Eccoci arrivati al primo racconto natalizio con Christmas Tales! L'unione più dolce è la storia che Mariachiara Cabrini, alias Weirde, l'impareggiabile e storica admin del blog letterario L'arte dello scrivere... forse, ha voluto regalare a Dusty pages in Wonderland e a tutti voi per aspettare insieme l'avvento del Natale. Autrice di Imprinting Love, Le rocambolesche avventure di una lettrice compulsiva e La fiamma del destino, Mariachiara ha 28 anni, è laureata in Storia dell'arte e vive a Mantova. Il suo racconto, che scoprirete solo alla fine perché legato all'atmosfera natalizia, ci riporta molto indietro nel tempo, in una cantina -pardon, un laboratorio alchemico!- dove la risoluta Giuditta sta preparando un formidabile collante che consegnerà il suo nome alla storia...
-Giuditta cosa stai facendo?!
L’intero piano superiore è stato invaso dal fumo! Apri subito questa porta!
Giuditta!
Giuditta ignorò la voce della
madre che filtrava attraverso la porta chiusa e si concentrò totalmente
sull’alambicco che aveva di fronte. Era vitale che il liquido venisse
distillato goccia a goccia e che il fuoco rimanesse ad una temperatura
costante. Se non avesse prestato la massima attenzione avrebbe potuto innescare
un’esplosione. E visto che sua madre si lamentava per un po’ di vapore acqueo e
fumo, non osava immaginare cosa avrebbe detto se avesse distrutto l’intero
pianterreno! Anche perché, senza di esso, il secondo piano sarebbe crollato.
-Giuditta!!!!!!!!
La voce di sua madre raggiunse un
volume tale da farle fischiare le orecchie. L’alchimia era un’arte che
richiedeva una meticolosa attenzione, cosa che si poteva ottenere solo in un
ambiente calmo e tranquillo. Invece lei era costretta a lavorare in mezzo alle
urla. Era per questo che i suoi esperimenti fallivano sempre! Le mancava così
poco per arrivare a creare un collante in grado di resistere all’acqua ed al
fuoco. Era ad un passo dalla scoperta che avrebbe potuto cambiare la vita di
tutto il genere umano. Niente più corde, intagli o saldature, una semplice
colla per tenere unito qualsiasi tipo di materiale. Le corporazioni cittadine
le sarebbero state riconoscenti, e i maestri artigiani sarebbero stati
costretti ad ammettere che una donna si era rivelata più intelligente e capace
di loro! Avrebbe fatto rimangiare a quei vecchi pomposi e panciuti le
innumerevoli volte in cui avevano deriso la sua dedizione allo studio e alle
scienze.
I suoi sogni di gloria furono
però interrotti da un terribile fragore. Giuditta sobbalzò, e con lei tremarono
anche gli alambicchi ed il tavolo di legno su cui poggiavano. -Oh no! Se cadono
tutto sarà perduto!
Scoprì subito che la fonte di
disturbo era qualcuno che aveva iniziato a prendere a pugni la porta del suo
laboratorio. Con estrema forza, visto che persino le assi del pavimento
tramavano sotto quei colpi! Sua madre stava forse colpendo l’uscio con la
ramazza? Esasperata, si decise ad aprire la porta, ed invece dell'autorità
materna pronta a sbraitarle in viso le sue rimostranze, si trovò davanti
l'imponente figura di un uomo massiccio, alto due metri e con due spalle ampie
quanto un armadio.
-Messer Beniamino! Cosa fate qui
?
Giuditta alzò gli occhi al cielo
e pregò di trovare la forza per sopportare quella ennesima prova che il Signore
le poneva innanzi. La strada verso le vette alchemiche era disseminata di
ostacoli. -In questo momento sono
occupata, ma sono certa mia madre sarà felice di riceverla al piano di sopra. -
tentò di chiudere la porta, ma Beniamino lo impedì infilando un piede nella
stanza. -Non sono certo qui per vedere vostra madre. Siete voi la mia promessa
sposa.- rispose con voce profonda l'uomo. Il suo volto era caratterizzato da
una mascella quadrata che lo rendeva granitico ma un paio di occhi marrone
scuro grandi e profondi, riuscivano ad addolcirlo.
