A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Tanti dilemmi affliggono il genere umano: domande a cui è stato cercato più volte di dare una risposta – dalla
filosofia, o la religione – ma che, in realtà, è impossibile. Chi siamo, perché
viviamo, se c'è un Dio (o più di uno), e soprattutto, cosa ci attende dopo la
morte. Siccome gli artisti sono specialisti nel prendere le loro fisime e
trasformarli in qualcosa di più creativo, questi interrogativi sono stati resi
tante, tante volte nelle opere di finzione. Naturalmente i manga non fanno
eccezione, e proprio di quello parliamo oggi: di quello che succede quando si
muore. Il tutto, per renderlo più appetibile e non noioso, con una bella
manciata di horror, che movimenta sempre un po' le acque. Bando alle ciance,
quindi, ed ecco a voi “Skyhigh” di Tsutomu Takahashi.
Le morti violente sono, ahimè,
all'ordine del giorno. Ma cosa capita alle loro anime? Dipende. Se i loro
proprietari si sono suicidati, gli spetta l'inferno, punto e basta. Ma se si è
deceduti per omicidio, tutto cambia.
In un luogo simile a uno che
visitavano spesso in vita, le anime vengono accolte da una tanto bella tanto
inquietante ragazza, Izuko. E' la guardiana dell'oltretomba: spiega alle ignare
vittime il loro triste fato e gli chiede cosa desiderano fare del loro spirito.
Davanti a loro, tre scelte. La prima, la più facile: dimenticare tutto e
ascendere in paradiso, verso una nuova vita. La seconda: non accettare la
propria morte e diventare un fantasma. Infine, l'ultima: ritornare sulla Terra
per possedere una persona. Praticamente, ucciderla: ed infatti le anime che
praticano questa strada finiscono dritte all'inferno. Solo dodici giorni per
decidere: voi, che fareste al loro posto?
I personaggi di Skyhigh sono tutti diversi tra di loro: abbiamo una donna che, nel momento più bello della sua vita, viene tradita dalla propria migliore amica; un piccolo uomo che, dietro ad unico bel gesto, ne nasconde tanti meno dignitosi; una poveretta la cui morte viene scoperta solo giorni dopo; un musicista le cui belle speranze si interrompono improvvisamente; e questi sono solo alcuni. Le loro condizioni di vita – alcuni vivono in un ambiente di puro disagio, altri invece se la cavano meglio - e le persone che li circondano, ammesso che ci siano. Persone diverse, circostanze di morte diverse. Destinate a non incontrarsi mai (a parte in una storia, l'ultima e la più articolata), l'unica cosa che hanno in comune è Izuko, che però non può assolutamente aiutarli. La morte, insomma, è una cosa che si affronta da soli, in tutte le sue conseguenze.
Ecco, parliamo delle conseguenze,
che naturalmente variano a seconda delle storie. Tanto per cominciare, molti
non si accorgono neanche di essere morti: camminano per un luogo che conoscono,
ed all'improvviso si vedono arrivare questa ragazza che comunica loro la
notizia che la loro esistenza è finita. Figurarsi, poi, se sanno chi ha causato
tutto questo. Altri, invece, lo sanno fin troppo bene: in una capitolo,
addirittura, una ragazza studia con cura la propria morte e le reazioni delle
persone a lei vicine, perfettamente a conoscenza delle domande che le porrà
Izuko. Quando si dice essere una persona previdente...
Andiamo avanti. Per ragioni di
show, non c'è nessuna storia in cui lo/a sventurato/a va direttamente in
Paradiso: magari dopo, ma non subito. Altrimenti il capitolo si sarebbe
concluso troppo in fretta! Ciò non toglie che alcuni lo facciano veramente, ma
dovranno passarne di cotte e di crude prima di decidersi.
Essere all'oltretomba, infatti,
non significa non soffrire. Lo scopo della seconda scelta, diventare dei
fantasmi, è praticamente quello: osservare, senza mai essere visti, come la
vita vada avanti senza di loro. Magari l'assassino di turno gira pure a piede
libero, godendo di tutte quelle cose di cui un fantasma non potrà mai più
usufruire.
