martedì 20 dicembre 2011

Christmas tales: Il Natale del signor Horowitz di Alfonso La Licata (Parte II)



Il Natale del signor Horowitz 

di Alfonso La Licata 

Parte II




Quella mattina Samuel si era concentrato sul suo lavoro con maggior attenzione.
Guardò l’orologio posto sullo scrittoio: mancavano cinque minuti alle nove, il momento più atteso e, nello stesso tempo, più sofferto del giorno. Ci si poteva scommettere l’osso del collo che, alle nove in punto, si sarebbe sentito un bussare discreto alla porta del suo studio, egli ne avrebbe azionato con un pulsante l’elettroserratura e, dopo qualche secondo, avrebbe fatto il suo ingresso nello studio l’unica persona ammessa ad entrarvi: Elenoire Du Champs.

Samuel preferiva attenderne l’ingresso con gli occhi chiusi: amava gustare, come prima sensazione, l’intenso profumo che avvolgeva la persona di Elenoire. La donna usava essenze particolarmente ricercate e singolari che, unite armonicamente all’odore naturale della sua pelle, producevano un irresistibile effetto di charme.
In un secondo momento Samuel apriva gli occhi e guardava per pochi secondi la sua segretaria che, come sempre, si rivelava naturalmente bella e semplicemente elegante. Ogni giorno Samuel, in quell’incontro, viveva le sue emozioni più grandi, gioiva intimamente per la bellezza e per l’armonia così ben rappresentate da Elenoire, ma curava, diligentemente, di celarle ogni possibile manifestazione di interesse, si sentiva troppo diverso da quella donna stupenda, troppo deficitario nei suoi confronti.
Samuel aveva escogitato un sistema semplice, eppure efficace, per celare i propri sentimenti: guardandola, si concentrava ad osservare intensamente un neo che si trovava al centro della guancia sinistra, vedeva soltanto quello, cosicché il resto del suo corpo perdeva ogni connotato. E, per evitare di perdersi dietro il suono armonioso della sua voce, ascoltando le sue comunicazioni di servizio, si concentrava ad immaginare le parole che la donna proferiva come vocaboli scritti che, istantaneamente, rivoltava al contrario. Samuel vedeva, nella sua fantasia, i termini redatti in maniera capovolta da come normalmente andrebbero scritti, un esercizio cerebrale non certo facile, tenendo conto che non poteva permettersi di perdere il senso delle notizie dalle quali dipendevano le sue scelte dirigenziali, ma era un modo ottimo per dominare la situazione.

Anche in quel briefing mattutino, Samuel era totalmente concentrato sulle sue solite tattiche di sopravvivenza. Il neo era sempre al centro delle sue attenzioni, ne avrebbe potuto delineare dimensioni e colorazioni, e, nel suo immaginario, vedeva la consueta formulazione delle parole dette da Elenoire nella consueta redazione inversa.
Fu in quel mentre che accadde l’imponderabile, l’oltre non previsto, la mossa inattesa che avrebbe sconvolto definitivamente tutte le sue linee di difesa e il resto della sua vita: Elenoire, turbando il normale andamento delle quotidiane abitudini, si era chinata sul grande scrittoio dello studio per porgere all’attenzione del suo capo un grafico sull’andamento di alcune azioni quotate in borsa.

La nuvola di profumo che avvolgeva il corpo di Elenoire penetrò ancora più profondamente nei polmoni e nell’intimo di Samuel causandone un primo, ma intenso, scompiglio ormonale. Il piccolo uomo, sorpreso dal movimento della segretaria non potette fare a meno di osservarla proprio per comprendere che cosa stesse per accadere e, ciò che vide, non poteva essere più imprevisto e sconvolgente.

