venerdì 16 dicembre 2011

Christmas tales: Oro e Argento di Barbara Risoli (parte I)

E' arrivato il turno di un altro Christmas tales, questa volta di Barbara Risoli, l'autrice italiana molto presente online con all'attivo pubblicazioni fantasy e romance storico, l'ultimo dei quali è uscito è La giustizia del sangue, edito da 0111 edizioni. Amministra i blog gemelli Barbara Risoli e Il sovrano lettore e Oro e argento è il racconto -per cui la ringrazio- che ha voluto regalarci :)



ORO E ARGENTO
di
Barbara Risoli


La neve copiosa cadeva sul mondo e le sue vergogne, mischiandosi con lo scintillio delle luci ingannevoli. Il Natale era ormai alle porte. La gente, simile ad antichi Mirmidoni, non smetteva di camminare in cerca della felicità, al suono sordo di banconote e monete che si spacciavano per campanellini. Un lieve, quanto gelido, vento sfiorava la città distratta, in corsa per un successo effimero che era il sorriso di una sera. Poi tutto sarebbe tornato come prima: caotico, stressante e assurdo. Il Natale era dunque una pausa per gli uomini, senza riflessioni, colma di vino e spumante, di cibo e panettone. Cosa si festeggia a Natale? In pochi lo rammentavano.
La sagoma scura, avvolta in un prezioso cappotto, rasentava i muri addobbati in cerca di una svolta, un vicolo, un posto che non fosse luce in quelle ore frenetiche. Accanto, un altro uomo, piccolo, vestito modestamente, in antitesti con quello che sembrava il suo padrone. Trovarono una strada fangosa che immetteva in una via scura e maleodorante. L’uomo più alto si fermò e strinse lo sguardo. Un gesto della spalla indusse l’altro ad accendere una torcia elettrica per far giungere il fascio di luce più distante. C’era qualcosa, o meglio, qualcuno. L’uomo alto entrò nel vicolo, che pareva una grotta maledetta; il servo vicino a lui. Con il capo gli ordinò di illuminare un mucchio di niente e quel niente rivelò d’essere umano. L’uomo alto non era solito sporcarsi le mani e il servo sollevò il volto del barbone per mostrarglielo. Era una donna. L’uomo alto si chinò per guardarla meglio e lei aprì gli occhi assonnati dal freddo. La morte era certa lì vicino. Ne fu certa. Vide la morte e le sorrise, svelando una dentatura bianca, nonostante la vita che conduceva. L’uomo alto annuì e fece per andarsene. Il servo lo raggiunse sulla via illuminata, sotto la neve adesso intensa.
- Lei. Domani – precisò il padrone, cogliendo nel servo una sorta d’impazienza.
- Perché? – chiese il piccoletto, tremando per il gelo.
- Lei. Da me. Domani. Come sai tu – non lo soddisfò, non gli doveva delle spiegazioni. Scomparve nella folla e il servo si voltò verso la donna che si era nuovamente addormentata.

