giovedì 8 dicembre 2011

Christmas tales: A Natale sono tutti più buoni di Irene Pecikar (parte I)

Anche in questo giorno di festa vi proponiamo una bella lettura natalizia per aspettare insieme l'avvento del 25 dicembre. Vi immaginiamo già circondati da parenti, dare una sbirciata al computer, aprire Dusty pages in Wonderland e godervi la prima parte di A Natale sono tutti più buoni, il racconto -vampirico!- di Irene Pecikar, la scrittrice triestina autrice di L'antico profumo del gelsomino, Transilvania Love e Segreti, nonché collaboratrice di riviste come Confidenze, Confessioni donna, Romance Magazine e admin del blog letterario Tutto sui libri.



A Natale sono tutti più buoni

Di Irene Pecikar

Parte I

Loren si schiarì la voce prima di incominciare la sua lettura.
Era sola anche la notte di Natale: i suoi genitori erano bloccati a Washington per la bufera di neve e suo fratello Jason avevo deciso di trascorrere la vigilia di Natale a casa dei genitori della sua fidanzata Karen. Anche Loren era stata invitata, dopo che avevano saputo del disguido legato alla bufera, ma lei non aveva accettato accampando la scusa di dover studiare bene il copione per lo spettacolo di Capodanno.
Si mise in poltrona davanti al camino e spense tutte le luci, tranne quelle che addobbavano il grosso abete nel salone. Inusuale quel silenzio. Ma le strade erano poco praticate da quando aveva ricominciato a nevicare e tutti erano di certo chiusi nel tepore di casa a festeggiare allegramente e in compagnia di parenti e amici.
Si guardò attorno e, per un attimo, si pentì di aver declinato l’invito di Karen. Poi, ripensando ai discorsi che avrebbe dovuto sorbirsi, di certo noiosi, sorrise soddisfatta. Bevve un sorso di cioccolata calda e iniziò a leggere il copione a mente.
Miss Moore, le aveva affibbiato una parte che a Loren non piaceva per nulla. Avrebbe dovuto essere una ragazzina sfigata e piena di paure. E dopo il primo atto veniva uccisa da un vampiro feroce. Che cazzata! Perché mai Miss Moore aveva scelto proprio lei per quella parte? Be’, forse un motivo c’era, aveva poche battute e spariva subito… Qualche mese prima, allo spettacolo di fine corso, Loren si era dimenticata gran parte delle battute e aveva improvvisato. Avrebbe potuto ascoltare Rose che aveva il compito di suggerire, ma invece aveva fatto di testa sua. Il pubblico era esploso in una risata generale e Miss Moore era quasi svenuta.
Loren sospirò e cercò di concentrarsi.
Il suo personaggio si chiamava Susan ed era una ragazzina senza parenti fuggita dall’ultima famiglia affidataria e viveva per strada. Sotto a un ponte, una notte, era stata assalita da un vampiro affamato.
Concentrati, ora sei Susan, pensò andando a specchiarsi nel vetro della finestra. Non vide la sua immagine riflessa, ma un’ombra che si era nascosta repentina dietro il muro della sua villetta.
Indietreggiò colta da un moto di stizza cercando di convincersi che era solo un’impressione. Sbirciò di nuovo alla finestra, ma non vide nulla e si avviò verso la poltrona. Finì la tazza di cioccolata e impostò la voce iniziando a leggere le parole di Susan.
“Chi sei? Che cosa vuoi farmi?” declamò poco convinta. Non lo immagini?, pensò riluttante.
Il cellulare sul tavolino si illuminò e iniziò a vibrare. Era un sms della sua amica Julie.

Sto morendo di noia! La nuova tipa di papà? Jessica Rabbit con l’avvenenza della strega di Biancaneve e la mente di Frankenstain. Del mostro, non del dottore, se te lo stai chiedendo! Tu?

Loren sorrise immaginando la cena a cui l’amica era costretta a presenziare per ingraziarsi il padre e i suoi soldi. E sentì una fitta di nostalgia: erano dieci giorni che non si vedevano e per loro due, abituate a vivere quasi in simbiosi, era davvero tanto.

