E’ un arduo
e ingrato compito recensire un’opera di Jane Austen senza sperticarsi in lodi
senza fine. Persuasione è inoltre,
per quanto mi riguarda, il romanzo in cui si trova l’espressione più alta dei
profondi moti dell’anima, il romanzo più maturo, che per tal motivo è difficile
da leggere senza totale e devota ammirazione.
Andiamo però con ordine: Persuasione,
ultimo dei romanzi di Jane Austen, fu pubblicato dal fratello dopo la morte
della stessa, nel 1818.
Per la brevità della trama e per l’approssimarsi della morte dell’autrice, si
dice che Persuasione sia stato concluso frettolosamente dalla Austen, la quale
sentiva avvicinarsi la fine dei suoi giorni, e che perciò risulti incompleto,
sommario. E’ una delle più grandi critiche mosse al romanzo, forse l’unica. Una
critica che, a mio parere, non è del tutto condivisibile.
Persuasione certamente si distacca
dallo schema seguito nei precedenti romanzi. In questi ultimi abbiamo un’eroina
dal particolare e profondo carattere, una famiglia che si distingue per la
“stranezza” dei suoi componenti, un amore per un uomo di una classe sociale più
alta e una serie di difficoltà che comportano una crescita dell’eroina dal
punto di vista psicologico, fino ad approdare al tanto sospirato matrimonio.
In Persuasione tutto ciò non accade.
La famiglia Elliot non è per nulla
strana, ma composta da gente che null’altro rispecchia se non la stupida
superficialità delle classi elevate del tempo. Lo dimostrano già all’inizio
del romanzo, quando son costretti ad affittare la loro residenza nobiliare ai
coniugi Croft ed a trasferirsi a Bath, a causa degli sperperi e degli inutili
lussi cui non sanno rinunciare. Fra loro
Anne, la seconda di tre sorelle, è ritenuta una nullità dal padre e dalla
sorella maggiore, Elizabeth, dato che la sua giovinezza è ormai sfiorita senza
che contraesse un matrimonio conveniente. La sorella più giovane, Mary, la vede
invece come utile appoggio durante le sue malattie immaginarie, ma nulla di
più. L’unica ad apprezzare Anne è Lady Russel, amica della madre di Anne, ormai
defunta.
Per cominciare quindi, abbiamo un’eroina
già “evoluta”. Anne Elliot ha già avuto la sua possibilità di sposarsi, di
concludere un matrimonio felice per sé e alla lunga anche per la sua famiglia,
ma ha fallito. Colui che più avanti conosceremo come il Capitano Wentworth, è
stato rifiutato perché inferiore agli Elliot e di questo Anne si è già pentita,
nel corso degli anni. Il romanzo comincia quindi con una donna che ha raggiunto
una maturità psicologica e fisica e che si è già resa conto degli errori
compiuti in gioventù.
In secondo luogo, abbiamo la disparità
di classe sì, ma stavolta ad esser inferiore è l’uomo e non la donna. Un
fatto insolito per la Austen ma funzionale alla trama del romanzo. Si presenta
infatti una visione diversa della donna e della sua posizione in società.
Sebbene la Austen lasci sempre le vicende storiche sullo sfondo dei suoi
romanzi, limitandosi a raccontarne i deboli influssi che queste esercitano
all’interno del mondo delle sue eroine, stavolta qualcosa cambia. L’illuminismo
avanza, il diritto alla parità fra gli uomini incalza e filtra nel mondo “austeniano”,
cambiando i connotati delle figure femminili tanto amate dalla scrittrice. Lo
si vede con Mrs. Croft, che viaggia con il marito e lo assiste in tutto e per
tutto, lo si vede nell’ammirazione di Anne per lei, nel desiderio che ha di
emularla e nella forza sempre maggiore con cui, nel corso del romanzo
attraverso la voce di Anne stessa, la Austen affermi la figura della donna capace
di avere una propria volontà, di gestire al meglio i propri affari e anche
quelli del marito, di lasciare quel piccolo universo femminile che finora è
stato il solo mondo conosciuto.
