giovedì 31 gennaio 2013

Novità: “Il colore del latte” di Nell Leyshon





Esce oggi per Corbaccio il romanzo d’esordio di Nell Leyshon, scrittrice che ha avuto il privilegio di scrivere per il Globe Theatre di Londra (per intenderci, il teatro fondato da Sir William Shakespeare).
Il colore del latte ha una narrativa assolutamente originale, a dire dei critici stranieri, che lo rende un testo molto particolare che ricorda quasi i flussi di coscienza di James Joyce. Si tratta di una celebrazione del valore della scrittura, come evasione e possibilità di modificare in meglio il proprio destino, tanto da spingere Valeria Parrella a dichiarare: «È veramente un libro meraviglioso. Direi unico. Non ho mai letto niente di simile e non è ripetibile».
La storia, raccontata in 182 pagine, sembra molto interessante. Speriamo solo che riesca a superare le aspettative dei lettori, anche se a giudicare dalla valutazione di 4 stelline su 5 che ne offrono gli utenti di Goodreads (http://www.goodreads.com/book/show/15819031-the-colour-of-milk) non penso che questi possano rimanere delusi.
Il romanzo è disponibile al prezzo di euro 14.90.

Il colore del latte – Nell Leyshon
“Sono seduta di fianco alla finestra e sto scrivendo con la mia mano e debbo scrivere nelle ore di sole ché c’è luce, la luna non dà luce abbastanza ché è buio e quando è buio non posso scrivere.
ricordo quel giorno e so che è stato il giorno in cui tutto è cambiato".

È la primavera del 1831 quando Mary incomincia a scrivere la sua storia. Scrive lentamente, ci vorranno quattro stagioni perché racconti tutto. Ma non importa: scrivere è diventato un bisogno primario per lei, come mangiare e dormire. Viene da una famiglia di contadini, ha quindici anni, una gamba più corta dell’altra e i capelli chiari come il latte. Conosce solo la fatica del lavoro nei campi, proprio come sua madre, suo padre e le sue sorelle. Conosce solo il linguaggio della violenza, che il padre le infligge se non lavora abbastanza. Ma ha un cervello lucido e una lingua tagliente. Un giorno il padre la allontana di casa perché il vicario vuole una ragazza che accudisca la moglie malata. Mary non vuole abbandonare l’unica vita che conosce, ma non ha scelta. E nella nuova casa imparerà a scrivere, e scrivere rende liberi anche se la libertà ha un prezzo..
.


Nell Leyshon
È nata a Glastonbury,in Inghilterra e vive nel Dorset. È autrice pluripremiata di numerose sceneggiature, radiofoniche e teatrali. Grazie al suo straordinario talento, Nell Leyshon è la prima scrittrice donna a cui il celeberrimo Globe Theatre di Londra, il teatro di Shakespeare fondato nel 1599, abbia commissionato un testo. Il colore del latte, suo primo romanzo, ha stupito la stampa e il pubblico internazionali grazie allo stile e ai personaggi che convincono e conquistano immediatamente.


mercoledì 30 gennaio 2013

Self-help book: quando il manuale di auto-aiuto diventa quasi un amico





Non so se ci avete fatto caso, ma ultimamente, entrando in una libreria, il reparto Novità non è più solo appannaggio di romanzi e saggi, bensì di un genere particolare, i cosiddetti self-help books ovvero i manuali di auto-aiuto che offrono consigli o indicazioni su come migliorarsi in ogni aspetto della propria vita: l'amore, il lavoro oppure il proprio modo di comportarsi con gli altri. Si pensa a questi libri come a un fenomeno tipicamente americano, e sebbene credo proprio sia nato lì, non si può negare che questo filone stia coinvolgendo in modo sempre più forte anche la scena editoriale italiana: non è un caso infatti, che nella classifica dei libri più venduti in ambito di Saggistica Varia sono stati annoverati libri come Guarire senza medicine di Raffaele Morelli e i Segreti della Mente di Vittorio Andreoli. Inoltre, negli ultimi anni, anche nel nostro paese si è iniziato a parlare di Biblioterapia, vale a dire una sorta di terapia della lettura, di classici oppure manuali di auto-aiuto, che secondo alcuni studi, come la ricerca del 2003 pubblicata sul Journal of Clinical Psychology, è in grado di affiancare efficacemente le tradizionali terapia psicologiche, come alcune forme di depressione e ansia.

Tra i self-help books di maggiore successo, spiccano quelli appartenenti a un “sotto-filone” particolare, quello definito self-help memoirs. Che cosa sono questi “memoir”? E che cosa li rende  così graditi al pubblico? Sicuramente si tratta di un genere un po' ibrido, non perfettamente codificato, il self-help memoir non è certo un'arida lista di istruzioni da seguire alla lettera, ma un libro in grado di unire al rigore dei dati uno stile accattivante, tipico di  un'autobiografia narrata in prima persona, con l'aggiunta di preziosi suggerimenti basati sulla propria esperienza personale e messi in condivisione con i  lettori desiderosi di miglioramento. Il bello di questi memoir particolari è anche che gli autori propongono soluzioni alla portata di tutti per problemi abbastanza comuni, sono consapevoli di non dovere affrontare sfide eccezionali e le vie proposte sono di fatto abbastanza  percorribili. 
Pur non potendo vantare il pedigree dell'esperto DOC, gli autori dei manuali di auto-aiuto autobiografici si sono costruiti una certa credibilità sulla base del proprio vissuto e, forti di uno stile di scrittura piacevole e fluido, sono in grado di coinvolgere un numero crescente di lettori. Così vediamo che il libro diventa quasi una sorta di “amico”, generoso nel dispensare consigli e sempre a disposizione per dare una mano: una guida scritta in prima persona per condividere (“per avere successo ho fatto”) invece che nella più saccente seconda persona (“per avere successo tu devi...), dove si preferisce usare il tempo passato e non l'imperativo. Inoltre, i self-help memoirs spesso hanno titoli spiritosi e accattivanti, che non inducono subito a pensare che siamo alla ricerca di una soluzione per quel tal problema, mentre i manuali veri e propri a volte sono terribilmente seriosi... volete mettere essere visti sul treno mentre si sfoglia, per inventarne uno, “No tradimento, no patimento” al posto di un pesante volume intitolato “Perché le relazioni hanno successo o falliscono: una guida completa per far durare la tua”? Il self-help memoir piace ovviamente anche alle star, che sono pronte a scrivere della propria vita, arricchendo il racconto con le strategie che nel loro caso si sono rivelate vincenti, e quindi perché non condividerle con gli altri? A questo proposito ricordo “Gli anni migliori”, fatica letteraria di Jane Fonda, in cui l'attrice americana spiega come dare e avere il proprio meglio in ogni fase della vita...