Non che Giuditta in quel momento
riuscisse ad apprezzare il fascino di Beniamino. L'unica cosa che vedeva era il
suo sorriso lievemente divertito, mentre la guardava diventare sempre più
infuriata. Lei che di slito era la calma in persona, tra l'altro!
–Questo non vi dà il diritto di
invadere il mio laboratorio.- disse Giuditta a denti stretti, mentre tentava di
chiudere la porta spingendo con tutte la sue forze.
A Beniamino bastò usare un solo
braccio per annullare i suoi sforzi e spalancare la porta -Credo invece che mi dia proprio il diritto
di farlo. Diritto rafforzato dal fatto che vostra madre mi ha pregato di aprire
questa porta e dirvi di smettere di fare qualunque cosa stiate facendo.- Si
pose al centro della stanza con le braccia conserte, e la squadrò da capo a
piedi –Come vi siete conciata?
Giuditta desiderò ardentemente
dargli un bel calcio negli stinchi, ma riuscì a controllarsi. Si limitò a
fulminarlo con lo sguardo –Ho l’abbigliamento appropriato al lavoro che sto
conducendo. Lavoro che vorrei riprendere al più presto senza altre inutili
interruzioni.
Beniamino si avvicinò e prese in
mano un lembo del suo grembiule. Un tempo era stato bianco, ma ora era pieno di
macchie e chiazze di vari colori, dal marrone al verde acceso. Era vecchio,
sporco e logoro, ma faceva il suo dovere e la copriva dal petto fino ai piedi.
-Devo supporre che ciò a cui
state lavorando sia qualcosa di molto sporco e umile, se richiede che
indossiate un simile straccio. State forse pulendo queste stanze?
Giuditta gli strappò di mano la
stoffa, piccata -Come osate dire una cosa del genere?- forse non era al suo
meglio, ma nessuna donna, neppure una dedita alle scienze, poteva accettare di
buon grado di sentire denigrato in tal modo il suo aspetto!
Beniamino dovette rendersi conto
di avere esagerato nella sua bonaria presa in girò, perché assunse un
espressione contrita e si scusò immediatamente -Perdonatemi Giuditta, non
volevo offendervi, ma cos’altro avrei dovuto pensare?
Giuditta allargò le braccia -Non
avete gli occhi? Non vedete che vi trovate in un laboratorio alchemico? A cosa
credete servano tutte queste ampolle?
Beniamino si guardò intorno
grattandosi il mento -Ora che me lo fate notare, la stanza ha l’aspetto di un
laboratorio, ma voi non sembrate certo un’alchimista.
Gli occhi di Giuditta si
ridussero a due fessure- Perché? Perché sono una donna?
Beniamino scosse il capo –Non
perché siete una donna, ma perché siete una bellissima donna. - le cinse per la
vita e l’attirò a se. Il suo sorriso si fece bruscamente sensuale ed ebbe
l'effetto più strano su Giuditta, quello di un pugno nello stomaco: rimase
senza fiato. Stretta contro il duro petto di lui, non riusciva a ricordare
perché la sua vista prima l'avesse tanto irritata...
-Dovreste pensare solo a
lasciarvi ammirare e non impegnare il vostro tempo in lavori degradanti. Il
vostro viso è degno di un angelo, le vostre gote sono due rose, le vostre
labbra due coralli e i vostri capelli…- si curvò fino ad immergere il viso nei
capelli di Giuditta -I vostri capelli corvini sono morbidi e lucidi come le
pelliccia di un visone. I menestrelli per strada cantano le vostre lodi e voi
li deludete non mettendo mai piede fuori di casa. Persino io, il vostro
promesso, riesco a malapena a vedervi.
Furono le stesse parole di
Beniamino a risvegliarla dall'incantesimo che l'aveva avvolta. Non usciva
perché doveva portare a termine l'esperimento più importante della sua vita!
-Ho cose ben più importanti da
fare che non fare la bella statuina per degli sciocchi cantanti o per voi. Sono
una persona pensante anche se sembra non interessare a nessuno, e proverò a voi
e a tutti gli altri ciò che sono in grado di fare! Io creerò la sostanza che
cambierà il mondo e il mio nome sarà ricordato in eterno! I posteri non
decanteranno la mia bellezza, ma la mia intelligenza.- Giuditta cercò di
sfuggire alla sua stretta divincolandosi ma non ci riuscì, Beniamino era alto
due metri e aveva un torace possente, mentre lei era esile e minuta. Era una
lotta impari. Sbuffò esasperata -Lasciatemi andare.