La stanza era buia. Cadde carponi, entrando prudentemente. Si era ribellata alla costrizione di seguire l’ometto che l’aveva letteralmente rapita e che si era brutalmente imposto, trascinandola con sé sotto la neve e nello sfavillio del Natale che lei detestava. Non aveva risposto alle sue domande, come non aveva ascoltato le suppliche di lasciarla, di non farle del male. Ma era debole, da giorni non mangiava decentemente, le forze erano quelle che erano e una volta finite, si era lasciata prendere, accettando ancora il destino avverso che il Cielo continuava a riservarle. Sarebbe morta, lo sapeva. Uccisa.
Le luci della stanza si accesero e l’accecarono, si rannicchiò in un angolo, le ginocchia al petto come se potessero difenderla. Piano riaprì gli occhi cisposi e scrutò tutto intorno. Una stanza delle torture. Strinse i denti osservando lettini, sedie, apparecchi lucidi, una vasca, una doccia, tutto molto ricco, ma pericoloso. Tremò e lasciò che le lacrime scendessero lente sul volto sporco di vita e dolore. Perché? Lei non aveva più chiesto nulla, perchè ancora le veniva imposto il male? Scosse il capo scarmigliato, i lunghissimi capelli erano un rovo lurido che in qualche modo la difendevano. Entrò qualcuno che parlottò con l’omino, il quale spiegò sommessamente una marea di cose, diede ordini, disposizioni, indicò un apparecchio e poi un altro. Pianse e singhiozzò, sussurrò di avere pietà, offrì se stessa pur di uscire da quel luogo terribile. Avanzò verso di lei una donna, una bella donna, biondissima come era stata lei un tempo, slanciata, i tacchi a battere il tempo contato. Alzò il volto lordo e si fissarono. La donna le sorrise amichevole. Falsa! Falsa! L’avrebbe torturata con l’ometto e le sorrideva. Bastarda, maledetta! Scalciò tentando di colpirla, ma lei fece un passo indietro e sorrise nuovamente. Si chinò ardita su di lei e le sollevò il mento, non celando un senso di fastidio per l’odore insopportabile che emanava.
- Sarai bellissima – le sussurrò con la voce suadente di un angelo e lo scintillio degli occhi azzurri la atterrì. Serrò le labbra secche. Scosse nuovamente il capo. Pianse, tentò di scalciare, ma l’ultimo brandello di forze venne a mancare e probabilmente svenne, mentre l’ometto entrava nella stanza spingendo un carrello ricolmo di cibo. Avvelenato. O drogato. Il buio.

Il fuoco schioppettata nel camino in marmo bianco e le monachelle sembravano angeli ribelli che schernivano l’uomo, mentre le osservava incantato: le lunghe gambe su uno scanno di velluto ricamato in oro, il corpo asciutto su una poltrona damascata argentea. Fumava pigramente un buon sigaro e sorseggiava senza entusiasmo del whisky di prima qualità. Intorno a lui la follia. Tutto era ricco. Il grandioso albero di Natale, posto nell’angolo della sala, era d’argento e ogni ninnolo in oro zecchino, scintillante e invitante. I tappeti erano d’oro, il tavolo imbandito con piatti rifiniti in argento e posate anch’esse d’oro. Cristallo era il vetro per lui, diamanti i soprammobili incastonati di pietre preziose. L’abito stesso che indossava, elegante e ricercato, portava una firma costosissima. Guardò il Rolex al polso e poi il pendolo antico accanto al camino acceso. La vigilia di Natale. Un’altra. Era in ritardo l’ospite, ma il servo glielo aveva detto. Sorrise tra sé e finì il liquore, appoggiando il bicchiere rilucente sul tavolino in marmo rosa. Si alzò, raggiunse la finestra e guardò oltre. Non smetteva di nevicare, la terrazza era stata pulita, ma ancora i fiocchi attecchivano. Lo trovò romantico. Scorse nel buio il giungere della propria auto, una fuoriserie nera che era l’invidia dei passanti, quando la guidava. Sorrise ancora e percepì nel petto un battito senza ritmo. Era stupido provare una cosa simile. Ascoltò i movimenti, le voci, i passi sulla grande scala e poi nel corridoio. Non si mosse, continuò a dare le spalle alla porta che si aprì.