E voi che cosa ne pensate? Vi interessa questo genere oppure siete gli irriducibili del saggio duro e puro? Pensate che possano essere utili per avere un certo punto di vista su una situazione? Aspettiamo i vostri commenti!

Recensione: Il seggio vacante di J. K. Rowling




Titolo: Il seggio vacante -  J. K. Rowling
A chi la visitasse per la prima volta, Pagford apparirebbe come un’idilliaca cittadina inglese. Un gioiello incastonato tra verdi colline, con un’antica abbazia, una piazza lastricata di ciottoli, case eleganti e prati ordinatamente falciati. Ma sotto lo smalto perfetto di questo villaggio di provincia si nascondono ipocrisia, rancori e tradimenti. Tutti a Pagford, dietro le tende ben tirate delle loro case, sembrano aver intrapreso una guerra personale e universale: figli contro genitori, mogli contro mariti, benestanti contro emarginati. La morte di Barry Fairbrother, il consigliere più amato e odiato della città, porta alla luce il vero cuore di Pagford e dei suoi abitanti: la lotta per il suo posto all’interno dell’amministrazione locale è un terremoto che sbriciola le fondamenta, che rimescola divisioni e alleanze. Eppure, dalla crisi totale, dalla distruzione di certezze e valori, ecco emergere una verità spiazzante, ironica, purificatrice: che la vita è imprevedibile e spietata, e affrontarla con coraggio è l’unico modo per non farsi travolgere, oltre che dalle sue tragedie, anche dal ridicolo.


Editore: Salani
Num. Pagine: 560
Prezzo: 22,00€



A cura di Miki


Voto: 

J.K. Rowling ricomincia esattamente da dove ci aveva lasciato proponendo questa volta un romanzo a più voci che ci fa scoprire la sua straordinaria capacità di descrivere i sentimenti e l'interiorità dei personaggi. Dimenticate per un attimo il buon vecchio Harry Potter e la sua "comoda" abitazione nel sottoscala, Il seggio vacante è infatti un romanzo per adulti e per comprenderlo al meglio bisogna considerarlo come qualcosa di completamente nuovo nella produzione della Rowling: i bambini sono diventati adolescenti e i problemi si fanno quindi più maturi e più concreti e, se vogliamo, più disperati.
La trama ruota principalmente intorno alla morte di Barry Fairbrother, membro del consiglio di Pagford, piccola cittadina dove si svolge tutto il romanzo: Barry muore improvvisamente per un aneurisma e lascia un posto vuoto in comune, oggetto del desiderio di molti. La morte di Barry è però solo la scintilla che dà inizio ai giochi, anche se la sua figura propositiva, allegra e distesa è presente per tutto il libro, irraggiungibile e indimenticabile: l'attenzione della Rowling si focalizza infatti sui problemi e sulle miserie mentali e fisiche che si nascondono nel cuore di molti abitanti di Pagford. Che si tratti di povertà, di invidia, di ansie o di pregiudizi razziali, l'autrice riesce a delineare quasi sempre dei personaggi davvero coinvolgenti e a tutto tondo che emergono da una realtà a volte scarna di avvenimenti e apparentemente immobile. Il ritmo narrativo de Il seggio vacante può sembrare lento e a tratti noioso, ma quando si comprende di doverlo analizzare a misura di cuore e che la sua vita si svolge soprattutto nell'universo dei sentimenti, allora la nostra percezione cambia e il romanzo si fa incalzante.
J.K. Rowling descrive con delicatezza e profondità adolescenti alle prese con problemi di ogni tipo: si va dal bullismo che affligge Sukhvinder, al rapporto conflittuale di Andrew con il padre violento, alla mancanza di stabilità di Fats, fino ad arrivare alla disperazione e alla forza di Krystal, forse il personaggio meglio riuscito del libro. Sono proprio loro che smuovono la realtà statica di Pagford a insaputa degli adulti, nell'estremo tentativo di farsi notare da genitori ed educatori poco sensibili e troppo presi dai propri problemi personali per notare quelli degli altri. Molte sono le scene toccanti disseminate in tutto il romanzo: la Rowling riesce a spiegare e a farci sentire la sofferenza di Sukhvinder chiusa in camera coi suoi demoni e con la sua anima graffiata, il coraggio di Andrew di fronte ad un terribile padre padrone e le decisioni avventate di Krystal alla ricerca di un futuro migliore. La vita dei personaggi è soprattutto interiore ma i dialoghi restano comunque verosimili anche per quanto riguarda il linguaggio: Krystal, Terri e tutti gli Weedon, appartenendo ad una classe sociale diversa, parlano infatti in uno slang contratto e alquanto affascinante. Realistici e non meno profondi sono anche gli adulti del libro: mi riferisco in particolare alle incomprensioni nel matrimonio di Miles e Sam, la forza di Tessa nello star vicino al marito Colin e la storia di Terri, adolescente mai compresa e ora donna distrutta.
Le tematiche scottanti inoltre non mancano: droga, prostituzione, violenza sessuale e domestica, autolesionismo, ossessioni e compulsioni, malattia, incomunicabilità; è un mondo in apparenza tranquillo ma in realtà durissimo e crudele quello che esce dalle pagine de Il seggio vacante, un luogo dove i ragazzi crescono da soli col rischio di diventare uguali ai genitori e fare gli stessi errori.
E' d'obbligo infine spendere qualche riga sullo stile, sulla scelta delle parole e sulla sintassi utilizzate dalla Rowling: mi riferisco in questo caso alla versione originale del libro, il cui titolo, The Casual Vacancy, risulta per quanto mi riguarda molto più evocativo di quello italiano. In inglese ogni frase diventa subito scorrevole, quasi musicale e quindi più facile da leggere: questa speciale dote dell'autrice era già intuibile nella saga di Harry Potter ma, per la prima volta, senza tutta la grande sovrastruttura che sta dietro al "maghetto" di Hogwarts, questa capacità diventa ancora più chiara e riconoscibile. Per il coinvolgimento emotivo che il nuovo romanzo della Rowling è in grado di generare e per la straordinaria verità che vive nei personaggi, The Casual Vacancy, nonostante non sia un libro per tutti e possa risultare a tratti noioso, rappresenta comunque nella carriera dell'autrice una svolta positiva verso un genere più intimista e soggettivo che va a dare nuova linfa al romanzo inglese di stampo sociale.

