Sotto la spinta di alcuni autori,
quindi, cominciò a formarsi un nuovo movimento artistico, che si proponeva di
creare storie per un pubblico più adulto: il gekiga. Il suo ideatore fu
Yoshihiro Tatsumi: e parleremo proprio di lui oggi, in quanto ha fatto un'autobiografia
– a fumetti, ovviamente – in cui racconta di questa fantastica avventura, che
ha contribuito a formare l'industria dei manga come la conosciamo ora. Signore
e signori, “Una vita tra i margini” di Yoshihiro Tatsumi. Buona lettura!
Il manga copre un arco di tempo
piuttosto ristretto, all'incirca dal 1948 al 1960, in cui seguiremo le
vicende dell'alter ego di Tatsumi, Hiroshi Katsumi. Lo vedremo evolversi
da ragazzino alle prime esperienze di disegno - insieme al fratello Okimasa -
alla creazione del gekiga, risultato di una carriera fatta di alti e bassi e
degli stimoli prodotti dalle opere occidentali, soprattutto in ambito
cinematografico.
“Una vita tra i margini” ha toni
molto pacati, quasi rassegnati. Come ogni artista che si rispetti, l'autore mette
l'accento non sul risultato, non sulla grande opera finale, ma a come ci
si è arrivati, senza tralasciare nessun tassello. Molto spazio, ad esempio,
viene dato ai primissimi tentativi di Hiroshi, che consistono nel partecipare a
quanti concorsi possibili di “cartoline manga”, ossia brevissime composizioni
di carattere umoristico. Esperienze altamente formative, che lo porteranno
addirittura a conoscere Osamu Tezuka, per cui nutre una vera e propria
venerazione. In seguito, vedremo Hiroshi
“affilare le armi”: studiare le varie tecniche di disegno, leggere classici,
guardare i film appena arrivati dall'Occidente.

Tutto questo rende l'opera forse
più appetibile a chi è interessato agli stimoli creativi e ne ha vissuti in
prima persona. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che l'autobiografia è fatta
da un artista che parla di un artista.
Affiancate alle imprese
artistiche del nostro abbiamo poi diversi riferimenti alla realtà dell'epoca:
si parla spesso di film appena usciti – con tanto di riproduzione
dettagliatissima di locandine – di libri, e naturalmente di eventi storici, che
si concentrano più che altro sul difficile rapporto tra il Giappone e gli Stati
Uniti nel dopoguerra. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, però, spesso
il compito di questi avvenimenti nell'opera è soltanto di contestualizzazione
temporale; non a torto, perché è piuttosto facile perdere il filo del discorso
e rendersi conto in altro modo del passare del tempo.
Ma queste, ci tengo a
sottolinearlo, sono mie interpretazioni personali, in quanto il titolo inglese,
“A Drifting Life” - “Una vita trasportato dalla corrente” - racconta
tutt'altro: del ruolo tutto sommato marginale che Tatsumi ritiene di aver avuto
per i manga. Sia che si guardi al vero finale dell'opera, coincidente con il
naufragio del gekiga, che al flashforward ambientato dopo la morte di Tezuka
(1995) la fa da padrone un fortissimo pessimismo. Lo stesso vale
leggendo la postfazione, in cui l'autore rivela le sue perplessità su sé
stesso, sul suo operato, e su come ancora oggi il suo movimento venga osteggiato
dal pubblico “per bene”, a tal punto che il nostro è sinceramente sorpreso
dell'interesse all'estero per le sue opere. Tra parentesi, l'Italia non è tra
le nazioni coinvolte, come dimostra la deprimente bibliografia in calce al
volume, che comprende quasi esclusivamente opere del sempiterno Tezuka.
Come mai il giovane ed entusiasta
Hiroshi, capace di discutere violentemente con il fratello-rivale sui suoi
ideali di manga, è diventato l'adulto disilluso della fine del volume?
Sicuramente il gekiga gioca un ruolo cruciale, in quanto nella sua breve vita
si susseguono una sequenza di eventi negativi tali da mettere in crisi
il nostro sognatore. Tanto per cominciare, l'ostilità del progetto da parte
della casa editrice di fiducia di Hiroshi, che li porta a rompere i rapporti;
dopodiché, gli interessi economici ed egoistici degli autori in causa, che non
hanno la stessa passione e dedizione del loro capo. Dulcis in fundo, una severa
campagna di demonizzazione da parte di chi, non capendo che quello non è il
target di riferimento, si lamenta della violenza delle opere per bambini. Non
so a voi, ma a me ricorda molto la battaglia combattuta a casa nostra negli
anni '90 sugli anime... evidentemente la storia si ripete. In ogni caso, questo
è abbastanza per portare alla fine del progetto di “un manga che non è un
manga” e, a conti fatti, al passaggio definitivo tra l'adolescenza e l'età
adulta.
Nonostante la mole non
indifferente dell'edizione italiana di Bao Publishing – dal prezzo non modico,
ma di buona qualità - “Una vita tra i margini” si fa leggere molto rapidamente,
senza mai stancare o annoiare. Forse non tutti gli eventi narrati saranno
successi davvero in quel modo, tuttavia il titolo è un ottimo spaccato dei
manga, e del Giappone, degli anni '50. Un'opera perfetta per chi è interessato
a scoprire il cammino di questa forma d'arte nella storia.
...E con questo è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima volta, con il Tempio degli Otaku!
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