Elenoire si era chinata su di lui tendendogli il documento.
In quel mentre, la moderata scollatura della camicia, normalmente ben abbottonata e riguardosa, cedendo al peso del suo prosperoso seno, si era improvvisamente aperta, rivelando, allo sbigottito Samuel, un tale spettacolo di bellezza e di sensualità che ebbe l’effetto di uno shock, un vero colpo apoplettico.
Furono soltanto pochi secondi, giusto il tempo necessario per una sollecita reazione volta alla chiusura dell’inattesa incantevole veduta, ma Samuel potette tuffarsi in un gorgo di sensazioni e di pulsioni che gli erano state, fino a quel momento, totalmente sconosciute: fu come se si fosse socchiuso uno spiraglio su un universo totalmente inesplorato. Egli aspirò intensamente e si inebriò dell’odore e del calore di quel petto. Desiderò di immergersi in quel femmineo tepore e di sfiorare delicatamente quella pelle chiara e vellutata. La candida insenatura tra le morbide forme ben contenute nelle coppe del bianco reggiseno di merletto e seta, sembrava essere la soglia d’accesso ad un mondo di tenerezze, di carezze sempre più ardite, di emozioni e di passionalità da sempre rimastegli ignote. Samuel sognò di potere scomparire tra le amabili pieghe di quel bellissimo corpo e di sciogliersi in lei, finalmente appagato. Desiderò ardentemente di poter partecipare dei dolci segreti di un intimo e condiviso connubio sensuale, ed insistere sino al possesso più profondo della più amabile essenza di quella donna, e lottare sino al completo e compiaciuto ultimo dono di sé. Samuel, attonito, persino intimorito dinnanzi a quel lembo di corpo femminile, era rimasto immobile e confuso, ma non volle e non potette distogliere lo sguardo da quel seno, mentre la sua fantasia vagheggiava di sogni e emozioni e il suo corpo prorompeva di intime pulsioni.

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, ebbe, per la prima volta nella sua vita, la concreta percezione di quanto potesse essere sconvolgente l’essenza della fisicità femminile. Nei pochi secondi che erano bastati ad Elenoire per posare quel dannato documento sulla scrivania del suo capo e per ricomporsi velocemente, Samuel aveva vissuto intensamente e tragicamente l’intensa istintuale necessità di appagare i suoi sensi.

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz distolse, con fatica, lo sguardo dalla magnifica Elenoire Du Champs e si mise a fissare l’antica credenza che arredava magnificamente la parete posta di fronte alla sua scrivania. Egli continuò ad osservare nel grande specchio che sovrastava la credenza la bella Elenoire che, nel frattempo, si era riposizionata sulla sua sedia per assolvere le solite mansioni professionali.
Samuel ne ammirò la figura, le dolci curve delle sue spalle e dei suoi fianchi, il collo ben dritto eppure così armonioso e delicato: tutta la sua postura indicava la consapevolezza del suo essere donna.
Samuel notò che, dopo il piccolo incidente, sembrava che Elenoire volesse difendere ancor di più le sue evidenti prerogative femminili così come sogliono fare le donne quando si sentono imbarazzate: accavallò strettamente le gambe e strinse forte al petto la carpetta dei documenti.
Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, amò quella donna.
Con la passionalità di un adolescente sentì di amare profondamente e di desiderare la bella Elenoire Du Champs.

Poi, quasi per caso, spostò il suo sguardo di pochi gradi e vide…

Samuel, vide quell’ometto che era seduto dall’altro lato della scrivania…

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, spostò lentamente di lato la testa ed anche l’immagine dell’ometto fece lo stesso…

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, soffocò un subitaneo singulto di risa quando notò l’immenso seggiolone su cui sedeva e che gli permetteva di stare allo stesso livello del grande scrittoio che gli si parava dinnanzi. Samuel alzò appena una delle sue piccole manine e si grattò impercettibilmente il lobo dell’orecchio destro. Il movimento, riflesso dallo specchio, era stato misurato, delicato, gli aveva ricordato una moina da bambino, uno di quei gesti che attirano istantaneamente le amorevoli attenzioni degli adulti.

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, fu travolto dal gorgo di amarezza e di depressione che, istantaneamente, lo sommerse nel momento in cui si era reso conto della enorme sproporzione che si evidenziava tra la sua fisicità e quella della bella Elenoire.
Restò fisso a scrutare il niente che la sua vita gli prospettava, il nulla al quale poteva, coscientemente, aspirare.
 Vide il crollo dei suoi estemporanei ed inattesi sogni.
Si rese conto che mai avrebbe potuto concepire una “normalità”, una pienezza che avesse potuto coinvolgere l’unica donna che aveva mai desiderato possedere.

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, decise di morire.

Il timer fece udire, per l’ultima volta in quel lungo giorno di lavoro, il suo discreto suono: era mezzanotte. Erano già trascorsi tre giorni da quel fatale, dolcissimo, sconvolgente avvenimento.