martedì 29 gennaio 2013

Le prossime uscite Neri Pozza: Bugie Bianche di A. Gillies e “Le Sorelle dell’Oceano di L. Clark”







Curiosando in casa Neri Pozza per conoscere le uscite previste nei prossimi giorni, troviamo due romanzi internazionali: Bugie Bianche di A. Gillies e Le Sorelle dell’Oceano di L. Clark.
Bugie Bianche fa parte della collana “I narratori delle Tavole - dedicata  per l’appunto alla letteratura internazionale - arriverà nelle librerie, con le sue 448 pagine e 18,00 euro di prezzo, l’1 Febbraio 2013.
Di questo romanzo hanno parlato diversi giornali e riviste, come il Times, il Sunday Times e Scotsman, concordando nel giudicare lo stile della Gillies elegante ed avvincente. Alcuni la paragonano persino alla Virginia Woolf di Gita al Faro per la qualità dello scritto che pare si elevi al di sopra della media capacità narrativa.  Altri riflettono invece su ciò che il libro nasconde oltre la trama, una riflessione sulle “bugie bianche”, le bugie innocenti, dette a fin di bene. Forse la Gillies vuole dirci che prima o poi tutti i nodi vengono al pettine? Sembra tuttavia, leggendo la breve trama che la Neri Pozza ci offre, che ci sia molto di più e che ciò si mostri nella mente instabile di una giovane donna. Ambientato nelle Highlands scozzesi, fra drammi familiari, angoscianti misteri e leggendarie maledizioni, Bugie Bianche sembra promettere bene, ma lasceremo giudicare coloro che si lasceranno ammaliare dalle promesse delle sue prime pagine e decideranno di aggiungerlo alla propria libreria.

Bugie bianche - Andrea Gillies
La famiglia Salter vive da generazioni nella propria antica residenza nobiliare, una grande e maestosa tenuta incastonata nelle Highlands che si estende per ettari, prepotente e altezzosa, sino alle rive del Loch Peattie, un lago che, come tutti i laghi scozzesi, gode di fama sinistra esigendo ogni tre o quattro anni la vita di un canoista, un pescato re, un bagnante.

Tra le rispettabili famiglie delle Highlands, i Salter hanno contribuito a tale fama con una porzione di sciagure e morti premature superiore alla media, tanto che in paese si sussurra che una strega, una donna «dalla pelle scura», li abbia maledetti sin dal lontano 1852, accusandoli di essere così malvagi da essere meritevoli di morire nell'acqua ed essere accolti dal demonio nell'aldilà.
Non vi fu, dunque, abitante della contrada che si stupì quando, un giorno dal quale sono trascorsi tredici lunghi anni, Ursula Salter si allontanò di corsa dalle acque minacciose del Loch Peattie e, scossa dai singhiozzi, irruppe nel soggiorno della casa avita, urlando: «Michael! L'ho ammazzato. L'ho ammazzato».
Il corpo di Michael, un ragazzo di soli diciannove anni, non fu mai trovato e per molto tempo nessuno riuscì a scoprire che cosa fosse successo quel giorno: se Ursula avesse davvero ucciso il nipote, lasciandolo annegare, o se Michael si fosse suicidato o, in realtà, non fosse affatto morto, ma semplicemente scappato come aveva già minacciato di fare.
Ursula aveva allora ventinove anni, un corpo sinuoso da donna, ma una mente rimasta bambina e, per questo, incapace di distinguere con chiarezza la realtà dall'invenzione.
Le contraddizioni della sua agghiacciante testimonianza, e il fatto che la tragedia fosse subito annoverata come l'ennesimo capitolo della «maledizione dei Salter», permisero agli illustri abitanti di Peattie House di difendere il nome della famiglia da possibili scandali. Ma può una bugia, anche se detta a fin di bene, essere, come si usa dire, bianca? Esistono davvero bugie innocenti, inoffensive, capaci di non modificare il corso degli eventi e le vite di coloro che le raccontano o che le accolgono?
I Salter barattarono la verità con una bugia bianca. Ma i segreti non riposano, aspettano nell'ombra, nelle acque limacciose di un lago; ristagnano e crescono, attendendo pazienti che arrivi il momento di tornare in superficie. E qualcuno sa. Sa cosa è successo a Michael e che cosa accadde al piccolo Sebastian, morto annegato in quello stesso lago venti anni prima.
Così, nonostante gli sforzi dei vivi, saranno i morti alla fine a raccontare la propria storia.

Andrea Gillies
Andrea Gillies è nata a York. Ha lavorato come sceneggiatrice teatrale, pubblicitaria e poi come giornalista. Ha vissuto a lungo in una casa vittoriana nelle Highlands scozzesi con i figli e prendendosi cura della suocera, affetta da una grave forma di demenza senile; un periodo documentato in un memoir, Keeper, che l'ha resa celebre e che le è valso il Wellcome Trust Book Prize nel 2009 e l'Orwell Book Prize nel 2010. Bugie bianche è il suo primo romanzo.

*** 

Le sorelle dell’Oceano sarà sugli scaffali dal 31 Gennaio, al prezzo di 17,00 euro. Nelle sue 336 pagine, Lucy Clark ci racconta la storia di una ragazza sulle tracce della sorella che, presunta suicida, lascia dietro di sé le pagine di un diario. Si parla d’amore, di diversi tipi d’amore per meglio dire, di trame familiari non ben definite, svelate da morte e ricordo.

Best seller nei paesi in cui è stato già pubblicato, questo primo lavoro di Lucy Clark saprà dirci se è stato scoperto un nuovo metodo per indagare sulle misteriose storie dei parenti scomparsi – oggetto di una lunga serie di libri e film- o se è solo la profondità dei sentimenti ad aver suscitato l’ammirazione dei lettori.  Stando a quanto dice il Kurier, il romanzo è intriso di sensibilità e delicatezza; critici tedeschi lo definiscono avvincente e intelligente: pare proprio che il loro sia un bel sì. Non rimane che aspettare e cercar di rispondere a nostra volta.

