ORO E ARGENTO
di
Barbara Risoli
Parte II
La serata era finita e lei sospirò, osservando le luci
intermittenti dell’albero d’argento e i ninnoli d’oro che rilucevano. Non si separò da lui, attese
che fosse l’uomo a farlo. La accompagnò davanti all’abete maestoso e indicò i rami colmi di
decorazioni.
- Prendi ciò che vuoi, questo è il mio regalo per te. Uno
solo di questi ornamenti muterà la tua vita – le disse dolcemente.
- Uscirai ricca con un’esistenza tutta da costruire –
insistette, sottolineando con lo sguardo che ogni pietra era preziosa, ogni vetro diamante, ogni
pendaglio oro. Lei scrutò quel tesoro esposto e deglutì, poi scrutò lui, assaporando segretamente il sapore
delle sue labbra sulle proprie. Il cuore batteva forte, l’abbraccio che continuava a riservarle era
un brivido al quale non voleva rinunciare.
- Io non ho nulla per te – temporeggiò.
- Il tuo regalo l’ho già ricevuto – la incuriosì.
- Sei stata con me, hai colmato la mia solitudine, domani
sarà Natale e avrò un ricordo da ricordare. Cosa c’è di più prezioso per me che nessuno ho attorno? E
cosa c’è di più prezioso per te se non il denaro per rifarti una vita? Come vedi, il nostro scambio è
equo – le sorrise, sfiorandole la guancia gelida di emozione. Lei scosse il capo tentando di
contraddirlo. Lasciò passare un tempo che parve infinito, fissando il più grande e scintillante degli
ornamenti natalizi. Lui attendeva. Poi la vide indietreggiare e sciogliersi dal suo lieve abbraccio. Non
disse nulla quella donna che gli diede le spalle mesta, come se un pensiero fugace avesse infranto ciò
che era parsa felicità. La osservò dirigersi verso la porta ed esitare nel timore che fosse
ancora serrata. Appoggiò la mano tremante sulla maniglia e prese fiato.
- Dimentichi qualcosa – la richiamò senza enfasi, rassegnato
a salutarla.
- No, impossibile dimenticare – rispose oscura. L’uomo
sorrise tra sé. Poi lei raddrizzò la schiena.
- Veramente c’è una cosa che vorrei – sussurrò timidamente
eppure coraggiosa.
- Non esitare – la invitò lui, guardando la neve oltre il
vetro della grande finestra. La mancanza di risposta lo incuriosì e se la trovò nuovamente davanti, a
pochi centimetri, gli occhi grandi a scrutarlo.
- Voglio te – rivelò imprevista. - Non so che farmene di tutto questo, non saprei cosa
farmene fuori di qui. La mia vita è ormai quella che è che, perché dovrei abbandonare la strada che
conosco? Se non posso prenderti… va bene egualmente, uscirò da quella porta e ricorderò, come
ricorderai tu – spiattellò senza fermarsi, decisa a non nascondere nulla, a non rinunciare a nulla.
- La mia ricchezza – fu improvvisamente glaciale. Lei tremò
timorosa d’essere stata miseramente fraintesa.
- Hai la possibilità di scegliere, piccola sconosciuta.
Resta con me e non avrai nulla di ciò che ti circonda, esci da quella porta con un solo gioiello del
mio albero e la tua vita cambierà in un momento. E non dirmi che la strada in cui sei solita morire
ti piace, non prendere in giro chi questo gioco lo fa da anni – continuò così freddo da intimorirla.
Era irriconoscibile. Non riuscì a non cadere nel tranello feroce e suadente di quello sguardo, ora
cupo e per questo affascinante, distante dall’uomo appassionato e dolcissimo di pochi istanti prima.
Si era trasformato nel momento in cui lei aveva osato fargli intendere di essersene innamorata.
Certo, non c’era molta logica nel sentire che la scuoteva, era con lui da poche ore, ma l’emozione che
tutto questo le dava non l’aveva mai provata, non l’aveva neppure mai perduta e di cose ne aveva
smarrite tante, compresa se stessa. La seta dell’abito e la luce delle candele rifinite in oro
che li circondavano l’aveva fatta sentire viva, era vero! Cosa c’era di male in questo? Corrucciò le
sopraciglia, rubando all’uomo la stessa cupezza dell’espressione, parve una sfida quella che
all’improvviso si era venuta a creare tra loro.
Fece un passo verso di lui che istintivamente indietreggiò.
Strinse la stoffa del magnifico vestito con pugnetti patetici. Ebbe un vago e malefico sorriso: non
si sarebbe fatta ingannare. Memore della delicatezza vissuta poco prima, prese ancora fiato.
- Resto – esordì. Il gelo.
