Il Re Nero del Natale
Di Daniele Nicastro
II parte
«Ricordi la notte di Yule? L'avete appena studiata a
scuola. Il solstizio d'inverno, la notte più lunga dell'anno».
«Sì, lo ricordo. É stato solo la settimana scorsa. Ci
hanno fatto imparare a memoria anche una filastrocca. L'ho ripetuta così tante
volte che ho sognato persino il Re Nero. E non è stato bello».
«Ripetila ancora una volta per me, giuro che è l'ultima» disse la mamma. Non ne
avevo voglia, ma tanto continuava a venirmi in mente anche da sola, come quei
motivetti che non riesci a smettere di canticchiare. Così cominciai a
recitarla.
"Il 21 Dicembre l'oscurità trionfa.
Il respiro della natura è sospeso
nel timore che la ruota smetta di girare.
Tutto aspetta nel calderone,
il cammino é preparato.
Anno dopo anno il Re Nero sacrifica la sua oscurità
e cede il passo.
La natura sorride a una nuova Alba di luce,
al vagito del Sole bambino.
La Grande Madre gira la ruota ancora una volta,
donando speranza e la promessa dell'estate.
Nella notte di Yule lasciamo andare
il passato e le speranza infrante.
Abbandoniamo il rancore e la delusione,
per intraprendere una nuova crescita.
Il ciclo della rinascita è infinito,
anno dopo anno si ripete".
«Tranne una volta» intervenne la mamma.
«Cosa?» domandai perplesso.
«Voglio dire che il ciclo della rinascita non è stato
sempre infinito. Una volta qualcosa è andato storto. Anzi, sai che ti dico? È
stata proprio colpa del tuo amico Re Nero».
Mi venne un brivido al pensiero del Re Nero. Sentirlo
nominare in una filastrocca non era niente, ma il maestro ci aveva fatto vedere
alcune illustrazioni veramente paurose. Per questo avevo avuto gli incubi.
«Non è mio amico!» mi affrettai a specificare. «E poi non esiste, è solo una storia inventata, come il
Natale».
«Allora non sarà un problema per te sentirne parlare
ancora. Perché la storia che sto per leggerti parla proprio di lui e della
notte di Yule».
Forse è un potere speciale delle madri, sanno sempre
girare le cose a proprio favore. Mi aveva incastrato.
«Nessuno pensa mai al sacrificio e al dolore del Re Nero» continuò a spiegare. «Il Natale è pieno di storie sdolcinate. La verità è che
l'amore è spesso egoista e pieno di rancore. Anche nella storia che sto per raccontarti
tutti i cuori erano pieni di speranze e buoni sentimenti. Così non si accorsero
di quel che stava accadendo».
«Mi hai convinto, non serve che continui a fare la
misteriosa. Leggimi la storia».
Sapevo che me ne sarei pentito, ma ormai volevo sapere
cosa fosse successo quella notte. Cosa aveva fatto di tanto terribile il Re
Nero? A parte essere il Re Nero ovviamente, che di per se stesso era già
abbastanza spaventoso per me.
Mia madre prese il libretto che stava leggendo prima che
tornassi. Sembrava uno di quei blocchetti per gli appunti che si portano sempre
in giro, con un elastico per tenere chiuse le pagine e una minuscola penna
appesa sul dorso.
Sporgendo la testa vidi che le parole erano scritte in
corsivo, con una calligrafia piena di curve e sbuffi. Pagine fitte di parole e
correzioni. Vidi tutto di sfuggita perché mia madre teneva il libretto così
stretto che sembrava temere glielo strappassero di mano.
«Potrei raccontarti da dove arriva questo libretto, ma
sarebbe una storia ancora più lunga di quella che intendo leggerti e ti
annoieresti. Ai figli non piacciono mai le storie di famiglia, piene zeppe di
parenti che non conoscono e vecchi aneddoti. Ma una cosa devi saperla: mi è
stato lasciato dalla nonna. Un gesto che si tramanda da generazioni. Qualcuno
dice che sia una storia vera, ma io e te non ci crediamo, vero? Siamo troppo
grandi»
disse arricciando il naso. «Sei pronto?».
La luce del giorno si faceva sempre più debole. Mi
aggrappai al cuscino del divano e strinsi le gambe.
«Prontissimo!» risposi.
La mamma cominciò a leggere.
"Il Re Nero amava profondamente la Dea Madre. Erano
inseparabili come la Luce e l'Ombra. Ogni anno quell'amore si rinnovava con la
nascita del Sole bambino, ma al Re Nero non era mai concesso di vederlo. Così
divenne sempre più triste e pieno di rancore. Ecco perché la notte di Yule é
tanto lunga.
Per il bene degli altri doveva pagare sempre e solo lui.
Questo lo fece arrabbiare sempre più, finché decise di meritare un po' di
felicità per se stesso e non si sacrificò più per nessuno.
Così la ruota smise di girare.
Ma le cose non andarono come aveva desiderato. Non
nacque nessuna alba e nessun bambino. La notte di Yule divenne una notte
infinita. La natura cominciò a morire e gli elementi persero i legami che li
tenevano insieme, causando disastri in un luogo dopo l'altro.
Il Re Nero non volle ascoltare nessuna preghiera. Il suo
cuore era indurito. Aveva amato così tanto! E ogni volta il suo amore veniva
deluso. Non era giusto.
Notte dopo notte attese la nascita del Sole bambino
accanto alla Dea Madre. Le sue doglie proseguivano ininterrottamente dalla
notte di Yule. Soffriva perché gli era impedito il parto, finché il suo amato
Re non l'avesse liberata con il suo sacrificio.
Anche il Re soffriva nel vederla in quello stato. Ma era
accecato dall'egoismo, non si rendeva conto che la notte proseguiva da giorni.