Le sorelle dell'Oceano - Lucy Clark
Katie stava sognando il mare, le sue acque scure e inquiete, le sue correnti sinuose, la notte in cui viene destata dallo squillo del telefono.
Un suono inquietante nel silenzio della tenebra, un suono che annuncia l'incubo in cui, in pochi attimi, precipita la sua esistenza. Giusto il tempo di scostare le coperte, scivolare fuori dal letto, raggiungere il telefono e accorgersi che invece suonano al citofono, aprire la porta di casa e, al cospetto di due poliziotti con gli occhi puntati a terra, ascoltare le parole che non avrebbe mai voluto sentire: «Lei è la sorella di Mia Greene? Ci dispiace molto doverla informare che la polizia di Bali ci ha comunicato che Mia Greene è stata trovata morta. L'hanno rinvenuta ai piedi di una scogliera».
Suicidio, secondo la polizia, che a conforto della sua tesi esibisce le affermazioni dei testimoni - una coppia sui trent'anni in viaggio di nozze ha visto Mia, sola, vicinissima al bordo della scogliera - e il referto dell'autopsia, che indica come la ragazza si sia lanciata con la faccia in avanti.
Quel che resta di Mia è soltanto il suo diario: una giovane vita ridotta a poche pagine scritte e a molte rimaste bianche per sempre.
Katie sa, tuttavia, che le cose non possono essere andate in questo modo. Mia non si sarebbe mai tolta la vita. Le piaceva descriversi come la sorella dai capelli scuri e dal carattere ombroso che vagava per le spiagge da sola. Ma in realtà era entusiasta e felice, e libera come il mare aperto.
Anche la ricostruzione della polizia non convince; troppi misteri, troppi dettagli che non tornano.
>Katie decide allora di attraversare l'oceano e ripercorrere le tappe del viaggio di Mia, rivivendolo attraverso le pagine del diario.A ogni sosta del viaggio e a ogni sguardo gettato in quelle pagine, ombre e segreti che non avrebbe mai osato immaginare si spalancano davanti ai suoi occhi. Innanzi tutto, la storia inaudita e sconvolgente che narra di un giovane morto suicida subito dopo la nascita di Mia e svela perché il loro padre le aveva, a un certo punto, abbandonate lasciandole sole con la madre, una figura tanto protettiva quanto reticente sul suo passato. Infine, la scoperta del triangolo sentimentale che ha segnato e angustiato gli ultimi giorni di Mia, lo strano triangolo composto da sua sorella, da Finn, il ragazzo pazzamente innamorato di lei, e da Noah, il surfista per cui Mia aveva perso la testa.
Storia di una passione struggente, di rapporti famigliari, di segreti, "Le sorelle dell'oceano" è un avvincente romanzo sulle molteplici, ardue e meravigliose vie dell'amore.

Lucy Clarke
Lucy Clarke, trentenne, ha studiato letteratura inglese all'università di Cardiff e vive in Inghilterra a Bournemouth. Appassionata di windsurf, condivide con il marito l'amore per i viaggi e il mare. Le sorelle dell'oceano è il suo primo romanzo, bestseller nei numerosi paesi in cui è apparso

lunedì 28 gennaio 2013

Speciale Jane Austen: chi riceverà Lost in Austen?



In occasione del bicentenario di Orgoglio e pregiudizio, che ricorre oggi, concludiamo il nostro Speciale su Jane Austen con il giveaway di Lost in Austen, il libro-game pubblicato da HOP edizioni di cui vi abbiamo parlato QUI. Potete ritrovare invece ai seguenti link le tappe dello Speciale:

  1. La musica di Jane Austen
  2. “On the marriage of Mr. Gell of East Bourn to Miss Gill”
  3. Recensione di Ragione e Sentimento
  4. Recensione di Mansfield Park
  5. Recensione de L'abbazia di Northanger
  6. Recensione di Persuasione
  7. Recensione Emma
  8. Recensione di Orgoglio e pregiudizio
  9. Bath, Jane Austen Festival
  10. Lost in Austen: quando la realtà si confonde con l'immaginazione
  11. Jane Austen mania. Tutti i seguiti che Jane non avrebbe mai voluto leggere
  12. Lost in Austen di Emma Campbell
  13. Perché Jane Austen non è un'autrice romance? Intervista a Stefania Auci


Passando finalmente al giveaway, ho deciso di regalare il libro-game di Lost in Austen a...


ValeD.!


Attendo le tue generalità all'indirizzo email dpinwonderland@gmail.com, se non perverranno entro tre giorni sarà scelta un'altra lettrice :)

Recensione film: "I Miserabili" di Tom Hooper

 A cura di Miki



http://www.spaziofilm.it/images/cinema/news/2012/11/59708/nuovo_poster_per_i_miserabili.jpg

Ritorna sui grandi schermi I miserabili, storica saga francese che ha avuto e ha vita lunga anche al cinema: nel corso degli anni sono stati infatti realizzati numerosi film ispirati al capolavoro di Victor Hugo, tra cui l'ultimo del 1998 con Liam Neeson nei panni di Jean Valjean e uno sceneggiato Rai con Gastone Moschin del 1964. Il film che uscirà nei cinema di tutta Italia il 31 gennaio è invece diretto da Tom Hooper, il regista premio Oscar de Il discorso del re, ed è un vero e proprio omaggio al musical Les Misérables che ottiene successi in tutto il mondo da quasi 30 anni. Le canzoni originali, scritte nel 1980 da Claude-Michel Schönberg e Alain Boublil, sono state registrate in presa diretta sul set e non inserite durante la post-produzione in studio, come di solito avviene: questo da un lato aggiunge una dose ulteriore di realismo e, grazie all'utilizzo del primo piano, dà la possibilità allo spettatore di riconoscere le espressioni facciali e gli sguardi degli attori mentre cantano e poter così godere di un'interpretazione a 360 gradi. D'altro canto la scelta di non lasciare mai spazio alla semplice recitazione, caratteristica che lo avvicina in un certo senso all'opera lirica, può risultare a tratti soffocante: in alcuni casi, infatti, un dialogo parlato sarebbe stato molto più efficace e naturale.


Il cast de I miserabili è composto da grandi star del calibro di Hugh Jackman (Jean Valjean), Russell Crowe (Javert) e Anne Hathaway (Fantine), ma anche da attori che hanno partecipato al musical, per esempio Samantha Barks che, nel ruolo di Éponine, ci regala con il pezzo On My Own una delle scene più struggenti del film. Uno Hugh Jackman trasfigurato, probabilmente nella migliore interpretazione della sua carriera, abbandona completamente il suo lato sexy e ci propone un Valjean sofferto e virile che porta sulle spalle gran parte de I miserabili: la sua figura rappresenta perfettamente il reietto della società, l'outsider che non viene accettato e che, alla ricerca di redenzione, la trova nel fare del bene.


