Orgoglio
e pregiudizio fiorisce nell’età più bella di Jane Austen, quando la sua giovinezza
custodiva una personalità matura, irriverente, velata di sarcasmo ma non per
questo ancora amareggiata dalla malattia e dalla delusione. C’è tutta la
freschezza, l’ironia, il luccicore intelligente e attento degli occhi di
un’autrice che conquista già dalla prima parola, da quell’incipit così colmo di
attenzione e che cela un sorrisetto, una lieve inclinazione del capo, una mano
veloce che scorre sul foglio:
« È una verità universalmente
riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere
in cerca di moglie »
Patrimonio, scapolo, moglie: ecco le tre
parole magiche che ci introducono al mondo di Jane (e che il patrimonio sia
solido…), in due righe fintamente serie, quasi solenni, che sprigionano un
universo sottinteso di ironia e sagacia. Come in una piece teatrale, ci
troviamo immediatamente coinvolti nella vita dei personaggi. Il sipario si apre
sulla scenetta di due coniugi: una donna curiosa e pettegola, un uomo
apparentemente indifferente. La prima sta avvisando il secondo che la villa dei
vicini è stata affittata da un gentiluomo ricco e –naturalmente- affasciante, Mr
Bingley, esprimendo la speranza che egli sposi una delle sue numerose
figliole.
Così iniziano le vicende delle
sorelle Bennet: Jane, Elizabeth, Mary, Kitty e Lydia. Tanto diverse
caratterialmente da essere agli antipodi, come se il senno sia andato disperso
man mano che i signori Bennet le procreavano. Jane, bella, buona e gentile, è
infatti anche la più saggia, mentre Lydia, la più piccola, è sciocca e viziata,
una ragazza frivola e senza cervello. In media, di solito, stat virtus, ma la
terzogenita Mary è solo un ridicolo e pomposo esempio della stoltezza di chi
crede basti imbeversi di cultura, senza applicare ad essa intelligenza e senso
critico, per darsi un tono. Non ci si aspetterà quindi, data la scala
intellettualmente degenerativa, che Kitty sia migliore delle altre: priva di
forza di volontà, segue in tutto e per tutto Lydia, nonostante sia più grande
di lei. Infine Elizabeth, Lizzie, è la secondogenita: intelligente, briosa,
ironica, è lo specchio dell’autrice. A guastarla è giusto quella punta di
pregiudizio e vanità, che però la rendono molto più umana dell’impeccabile
Jane. Una vanità irrimediabilmente
offesa al primo incontro con il dispotico, antipatico, snob e asociale Mr
Darcy. Di lei aveva detto: “è passabile, ma non abbastanza bella da tentarmi”.
Quale affronto! Quanto è costato, al povero Fitzwilliam Darcy, quel commento
superficiale e anche un po’ cafone! Naturalmente lei, Lizzie, aveva sorriso
divertita, nascondendo l’offesa del proprio amor proprio. Di certo la posizione
di quell’uomo, ed il fatto che fosse addirittura più ricco di Bingley, con una
tenuta rinomata in tutta l’Inghilterra, non gli davano il diritto di criticare
le bellezze e i divertimenti di Longbourn, il piccolo paesino dell’Hertforshire
dove è ambientata la vicenda.
Darcy, che come abbiamo capito è il
co-protagonista, darà il via, negli anni successivi all’uscita del romanzo fino
ai giorni nostri, ad una serie di personaggi fotocopia che vorrebbero imitarne
la fermezza del carattere, il fascino, la compostezza. Ma nessuno, come Miss
Austen, è stato mai in grado di creare una delle più belle figure della
letteratura: Mr Darcy è orgoglioso ma giusto, indisponente ma generoso,
riservato ma sincero. Orgoglio e pregiudizio è, in realtà, la meravigliosa fucina
di personaggi senza tempo - bersagli della spregiudicatezza dell’autrice, che
tanto si divertiva a rappresentare la società che la circondava, colma di
ipocrisie e personalità buffe. I difetti, le volgarità, i vizi vengono esposti
e ridicolizzati da una frizzante Jane Austen, che, non senza un sadico sarcasmo,
li riflette nelle loro manie e nel loro aspetto fisico. Non esiste probabilmente
occhio più acuto e penna più leggera per ritrarre quella media borghesia inglese
di inizio Ottocento, la stessa che considerava i suoi “romanzi per donne” (con
accezione dispregiativa) e che le aveva inizialmente impedito di vivere del suo
lavoro, cosa ritenuta sconveniente per una donna a cui era imposto il
matrimonio come maggiore ambizione.
Orgoglio e pregiudizio è l’esempio più
brillante della letteratura austeniana, tutta caratterizzata da parodia, molto
cinismo e sentimenti veri… dentro cui scrutare con molta attenzione.
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