venerdì 9 dicembre 2011

Il tempio degli Otaku: quarantunesimo appuntamento "Tokio Magnitude 8.0"



A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Notizia bomba: il Giappone è a grosso rischio di terremoti. Sorpresi, vero? Eh, lo so, anch'io ci sono rimasta di sasso quando l'ho saputo. Siccome è noto che i mangaka e gli animatori pescano da tutto lo scibile della vita reale per le loro opere, queste catastrofi naturali compaiono spesso: come scusa per fare interagire personaggi totalmente diversi tra loro, per dare una nuova personalità allo stereotipo del viaggio come mezzo di crescita personale, semplicemente per intrattenimento, ecc.
Come avrete capito, questa settimana parliamo di un anime con questo tema: e magari i più “otaku” di voi cominceranno già a farsi un'idea di che titolo sia, visto che è stato trasmesso – anche sul canale di Sky dedicato agli anime, “Man-Ga” - di recente in televisione. Il tutto con un livello di realismo incredibile, anche considerando che è stato realizzato prima del drammatico terremoto del marzo di quest'anno. Beh, avete capito di che sto parlando? Avanti, è facile: ma di “Tokyo Magnitude 8.0.”, naturalmente! Buona lettura (e visione)!

Mirai Onazawa ha solo tredici anni, ma quanto a pessimismo in pochi la battono, anche tra gli adulti. In particolare è molto critica sulla sua famiglia: non vanno in vacanza da chissà quanto, perché mamma e papà lavorano sempre; e quando tornano a casa – stanchi morti – passano gran parte del loro tempo a litigare. E chi pensate debba badare al fratellino Yuki in loro assenza, eh? Ovvio, Mirai.
Per questo è lei a doverlo portare ad una mostra di robot – sua grande passione, che naturalmente  non condivide – sull'isola artificiale di Odaiba. Mentre Yuki è alla toilette, lei lo aspetta fuori armeggiando con il cellulare, il suo unico rifugio dalla cattiveria degli adulti. Quanto vorrebbe che il mondo crollasse in pezzi...
… Che è esattamente quello che accade di lì a pochi secondi: un terribile terremoto di magnitudo 8.0 si scatena sulla capitale giapponese. Angosciosamente, Mirai ritrova il fratello, rimasto ancora nell'edificio mezzo crollato della mostra; nella ricerca viene aiutata da una signora, Mari Kusakabe.
Ma i problemi non sono ancora finiti, anzi. La casa degli Onazawa è piuttosto lontana da Odaiba, e tutte le principali vie di comunicazioni sono state distrutte. I due fratellini non sanno che fare: ma per fortuna in loro aiuto interviene Mari. Nonostante abbia madre e figlia che l'aspettino, infatti, si offre di portarli a casa, visto che abitano in zone vicine. Nonostante sia diffidente, Mirai accetta. Così i tre partono alla volta delle loro abitazioni, sperando di trovare ancora vivi i loro cari e promettendosi di tornare a casa tutti insieme. Ce la faranno?