La sua controparte Javert, interpretato da Russell Crowe, invece convince ma non stupisce, così come Amanda Seyfried e la sua Cosette, raggiungendo comunque un buon livello per quanto riguarda il canto. Anne Hathaway, costretta a dimagrire per interpretare la malata Fantine, incanta ancora una volta per la sua versatilità e si fa portavoce di un carico emotivo pazzesco quando, coi capelli corti e quasi irriconoscibile, canta I Dreamed A Dream, forse il brano più emozionante e intenso di tutto il film, vero e proprio inno delle persone a cui la vita ha ucciso un sogno: è talmente brava, credibile e sofferente che spiace quasi vederla fuori dai giochi così presto. Nei panni della terribile coppia di ladri Thénardier troviamo infine Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen, che si dimostrano all'altezza smorzando a tratti l'atmosfera cupa e il pathos del film e divertono lo spettatore con alcune gag davvero riuscite.



Gli attori si muovono su una scenografia ben costruita che ricrea perfettamente le condizioni sociali, le folle e le lotte politiche della Francia del XIX secolo: stupisce per il realismo e per l'impatto visivo la sequenza sulle barricate, dove si realizzano i due aspetti opposti della rivoluzione, la gioia con cui viene portata avanti e la morte, stigmatizzata nel corpo di Enjolras appeso alla finestra e nella pozzanghera di sangue calpestata poi da Javert. Questa parte, quasi costruita intorno alla bandiera e alla sua importanza, ricorda molto anche nei colori e nelle fogge dei costumi sempre perfetti il quadro La libertà che guida il popolo, dipinto da Eugène Delacroix per commemorare la rivoluzione del luglio del 1830.



Il musical epico I miserabili ha ricevuto ben otto Nomination all'Oscar, tra cui anche miglior film, miglior attore protagonista e miglior attrice non protagonista: il 24 febbraio scopriremo finalmente i vincitori ma per ora i bookmaker danno quasi per certa la vittoria di Anne Hathaway quotata 1.07.


In definitiva il nuovo film de I miserabili non è un prodotto dedicato a chi non ama i musical completamente cantati ma, nonostante non sia forse ancora l'interpretazione visiva perfetta del classico di Victor Hugo, è comunque coinvolgente, originale e ben eseguito e riesce anche per questo a dare nuova linfa e una prospettiva diversa ad un capolavoro pressoché eterno.

Trailer: 



I Dreamed A Dream cantata da Anne Hathaway:




On My Own cantata da Samantha Barks:

domenica 27 gennaio 2013

Giornata della Memoria: pellicole per non dimenticare








Come abbiamo già detto stamani, in questa giornata particolare vi presentiamo una rassegna di letture e pellicole dedicate all’orrore dell’Olocausto.
È giunto il momento di parlare dei film, alcuni dei quali tratti da romanzi, altri una rappresentazione tratta dalle testimonianze dei sopravvissuti. Ecco le nostre proposte.

Jona che visse nella balena – Roberto Faenza
Tratto da Anni d'infanzia (1977) di Jona Oberski, fisico nucleare, è la storia di un bambino olandese di quattro anni, arrestato nel 1942 dai tedeschi e deportato a Bergen-Belsen dove gli muore il padre. Perde la madre nel 1945, subito dopo la liberazione. Il piccolo Jona è adottato da una coppia di olandesi che con lui dovranno patire non poco. Fedele al libro, Faenza adotta l'ottica del suo piccolo protagonista, lo sguardo inconsapevole dell'infanzia che dell'atroce realtà che lo circonda coglie soltanto alcuni particolari. Non a caso nella seconda parte quando Jona ha sette anni, il film cambia stile perché lo sguardo s'è fatto più adulto. Film sulla tenacia dell'amore: semplice, asciutto, intenso senza concessioni al dolorismo né al sensazionalismo.

L’isola in via degli uccelli –  Soren Kragh-Jacobsen
Nel ghetto di Varsavia, prima di essere rastrellato e deportato con gli altri ebrei, un padre ordina al figlioletto Alex (Kiziuk) di nascondersi tra le rovine di una vecchia fabbrica, promettendogli che tornerà a riprenderlo. In compagnia di un bianco topino e di una copia sgualcita del Robinson Crusoe di D. Defoe, Alex comincia la dura lotta per la sopravvivenza, allietata soltanto dall'idillio con la piccola Stasja (Liquorich). Film di molti meriti (da un romanzo di Uri Orlev): l'interpretazione del piccolo Kiziuk; il modo con cui il regista danese si muove nel microcosmo cadente della fabbrica e dei suoi cunicoli per il quale lo scenografo Norbert Schere si è ispirato alle acqueforti delle Carceri di Piranesi; le musiche di Zbigniew Preisner, il compositore preferito di Kieslowski; l'esplicita denuncia delle connivenze tra tedeschi nazisti e cattolici polacchi.  Dall’omonimo romanzo di Uri Orlev.

Train de vie. Un treno per vivere – Radu Mihaileanu
Una sera del 1941 Schlomo, chiamato da tutti il matto, irrompe allarmato in un piccolo villaggio ebreo della Romania: i nazisti, fa sapere, stanno deportando tutti gli abitanti ebrei dei paesi vicini e fra poco toccherà anche a loro. Durante il consiglio dei saggi, che subito si riunisce, Schlomo tira fuori una proposta un po' bizzarra che però alla fine viene accolta: per sfuggire ai tedeschi, tutti gli abitanti organizzeranno un falso treno di deportazione, ricoprendo tutti i ruoli necessari, gli ebrei fatti prigionieri, i macchinisti, e anche i nazisti in divisa, sia ufficiali che soldati. Così riusciranno a passare il confine, ad entrare in Ucraina, poi in Russia per arrivare infine in Palestina, a casa. Il folle progetto viene messo in atto, il treno parte tra speranza e paura. Gli inconvenienti non mancano, e non sono solo quelli che arrivano da fuori (i controlli alle stazioni) ma, inaspettatamente, anche dall'interno del gruppo: Mordechai, falso ufficiale nazista, comincia a dare ordini sul serio, e, all'opposto, il giovane Yossi abbraccia l'ideologia comunista, proclama che la religione è morta e instaura nei vagoni le cellule marxiste-leniniste. A un certo punto vengono fermati da un altro treno, che però risulta pieno di zingari che avevano escogitato lo stesso stratagemma. Procedono allora tutti insieme, fino all'arrivo sulla linea di confine con le bombe che sparano dalle parti opposte. Ormai possono considerarsi salvi. Come già all'inizio, appare in primo piano il viso del matto, che informa sui successivi destini di alcuni dei protagonisti, tutti viventi tra Russia, Palestina, America. Ma poi l'immagine si allarga e il viso di Schlomo, il matto, guarda da dietro un reticolo di filo spinato. Sullo sfondo, la lugubre sagoma di un campo di concentramento.