Ed era rimasta davvero. Inizialmente l’uomo l’aveva
schernita, minacciata di farne una serva, perché lui poteva tutto, perché lui era potente,
perché il denaro che aveva gli avrebbe permesso di comprare qualsiasi cosa. Le aveva prospettato
uno scenario apocalittico della sua vita, schiava d’amore e donna delle pulizie nella sua villa
esagerata in lusso e dimensioni. Le aveva descritto una stanza misera, dove avrebbe dormito e lei,
sottilmente ironica aveva parato ogni parola, rapportando qualsiasi cattiveria al niente dal quale
proveniva. Si era un po’ seccata nel sentirlo ripetere che non avrebbe avuto un soldo, che non
avrebbe rivissuto un solo momento simile a quelli appena trascorsi, che i sogni devono essere sognati
solo una volta. Lo aveva osservato annoiata, quando aveva inscenato un atteggiamento tirannico
e gentilmente aveva chiesto di sedersi,
per poter assistere più comodamente alla commedia in atto.
Lo aveva spento come si spegne una candela alla fine della festa, ci era voluta l’intera notte
per sconfiggerlo e alle prime luci di un’alba, sempre nevosa, aveva mollato la presa e si era seduto anche
lui, davanti al camino agonizzante.
- Se vuoi che vada via… basta che me lo dici – disse la
donna dopo un po’, sbadigliando e rialzandosi nel fruscio nell’abito che tanto le piaceva.
L’uomo scosse il capo esasperato e lei sorrise parandosi davanti a lui.
- Dove si trova la mia stanza umida e fredda con il letto
sfondato e una finestrella alta che non è possibile chiudere nonostante il tempo inclemente? – chiese
infine, ripetendo le sue stesse parole.
Lui la interrogò infastidito.
- Ho sonno… o devo riassestare la sala prima di… -
insistette.
Non potè terminare la frase, si ritrovò tra le sue braccia,
catturata con uno scatto felino e zittita da un bacio così scottante che quelli rubati e sfiorati la sera
prima erano acqua di rose in confronto. Lo rammentava delicato e prudente, adesso era delicato… ma
imprudente. L’avvolse totalmente, come una piovra dalle mille braccia, ma ne aveva due, grandi,
rassicuranti, calde, forti.
- Sei una pazza – le sussurrò all’orecchio, perdendosi nei
capelli che il contraccolpo della cattura aveva sciolto meravigliosamente e che la luce uggiosa
dell’alba incredibilmente faceva scintillare.
- Quante prima di te… - sembrò lamentarsi. Lei lo guardò in
faccia.
- Quante? – indagò.
- Tante – ammise.
- Le cameriere? – si fece astuta, ma gli apparve davvero
ingenua.
- Nessuna è rimasta – le fece sapere, accarezzandole il
mento rigido. Scettica, la donna alzò un
sopracciglio.
- Oro e argento sono tentazioni difficili da vincere –
continuò a filosofeggiare lo sconosciuto, perché in fondo erano ancora due sconosciuti.
- Ne ho perduto tanto di oro e anche d’argento, conosco il
loro valore e so quanto è facile perderli. Il trucco migliore e non possederli affatto – lo sorprese con
una frase amara, quanto veritiera. La fissò.
La amò. Ma da quanto l’amava? Forse dal momento in cui era
entrata in quella sala.
- Ho mentito – era in vena di confidente l’uomo dai muliebri
atteggiamenti.
- Tutti diciamo le bugie – si allontanò da lui per prendere
un ceppo e gettarlo nel camino, rivelando una forza imprevista, considerando che una cena non avrebbe
certo potuto rimettere in sesto un fisico duramente provato.
- Non farò di te una serva – mise le cose in chiaro.
- E io non uscirò da questa casa. Troppo accogliente, troppo
lussuosa, troppo ricca… qual è la sciocca che rinuncerebbe a tutto questo? – ribattè ilare.
Lui si adombrò.
- Qual è il tuo nome? – volle sapere, dopo averne compreso
l’ironia costante che lo metteva sempre sulle difensive. Lei ci pensò. Poi ebbe un lampo di genio.
- Argento… e il tuo? – lo provocò. Lui finse di pensarci e
di avere un lampo di genio.
- Oro – rispose con un sorriso bellissimo.
- Visto? Alla fine qualcosa di prezioso l’ho preso – fece
spallucce e si lasciò nuovamente catturare, avvolgere. Desiderò volteggiare con lui che la sollevò da
terra e l’accontentò.
- Fine -
Il mio lato romantico è rimasto pienamente soddisfatto. ^_^
RispondiEliminaMa che bello!!! Una favola natalizia a tinte forti, prorio nel tuo stile, Rix; sai descrivere l'atmosfera come poche, sembra di essere lì, seduta su un sofà a spiare i due protagonisti e lui è decisamente oscuro ed affascinante, come piace a me, un uomo da scoprire intimorita ma inevitabilmente attratta come con il miele e le api. Bravissima! Simona
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