Beniamino le baciò la punta del
naso –Io non ho alcun dubbio che oltre che bella voi siate anche intelligente e
lo apprezzo, ma vorrei che foste anche un po’ più malleabile. E che invece di
pensare sempre all’alchimia dedicaste più tempo a me e ai miei baci.
A dimostrazione di questo suo
desiderio Beniamino le prese le labbra in un bacio ardente e le gambe di
Giuditta cedettero di schianto. Fu costretta a cingergli il collo con le
braccia o avrebbe rischiato di cadere. Non lo fece per stargli più vicino o
perché amava sentire il battito del cuore di lui contro il suo. Il padre di
Beniamino era un fornaio, e lui odorava sempre di pane e di zucchero. Un
profumo inebriante che riusciva sempre ad annebbiare la mente di Giuditta
(normalmente estremamente lucida). Ricambiò il bacio e si lasciò trasportare
dalla passione, dimenticandosi del decoro, del fatto che chiunque sarebbe
potuto entrare e vederli in quella posizione compromettente e cosa assai più
grave, scordandosi del fuoco che ardeva sotto l’alambicco. Fu l’odore di resina
bruciata a farla tornare in sé. Con un gemito di disperazione staccò le sue
labbra da quelle di Beniamino. –Il
fuoco!- gridò a pieni polmoni.
Beniamino, allarmato dal suo
urlo, la lasciò andare immediatamente e Giuditta corse verso il tavolo posto in
fondo alla stanza. Ma era troppo tardi. Il fuoco aveva scaldato eccessivamente
il composto, scatenando una reazione gassosa. La colla ribolliva e fuoriusciva
a fiotti dall’alambicco, sottoforma di una schiuma bianco latte.
-Noooo! -gemette Giuditta
-Beniamino presto va in cucina a prendere dei secchi, io intanto cercherò di
arginare il liquido con degli stracci, dobbiamo impedire che si raffreddi e
solidifichi sui mobili e sul pavimento, è un collante molto potente!
Beniamino le ubbidì prontamente e
dopo nemmeno due minuti tornò con due secchi. Giuditta intanto aveva preso
diversi stracci e una vecchia tovaglia dalla cassapanca dove custodiva i suoi
preziosi utensili. Di solito li utilizzava come imbottitura per proteggere i
contenitori in vetro da eventuali urti, ma al momento divennero degli argini
improvvisati che collocò lungo i bordi del tavolo. Dove gli stracci non
bastavano a trattenere e assorbire il liquido viscoso, Beniamino accorreva col
secchio pronto a raccoglierlo. Fortunatamente Giuditta era stata avara riguardo
la quantità di materie prime da usare nell’esperimento, non essendo certa del
risultato che avrebbe ottenuto, e ben presto il fiotto di schiuma si esaurì.
Beniamino tirò un sospiro di sollievo,
ma Giuditta non si rasserenò affatto. Il suo amato tavolo da lavoro era un
disastro. Invaso di schiuma bianca che stava già solidificandosi e sarebbe
diventata durissima, era ormai irrecuperabile. Se non altro avevano salvato il
pavimento. In parte. Sconsolata abbassò lo sguardo sui propri abiti. Il
grembiule era intriso di collante e così le maniche della sua veste. A
Beniamino era andata peggio, senza nulla che li proteggesse, giubba e calzoni
erano zuppi di colla.
-Stai attento a non toccare nulla,
siamo pieni di colla dalla testa ai piedi e si tratta di una sostanza molto
resistente. Se qualcosa si attaccherà alla tua pelle, staccarlo sarà quasi
impossibile. - lo avvertì Giuditta.
Gli angoli della bocca di
Beniamino si piegarono verso il basso –Davvero? Questa era la mia giubba
preferita accidenti! Sei sicura che non riuscirò a togliermi di dosso questa
roba? Nemmeno con chili di sapone?
-Certamente. - orgogliosa dei
suoi risultati, Giuditta non poté fare a meno di aggiungere -Sto lavorando da mesi
a questo composto e sono riuscita a renderlo estremamente efficace.