La chiave di Sarah –  Gilles Paquet-Brenner
Julia Jarmond è una giornalista americana, moglie di un architetto francese e madre di una figlia adolescente. Da vent'anni vive a Parigi e scrive articoli impegnati e saggi partecipi. Indagando su uno degli episodi più ignobili della storia francese, il rastrellamento di tredicimila ebrei, arrestati e poi concentrati dalla polizia francese nel Vélodrome d'Hiver nel luglio del 1942, 'incrocia' Sara e apprende la sua storia, quella di una bambina di pochi anni e ostinata resistenza che sopravviverà alla sua famiglia e agli orrori della guerra. Impressionata e coinvolta, Julia approfondirà la sua inchiesta scoprendo di essere coinvolta suo malgrado e da vicino nella tragedia di Sara. Con pazienza e determinazione ricostruirà l'odissea di una bambina, colmando i debiti morali, rifondendo il passato e provando a immaginare un futuro migliore. Tratto dall’omonimo romanzo di  Tatiana de Rosnay.

Il Pianista – Roman Polanski
Sei anni di vita del musicista polacco Wladislaw Szpilman, dal Settembre del 1939 al crollo del Terzo Reich. Essendo di religione ebraica, l'uomo è costretto a fuggire la deportazione insieme alla sua famiglia, nascondendosi nel ghetto di Varsavia. Rintanato in vari nascondigli, soffre la fame, la paura e sperimenta tutte le sofferenze e le umiliazioni della guerra riuscendo a sopravvivere grazie alla solidarietà di tante persone e di un ufficiale tedesco che, avendolo sentito suonare, decide di aiutarlo. Tratto dall’omonimo romanzo biografico di Wladislaw Szpilman.




Schindler’s list – Steven Spielberg
Cracovia, 1939. L'industriale tedesco Oskar Schindler, bella presenza e temperamento avventuroso, manovrando i vertici nazisti tenta di rilevare un fabbrica per produrre pignatte e marmitte. Già reclusi nel ghetto di Podgorze, ed impossibilitati a commerciare, alcuni ebrei vengono convinti da Schindler a fornire il denaro per rilevare l'edificio: li ripagherà impiegandoli nella fabbrica, pagandoli con utensili da scambiare e sottraendoli al campo di lavoro comandato dal sadico criminale tedesco Amon Goeth. Dopo aver ricevuto la breve visita di Emilie, la moglie che subito torna in Moravia vista la vita di libertino impenitente del marito, Schindler, sempre più nelle grazie dell'alto comando nazista e di Goeth, costruisce un campo per i suoi operai, dove le milizie non possono entrare senza la sua autorizzazione. Infine, scatenatosi lo sterminio, decide di attivare, dando fondo a tutte le sue risorse finanziarie, una fabbrica di granate nella natia Brinnlitz. Con l'aiuto dell'inseparabile Itzhak Stern, il contabile ebreo, compila una lista di 1100 persone ebree perché vengano a lui affidate come operai. Mentre gli uomini arrivano a destinazione, le donne vengono per errore tradotte ad Auschwitz, e solo con grande rischio ed impiegando a fondo risorse e conoscenze, Schindler riesce a strapparle alla morte. Per sette mesi la fabbrica produce appositamente granate difettose, finché l'armistizio non trova l'industriale senza denaro. I suoi operai gli donano un anello d'oro con su incisa una frase del Talmud: "Chiunque salva una vita salva il mondo intero". Tratto da La lista di Schindler di Thomas Keneally, basato sulla vera storia di Oskar Schindler.

Giornata della Memoria: letture per non dimenticare...








La legge 211/2000 ha sancito l’Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. Da allora, ogni 27 Gennaio, l’Italia e l’Europa ricordano la Shoah, gli orrori della deportazione, prigionia e persecuzione del popolo ebreo e di tutti coloro che hanno sacrificato le proprie vite per aiutarlo contro la follia nazista. Perché proprio questa data? Si tratta di un giorno simbolico, che rimanda a quel 27 Gennaio 1945 nel quale vennero abbattuti i cancelli di Aushwitz da parte dei soldati sovietici, con la liberazione degli ultimi superstiti  e la tragica scoperta degli strumenti di tortura e morte utilizzati per il genocidio.
Molto della narrativa degli ultimi sessant’anni è stata dedicata al ricordo di questi eventi tragici. Biografie dei sopravvissuti, epistolari, diari e romanzi ci hanno trasportato all’interno dell’orrore, tutti con un unico messaggio di fondo, riassumibile in una citazione dal libro I sommersi e i salvati di Primo Levi:

«Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre».

Sono parole emblematiche che ci accompagnano in un periodo di forte turbamento sociale, di crisi delle coscienze, nel quale le guerre sono lontane dal nostro quotidiano, eppure presenti in altri stati. Si pensi per esempio a quello che sta accadendo in Siria e Turchia, guerre civili che ad oggi hanno causato circa 37.000 morti, oppure alla perenne guerra in “Terra Santa” tra palestinesi e israeliani, che continua da più di un secolo, sebbene lo stato d’Israele sia stato istituito sessant’anni fa circa.
Cos’ha imparato l’uomo? Probabilmente nulla, visto che continua imperterrito la sua corsa al potere senza alcuno scrupolo. Ma conoscere il male, sapere che c’è stato chi ha deciso lo sterminio di un’intera etnia, a dire della psicanalisi solo per una schizofrenia causata dal complesso edipico, dà comunque la possibilità ai giovani di conoscere la storia ed avere uno sguardo più critico verso le azioni umane. Probabilmente conoscere l’Olocausto non condizionerà mai l’agire di singoli individui, ma smuoverà le loro coscienze in favore di un sentimento profondo di giustizia. La memoria è importante non solo come conoscenza storica, ma anche come consapevole coscienza dei diritti e dei valori universali di cui tutti siamo depositari. Il valore della vita umana, il diritto inalienabile dell’uomo di cercare la propria porzione di felicità (pursuit of happiness, come cita la Dichiarazione d’Indipendenza Americana del 1776), è il vero motivo che deve spingere alla celebrazione della Giornata della Memoria.
In questo giorno particolare, vogliamo accompagnarvi con una rassegna di letture e pellicole cinematografiche a tema. In questo articolo ci occupiamo dei romanzi-testimonianza, ovviamente alcuni della moltitudine di quelli esistenti.


Il vagone – Arnaud Rykner
«Non voglio più perdonare. Niente. A nessuno. Se uscirò vivo di qui, dovrò imparare di nuovo; ma per il momento non voglio provarci. Ne ho bisogno per resistere, per non crollare».