Madre e natura stavano morendo".
«Questa storia non mi piace».
Bloccai il racconto. La mamma sollevò la testa dal
libretto e mi guardò smarrita. Era così coinvolta dalla lettura che impiegò un
po' a capire cosa fosse successo. Il suo petto si alzava e abbassava
assecondando il respiro.
Si può essere in affanno per un semplice libro?
«Ho detto che non mi piace. O meglio, non mi convince» dissi, dandole il tempo di
riprendersi.
«Spiegati meglio». Chiuse il libretto e tenne il segno con un dito.
«Non so... é tutto l'insieme. Ci sono cose che già
conosco, il solstizio e il Re Nero, ma in modo diverso. E poi quel libretto.
Non te l'ho mai visto leggere prima».
Il volto della mamma cominciò a irrigidirsi. Mi fissava
in modo strano.
«Oliver, se devi dire qualcosa, dillo come si deve. Sai
che non sopporto le persone che girano intorno alle cose».
Non so come, ma ero riuscito a farla arrabbiare. Forse
perché dico le cose senza pensare. Mi rimaneva solo una scelta: decidere per
cosa sarebbe andata su tutte le furie. Potevo dirle cosa pensavo veramente,
oppure nascondermi dietro un patetico silenzio. Scelsi la prima opzione, perché
mi aveva trattato da adulto e le dovevo almeno un po' di sincerità.
«Credo che questa storia te la sia inventata tu di sana
pianta. Quello non è un libro di favole, é scritto a penna. Non mi convince. E
poi nella storia ci sono troppe coincidenze: i due innamorati e il bambino. Il
papà che lascia il bambino e non potrà mai vederlo» dissi tutto di un fiato,
fermandomi solo per il botto finale. «Mi stai raccontando una storia che parla di noi. Di quello che è
successo con il papà. Ci siamo già passati, no? Io sto bene mamma, non voglio
più credere alle favole. Sono cresciuto!».
Seguì un silenzio che a me sembrò lunghissimo. Cattivo
segno.
«Se è questo che pensi, allora non c'è motivo di
continuare a leggere questa storia. Gli adulti usano la propria testa» disse con un tono di voce
amaro.
Tolse il segno dal libretto e si alzò. Lo ripose in un
cassetto della credenza. Poi chiuse e nascose la chiave nella tasca del
grembiule a fiori.
«Mamma, non volevo essere cattivo. Forse mi sono spiegato
male»
cercai di recuperare.
«Ti sei spiegato benissimo, invece» ribatté severa. «Niente buonismo, ricordi? Leggerti quella storia è stata
una pessima idea. Ora fammi un favore, vai fuori e prendi il ceppo di quercia.
Manca solo il tuo biglietto. Se non vuoi metterlo non importa, però prendilo e
accendi il fuoco. Io metto in tavola la cena».
«Ti prego mamma, mi sono sbagliato. Voglio sapere come
finisce!».
La delusione nel suo sguardo mi fece sentire un vero
stupido. Sì, proprio come aveva detto il mio compagno.
Smettere di credere alle favole non mi aveva poi reso
tanto maturo.
«Hai avuto la tua occasione. Magari l'anno prossimo andrà
meglio, se non sarai troppo grande per queste cose».
Si voltò di scatto gonfiando la matassa di riccioli
rossi e filò in cucina con passo marziale. Per quanto fosse possibile con un
paio di ciabatte di pezza.
Avevo combinato un bel guaio.
Non volevo mancarle di rispetto. So quanto ancora soffra
per la mancanza di papà e quanto sia duro pensare a me. Ma non è questo che
fanno i figli?
No. Questo è quello che fanno i figli capricciosi.
Ero stato egoista senza neppure accorgermene, proprio
come il Re Nero. Mi venne da ridere. Adesso ero io che adattavo quella storia
alla mia famiglia! Chissà che fine aveva fatto il Re. E la madre?
Presi il ciocco decorato in giardino. La mamma lo aveva
messo nel portavasi accanto alla buca delle lettere. Un bel pezzo di quercia
usato, ma è così che si deve fare: ogni anno si accende quel che rimane
dall'anno prima. I decori li avevamo fatti insieme, raccogliendo intorno al
villaggio tutto quel che occorreva. Un rametto di tasso, agrifoglio e qualche
foglia di edera. I nastrini rossi li avevamo già. Bastò allargare tre buchi per
le candele colorate e accenderle. La mamma aveva già scritto i suoi desideri su
un paio di foglietti arrotolati. Li aveva legati ai nastrini e si era
raccomandata di non sbirciare.
Posai il ceppo nel caminetto dentro casa, su un letto di
rametti secchi e striscioline di carta. Accesi una fiammella e controllai il
fuoco finché non fui sicuro che reggesse. Ma avevo dimenticato di attaccare i
miei desideri!
Stavo già salendo le scale quando la mamma chiamò.
«Oliver vieni a tavola, è pronto!».
«Ancora un minuto mamma. Devo fare una cosa» risposi in tutta fretta.
«Non se parla nemmeno, signorino». Fece capolino dalla
cucina minacciandomi con un mestolo di legno sporco di sugo.
«Smetti di fare qualsiasi cosa tu stia facendo e vieni
subito a mangiare. I tuoi minuti sono più lunghi del normale e non ho cucinato
tutto il giorno per vederti mangiare in fretta e furia».
Scesi mestamente le scale ed entrai in cucina dietro di
lei. Tenendo lo sguardo basso per la vergogna, scorsi di sfuggita il
portachiavi dorato che pendeva dalla tasca. Bastò quello per farmi venire in
mente un piano geniale. Avrei fatto tutto dopo cena, quando la mamma sarebbe
crollata dal sonno. La situazione perfetta per un furto.
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