giovedì 22 dicembre 2011

Christmas tales: Il Re Nero del Natale di Daniele Nicastro (parte I)

Siamo già giunti all'ultima puntata dello Speciale Christmas tales! Diviso in tre parti -l'ultima sarà pubblicata il 24 dicembre- il racconto finale è stato affidato alle abili mani di Daniele Nicastro, autore de La bambina con il basco azzurro, recensito e intervistato qualche mese fa sul blog. Mi auguro di cuore di avervi accompagnato, in questo periodo, con tutto lo spirito che gli autori sono stati in grado di trasmettere. Non sono una grande fan di questa festa -sono anni che non provo i brividi o l'esaltazione tipici del periodo-, ma di questi tempi credo che del Natale ci sia bisogno... perché siamo troppo disincantati, delusi e tristi o arrabbiati. C'è bisogno di passeggiare per le vie illuminate cercando regali -anche se il portafoglio piange-, c'è bisogno di riunirsi in famiglia e far finta di essere felici per una sera -anche se dopo la cena di quella suocera se ne diranno di tutti i colori- e c'è bisogno di vedere la gioia negli occhi dei nostri figli -anche se il loro futuro è incerto e probabilmente non godranno mai della pensione-. 
Io ho cercato di dare il mio piccolo contributo in maniera più ampia rispetto all'anno scorso, quando il blog era appena nato. Spero di poter ripetere l'esperienza anche il prossimo Natale (salvo complicanze da parte dei Maya) e spero di avervi regalato belle storie e bei momenti. Quindi bando alle ciance e buona lettura ^^






Il Re Nero del Natale

Di Daniele Nicastro

I parte

É passato tanto tempo e pochi se ne ricordano. Molte cose erano diverse una volta. Le persone parlavano poco e la vita spesso era sopravvivenza.
Le favole erano l'unico modo per raccontare le proprie emozioni. La paura, la tristezza, l'amore e l'odio.
Alcuni dicono che si diventa adulti quando si smette di credere alle favole. Ma ci sono favole e favole, mia madre lo diceva sempre. Alcune sono innocui racconti per far sorridere i bambini. Altre invece, affondano le radici nella tradizione e raccontano verità di persone che ormai non ci sono più. Piccole verità sepolte dagli inganni. La mia famiglia ne possiede una che si tramanda da generazioni.
La scoprii il giorno che smisi di credere a Babbo Natale.