Il 2 luglio 1944 parte l'ultimo treno di deportati da Compiègne, direzione Dachau. Su quel treno, composto da ventidue vagoni più quelli di scorta e un vagone di coda, sono ammassate duemilacentosessantasei persone. Per coprire un tragitto che in tempi normali richiederebbe una giornata, quel convoglio impiega settantasette ore, attraversando regioni in cui si registrano le temperature più alte della stagione. All'arrivo i morti sono più di cinquecento.
Questo incredibile romanzo è la storia di quel viaggio vissuta dall'interno di uno dei vagoni, un racconto che è puro orrore, un incubo divenuto realtà: cento persone ammassate come bestiame nello spazio di un carro merci, una calura insopportabile, senza aria, e poi la fame, la sete, la morte che si può toccare. La morte e il suo odore... Un viaggio di tre giorni in cui, all'interno di ogni vagone, individui ai quali "hanno tolto anche la vergogna" sperimentano l'inferno, dentro e fuori di loro.
Tre giorni che il narratore descrive ora per ora. Tre giorni di lotta contro se stessi e contro gli altri: la paura, il panico, lo schifo, e poi la rabbia e l'odio per il vicino. Ma anche la speranza, a volte, quando il treno all'improvviso si ferma. E la solidarietà, totale e intensa come mai nella vita.
La disumanizzazione degli ebrei compiuta dai nazisti cominciava qui, su questi treni, dove l'umanità ha toccato il fondo dell'abiezione. Rykner ce la racconta in presa diretta, e per il lettore è un'esperienza che non lascia indenni.
Editore: Mondadori
Pagine: 160
Prezzo: 10,00 euro

***

Auschwitz è di tutti – Marta Ascoli
«Auschwitz è patrimonio di tutti. Nessuno lo dimentichi, nessuno lo contesti. Auschwitz rimanga luogo di raccoglimento e di monito per le future generazioni».

Trieste, 1944. Marta ha diciassette anni, “un’età in cui tutto ci accontentava e ci faceva sorridere”. Quei sorrisi vengono strappati brutalmente la sera del 29 marzo, quando due SS fanno irruzione in casa per prelevare la famiglia Ascoli, per metà ebrea. È l’inizio di un calvario senza fine. La prima tappa è la risiera di San Sabba, unico campo di concentramento nazista in Italia; poi verranno la separazione dalla madre, il terribile viaggio in treno verso Auschwitz, sola donna in un convoglio di uomini per non abbandonare il padre; quindi Birkenau, poi Bergen-Belsen, la neve, i lavori forzati, la denutrizione, le malattie, le torture. E quella frase che suona come una condanna a morte continuamente rinviata: «Tu da qui non uscirai che per il camino». Eppure Marta resta attaccata alla vita con tutte le sue forze; infine, stremata, quando decide di farla finita lanciandosi contro il filo spinato, la sentinella che la scopre non spara. Il destino ha in serbo per Marta il 15 aprile 1945, il giorno della liberazione per mano degli inglesi e la gioia immensa del ritorno a casa. Attraverso la sua testimonianza, Marta Ascoli ci ricorda la tragedia vissuta da una famiglia, dal popolo ebraico, dall’umanità intera: e, con la forza di un grido, ci spiega che Auschwitz è di tutti, luogo-simbolo della più grande ferita aperta nella storia del Novecento.
Editore: Rizzoli
Pagine: 95
Prezzo: 12,00 euro

***

Sonderkommando Auschwitz – Shlomo Venezia
«Tutto mi riporta al campo. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre nello stesso posto... Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio».

Sono parole di Shlomo Venezia, ebreo di Salonicco, di nazionalità italiana; è uno dei pochi sopravvissuti del Sonderkommando di Auschwitz-Birkenau, una squadra speciale selezionata tra i deportati con l'incarico di far funzionare la spieiata macchina di sterminio nazista. Gli uomini del Sonderkommando accompagnavano i gruppi di prigionieri alle camere a gas, li aiutavano a svestirsi, tagliavano i capelli ai cadaveri, estraevano i denti d'oro, recuperavano oggetti e indumenti negli spogliatoi, ma soprattutto si occupavano di trasportare nei forni i corpi delle vittime. Un lavoro organizzato metodicamente all'interno di un orrore che non conosce eccezioni: il pianto disperato di un bimbo di tre mesi, la cui madre è morta asfissiata dal gas letale, richiama l'attenzione del Sonderkommando, lo scavare frenetico tra i corpi inanimati, il ritrovamento e subito dopo lo sparo isolato della SS di guardia che ammutolisce per sempre quel vagito consegnandolo alla storia. Per decenni l'autore ha preferito mantenere il silenzio, ma il riaffiorare di quei simboli, di quelle parole d'ordine, di quelle idee che avevano generato il mostro dello sterminio nazista ha fatto sì che dal 1992 abbia incominciato a parlare, e quei racconti sono la base della lunga intervista che è all'origine di questo libro.
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Pagine: 235
Prezzo: 10,00 euro

***

Diario – Anne Frank
«Sono felice di natura, mi piace la gente, non sono sospettosa e voglio vedere tutti felici e insieme».

Quando Anne inizia il suo diario, nel giugno 1942, ha appena compiuto tredici anni. Poche pagine, e all'immagine della scuola, dei compagni e di amori piú o meno immaginari, si sostituisce la storia della lunga clandestinità: giornate passate a pelare patate, recitare poesie, leggere, scrivere, litigare, aspettare, temere il peggio. «Vedo noi otto nell'alloggio segreto come se fossimo un pezzetto di cielo azzurro circondati da nubi nere di pioggia», ha il coraggio di scrivere Anne.
Obbedendo a una sicura vocazione di scrittrice, Anne ha voluto e saputo lasciare testimonianza di sé e dell'esperienza degli altri clandestini. La prima edizione del Diario subí tuttavia non pochi tagli, ritocchi, variazioni. Ora il testo è stato restituito alla sua integrità originale, e ci consegna un'immagine nuova: quella di una ragazza vera e viva, ironica, passionale, irriverente, animata da un'allegra voglia di vivere, già adulta nelle sue riflessioni.
Editore: Einaudi
Pagine: 355
Prezzo: 12,50 euro

***

Il cielo di cenere – Elvia Bergamasco
«Non avevano più lacrime. Il vero dolore forse è anche senza lacrime».

