venerdì 2 dicembre 2011

Il tempio degli Otaku: quarantesimo appuntamento "Monster"


A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Vorreste un manga di semplici comprensione, con una trama lineare e personaggi ancora più lineari? Ottimo, perché la serie di questa settimana... è l'esatto contrario. Di sicuro il mangaka deve aver fatto una grande fatica nel produrla, ma i suoi sforzi sono stati riconosciuti: ha vinto numerosi premi, è stata trasposta in anime – pure con più episodi dello standard – ed ha avuto un grande contributo nell'affermarlo come autore. E tutto questo, udite udite, è stato meritato. Incredibile!
Che altro dirvi? Se lo facessi, vi direi già tutto quello che c'è da sapere, rovinandovi la lettura. Molto meglio lasciare parlare il manga: si tratta di “Monster” di Naoki Urasawa – sì, è una nostra vecchia conoscenza. Buona lettura, in tutti i sensi!


Düsseldorf, 1986. Il medico giapponese Kenzou Tenma sta vivendo un periodo d'oro: astro nascente della neurochirurgia, è adorato dai suoi pazienti e gode del favore del direttore dell'ospedale, il dottor Heinemann, con la cui figlia Eva è fidanzato. La gloria e la fama sono a portata di mano, ma  quello che gli interessa più di tutto è fare il suo lavoro, ossia salvare vite umane. Per questo, quando ordini dall'alto gli ingiungono di non operare un bambino che è stato sparato alla testa a favore del sindaco della città – arrivato dopo di lui – si ribella, lasciando l'uomo nelle mani di altri medici.
A tale gesto eroico, però, si accompagnano conseguenze drammatiche. Tanto per cominciare, il politico muore. Il bimbo, Johan Liebert, sopravvive, ma è una magra consolazione. Davvero magra. Proprio quando questi si riprende, infatti, e Tenma si scopre improvvisamente attorniato da nemici e single – Eva, disgustata da quanto è successo, lo ha lasciato – i medici che più lo avevano ostracizzato, Heinemann in testa, muoiono in maniera misteriosa e violenta. Non solo: Johan sparisce così come sua sorella Anna, ricoverata nell'ospedale in stato catatonico. Tenma viene sospettato degli omicidi, ma le accuse decadono.

Nove anni dopo. Tutto sembra essere tornato alla normalità: Kenzou continua ad operare nello stesso ospedale. Uno dei suoi pazienti è un criminale, Adolf Junkers, che sembra avere immensamente paura di “un mostro”. Tenma, nonostante tutto, si avvicina a lui: ma una notte la guardia alla porta di Junkers viene uccisa, e lui sparisce. Il dottore, sul posto, lo trova infine minacciato da una pistola: è il mostro, spiega il criminale mentre lo implora di non avvicinarsi, se non vuole morire. Ma il “mostro” non ha alcuna intenzione di ucciderlo: è Johan Liebert, il bambino che aveva salvato. Junkers, però, non è così fortunato, e il dottore è costretto a vederlo morire. 
Il nostro è comprensibilmente scioccato, ma questo è solo l'inizio. Un ispettore federale, Lunge, connette il caso di nove anni prima a questo, e deduce che sia stato lui l'autore di quelle stragi: “autore” che non può in nessun modo provare la propria innocenza. L'unica che potrebbe aiutarlo, Eva, non ne ha la minima intenzione, perché ancora arrabbiata con lui a distanza di tutti questi anni. L'unica cosa che può fare il dottore è cercare di rimediare all'errore fatto, ossia salvare colui che sarebbe diventato il mostro. Si dà così alla macchia con l'intento di trovare Johan ed ucciderlo. Tempistica perfetta: quest'ultimo si avvicina sempre di più alla sorella – che adesso si chiama Nina, e vive serenamente – e soprattutto fa partire il suo grande piano per rimanere l'ultimo uomo sulla Terra...