Per quanto riguarda la terza
scelta, il dolore dipende dal singolo. Capita spesso che le persone che in vita
erano miti e sottomesse diventino le più feroci: accecate dalla vendetta, incoscienti
che non solo verranno dannate in eterno, ma stanno commettendo lo stesso errore
di coloro che hanno fatto cessare la loro esistenza. Alcuni alla fine si
ritroveranno insoddisfatte dalla cieca violenza – in fondo, il danno è fatto –
ma altre ci si abitueranno con una fretta sorprendente.
Nei limiti del possibile, però,
un'altra possibilità c'è per tutti. Izuko sarà anche fredda, ma cerca sempre di
indirizzare – ma non può assolutamente influenzare le anime: le sue devono
essere soltanto constatazioni – verso la reincarnazione. Alcuni, stremati dalle
sofferenze, cedono quasi subito. Con la sorpresa del lettore, però, altri sono
titubanti: hanno paura. Meglio la non esistenza del fantasma che sottoporsi ai
travagli di un'altra vita. Non è garantito, infatti, che sarà migliore della
precedente: chissà, magari sarà pure peggio. Ad esempio una ragazza – la
previdente di poco prima, se vi può interessare – chiede ad Izuko: “E se anche
la prossima volta vivo una vita infernale?”. La laconica risposta: “Allora ci
incontreremo di nuovo.”
Spesso, però, anche in vita le
vittime erano tormentate. L'esempio cardine è quello di un uomo nel primo
volume: tutti pensano che sia un eroe perché è morto per salvare una ragazza
aggredita, ma in realtà quello era il suo unico gesto positivo in una vita di
perversione e di mediocrità. Tutto questo riconosciuto da lui stesso: quando
vede la mamma addolorata per la sua perdita le chiede di perdonarlo.
Oppure la drammatica storia del
secondo volume, composta da una gravidanza indesiderata, un padre che conosce
l'esistenza della figlia quando è troppo tardi, e tanto, tanto degrado. A
proposito di degrado, anche una delle prime storie non scherza: la
protagonista, pur di farsi accettare da qualcuno, viene in contatto con una banda
di delinquenti. Ovviamente, però, le cose finiscono male: per lei e per il
ragazzo che amava, ricambiata. Più in generale, comunque, il principale motivo
di sofferenza dei protagonisti è la solitudine: ma, dice Izuko, “La vita non è
una lotta contro la solitudine”.
Adesso è giunto il momento di
parlare di lei, non credete? Bisogna dire che fa il suo effetto, sin dalle
prime battute: è misteriosa ed anche un po' inquietante, eppure non si può
negare che abbia un certo fascino. Non parlo di fisico, ma come personaggio.
All'apparenza niente può scalfirla, eppure di tanto in tanto mostra un lato
caldo, che sarebbe quasi tenero se non si parlasse di argomenti così cruenti.
Inflessibile con i peccatori, con alcuni invece è stranamente pietosa, come ad
esempio consiglia ad alcuni di non vedere cosa sta succedendo alle persone che
hanno lasciato. Nell'ultima storia poi si apre totalmente, rivelandoci la sua
triste non-vita: dovete sapere che lei è...
...Ci siete cascati, eh? Dai,
ormai lo sapete: non faccio mai spoiler – o almeno ci provo. Spostiamoci su un tema più neutro: il tratto di Tsutomu Takahashi. All'inizio può non piacere:
sembra rozzo. Ad un secondo sguardo, però, ci si accorge che è l'esatto
contrario: i retini sono usati in maniera sapiente; le tavole sono dettagliate,
anche grazie alle ottime ombreggiature – non è da tutti rendere bellissima una
semplice scalinata. Le proporzioni sono azzeccate e la costruzione delle tavole
è accattivante. E' proprio vero che le apparenze ingannano!
E con oggi è tutto, cari amici.
Arrivederci la prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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