Samuel era disteso nel suo letto come al solito e guardava il soffitto, come al solito, anche se non vedeva niente delle belle immagini che vi erano affrescate.
Samuel continuava a vedere se stesso, riflesso nello specchio della credenza, piccolo, ridicolo, inconcludente e bizzarro ometto, posto dinnanzi ad Elenoire, così bella, statuaria, così vicina e tangibile eppure così inaccessibile, diversa, inottenibile.
Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, si sollevò sul gomito sinistro e si avvicinò al piccolo vassoio d’argento che conteneva le solite pillole necessarie per il suo riposo. Samuel guardò le pillole. Egli sapeva che non tutte erano semplici sonniferi. Uno dei dieci confetti che aveva disposto in quel vassoio tre giorni prima, era stato, da lui stesso, imbevuto di alcune gocce di un potente veleno. Strana roulette russa si era preparato per se stesso: una pasticca tra dieci sarebbe stata fatale, ogni sera, tentando la sorte, aspettava la sua liberazione.

Erano rimaste sette pillole disposte sul vassoio.

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, le guardò speranzoso. Ne scelse una. La osservò con attenzione cercando di capire se potesse essere la definitiva. Cercò, inutilmente, dei segni, qualcosa che potesse preannunciargli la fine, egli ne avrebbe gioito, non l’avrebbe rigettata se ne avesse notato qualche differenza, una colorazione un po’ diversa, un deposito dovuto alle gocce di veleno.

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, deglutì la pillola con un po’ d’acqua, posò il bicchiere sul comodino, di distese sul letto, incrociò le braccia sul petto, ed attese… Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, non ebbe molto da attendere. Comprese subito che, stavolta, aveva scelto la pillola giusta, sentì arrivarne i primi effetti.
Avvertì un torpore diffondersi nel suo minuscolo corpo…
Perse quasi subito la percezione dei suoi piedi e delle sue braccia.
Provò, senza successo, a muovere le dita delle mani…
Il senso di distacco fu sempre più pervasivo, si diffondeva sempre più efficacemente tra le sue piccole membra rendendole insensibili, ma ciò non gli provocava alcuna ansia, nessuna angoscia, nessuna reazione di ostinato attaccamento alla vita.
Samuel accettava il progredire della sua fine quasi partecipandone attivamente e con piacere…
Samuel notò che, in pochi secondi, si era come distaccato dalla sua fisicità. Samuel si sentiva totalmente scisso dal suo essere un piccolo uomo, anzi, ad un certo punto del processo di distacco dalla vita, si sentì libero, senza più materia, e si vide volteggiare sopra il suo corpo…
Samuel si osservava con indifferenza, sembrava che stesse analizzando quello strano piccolo uomo che, per quarantuno anni e tre giorni, era stato il contenitore di se stesso.
Dovette ammettere, quasi a malincuore, che non c’era proprio niente di disdicevole in quello strano piccolo uomo, anzi, a vederlo da lontano, sembrava quasi grazioso, per alcuni versi addirittura bello…
Samuel notò che la postura delle braccia, ben composte sul suo petto, il suo corpo disteso e solenne nella rigidità della morte, lo rassomigliavano ad uno di quegli antichi cavalieri crociati che erano scolpiti sui coperchi dei sarcofaghi che ne contenevano i resti. Gli mancava soltanto una spada posta tra le mani ed un elmo a coronarne la sua testa per certificarne la singolare dignità e si sentì quasi un gigante, un eroe d’altri tempi.
Samuel si compiacque di se stesso, dopo quarantuno anni e tre giorni, si compiacque finalmente di se stesso…

Fuori, nel freddo della notte, le campane della cattedrale dei tre Re continuavano ad annunciare a voce alta, insopportabile tale arroganza, che il loro salvatore era nato, nonostante tutto, ancora una volta….

Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico, distolse lo sguardo soddisfatto da colui che era stato e guardò oltre, in alto, oltre se stesso, e vide…

Vide gli spazi infiniti che includevano gli impenetrabili disegni cosmici che un immortale misterioso architetto aveva progettato dall’eternità…
Vide galassie enormi, stelle senza numero dalle dimensioni inestimabili solcare i cieli tra storie e corpi mistici che mai si sarebbe potuto intendere…
Vide il nulla imperscrutabile e senza dimensioni venire inghiottito dalle maree eterne di un oceano senza limiti… e le onde del tempo infinito, continuare a lambire, inefficaci, corpuscoli di indefinita natura…
Vide luci incredibili, colori indecifrabili, sfavillare di enormi comete solcare spazi così velocemente che di loro, in breve, rimaneva soltanto una aura senza struttura…
E vide… vide se stesso, la sua nuova condizione, la nuova ristabilita relazione tra il suo ultimo sé e l’alterità infinita…

E vide… vide se stesso.
Samuel Alexandro Emanuele Horowitz, degli Horowitz di Gerico… rivide il suo nulla ridotto ancora al più niente…

Eppure, le campane continuavano ad annunciare il Natale.

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