Con uno scatto felino Beniamino
afferrò la mano di Giuditta e poi l’abbracciò stretta. I loro corpi rimasero
incollati. Giuditta cercò di staccarsi, ma era impossibile. -Beniamino ti rendi
conto di ciò che hai fatto? Ci vorranno ore per riuscire a liberarci. Tagliando
gli abiti dovremmo riuscire a staccare i busti, ma le mani….temo dovremo
lavarle con calce viva ed acqua e strofinarle fino a farle sanguinare. E non
potremo fare tutto questo da soli, dovremo chiedere aiuto di altre persone, che
ci vedranno perciò mezzi nudi e attaccati….cosa ti è saltato in mente?
Quell'uomo infuriante invece di
essere sconvolto e arrabbiato come lei, appariva solo estremamente
soddisfatto di sé -Stiamo per sposarci
non credo nessuno si scandalizzerà di trovarci così vicini. E ho fatto quello
che ho fatto per riuscire a passare un po’ di tempo con te. Così incollati, non
potrai certo sfuggirmi.
-Di tutte le cose stupide che ho
sentito nella mia vita questa è la più stupida.
-Giuditta. - l’interruppe
Beniamino. Chissà come, stringendo i gomiti e muovendo le braccia, per quanto
poteva, era riuscito a stringerla ancora più strettamente a sé. Le sorrise e il
suo fu un sorriso smagliante. Giuditta trattenne il respiro e il cuore le balzò
in gola. Tutti sintomi della sua rabbia senza alcun dubbio.-Cosa c’è adesso?
-Potresti per favore smettere di
parlare e iniziare a baciarmi?-le mormorò all'orecchio.
Lei gli lanciò un'occhiataccia,
ma solo per qualche istante perchè Beniamino aveva un'aria così fanciullesca e
sbarazzina ed eccitante e quello che le aveva chiesto, in fondo era ciò che
desiderava anche lei. Perciò perché resistere? Tanto l'esperimento ormai era
fallito, aveva tutto il tempo che voleva per stare un po' con lui a giocare.
Arrossì –Se proprio insisti…
-Insisto.
Giuditta si alzo in punta di
piedi e lo baciò. Un sapore dolce come il miele le invase il palato. Tirò
indietro la testa e lo guardò perplessa –Che strano sapore.
Beniamino le sorrise -E’ la tua
colla, ne ho assaggiata un po’ prima, mentre la raccoglievo.
Gli occhi di Giuditta si
spalancarono in modo allarmante- Sei forse ammattito? E se fosse stata
velenosa? Per tua fortuna ho utilizzato solo ingredienti commestibili!
Beniamino scrollò le spalle -Ne
ho assaggiata solo qualche goccia, non sarei comunque morto. E devo
complimentarmi con te per il gusto del tuo composto. E’ veramente ottimo, credo
che perfezionandolo potrebbe uscirne un buon dolce. Ne parlerò a mio padre.
-Non intendo fornirti la formula
del mio collante, è un segreto e tale rimarrà. - il tono di Giuditta non
lasciava spazio ad eventuali proteste, e Beniamino non intendeva farne –Non mi
occorre la formula, porterò a casa un secchio della tua colla e mio padre ne
ricaverà gli ingredienti principali. Tu sei un alchimista, ma lui è un cuoco,
il miglior tipo di alchimista che esista.
Gli occhi di Giuditta si
restrinsero -Ti preferisco quando stai in silenzio e ti limiti a baciarmi.
quando aprì bocca è sempre per denigrare il mio talento alchemico e io.....
Beniamino la zittì con un bacio
appassionato, che le tolse ogni desiderio di continuare a parlare. Gemette di
piacere quando la lingua di lui entrò nella sua bocca, esplorandola, finché il
suo calore non le penetrò dentro, avvolgendola in una nube di desiderio.
Quando il baciò finì, Giuditta
rimase per un attimo disorientata. Lui la osservò attentamente -Capite adesso?-
le domandò inarcando le sopracciglia in un'espressione arrogante.
Giuditta lo guardò confusa -Cosa?
Lui le sorrise lentamente -Perché
dobbiamo vederci più spesso.
Il giorno seguente Beniamino
tornò a trovare Giuditta e le portò in dono un dolce molto speciale, nato
dall’unione del suo collante alchemico con zucchero e nocciole. Lui avrebbe
voluto chiamarlo Frutto dell’amore, ma suo padre si era opposto e l’aveva
invece aveva battezzato Torrone.
Un racconto piacevole e...dolce ^_^
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