Quel pomeriggio tornai a casa di filato dopo una lite a scuola. Ero talmente arrabbiato che camminavo a testa bassa, borbottando con me stesso. Il vento gelido incitava le onde e dal molo si alzavano le strida dei gabbiani. Non riuscivo a decidere se fossi più arrabbiato per aver fatto la figura del cretino o per avere creduto così tanto tempo a una menzogna.
Il bullo della classe mi aveva preso di mira.
«Solo i bambini stupidi credono ancora a Babbo Natale!» aveva esclamato davanti a tutti.
«Invece esiste! Forse non ci credi perché a te non porta i regali».
Mi saltò addosso e continuammo ad azzuffarci fra i banchi fino all'arrivo del maestro.
«Smettetela voi due! Siete impazziti?» disse a gran voce separandoci.
«È stato lui a iniziare». Fu l'unica cosa che mi venne in mente di dire.
«Ho solo detto che è uno stupido se crede ancora alle favole. Maestro, glielo dica anche lei. Lo sanno tutti che sono i papà a mettere i regali sotto l'albero, ma forse lui non lo sa perché un papà non ce l'ha più».
«Sei solo un maledetto bugiardo!» aggiunsi balzando verso di lui.
Il maestro mi bloccò a mezz'aria, afferrandomi per le spalle.
«Ora basta, moderate il linguaggio! Non dovreste tutti essere più buoni durante il Natale?».
Poi mi guardò dritto negli occhi e parlò seriamente, come si farebbe con un adulto.
«Ha ragione lui. Non esiste».
Fece una pausa, perché capissi bene.
«Questo non vuol dire che non si debba credere a niente. È proprio quello in cui crediamo che ci rende migliori».
Vedendomi balbettare in cerca di una replica, riprese il discorso, strofinandomi i capelli.
«Non importa chi sia a farti i regali, ma il motivo per cui li fa. A volte, dietro le piccole bugie, c'è qualcuno che ci vuole bene. Ricordalo Oliver».
Feci cenno di aver capito solo per poter avere il permesso di andare. Ero così arrabbiato! La campanella suonò e corsi via in mezzo a decine di bambini schiamazzanti.
Nessuno è contento quando scopre una bugia.
Il villaggio di pescatori da cui provengo è un posto incantevole e selvaggio. Le case si stringono una all'altra come se cercassero di scaldarsi. Sono rifugi semplici e colorati in cui trovare il calore della famiglia, soprattutto nella stagione fredda. Era appena passato il solstizio d'inverno.
Spalancai rumorosamente la porta di casa spaventando mia madre. Gettò un gridolino e si affrettò a chiudere il libretto che aveva in mano, come se lo stesse leggendo di nascosto. Non gli diedi importanza al momento.
Abbandonai la cartella ai piedi del tavolino, facendo traballare pericolosamente la lampada.
La mamma continuò a seguirmi con lo sguardo senza dire una parola. Attese che gettassi la giacca in cima all'appendiabiti e mi lasciassi andare a peso morto sul divano. Sbuffavo e sbattevo le gambe ritmicamente perché volevo capisse quanto ero furioso.
«È stata una giornataccia a scuola?» disse a un certo punto.
La ignorai. Mi faceva un po' male trattarla in quel modo, ma se lo meritava. Aveva mentito. Tutta quella storia del Natale, dell'essere buoni e scrivere letterine, che senso aveva se era tutto falso?
«A quanto pare sei arrabbiato anche con me» proseguì con calma. «Dovrei preparare la tavola. Si riesce a parlare meglio con lo stomaco pieno».
«Mi hanno dato dello stupido oggi» dissi incrociando le braccia e guardando il pavimento. «E avevano ragione, perché mi hai raccontato un sacco di bugie sul Natale. Me lo ha detto anche il maestro. Lo sapevano tutti tranne me».
La mamma rimase a guardarmi un altro po', prima di andare in cucina. Tornò con un pezzo di torta alle mele e due cucchiaini.
«La verità va addolcita, altrimenti è dura da mandare giù» disse sistemandosi accanto a me.
Avrei voluto tenere duro più a lungo, per dimostrare che non ero né un bambino, tanto meno uno stupido, ma aveva colpito il mio punto debole.
Accettai quell'offerta di pace senza troppe cerimonie. La mamma ne assaggiò solo un pezzo.
«Non è facile capire quando un figlio cresce. Certo, non sei più alto come un comodino, ma crescere veramente è un'altra cosa. Qualcosa che viene da qui» spiegò, toccandosi il petto.
Rimasi ad ascoltare perché intuivo si trattasse di un discorso da grandi, ma non ero sicuro di capire quel che cercava di dirmi.