L’ometto le era stato appiccicato da quando l’aveva rapita e costretta a mangiare, si era imposto ed era stato cattivo quando, preso dallo sconforto per le sue ribellioni, le aveva dato uno schiaffo in pieno viso, invitandola a non dire più una parola, se ci teneva alla vita. Lei si era spaventata e aveva così accettato ogni cosa. All’inizio non aveva capito e non avrebbe voluto fare ciò che la donna bellissima le aveva imposto a sua volta. Era stato tutto molto lento pur con il tempo contato, l’avevano anche indotta al sonno, ovviamente contro la sua volontà. Era adirata, ma non abbastanza. Astiosa guardò l’ometto che fece spallucce seccato. Poi guardò la sala. Senza fiato. Le forze riconquistate mancarono ancora e per poco le gambe non cedettero. Che scherzo era? Spaventata indietreggiò, ma era già in trappola, la porta chiusa e l’omino scomparso. Il cuore iniziò a battere così forte da farle girare la testa o forse la testa girava per il lusso sfrenato, esagerato, pacchiano che l’aggredì accecandola, cancellando in un attimo il suo vicolo, la sua vita, la sua miseria. Si osservò istintivamente, come per verificare d’essere all’altezza e ammirò il lungo abito di seta bianca che le era stato assegnato, con le sue rifiniture in argento che lo rendevano simile a quello di una sposa. Era troppo scollato, troppe trasparenze lasciavano intuire ciò che, nonostante tutto, era.
Solo dopo un po’ si accorse di non essere sola. Saltellò all’indietro e cercò di aprire la porta che era stata chiusa a chiave. Quasi scardinò e si stampò sul legno dipinto in oro. Solo allora il padrone di casa di voltò e la vide, come lei vide lui. Non dissero nulla, si fissarono e basta. Non era bellissima. Non era altissima. Non era una modella. Era una donna, una bella donna, agghindata a festa e per questo affascinante, invitante e dolcissima.
Lei lo guardò senza abbandonare la paura che la scuoteva feroce e non potè negare una bellezza insolita, tenebrosa, spaventosa per certi versi, eppure così intensa. Si chiese dove si trovasse, cosa stesse accadendo. Le torture previste non erano state torture, le costrizioni imposte si erano rivelate doni inattesi. Avevano fatto di lei una principessa, come in un magnifico sogno. Osservò l’albero di Natale. Era Natale.