Se dovessi inquadrare “Monster” in un genere, la prima cosa che direi sarebbe “thriller”... ma limitarsi a questo è riduttivo. Per carità, la definizione è azzeccata: parliamo di omicidi, investigazioni, tonnellate di misteri e di rivelazioni scomode. Ma Urasawa non ha preso soltanto il canovaccio di un comune thriller, l'ha ambientato in Germania, aggiunto un po' di lievito ed infornato il tutto. Guardando attentamente la struttura della trama, infatti, si scopre un genere molto più antico del giallo: la favola. In ogni storia vi sono questi elementi: l'eroe – che desidera qualcosa, l'antagonista, i rispettivi sostenitori (aiutanti ed oppositori) e lo svolgimento è spesso caratterizzato da elementi magici.
Riflettiamo ora su “Monster”. L'eroe è Tenma, che desidera riparare al suo principale errore e porre fine al piano omicida di Johan; quest'ultimo, invece, è chiaramente l'antagonista, almeno fino a prova contraria. Tutti e due hanno persone che li appoggiano: dalla parte di Kenzou sono persone che hanno visto da vicino le atrocità di Liebert o comunque condividono con lui una parte del suo passato – Nina, uno psichiatra il cui migliore amico e paziente è stato manipolato psicologicamente dal mostro fino a costringerlo a suicidarsi, reduci dell'orfanotrofio in cui ha passato l'infanzia; Johan, invece, trae a sé uomini politici, pezzi grossi della società e Roberto, il suo servitore più fedele, che per lui farebbe veramente di tutto. Per quanto riguarda l'elemento fantastico, invece, ovviamente non troverete, fate, orchi, ecc., o almeno non in senso letterale. Tuttavia alcuni eventi non sono esattamente plausibili, più che altro quelli che riguardano Johan – un esempio non troppo spoiler: come ha fatto a fuggire dall'ospedale? E la sorella, dove è andata? Anche tutta l'organizzazione dell'orfanotrofio – il temutissimo Orfanotrofio 511, i cui abitanti sono stati uccisi tutti guarda caso durante il soggiorno del nostro amico – non è realistica. E per fortuna... Non solo: anche nella storia, poi, vengono menzionate delle favole. Favole tutt'altro che edificanti, che giocano un ruolo cruciale nel definire la personalità e gli obiettivi del mostro: ma non fatemi dire altro, per carità. Comunque, è un'altra prova che la mia non è una teoria campata per aria.
Parlando di paragoni, però, ci si può spingere ancora più in là. Durante la storia, i tratti caratteristici di Tenma vengono estremizzati fino a renderli quasi sovrannaturali: quasi messianici, dati la loro natura positiva. Chiunque lo incontri ne viene quantomeno colpito: l'esempio più lampante è Eva. Figlia di un ricco medico, viziata e superficiale, colui che la conquisterà è proprio Kenzou, non esattamente un casanova. Anche successivamente lui rimarrà il suo grande amore, in base al quale rischierà la vita anche quando – dice – lo odia e lo vorrebbe vedere marcito in prigione. Lo stesso Johan, poi, si rifiuta di ucciderlo, sebbene ne abbia più volte la possibilità: nonostante sappia che è il più vicino a scoprire la verità, ed è tremendamente determinato nell'ostacolare i suoi piani, gli è riconoscente per l'operazione fattagli.
Ma il discorso non finisce qui. Anche sui personaggi secondari Tenma svolge un effetto positivo: con una sola parola è in grado di modificare la loro vita per il meglio, dandogli fiducia nel futuro. E questo capita praticamente a tutti, anche quelli più disillusi o marci. Inoltre, egli non giudica mai nessuno: incontra più volte la feccia della società, ma saranno state pochissime – e tutte giustificate – le volte in cui ha dato mostra del suo disprezzo. Non odia nessuno, nemmeno Johan e Lunge, i suoi principali persecutori (anche se per motivi diversi) ed è disponibile a dare una seconda possibilità a tutti. Come dite? Vi ricorda un certo Gesù Cristo? Che coincidenza, anche a me...
Di conseguenza se Kenzou è il messia Johan è l'Anticristo, il suo opposto. Sono l'uno il contrario dell'altro anche fisicamente – l'uno è asiatico, mentre l'altro, se fosse vissuto nella Germania di Hitler, sarebbe stato l'ariano perfetto – ma soprattutto moralmente. Il titolo “Monster” si riferisce a Johan, naturalmente, anche se verso la fine uno quasi si chiede se i mostri non siano chi lo ha reso così. All'inizio della storia uno potrebbe rimanere quasi deluso dal suo operato: non appare praticamente mai, perché fa sempre fare i lavori sporchi ai suoi lacchè. E me lo chiami mostro, questo? Certo: perché siamo sempre nel discorso archetipico. Urasawa gioca col lettore, instillandogli terrore psicologico nei riguardi di Johan: non appare mai, e mano a mano che scopriamo il suo passato capiamo quanto è pericoloso. Quando finalmente lo fa temiamo per i poveri personaggi ignari: sappiamo che la loro vita sta per prendere una piega molto, molto brutta. In genere per quelli che non muoiono – ma sono tanti, ahimè, a rimetterci – la situazione si mette sempre a posto (vi ricordate il discorso della seconda possibilità?), ma ci impiegheranno parecchio a ritrovare la loro serenità.
Proprio questi personaggi, secondari che più secondari non si può, sono una delle cose migliori in “Monster”. Ci sarebbe ancora tanto da dire – l'orfanotrofio, ad esempio – ma si rischia sempre nel cadere nello spoiler selvaggio, perciò preferisco glissare. I personaggi, dicevo. Tutti loro, anche e soprattutto i protagonisti, sono caratterizzati benissimo, ma a mio personale parere Urasawa si supera con quelli che sono meno sotto i dei riflettori. Persone comuni, in cui è facile identificarsi, che all'improvviso si ritrovano nell'occhio del ciclone: la loro vita tranquilla viene distrutta, le loro priorità vengono riviste pesantemente, e sono costretti a notare come il mondo non sia tutto bello. L'esempio lampante è l'agente Suk, che nel giro di pochissimo tempo perderà il suo mentore, scoprirà che questi era corrotto, che la donna che ha puntato nasconde diversi scheletri nell'armadio,  mentre sua madre è in ospedale e rischiando di perdere sia il posto di lavoro che l'esistenza. Povero ragazzo. Oppure Karl: è finalmente pronto a farsi riconoscere dal suo padre perduto, ma Johan si mette in mezzo, con conseguenze veramente pericolose. E ancora, anche se per fortuna il mostro non le si avvicina, la giovanissima dottoressa asiatica che lavora con alacrità anche se le condizioni sono tutto tranne che migliori... Oppure... tutto il cast?

Il tratto di Urasawa è piuttosto personale e, soprattutto, variegato. Un sito inglese che raccoglie tutti gli stereotipi delle opere di finzione – è interessante, sapete? - lo chiama “cast di fiocchi di neve”; ed in effetti, a parte poche eccezione, tutti i personaggi sono ben distinguibili fra loro. L'uso dei retini è maturo, e gli sfondi sono curati nei minimi particolari: curatissima, in particolare, l'ambientazione germanica. Quasi quasi, ti viene voglia di andarci anche tu...

… A patto di non trovare uno come Johan, ovvio! Su questa nota, è tutto per oggi. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...