Ci stiamo avvicinando al 25 dicembre e i Christmas Tales, ahimé, stanno per terminare. Ad accompagnarci in queste battute finali è Caterina Armentano, autrice di Libero Arbitrio presso 0111 edizioni che ho recensito qui molto molto tempo fa e che ci ha regalato una bellissima fiaba tutta natalizia.
L'abete magico
di Caterina Armentano
C’ era una volta,
situato in una conca di una
montagna, un Abete magico. Quest’Abete, di cui le fronde sfioravano il volto
della luna, era il passaggio tra il mondo reale e il regno degli elfi. Piccoli
esseri magici che aiutavano Babbo Natale a costruire i giocattoli.
L’ albero, prima di
essere abete, era stato un seme. Un
piccolo seme, custodito da un vecchio Eremita, nel cuore di una montagna.
Una notte antecedente il
Natale , Babbo Natale, mentre solcava i cieli alla guida della sua slitta
trainata dalle renne, vide una cascata: limpida e scrosciante, defluire lungo le pareti di un rilievo
montuoso e decise di fare una sosta per acconsentire alle sue renne di
abbeverarsi. Fu allora che quest’ultimo conobbe l’Eremita, un vecchio solo e
magrissimo, abituato alla solitudine e al silenzio. Travolto
dall’allegria del vecchio panciuto per la prima volta dopo secoli, il Solitario
capì quanto fosse importante avere un amico, qualcuno con cui condividere le
piccolezze della vita. Il vecchio Eremita
riconoscente per quella sferzata di energia positiva diede in dono a Babbo
Natale un piccolo seme magico che quest’ultimo si apprestò a piantare in una
piccola conca di quella stessa vetta.
Fin dall’ inizio, Babbo Natale si rese conto che la minuscola pianta, che sorgeva
fra le zolle del terreno, era speciale e man mano che si allungava verso il
cielo un nuovo mondo si creava fra le sue fronde: il regno degli elfi.
Alcuni anni dopo quel
fortunato incontro, diversi boscaioli,
attratti dall’enorme albero e dai boschi verdeggianti che gli crescevano
attorno, costruirono il proprio villaggio nei pressi dell’Abete.
Fin dall’ inizio, anche gli
abitanti del villaggio, capirono che l’Abete era fatato e ben presto gli elfi,
mostrandosi a pochi eletti, consentirono, solo ai falegnami talentuosi, di
varcare la soglia magica per diventare apprendisti di Babbo Natale. Vivevano, le creature magiche, celandosi nel loro
mondo fatato da dove uscivano solo per compiere il bene, per fare birichinate,
per colorare l’orizzonte e per aiutare Babbo Natale nella realizzazione dei
giochi natalizi. Con le loro dita sottile e la polverina magica da un tozzo di
legno creavano una creatura capace di fare le cose più strampalate.
Il capo del villaggio, un
boscaiolo basso e barbuto, voleva assolutamente entrare a far parte di quel
gruppo fortunato e si inventò le scuse più disparate per riuscirci ma essendo
di animo cattivo, l’Abete non gli consentiva l’ingresso al regno fatato, così
un giorno preso dalla rabbia e dall’invidia, l’uomo afferrò un’ascia e diede un colpo secco all’albero
magico.
Non appena l’Abete fu
ferito , un’ Ombra oscura si allungò sul villaggio ingrigendo le case.
L’Abete si avvizzì
piegandosi su se stesso come un vecchietto ricurvo sul suo bastone. Il capo del
villaggio, colto dalla paura, tentò la fuga ma una voragine si aprì nel cielo e
lo inghiottì.
Da quel giorno il villaggio
fu prigioniero dell’Ombra. La gente viveva nel terrore e
l’ unico modo che aveva per
comunicare con i vicini era attraverso dei segnali fatti con la fiammella della
candela, attraverso il vetro della finestra.
Vissero così per anni,
reclusi e impauriti fino a quando un
bambino, Filippo decise di provare a curare la ferita dell’Abete. Animato dai
racconti del nonno e incoraggiato da quest’ultimo a non temere il futuro in
quanto cresciuto ascoltando racconti fantastici, non sopportava l’idea di
vivere senza mai conoscere il Natale, gli elfi e la magica. Così un giorno, di
comune accordo con gli altri bambini, dopo innumerevoli messaggi attraverso le
finestre, si mise a correre verso l’Abete speranzoso di poter toccare il
tronco. L’Ombra, sempre in agguato, risucchiò ad uno ad uno i bambini e quando anche i piedi di Filippo si
sollevarono da terra, lui si afferrò al tronco della pianta mentre con l’altra
mano si toccò il cuore con la speranza che l’albero percepisse le sue buone intenzioni. Fu per questo suo
gesto che una luce flebile lo avvolse e lo condusse all’interno del fusto. Si
ritrovò nel regno degli elfi e quando i suoi occhi videro lo scempio che un suo
simile aveva arrecato a un luogo un tempo magico per poco non scoppiò a piangere. Adagiati al suolo, come miseri
fiori avvizziti, c’erano delle piccole creature alate, deboli e morenti che
faticavano a parlare.
Filippo prese uno di loro
fra le mani e il piccolo essere gli sussurrò:
-
Ti stavamo aspettando da tanto, tanto tempo. Ormai ci
resta poco da vivere e se noi moriremo, morirà anche il Natale. Non riusciamo
più a trovare Babbo Natale, l’Ombra l’ha reso prigioniero. Ti prego salvaci. Su
alcuni fiori è rimasta un po’ di polvere magica, cospargiti il corpo con essa e
vola verso
l’Eremita.