L’uomo l’aveva invitata a sedersi a tavola con lui senza una parola, galante e convincente anche grazie a un fascino misterioso che non mancò di placarla, pure nella diffidenza che tutto le incuteva. L’aria onirica che la circondava e l’abbassarsi delle luci, come per una regia ben congeniata, l’aveva messa un po’ sulle difensive, ma il vedersi servire buon vino e piatti deliziosi da cameriere sorridenti, aveva fatto da deterrente a qualsiasi remora. Sembrava davvero una principessa, ma restava ciò che lui aveva trovato solo il giorno prima nel fango di una strada, restava quella che veniva definita, senza troppi commenti, una barbona. Il passato distante non lo aveva dimenticato e i modi educati in lei erano riemersi, lasciando lo sconosciuto perplesso e piacevolmente compiaciuto. Colse in lui più di una volta un sorriso o uno sguardo ammirato. Aveva ricambiato con un gesto del capo e, quando giunse il dolce accompagnato da champagne francese, decise di parlare per prima. Piluccò la fetta di torta alla crema senza entusiasmo, prese fiato e alzò il volto, illuminato dal lume di una candela tra loro. Nel contempo, lui aveva fatto la stessa cosa e i loro occhi si scontrarono. Fu una scintilla che attraversò entrambi.
- Dove mi trovo? – esordì la giovane donna.
- Nella mia casa – rispose lui ovvio, senza sottolineare la stupidità della domanda. Lei annuì frettolosa, i capelli acconciati a oscillare intorno al viso truccato e levigato.
- Chi sei… - e fece per correggersi.
- Puoi darmi del tu, sei l’ospite, sei tu che decidi – la interruppe, come se le leggesse il pensiero, ma non era possibile.
- Si – sussurrò senza senso. La voce dell’uomo era profonda, la colpiva senza un motivo, o meglio, aveva addosso troppi segni per potersi concedere un interesse che andasse oltre lo scrocco di una cena luculliana. Era quella che era, se lo ripeteva continuamente, mentre sentiva il calore dell’ambiente scaldarla.
- Parlami di te – la salvò da un imbarazzo che peggiorò. Fu però veloce nello spogliarsi di retorica e timidezza ed ebbe uno sguardo freddo che lo turbò.
- Sai bene chi sono – sbottò e assaggiò con decisione la torta deliziosa.
- Come posso? – la contraddisse. Lei quasi si seccò.
- Sono una poveraccia – si autodefinì, cercando un termine secondo lei meno brutale. L’uomo ridacchiò divertito e si appoggiò allo schienale della sedia sorseggiando un calice di champagne.
- Io no – le fece notare ironico e oscuro. Interrogativa ei alzò un sopraciglio.
- Siamo diversi – concluse alzandosi. Nel momento in cui lo fece, una musica lenta e soave iniziò a diffondersi nell’aria. Lo osservò, mentre gettava un ceppo nel camino e s’irrigidì quando avanzò per invitarla palesemente a ballare. Fu lei questa volta a ridacchiare.
- Buon Natale – si sentì dire. Lo scrutò.
- Vogliamo ballare? – insistette.
- Per quale motivo? – ribattè imprevista.
- Mai chiedere il motivo di un’emozione, vivila e poi si vedrà – le sussurrò all’orecchio.
. Che cosa vuoi in cambio di tutto questo? – andò al sodo deludendolo un po’. Non le stava facendo del male, l’uomo non comprese il motivo del suo improvviso astio.
- Sono io che ti darò qualcosa in cambio – parò il colpo e quasi con la forza, ma era una forza vellutata, la indusse ad alzarsi e le avvolse la vita in un ballo lento e suadente, romantico e intriso, adesso, di luci soffuse, aromi dolci e invitanti, una specie di magia che inevitabilmente la incantò, rendendola facile preda, imprudente ed emozionata.
Qualcosa accadde, qualcosa di soprannaturale, annullando il tempo, lo spazio, la logica, la resistenza. Si realizzò un sogno, quello di sentirsi felice, di non pensare a nulla, di percepire semplicemente il sapore dolce e invitante dell’amore. Non poteva essere amore quell’abbraccio, quel ballo, quegli sguardi persi e frementi. Chi era quell’uomo e chi era quella donna? Non si conoscevano, quasi nulla in comune, quasi… tranne la solitudine.
Non parlarono, mentre si lasciavano cullare da una melodia sconosciuta proveniente da una dimensione che nessuno dei due aveva mai immaginato. La donna lo fissava incredula mentre l’uomo percepiva dentro il desiderio di farla felice, di strapparle un sorriso, un sospiro. Non ci pensò molto, lento avvicinò il volto aspettandosi che si ritraesse, ma non lo fece e il bacio che li unì fece loro vedere bagliori, baleni di incredibile che si mischiarono con lo scintillio prezioso di una sala folle per lusso e ricchezza. Erano avvolti dal magnifico, ma non erano magnifici, entrambi con la loro disperazione, con il loro dolore, opposti eppure così simili nel silenzio della vita che li aveva portati a incontrarsi. Ancora una volta, il destino. Ancora una volta, l’illogicità delle cose. Lei lo osservò arrossendo, tutto si era aspettata meno che quell’emozione che già era nostalgia perché lo sapeva, lo immaginava, che si trattava solo di una concessione alla quale avrebbe dovuto rinunciare, come Cenerentola allo scoccare della mezzanotte. Il tempo era passato come dilatato e scoccarono le due, il pendolo antico li avvisò e li fece sorridere, dopo che il languore li aveva resi più arditi eppure timidi e prudenti.

2 commenti:

  1. Mi piace questo racconto, è iniziato come un thriller per poi assumere connotazioni romance. Non vedo l'ora di leggere la seconda parte per saperne di più sul misterioso sconosciuto. =)

    RispondiElimina
  2. Grazie, Emy... sei molto gentile. Spero di non deluderti. Bacio!!!

    RispondiElimina

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...