Basterebbe soltanto guardare l'opening – le cui immagini riguardano la scia di distruzione lasciata da un terremoto – per rendersi conto del realismo di cui è impregnato Tokyo Magnitude 8.0. La casa di produzione dell'anime ha fatto diversi studi e proiezioni sull'impatto di una catastrofe del genere, e il risultato si vede: danni plausibili e tanta attenzione data alla macchina dei soccorsi (un'intera puntata, ad esempio, è stata dedicata ai robot della mostra di Odaiba, che individuano e aiutano ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti). Qualcuno di voi si chiederà: e perché mai si sono dati tanta fatica? E' un'opera di finzione, quindi errori nella ricostruzione degli eventi ci stanno.
Ecco la risposta. “Tokyo Magnitude 8.0” ambisce a molto più che all'intrattenimento: vuole piuttosto formare gli spettatori – soprattutto i più giovani – su cosa fare in caso di terremoto. Non a caso sono in molti a definirlo “docu fiction”, e probabilmente hanno ragione. I tre protagonisti rappresentano i due atteggiamenti prevalenti nelle catastrofi naturali: quello saggio e pertinente, rappresentato da Mari, e quello incosciente dei due bambini, che commettono di frequente errori. Sbagli che allo spettatore potrebbero sembrare patetici: entrare in edifici chiaramente pericolanti, separarsi dall'adulto di turno per motivi sciocchi, correre esattamente dove c'è più rischio che si verifichino crolli, non dire che si sta male, confidenti che prima o poi passerà. Ma sono tutte cose comprensibili, che sicuramente nella realtà si sono verificate in tantissime occasioni. Nonostante si faccia tanta prevenzione sui terremoti – soprattutto in Giappone – una cosa è fare delle simulazioni ed un'altra trovarsi nell'occhio del ciclone.
Comunque, non solo Mirai e Yuki ma anche tutto il cast, anche le semplici comparse, si comportano in maniera realistica. Abbiamo quindi coloro che pensano soltanto al proprio interesse, anche a scapito di quello degli altri: gente che non degna di uno sguardo dei bambini sperduti, o una giovane mamma in difficoltà, che inveisce contro chi è riuscito a salire sul traghetto che li porterà via da Odaiba, che nella stessa circostanza di aggrappa con tutte le proprie forze al mezzo, con conseguenze drammatiche; che prende più cibo di quanto dovrebbe; ecc.
Per fortuna vi sono anche delle eccezioni, con Mari come esempio più lampante. Si contano sulle dita di una mano le volte in cui non ha agito in maniera responsabile ed altruista: lei che si prende cura di Yuki e Mirai, anche se è angosciata per le sorti della sua famiglia, lei che fa capire a quest'ultima come gli adulti non siano tutti terribili ed egoisti, lei che aiuta la sopraccitata mamma, lei che in ogni situazione ha le idee chiare su cosa fare, senza quasi mai lasciarsi trasportare dal caos che la circonda. A volte potrebbe pure sembrare fin troppo angelica, ma non bisogna scordarsi che lei deve fungere da modello per lo spettatore. E in ogni caso, non è la sola: esempio lampante è il signor Furuichi, che sebbene abbia da poco perso i nipotini nel sisma non si stanca mai di aiutare le persone in difficoltà; oppure il giovane Kento, che nutre una venerazione per i robot che, tempo prima, avevano salvato la vita ai suoi genitori.
Più in generale, comunque, da quando Mirai si avvicina a Mari gli adulti ingrati ed insensibili spariscono quasi del tutto dallo show. Questo perché “Tokyo Magnitude 8.0” non è soltanto l'asettica telecronaca di un cataclisma, e nemmeno un semplice viaggio fisico: è anche il viaggio psicologico della protagonista. Durante le prime puntate è facile prendere in antipatia Mirai: a soli tredici anni si atteggia a donna vissuta, credendo di comprendere alla perfezione come gira il mondo (ovviamente male), sputando sopra agli sforzi dei suoi genitori per non farle mai mancare nulla, disprezzando Yuki soltanto perché non ha ancora perso l'ottimismo. Perché, insomma, non è un cinico come lei, che non crede minimamente in un domani positivo – eppure, ironia della sorte, il suo nome significa proprio “futuro”. L'unica cosa che la consola è il cellulare, a cui fa un affidamento quasi patologico.
Doversi per forza fidare di una persona che non conosce, prendersi cura del fratellino – quindi  garantire l'incolumità di tutti e due – e soprattutto non sapere come stiano i suoi genitori: tutte prove durissime per Mirai. Aggiungiamoci un orgoglio smodato, ed infornate il tutto. A parte gli scherzi, è comprensibile se durante i primi episodi non è esattamente Miss Simpatia: soltanto quando finalmente capisce che è ingiusto dare la colpa a Yuki delle loro disgrazie, e piange a calde lacrime il suo dolore, avviene la sua definitiva maturazione. Saranno comunque tante le difficoltà che dovrà affrontare: ma lo farà una ragazzina più forte, che invece di lamentarsi e subire passivamente lotterà, sebbene non possa caricarsi il peso del mondo sulle spalle. Non a caso negli ultimi episodi – i più duri, e a dire la verità anche i meno realistici – sarà proprio Yuki quello più forte della coppia, sostenendola e guidandola nelle scelte giuste. Chissà se i suoi sforzi funzioneranno, e se ci sarà un prezzo da pagare per tutto questo...

Il comparto tecnico è, come tutte le serie di oggi, buono. Il character design, semplicissimo, può piacere o non piacere, ma il contrasto con la drammaticità dei temi è gradevole; la fotografia e la regia sono ottime, soprattutto nelle scene più ad effetto; le musiche, invece, non sono niente di trascendentale, e svolgono il loro compito senza infamia e senza lode. Poco male: una delle poche note stonate (scusate l'orrenda battuta) di un anime che, pur con i suoi difetti, è decisamente sopra la media delle serie odierne.

E con questo è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

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