Trovalo prima che l’Ombra riesca ad afferrarti, affrettati, lui ha la
soluzione.
Impaurito da tanta responsabilità, Filippo si cosparse di polvere
magica e volò verso la montagna.
Al di fuori del villaggio,
il cielo non era completamente scuro ma l’Ombra sembrava allungare i suoi
tentacoli verso l’infinito. Il ragazzo girò in lungo e in largo fino a quando
finalmente trovò la caverna.
L’ Eremita non fu molto
socievole e nonostante Filippo gli raccontò tutta la storia,
l’uomo gli ordinò di stare
in silenzio per tre giorni.
L’ultimo giorno l’Eremita
disse:
-
Ho un unguento capace di guarire l’Abete e salvare il tuo
popolo, tu a cosa sei disposto a rinunciare per averlo?
Dopo aver riflettuto a
lungo, il ragazzo rispose:
-
Alla casa –
convinto che fosse la risposta più ovvia visto che l’ Eremita viveva in una
caverna.
-
Torna da dove sei venuto, non sei ancora pronto.
Filippo supplicò l’Eremita
dicendogli che avrebbe rinunciato a tutto pur di vedere il Natale e alla fine
promise che avrebbe accettato qualunque richiesta dell’anziano.
-
Allora rinuncerai a tuo nonno.
Filippo scoppiò a piangere
e tentò di ritrattare ma ormai la promessa era stata fatta e quindi doveva
essere mantenuta. Prese a malincuore l’unguento magico e tornò al villaggio.
Appena entrato nel buio, l’Ombra tentò di risucchiarlo verso l’alto ma lui si
mise a urlare forte aggrappandosi all’Abete e in quel momento gli abitanti del
villaggio uscirono di casa e tentarono di aiutarlo e mentre l’Ombra era impegnata
a risucchiare altre persone, il piccolo passò
l’unguento sul taglio e rimarginata la ferita, l’Abete riprese il suo antico
splendore ritornando a sfiorare la luna. Appena la punta dell’Albero squarciò
il cielo, l’Ombra si ritirò e il grigio
si dileguò e tutti quelli che erano stati risucchiati tornarono dai propri
cari. Gli elfi spiccarono fuori dal mondo fatato cosparsi di luce.
Filippo, appena riuscì ad
alzarsi, aiutato dagli elfi, corse a cercare suo nonno ma non lo trovò. L’Eremita si era
preso ciò che gli toccava.
Finalmente dopo molto tempo, il villaggio si
apprestava a vivere il Natale e fu inghirlandato da vischio e muschio. Gli
elfi si occuparono dei giocattoli mentre le mamme preparavano i dolci.
Il
villaggio era diventato un luogo avvolto
da un alone di magia. Nascosti tra le fulgide acque di una cascata, o tra gli schizzi
opalescenti dell’acqua di fonte e tra i rami degli alberi, gli elfi facevano
crollare le fronde e una leggera risata si disperdeva lungo la conca. Gli esseri magici si
dissimulavano vestiti di vento, avvolti da un corpo di fiamma o tra le zolle
del terreno, si divertivano a rincorrere i bambini mentre giocavano
dandogli una leggera spinta che li faceva diventare leggeri e capaci di volare.
L’Abete era diventato ancora più
bello ricoperto da una polvere glitterata lanciata dagli elfi. Solo Filippo era
infelice. Aveva degli amici, era libero, finalmente poteva fare quello che più
desiderava ma gli mancava il nonno, così la sera quando tutti dormivano lui andava
a sedersi ai piedi dell’Albero a piangere sperando in un miracolo.
Anche la notte di Natale, Filippo se ne stava sotto l’Abete con la
speranza di ricevere consolazione e mentre la neve scendeva lieve verso il
terreno, imbiancandolo, sentì uno strano scampanellio e un “oh oh” che riempì
tutta la conca della montagna. Filippo si alzò in piedi e guardò il cielo,
ricordando che quel suono stava a significare che Babbo Natale stava percorrendo
quel tratto di cielo. Tra risate sonore
e zoccoli che strisciavano le nuvole, facendone piccoli sbuffi, Babbo Natale
atterrò vicino
all’Abete, lasciando Filippo
senza fiato. L’Albero magico si illuminò e gli elfi corsero tutti verso la
slitta per abbracciare il vecchio panciuto che si dirigeva verso
il ragazzo e Filippo fu stupito di scoprire che Babbo Natale altro non era che suo
nonno. In lacrime corse ad abbracciarlo.
-
Pensavo fossi scomparso.
-
Ho ripreso solo il mio vecchio lavoro, l’ Ombra aveva
imprigionato anche me.
Babbo Natale fece salire
Filippo sulla slitta e all’ “oh oh” del vecchio panciuto le renne presero la
via del cielo dove la luna piena illuminava tutta la montagna mostrando il
vecchio Eremita che salutava verso l’alto, Babbo Natale circondato da mille
elfi luminescenti.
una fiaba carina, ma complimenti soprattutto a te per questo modo originale di mandare gli auguri ai lettori
RispondiEliminaGrazie mille! ^^
RispondiEliminaIniziativa lodevole a cui ho partecipato con orgoglio :)
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