martedì 20 dicembre 2011

Christmas tales: L'abete magico di Caterina Armentano

Ci stiamo avvicinando al 25 dicembre e i Christmas Tales, ahimé, stanno per terminare. Ad accompagnarci in queste battute finali è Caterina Armentano, autrice di Libero Arbitrio presso 0111 edizioni che ho recensito qui molto molto tempo fa e che ci ha regalato una bellissima fiaba tutta natalizia.



L'abete magico

di Caterina Armentano



C’ era una volta,
situato in una conca di una montagna, un Abete magico. Quest’Abete, di cui le fronde sfioravano il volto della luna, era il passaggio tra il mondo reale e il regno degli elfi. Piccoli esseri magici che aiutavano Babbo Natale a costruire i giocattoli.
L’ albero, prima di essere  abete, era stato un seme. Un piccolo seme, custodito da un vecchio Eremita, nel cuore di una montagna.
Una notte antecedente il Natale , Babbo Natale, mentre solcava i cieli alla guida della sua slitta trainata dalle renne, vide una cascata: limpida e scrosciante,  defluire lungo le pareti di un rilievo montuoso e decise di fare una sosta per acconsentire alle sue renne di abbeverarsi. Fu allora che quest’ultimo conobbe l’Eremita, un vecchio solo e magrissimo, abituato alla solitudine e al silenzio.   Travolto dall’allegria del vecchio panciuto per la prima volta dopo secoli, il Solitario capì quanto fosse importante avere un amico, qualcuno con cui condividere le piccolezze della vita.  Il vecchio Eremita riconoscente per quella sferzata di energia positiva diede in dono a Babbo Natale un piccolo seme magico che quest’ultimo si apprestò a piantare in una piccola conca di quella stessa vetta.
 Fin dall’ inizio, Babbo Natale  si rese conto che la minuscola pianta, che sorgeva fra le zolle del terreno, era speciale e man mano che si allungava verso il cielo un nuovo mondo si creava fra le sue fronde: il regno degli elfi.
Alcuni anni dopo quel fortunato incontro, diversi  boscaioli, attratti dall’enorme albero e dai boschi verdeggianti che gli crescevano attorno, costruirono il proprio villaggio nei pressi  dell’Abete.
Fin dall’ inizio, anche gli abitanti del villaggio, capirono che l’Abete era fatato e ben presto gli elfi, mostrandosi a pochi eletti, consentirono, solo ai falegnami talentuosi, di varcare la soglia magica per diventare apprendisti di Babbo Natale. Vivevano, le creature magiche, celandosi nel loro mondo fatato da dove uscivano solo per compiere il bene, per fare birichinate, per colorare l’orizzonte e per aiutare Babbo Natale nella realizzazione dei giochi natalizi. Con le loro dita sottile e la polverina magica da un tozzo di legno creavano una creatura capace di fare le cose più strampalate.
Il capo del villaggio, un boscaiolo basso e barbuto, voleva assolutamente entrare a far parte di quel gruppo fortunato e si inventò le scuse più disparate per riuscirci ma essendo di animo cattivo, l’Abete non gli consentiva l’ingresso al regno fatato, così un giorno preso dalla rabbia e dall’invidia, l’uomo afferrò  un’ascia e diede un colpo secco all’albero magico.
Non appena l’Abete fu ferito , un’ Ombra oscura si allungò sul villaggio ingrigendo le case.
L’Abete si avvizzì piegandosi su se stesso come un vecchietto ricurvo sul suo bastone. Il capo del villaggio, colto dalla paura, tentò la fuga ma una voragine si aprì nel cielo e lo inghiottì.
Da quel giorno il villaggio fu prigioniero dell’Ombra. La gente viveva nel terrore e
l’ unico modo che aveva per comunicare con i vicini era attraverso dei segnali fatti con la fiammella della candela, attraverso il vetro della finestra.
Vissero così per anni, reclusi e impauriti  fino a quando un bambino, Filippo decise di provare a curare la ferita dell’Abete. Animato dai racconti del nonno e incoraggiato da quest’ultimo a non temere il futuro in quanto cresciuto ascoltando racconti fantastici, non sopportava l’idea di vivere senza mai conoscere il Natale, gli elfi e la magica. Così un giorno, di comune accordo con gli altri bambini, dopo innumerevoli messaggi attraverso le finestre, si mise a correre verso l’Abete speranzoso di poter toccare il tronco. L’Ombra, sempre in agguato, risucchiò ad uno ad uno i bambini  e quando anche i piedi di Filippo si sollevarono da terra, lui si afferrò al tronco della pianta mentre con l’altra mano si toccò il cuore con la speranza che l’albero percepisse  le sue buone intenzioni. Fu per questo suo gesto che una luce flebile lo avvolse e lo condusse all’interno del fusto. Si ritrovò nel regno degli elfi e quando i suoi occhi videro lo scempio che un suo simile aveva arrecato a un luogo un tempo magico per poco non scoppiò   a piangere. Adagiati al suolo, come miseri fiori avvizziti, c’erano delle piccole creature alate, deboli e morenti che faticavano a parlare.
Filippo prese uno di loro fra le mani e il piccolo essere gli sussurrò:
-         Ti stavamo aspettando da tanto, tanto tempo. Ormai ci resta poco da vivere e se noi moriremo, morirà anche il Natale. Non riusciamo più a trovare Babbo Natale, l’Ombra l’ha reso prigioniero. Ti prego salvaci. Su alcuni fiori è rimasta un po’ di polvere magica, cospargiti il corpo con essa e vola verso
l’Eremita. Trovalo prima che l’Ombra riesca ad afferrarti, affrettati, lui ha la soluzione.
Impaurito da tanta  responsabilità, Filippo si cosparse di polvere magica e volò verso la montagna.
Al di fuori del villaggio, il cielo non era completamente scuro ma l’Ombra sembrava allungare i suoi tentacoli verso l’infinito. Il ragazzo girò in lungo e in largo fino a quando finalmente trovò la caverna.
L’ Eremita non fu molto socievole e nonostante Filippo gli raccontò tutta la storia,
l’uomo gli ordinò di stare in silenzio  per tre giorni.
L’ultimo giorno l’Eremita disse:
-         Ho un unguento capace di guarire l’Abete e salvare il tuo popolo, tu a cosa sei disposto a rinunciare per averlo?
Dopo aver riflettuto a lungo, il ragazzo rispose:
-         Alla  casa – convinto che fosse la risposta più ovvia visto che l’ Eremita viveva in una caverna.
-         Torna da dove sei venuto, non sei ancora pronto.
Filippo supplicò l’Eremita dicendogli che avrebbe rinunciato a tutto pur di vedere il Natale e alla fine promise che avrebbe accettato qualunque richiesta dell’anziano.
-         Allora rinuncerai a tuo nonno.
Filippo scoppiò a piangere e tentò di ritrattare ma ormai la promessa era stata fatta e quindi doveva essere mantenuta. Prese a malincuore l’unguento magico e tornò al villaggio. Appena entrato nel buio, l’Ombra tentò di risucchiarlo verso l’alto ma lui si mise a urlare forte aggrappandosi all’Abete e in quel momento gli abitanti del villaggio uscirono di casa e tentarono di aiutarlo e mentre l’Ombra era impegnata a risucchiare altre persone, il piccolo  passò l’unguento sul taglio e rimarginata la ferita, l’Abete riprese il suo antico splendore ritornando a sfiorare la luna. Appena la punta dell’Albero squarciò il cielo,  l’Ombra si ritirò e il grigio si dileguò e tutti quelli che erano stati risucchiati tornarono dai propri cari. Gli elfi spiccarono fuori dal mondo fatato cosparsi di luce.
Filippo, appena riuscì ad alzarsi, aiutato dagli elfi, corse a cercare  suo nonno ma non lo trovò. L’Eremita si era preso ciò che gli toccava.
 Finalmente dopo molto tempo, il villaggio si apprestava a vivere il Natale e  fu inghirlandato da vischio e muschio. Gli elfi si occuparono dei giocattoli mentre le mamme preparavano i dolci.
Il villaggio era diventato  un luogo avvolto da un alone di magia. Nascosti tra le fulgide acque di una cascata, o tra gli schizzi opalescenti dell’acqua di fonte e tra i rami degli alberi, gli elfi facevano crollare le fronde e una leggera risata si disperdeva lungo la conca. Gli esseri magici si dissimulavano vestiti di vento, avvolti da un corpo di fiamma o tra le zolle del terreno, si divertivano  a  rincorrere i bambini mentre giocavano dandogli una leggera spinta che li faceva diventare leggeri e capaci di volare.
L’Abete era diventato ancora più bello ricoperto da una polvere glitterata lanciata dagli elfi. Solo Filippo era infelice. Aveva degli amici, era libero, finalmente poteva fare quello che più desiderava ma gli mancava il nonno, così la sera quando tutti dormivano lui andava a sedersi ai piedi dell’Albero a piangere sperando in un miracolo.
Anche la notte di Natale,  Filippo se ne stava sotto l’Abete con la speranza di ricevere consolazione e mentre la neve scendeva lieve verso il terreno, imbiancandolo, sentì uno strano scampanellio e un “oh oh” che riempì tutta la conca della montagna. Filippo si alzò in piedi e guardò il cielo, ricordando che quel suono stava a significare che Babbo Natale stava percorrendo  quel tratto di cielo. Tra risate sonore e zoccoli che strisciavano le nuvole, facendone piccoli sbuffi, Babbo Natale atterrò vicino
all’Abete, lasciando Filippo senza fiato. L’Albero magico si illuminò e gli elfi corsero tutti verso la slitta per abbracciare il vecchio panciuto che si dirigeva verso il ragazzo e Filippo fu stupito di scoprire che Babbo Natale altro non era che suo nonno. In lacrime corse ad abbracciarlo.
-         Pensavo fossi scomparso.
-         Ho ripreso solo il mio vecchio lavoro, l’ Ombra aveva imprigionato anche me.
Babbo Natale fece salire Filippo sulla slitta e all’ “oh oh” del vecchio panciuto le renne presero la via del cielo dove la luna piena illuminava tutta la montagna mostrando il vecchio Eremita che salutava verso l’alto, Babbo Natale circondato da mille elfi luminescenti.



3 commenti:

  1. una fiaba carina, ma complimenti soprattutto a te per questo modo originale di mandare gli auguri ai lettori

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  2. Iniziativa lodevole a cui ho partecipato con orgoglio :)

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Grazie per aver condiviso la tua opinione!

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