A cura di Surymae Rossweiss
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi parliamo di transessualità:
lo avevamo già fatto tempo fa con “G.I.D. - Gender Identity Disorder” di Yoko
Shoji, ma siccome i giapponesi sguazzano in queste tematiche controverse...
Non che, prima dell'avvento dei
manga, non se ne parlasse. Soltanto nel 1980 l'Organizzazione Mondiale della
Sanità l'ha riconosciuta come malattia (mentale, anche se la questione è
aperta), ma anche in passato erano noti casi di transessualità. L'avreste mai
detto che anche un imperatore romano, Eliogabalo, ne ha sofferto?
Tutto questo, però, è solo un di
più per una mangaka da sempre abituata a trattare – con la massima cura –
personaggi tormentati psicologicamente: è Riyoko Ikeda, con l'opera “Claudine”.
Buona lettura!
NOTA BENE: purtroppo questo
volume unico non è mai stato licenziato in Italia. L'unico modo per leggerlo è
affidarsi alle scan: ma non perdete la speranza, magari qualche editore
coraggioso prima o poi lo porterà qui...
La giovane Claudine de Montesse,
ad un primo sguardo, sembra avere tutto dalla vita. Di nobile famiglia – e
figlia prediletta dal padre – colta, atletica ed intelligente. Tutto ciò, però,
non basta: non per lei, che si sente un uomo intrappolato in un corpo femminile.
Sua madre, preoccupata per il suo
disagio, ne parla con il marito, che minimizza. In ogni caso la donna decide di
portarla da uno psichiatra. Proprio quest'ultimo sarà la voce narrante del
manga, che ci accompagnerà lungo gli amori di Claudine, ognuno più triste e
sfortunato dell'altro. Riuscirà la nostra a trovare la pace con il mondo e
soprattutto con sé stessa?
Nell'introduzione ho citato il
manga “G.I.D.” di Yoko Shoji, eppure non penso che questa sia l'opera con cui
si potrebbe confrontare al meglio “Claudine”. No, io propendo per il libro “Il
pozzo della solitudine” di Radclyffe Hall, romanzo parzialmente autobiografico
ed uno dei primi a scrivere a chiare lettere di lesbismo e transessualità –
anche se sua protagonista era la prima. Certo, Riyoko Ikeda parte in vantaggio:
Hall è vittima della mentalità del suo tempo (primi decenni del '900) secondo
la quale la donna lesbica è semplicemente “un uomo mancato”: la causa del
malessere di Stephen sta ad imputarsi, secondo il romanzo, al nome mascolino che
le è stato dato ed al fortissimo desiderio dei suoi genitori di avere un
maschio in famiglia. Naturalmente noi oggi sappiamo che questa teoria non ha il
minimo fondamento, ed infatti in “Claudine” non se ne ha il minimo accenno.
Tornando al confronto, Claudine e
Stephen hanno parecchio in comune. Entrambe vivono pressappoco nella stessa
epoca, ed in una famiglia piuttosto agiata. Tuttavia, Stephen è figlia unica,
mentre Claudine è la minore di quattro fratelli, tutti maschi. Ironia della
sorte, assomigliano alla madre, mentre l'ultimogenita al padre.
Sia Stephen che Claudine,
ovviamente, non sono state fortunate nei loro amori. Se però nel caso
dell'eroina della Hall è fatto chiaramente intendere che molti dei suoi
problemi sono dati da una sotterranea paura degli uomini, per Claudine questo
non si applica. Anzi: ha uno splendido rapporto con i fratelli.
I grandi amori di Claudine sono
tre: Maura, quando entrambe erano poco più che bambine, troncato quando stava
per sbocciare dalle loro famiglie; Cecilia, che senza spoilerare troppo aveva
una relazione con un altro; ed infine Sirene, l'amore più maturo. La nostra
povera Claudine ama tutte e tre con un'intensità travolgente, che fa sperare il
lettore un meritato happy ending; ma tutti tradiscono la sua fiducia. Non
saranno queste donne, comunque, ad infliggerle la ferita più grande, ma suo
padre, la persona che ammirava di più in assoluto e che invece si rivela tutto
fuorché un modello da seguire. Attraverso queste relazioni complicate vediamo
la nostra crescere, passare da bambina a donna, diventare mano a mano sempre
più disillusa ed impaurita dall'amore. A differenza di Stephen, infatti, che ha
sempre fatto della forza d'animo una delle sue caratteristiche principe,
Claudine è tanto intelligente quanto fragile ed emotiva. E noi lettori possiamo
soltanto incrociare le dita da lontano, sperando che prima o poi la mangaka la
smetta di fare la sadica. Naturalmente io non ve lo dico...
Tuttavia, Claudine non è
totalmente sola nel suo calvario. Con questo non voglio dire che le vada tutto
bene: ovviamente molti benpensanti, sua madre in testa, non reagiscono bene nel
sapere delle sue affezioni. Anche da piccola ha sempre avuto pochi amici: di
cosa poteva parlare con le sue piccole coetanee, che la vedevano come una tipa
strana?
Un'amica, però, l'ha trovata. Si
tratta di Rosemarie: una persona non di carattere facile, e che eppure è sempre
stata vicino a Claudine, che probabilmente ama. Come dice lei, è l'unica ad
averla capita davvero, a non averla mai abbandonata nonostante le circostanze
avverse. La sua dedizione ha quasi del commuovente. E naturalmente, anche se in
chiave minore, lo psichiatra: pur prestandosi ad essere un caso studio come
pochi, egli capisce all'istante che i problemi di Claudine non sono da ricercarsi
nei dettami di Sigmund Freud; non la vede come paziente, ma semplicemente come
una persona molto intelligente, sensibile ed ahimé sfortunata. Come narratore,
poi, si dimostra la scelta migliore: abbastanza distaccato da non far risaltare
troppo le doti da Mary Sue della nostra eroina, ma abbastanza vicino a lei da
non trasformare il manga in un trattato.
Tutto si può dire di quest'opera,
comunque, ma non che i personaggi non siano caratterizzati: come sempre la
Ikeda in questo campo non delude mai. E le sue storie non sembrano nemmeno
(troppo) dei melodrammi!
Anche il ritmo della narrazione
riserva delle ottime sorprese: è veloce, trattandosi di un volume unico – che
occupa a malapena cento pagine – ma calzante alla storia. Mai una volta il
lettore ha l'impressione che la mangaka corra troppo, e le sottotrame trovano
tutte il loro spazio. Sarà comunque sorprendentemente facile parteggiare per la
nostra Claudine, e sperare che finalmente risolva i suoi tormenti interiori...
non male per un manga del 1978, vero?
Che dire del tratto di Riyoko
Ikeda? E' figlio della sua epoca e del suo target, ossia gli shojo anni '70:
figure slanciate dalle acconciature elaborate, attorniate da sfondi stracarichi
di orpelli, inseriti in tavole dalla regia particolare, ma sempre pertinente
alla storia. Unico difetto: non è che la mangaka sappia fare molte tipologie
dei volti. Per cui a volte dà un po' fastidio vedere una protagonista uguale in
tutto e per tutto, di volto, alla famosa “Lady Oscar”, ed i suoi fratelli sembrare
tante copie dell'unico maschio presente in “Caro Fratello” - sì, ho recensito
anche questo. Tuttavia, queste facce tutte simili hanno una vasta gamma di
espressioni, cosa che un pochino allevia questo difetto. Uno dei pochi
dell'opera, in generale: io, fossi in voi, non me la lascerei scappare...
...E per questo è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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