«Mi piacevi un sacco quando ti ostinavi a restare sveglio per vedere Babbo Natale uscire dal camino. Finivi per addormentarti tutte le volte. Era una bugia, ma ci dava la possibilità di stare insieme, ridere e mangiare cose buone».
«Possiamo fare queste cose tutte le volte che vogliamo. Non c'entra niente il Natale, vero?» chiesi, provando un misto di determinazione e nostalgia.
Se il Natale non era altro che una festa piena di bugie, allora non volevo farne parte. Però perdere tutte le cose buone e anche i regali, quello mi sarebbe davvero dispiaciuto!
«Stai davvero crescendo in fretta, Oliver. Vorrei che ci fosse anche il tuo papà in momenti come questo» disse con occhi lucidi.
Era uno di quei momenti imbarazzanti in cui avevo tanta voglia di stringere la mamma in un abbraccio, ma non riuscivo a farlo. Ormai ero troppo grande per simili smancerie. Cosa avrebbero detto i miei compagni se avessero saputo?
«Niente bugie, da ora in poi. Sei d'accordo?» riprese la mamma con entusiasmo. Ricambiai il suo sorriso.
«In un certo senso mi sento sollevata. Tutti quei genitori che continuano a dire che a Natale bisogna essere più buoni, che altrimenti non avranno i regali. La corsa agli addobbi, le renne volanti e i film sdolcinati in Tv. Troppo buonismo per i miei gusti. Sai cosa significa questa parola, vero Oliver?».
Non avevo la più pallida idea di cosa fosse il buonismo, ma non potevo ammetterlo proprio nel giorno miracoloso in cui mia madre diceva apertamente che stavo diventando grande. Così improvvisai una ridicola spiegazione, tartagliando parole insensate.
«La torta fa questo effetto anche a me. Impasta la bocca e non si riesce a parlare come si deve. Bevi un po' d'acqua» intervenne, salvandomi elegantemente da quella figuraccia. «Volevi dire che è quando si cerca a tutti i costi di apparire sempre buoni agli occhi degli altri. Hai ragione, quello è il significato di buonismo».
Mi affrettai a mandare giù l'acqua per annuire.
«Basta con le bugie e le feste ipocrite. Questo non vuol dire che non si debba approfittare di questi giorni per stare un po' insieme. E i regali ormai li ho comprati. Quindi faremo compromesso per quest'anno. Anche i compromessi sono una cosa da grandi» aggiunse, strizzando l'occhio.
Non avrebbe potuto usare parole migliori. Sapevo che regalo avrei ricevuto: una bicicletta nuova fiammante, con il cambio e tutte quelle levette sul manubrio.
Mi bloccai. Qualcosa non tornava. Era giusto sapere già che regalo avrei ricevuto? E fare il buono solo per riceverlo?
Fu un bene che la mamma ricominciasse a parlare. Erano ragionamenti sensati, ma continuando sulla quella strada sentivo che avrei finito per perdere il mio regalo. Meglio l'anno prossimo.
«È ora che tu conosca qualcosa sul vero Natale. Si tratta di una storia di famiglia, non la troverai alla Tv».
Mia madre sapeva come attirare l'attenzione, devo ammetterlo. Però ero ancora scettico. Smettere di credere a una storia per un'altra mi sembrava stupido.
«Non voglio sentire un'altra favola, mamma. Hai detto basta con le bugie e il buonismo, ricordi?».
«È quello che faremo. Ma sono ancora più grande di te, quindi devi credermi se dico che ci sono favole e favole. La storia che sto per raccontarti parla di cose che non dovevano essere fatte, di frustrazione e dolore. È una perfetta storia d'amore».
A me non sembrò che l'amore avesse molto a che fare con tutte quelle cose e nemmeno sapevo bene il significato della parola frustrazione, ma sembrava una storia intrigante.
«Prima dimmi di cosa parla. Almeno un indizio!» esclamai.
Lei sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, fingendo di pensarci.
«Forse non dovrei. Un po' di mistero fa bene a ogni storia. Finirai per dirmi che è noiosa ancora prima di averla ascoltata... ma lo farò lo stesso, per questa volta» aggiunse interrompendo sul nascere le mie proteste.

4 commenti:

  1. Letto, aspetto il seguito ;) complimenti per la bella iniziativa.

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  2. Ieri ho commentato il racconto di MP Black e, da maleducata che sono, non ho nemmeno salutato la padrona di casa che offre questi splendidi racconti. Grazie Malitia!
    Adoro il modo in cui Daniele descrive il rapporto madre-figlio ma ora sono propria curiosa di leggere la favola vera e propria^^

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