Nonostante ciò non manca mai il vibrante
tripudio d’emozioni che contraddistingue i romanzi di Jane Austen. Ad Anne
viene infatti data una seconda possibilità: incontra nuovamente Wentworth,
ormai Capitano, mentre è ospite della sorella Mary e poi nuovamente a Bath,
dove raggiunge i propri familiari. L’amore,
tra incontri, incomprensioni, terzi incomodi e gelosie non ben nascoste, viene
stavolta vissuto da Anne con coscienza, con consapevolezza di se stessa e, si
direbbe, con una nuova energia che permette all’eroina di prender l’iniziativa.
Non a caso Anne Elliot è definita dai più un’eroina “fisica”. A differenza
dalle protagoniste degli altri romanzi, Anne
Elliot mostra ciò che prova non a parole, ma a gesti. Son eloquenti infatti
i suoi sguardi, la sua confusione, il suo arrossire, le sue parole. Sebbene sia
un modo diverso, innovativo per la Austen, quello di comunicare i pensieri
della protagonista, l’introspezione
psicologica è sempre di un’intensità sorprendente, anzi, è forse ancor più
coinvolgente per la facilità con cui ci si immedesima nella protagonista,
stavolta del tutto matura, decisa, responsabile.
Il tutto è inserito in un quadro intriso d’ironia, una pratica caratteristica
della Austen che le è forse valsa più d’ogni altra cosa l’amore del suo
pubblico a distanza di secoli.
Nulla sfugge al giudizio allegro e impertinente
dell’autrice: ogni uso,
ogni frase, ogni pensiero è rappresentato tramite la duplice visione della “normalità”
e dello “straniamento”, così che ogni elemento possa esser rappresentato per
quello che appare e per quello che è veramente. Non sia mai che l’ipocrisia, la
superficialità di una formula, l’appiattirsi di sentimenti espressi tramite
frasi fatte non siano narrati con un senso del ridicolo che ben mette in luce
il vuoto rincorrersi di usi ed espressioni tipiche della società del tempo. Ancora
una volta, tuttavia, Persuasione si
consuma anche all’insegna dell’incisività: la stupidità di Mr Elliot, la
superficialità delle sorelle Elizabeth e Mary, vengono affermate con decisione,
il pregiudizio di Lady Russel viene subito presentato e messo in evidenza, i
dubbi su Mr Elliot e Mrs Clay – rispettivamente cugino e amica di Elizabeth che
cercando di infiltrarsi in famiglia per mezzo di matrimoni con Anne e con il
padre di lei- dichiarati senza mezze misure, così come i sentimenti nei
confronti del capitano Wentworth, che son resi immediatamente manifesti.
Traspare
infine, nella lettera del Capitano Wentworth a Anne, quel pizzico di
romanticismo, quell’amore struggente e incontrastabile, violento eppure dolce
che vale alla Austen la definizione di “scrittrice pre-romantica”. E’ sicuramente il concludersi di un ciclo
che vede il maturare della figura della donna, la quale seppur veda ancora
la stabilità nel matrimonio, comincia a guardar a questo come una condizione
necessaria ma non sufficiente alla realizzazione della propria esistenza. Eppure
il Capitano Wentworth dice, in una frase
che mi emoziona ogni volta che la leggo,
“…voi mi straziate l’anima”, segno che non si rinuncia alle emozioni forti e
sempre più complete, ma neanche alla grazia, al senso della misura, alla
compostezza e all’eleganza che tanto rendono affascinanti le eroine della
Austen, da cui un po’ tutte, oggi, avremmo da imparar qualcosa.
*__* stupenda recensione all'opera!
RispondiEliminaPersuasione l'ho letto solamente di recente e, non lo nego, lo preferisco agli altri. Probabilmente per la maturità con cui è stato scritto e con la capacità, tipica della Austen, di mettere in risalto pregi e difetti della società dell'epoca.
Ho visto che hai inserito le immagini tratte dalla trasposizione della BBC di qualche anno fa. A me è piaciuto molto anche quello del 1995 con Ciaràn Hinds nei panni del Capitano Wentworth ^^
Grazie, non sai quanto mi fa piacere!
RispondiEliminaDevo dire che Persuasione è anche uno dei miei preferiti, anche se scegliere fra i lavori di Miss Jane è difficilissimo.
Quanto alle immagini, c'è lo zampino di Malitia, mi avete pure convinta a guardare le trasposizioni cinematografiche. Di solito le evito, ma ora sono curiosa!
Ancora grazie *-*
Nemesi.