Sono sola. I miei sono ancora a Washington causa neve. Relax totale! :P

Il cellulare squillò subito dopo, ma la ricezione era pessima. Loren riuscì solo a captare alcuni lemmi “Fortuna”, “Buon” e “Natale” prima che l’apparecchio si spegnasse definitivamente.
Andò verso l’ingresso per richiamare Julie dal telefono di casa, ma anche quello non dava segnale. Loren premette sull’interruttore dell’ingresso per controllare la spina del telefono che ogni tanto si allentava, ma la luce non si accese. Provò con un altro interruttore, ma niente. Non c’era elettricità o forse era saltato il salvavita, se solo avesse trovato la torcia sarebbe andata nello scantinato a controllare senza il rischio di cadere, ma chissà dove Jason l’aveva messa. Anche la strada era al buio e da dietro le tende constatò che la casa di fronte sembrava inghiottita nell’oscurità. Eppure il suo albero di Natale era ancora illuminato. Ma appena fatta la considerazione, anche quelle luci si spensero.
«Buon Natale, Loren…», disse a denti stretti la ragazza avviandosi verso lo scantinato.

«Sei sempre così teatrale, Vladimir!» lo rimproverò Ginger.
«Lo sono sempre stato» sbuffò il vampiro con una risata mettendo fuori uso le ultime le luci della via.
«Non voglio guai, mio caro, quindi me ne andrò in California. Lontano dai tuoi folli e sciocchi intenti!» lo informò Ginger prima di sparire dissolvendosi nel buio.
Vladimir non era mai stato alle regole e negli ultimi anni, da quando I Primi avevano posto ancora maggior veti, la sua libertà d’azione sembrava essersi molto ridotta. Troppo. Così aveva imparato a studiare bene le situazioni prima di agire, per non farsi scoprire, per incolpare altri delle sue razzie. E fino a quel momento ogni cosa era andata per il verso giusto. Ginger però sapeva, era al corrente di ogni trasgressione e spesso ne era stata partecipe. Ma le nuove disposizioni dei Primi l’avevano forse spaventata. Un vampiro non può aver paura: è orripilante, pensò Vlad, annusando un dolce profumo speziato e pregustando il prelibato pasto natalizio.

Loren tastò il muro e cercò con il piede lo scalino. Non aveva nessuna intenzione di ruzzolare come una sprovveduta giù per le scale: non avrebbe sopportato le battute con cui Jason l’avrebbe schernita se lo avesse scoperto. La ragazza aveva dalla sua parte l’innata agilità, per fortuna, e gli innumerevoli allenamenti a cui la sottoponeva il padre prevedevano anche gli spostamenti al buio, pertanto… non le restava che buttarsi. A uno a uno scese la scalinata con prudenza. L’umidità  dello scantinato l’assalì facendola raggelare.
C’era qualcosa di strano nell’aria, Loren percepiva una presenza, ma non ne era certa. La sua fervida immaginazione l’aveva spesso cacciata nei guai… Respirò a fondo e udì un rumore quasi impercettibile per un comune mortale, ma per il suo orecchio allenato era un suono inconfondibile, una scia, uno spostamento repentino d’aria. Le si accapponò la pelle. Era sola, mannaggia! Che sciocca era stata a non andare con Jason… a quest’ora avrebbe avuto un vassoio pieno di deliziosi dessert e avrebbe fatto finta di essere molto interessata ai pettegolezzi che Karen e sua madre avrebbero raccontato. E invece era lì, al buio, sul punto di affrontare un piccolo… inconveniente.

Vlad era entrato dalla porta di servizio, aveva preferito lasciare la casa dei Quinn, piena di ospiti, prima di creare problemi che avrebbero fatto insospettire i Primi. Si era diretto però nella villetta di fronte. Quel profumo lo aveva attirato in una spirale incontrollabile. Non che lui fosse uno che si tirava indietro, ma quel… odore era difficile da ignorare. Una fragranza dolce e amara al tempo stesso, calda e fresca lo investì appena entrò in quello scantinato e scattò alle spalle di quell’umana. Aveva ascoltato il suo cuore battere, era l’unico in quella casa. Bene, aveva pensato, così non avrebbe avuto spiacevoli sorprese. Era a un passo dalla ragazza che non poteva intuire la sua presenza. Eppure lei sembrava consapevole di non essere sola. E sebbene il cuore avesse iniziato a batterle appena più velocemente, il vampiro non aveva avvertito il puzzo della paura.
A Vlad era sembrato anche troppo facile banchettare col sangue di quell’essere, per una volta la fortuna era dalla sua parte. In pochi istanti dentro di lui si stava facendo strada una sensazione particolare, che fosse ammirazione? Quella giovane donna non temeva la morte seppur l’avesse percepita, ne era certo. Mentre Vlad esitò nell’affondare i canini rimanendo immobile a studiare l’umana, questa si girò di scatto prendendolo alla sprovvista. Un bruciore intenso al petto lo travolse facendogli perdere i sensi prima che potesse reagire.

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