venerdì 21 dicembre 2012

Speciale Jane Austen: parliamo di "Orgoglio e pregiudizio"




­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­Orgoglio e pregiudizio fiorisce nell’età più bella di Jane Austen, quando la sua giovinezza custodiva una personalità matura, irriverente, velata di sarcasmo ma non per questo ancora amareggiata dalla malattia e dalla delusione. C’è tutta la freschezza, l’ironia, il luccicore intelligente e attento degli occhi di un’autrice che conquista già dalla prima parola, da quell’incipit così colmo di attenzione e che cela un sorrisetto, una lieve inclinazione del capo, una mano veloce che scorre sul foglio:

« È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie »

Patrimonio, scapolo, moglie: ecco le tre parole magiche che ci introducono al mondo di Jane (e che il patrimonio sia solido…), in due righe fintamente serie, quasi solenni, che sprigionano un universo sottinteso di ironia e sagacia. Come in una piece teatrale, ci troviamo immediatamente coinvolti nella vita dei personaggi. Il sipario si apre sulla scenetta di due coniugi: una donna curiosa e pettegola, un uomo apparentemente indifferente. La prima sta avvisando il secondo che la villa dei vicini è stata affittata da un gentiluomo ricco e –naturalmente- affasciante, Mr Bingley, esprimendo la speranza che egli sposi una delle sue numerose figliole.  

Così iniziano le vicende delle sorelle Bennet: Jane, Elizabeth, Mary, Kitty e Lydia. Tanto diverse caratterialmente da essere agli antipodi, come se il senno sia andato disperso man mano che i signori Bennet le procreavano. Jane, bella, buona e gentile, è infatti anche la più saggia, mentre Lydia, la più piccola, è sciocca e viziata, una ragazza frivola e senza cervello. In media, di solito, stat virtus, ma la terzogenita Mary è solo un ridicolo e pomposo esempio della stoltezza di chi crede basti imbeversi di cultura, senza applicare ad essa intelligenza e senso critico, per darsi un tono. Non ci si aspetterà quindi, data la scala intellettualmente degenerativa, che Kitty sia migliore delle altre: priva di forza di volontà, segue in tutto e per tutto Lydia, nonostante sia più grande di lei. Infine Elizabeth, Lizzie, è la secondogenita: intelligente, briosa, ironica, è lo specchio dell’autrice. A guastarla è giusto quella punta di pregiudizio e vanità, che però la rendono molto più umana dell’impeccabile Jane.  Una vanità irrimediabilmente offesa al primo incontro con il dispotico, antipatico, snob e asociale Mr Darcy. Di lei aveva detto: “è passabile, ma non abbastanza bella da tentarmi”. Quale affronto! Quanto è costato, al povero Fitzwilliam Darcy, quel commento superficiale e anche un po’ cafone! Naturalmente lei, Lizzie, aveva sorriso divertita, nascondendo l’offesa del proprio amor proprio. Di certo la posizione di quell’uomo, ed il fatto che fosse addirittura più ricco di Bingley, con una tenuta rinomata in tutta l’Inghilterra, non gli davano il diritto di criticare le bellezze e i divertimenti di Longbourn, il piccolo paesino dell’Hertforshire dove è ambientata la vicenda.

Darcy, che come abbiamo capito è il co-protagonista, darà il via, negli anni successivi all’uscita del romanzo fino ai giorni nostri, ad una serie di personaggi fotocopia che vorrebbero imitarne la fermezza del carattere, il fascino, la compostezza. Ma nessuno, come Miss Austen, è stato mai in grado di creare una delle più belle figure della letteratura: Mr Darcy è orgoglioso ma giusto, indisponente ma generoso, riservato ma sincero. Orgoglio e pregiudizio è, in realtà, la meravigliosa fucina di personaggi senza tempo - bersagli della spregiudicatezza dell’autrice, che tanto si divertiva a rappresentare la società che la circondava, colma di ipocrisie e personalità buffe. I difetti, le volgarità, i vizi vengono esposti e ridicolizzati da una frizzante Jane Austen, che, non senza un sadico sarcasmo, li riflette nelle loro manie e nel loro aspetto fisico. Non esiste probabilmente occhio più acuto e penna più leggera per ritrarre quella media borghesia inglese di inizio Ottocento, la stessa che considerava i suoi “romanzi per donne” (con accezione dispregiativa) e che le aveva inizialmente impedito di vivere del suo lavoro, cosa ritenuta sconveniente per una donna a cui era imposto il matrimonio come maggiore ambizione.

Orgoglio e pregiudizio è l’esempio più brillante della letteratura austeniana, tutta caratterizzata da parodia, molto cinismo e sentimenti veri… dentro cui scrutare con molta attenzione. 

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