere per ragioni di stato.
Plausibile, perciò, il ritratto che ci viene presentato nel manga: una
ragazzina, e in seguito una donna, estremamente rancorosa, addolorata nel
profondo, che a distanza di anni non riesce a capacitarsi di come la situazione
si sia evoluta in quel modo.
E poi c'è lei, Elisabetta,
che definire “tipica eroina ikediana” è un pallido eufemismo. E' una donna
intelligente, dotata di forte senso pratico, consapevole delle proprie capacità
e perciò di non aver bisogno di un uomo per poter governare l'Inghilterra e
farla crescere.
Ma è anche una donna: una donna
capace di amare - come ben sa il suo amante Robert Dudley - che non ha
dimenticato la sua infanzia travagliata e che, nonostante abbia il controllo di
una potenza mondiale, è capacissima di soffrire. Non a caso il manga si
conclude con la sua risoluzione, dettata non solo dalla sua intraprendenza ma
anche dal dolore, di “sposare la patria”.
Anche i due principali uomini
nella vita della regina, i sopraccitati Enrico VIII e Robert, godono di
un'ottima introspezione psicologica. Il primo, pur mantenendo i lati negativi
del suo carattere che sono passati alla storia, viene presentato in maniera più
umana, non soltanto il donnaiolo che per mero capriccio fonda dal nulla un
culto religioso. E' sinceramente innamorato di Anna Bolena ma, come capita
anche nella vita reale, si fa comandare dall'ossessione di avere un figlio
maschio, che distruggerà il matrimonio. Nonostante le maniere forti contro il
papa, rimane credente, e non può fare a meno che chiedersi con angoscia se
abbia commesso peccato a sposare la consorte del suo defunto fratello.
Decisamente un personaggio a tutto tondo.
Robert è l'uomo più vicino ad
Elisabetta, sin dai tempi in cui era soltanto una principessa che non avrebbe
mai visto il trono da vicino: e rimpiange quei momenti. La loro unione è
impossibile da attuare perché non sarebbe degno marito per lei, ed in ogni caso
lei è cambiata troppo. Le sue scelte di vita, pur non condivisibili, sono
facili da comprendere.
Come dicevamo prima, il tratto è
affidato unicamente nelle mani di Erika Miyamoto. E' forte debitore della
sceneggiatrice, tanto che le differenze sono pochissime: perciò è un tratto
gradevole, molto vecchia scuola, che ben si adatta alla trama ed alle sue
atmosfere. Anche qui, è evidente che il film con Cate Blanchett è stato preso a
punto di riferimento, in quanto le due protagoniste sono uguali tra loro.
La costruzione della tavola è
alle volte un po' caotica, ma originale: le vignette hanno diversa forma a
seconda dell'importanza e della situazione narrata. Ottimo l'uso dei retini,
soprattutto nel delineare le vesti femminili, peccato soltanto per gli sfondi
molto scarni. Tutto sommato, pur non facendo gridare al miracolo, uno stile
buono...
...Un po' come l'opera da cui è
tratto, che pur non essendo un capolavoro vale il prezzo del biglietto e si fa
leggere con molto piacere. Fossero tutti così, i manga, la qualità dei lavori
sarebbe molto più alta.
E per oggi è tutto, cari amici.
Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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