88653, un marchio che resterà per sempre, il ricordo impresso sulla pelle dell'inferno dei lager nazisti; dei volti di tante donne umiliate, seviziate, costrette a terribili privazioni; degli occhi dei bambini strappati alle loro madri e condannati a una morte silenziosa. Elvia Bergamasco, giovane staffetta partigiana, viene arrestata nell'estate del '44 da un comando delle SS, nella polveriera dove lavora, a Medeuzza, in provincia di Udine. Ha solo diciassette anni ed è totalmente inconsapevole di ciò che l'aspetta. Condannata ai lavori forzati porta con sé il cappotto migliore e gli orecchini d'oro: per ben figurare nel nuovo luogo di lavoro. Non sa ancora di essere diretta verso l'orrore di Auschwitz.
Editore: Nuova dimensione
Pagine: 264
Prezzo: 14,00 euro

***

Se questo è un uomo – Primo Levi
«Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta».

Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò "Se questo è un uomo" nel 1947. Einaudi lo accolse nel 1958 nei "Saggi" e da allora viene continuamente ristampato ed è stato tradotto in tutto il mondo. Testimonianza sconvolgente sull'inferno dei Lager, libro della dignità e dell'abiezione dell'uomo di fronte allo sterminio di massa, "Se questo è un uomo" è un capolavoro letterario di una misura, di una compostezza già classiche. È un'analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell'umiliazione, dell'offesa, della degradazione dell'uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio.
Editore: Einaudi
Pagine: 355
Prezzo: 12,50 euro

sabato 26 gennaio 2013

Recensione di "Alabama Song" di Gilles Leroy



Alabama Song - Gilles Leroy


Montgomery, Alabama, 1918. Quando Zelda, la "Bella del Sud", incontra il sottotenente Scott Fitzgerald, la sua vita subisce una svolta decisiva. Lui ha giurato a se stesso di diventare scrittore, e in effetti il suo primo romanzo è un successo strepitoso. La coppia diventa un'icona dell'alta società newyorkese e dei ruggenti anni Venti. Ma Scott e Zelda sono poco più che dei bambini e, gettati nel falò della vita mondana, non tardano a bruciarsi le ali. Costruito come un diario in cui si miscelano elementi biografici e fantastici, e inframmezzato da immaginari colloqui della protagonista con gli psichiatri che l'ebbero in cura, "Alabama song" è la cronaca di una corsa a perdifiato incontro alla follia.
Editore: Dalai Editore
Pagine: 213
Prezzo: 11.90 euro




A cura di Glo in Stockholm



Voto: 


Frances Scott Fitzgerald e Zelda Sayre, coppia mitica dei Roaring Twenties, sono forse il simbolo di un'epoca leggendaria, caratterizzata da lusso, sregolatezza, proibizionismo (con il suo fiorire di personaggi loschi, come i contrabbandieri di alcolici) e anche dalle Flappers, le donne giovani e disinibite, con i capelli corti alla “maschietta” e la sigaretta in bocca, irresistibilmente peccaminose agli occhi dell'America puritana del tempo. È proprio quest'epoca a fare da sfondo ad Alabama Song, romanzo  che Gilles Leroy scrive dando voce alla “Bella del Sud” per antonomasia, Zelda Sayre, moglie di Francis Scott Fitzegerald, uno degli scrittori più grandi del XX° secolo. Leroy si prefigge un obiettivo ambizioso: quello di consentire alla “sua” Zelda  di narrare la storia della propria vita, irrimediabilmente cambiata e sconvolta dall'incontro con l'autore di “Tenera è la notte”. Emerge così una figura di donna eccezionale, intelligente e vivace, ingorda di vita e di esperienze, vibrante come una fiamma, ma che racchiude in sé il germe di una disperata follia che la porterà a trascorrere gli ultimi anni di vita in una casa di cura, dove troverà la morte nel 1948.
Il romanzo si sviluppa come se fosse una sorta di diario, in cui si intrecciano due piani temporali: al racconto degli anni della giovinezza trascorsa con Fitzegerald (i primi incontri, il matrimonio, la vita in Europa, il tradimento, la passione tardiva per la danza) si affianca quello delle vicende degli anni 40, caratterizzati dalle crisi, dai ricoveri e dai colloqui con i vari psichiatri.  

La Zelda di Alabama Song è una figura interessante; fin dalle prime pagine  appare una ragazza determinata e anti-conformista, bellissima e corteggiata, fortemente attratta dal giovane tenente Francis Scott Fitzgerald che, come lei, è ambizioso, avido di vita e pervaso da una vena di instabilità sempre più evidente con il trascorrere degli anni. Zelda ne è conquistata, lo ritiene a lei “affine”, un compagno con cui condividere una vita fuori dal comune: “Sono figlia di genitori vecchi. Quanto a questo, Scott e io siamo uguali: figli di vecchi tutti e due. I figli di vecchi sono tarati, dice Scott”...  Io sono una ragazza dura (no, non crudele) e il mio fidanzato, così fresco, così fiammante, in guerra non ci andrà mai. Non so che farmene della sua paga o dei suoi futuri galloni: per noi due ho altri progetti. L'Europa, l'avremo. Sbarcheremo, ma dal ponte di prima classe. E senza uniforme.”

Proseguendo nella lettura del romanzo, si tratteggia sempre di più la complessità del rapporto fra i due: Fitzgerald è contraddittorio, vuole sposarla per poi smentirsi il giorno dopo, le dice che non gli importerebbe se morisse, ma non sopporterebbe di vederla sposata a un altro uomo, la sbeffeggia con dettagli della loro relazione intima; Zelda invece è inquieta, forse stanca di tanta incertezza, ma desiderosa di fuggire dal soffocante caldo del Sud. Si uniscono in matrimonio sotto l'egida della grande ambizione entrambi... ed è grande la malinconia che pervade le pagine del libro da questo punto in poi. Leroy è stato abile nel trasmettere un senso di ineluttabilità, di un destino implacabile e fatale che contiene in sé il germe di una fine tragica e prematura. Nella realtà, per il loro bene, probabilmente sarebbe stato meglio per Zelda e Fitzgerald non incontrarsi mai: troppo simili nella loro tendenza autodistruttiva ("Ah! Goofo, la mia Bambola, il mio Buffone!... Eravamo così simili, lui e io, lo eravamo dalla nascita, due ballerine mondane, due figli di vecchi, due bambini viziati, insopportabili e, tutti e due, mediocri a scuola, una coppia di brillanti  'potrebbe-fare-di-più', due creature insaziabili e condannate a rimanere deluse". Pag. 47), smodati e portati agli eccessi, per loro una vita serena insieme non era possibile, eppure, la sensazione è che non avrebbero potuto fare altrimenti: dovevano incontrarsi, era scritto così. Belli e dannati, indissolubilmente legati anche quando ormai sono lontani, è anche grazie alla loro storia (d'amore forse, di dipendenza sicuramente) che oggi possiamo leggere capolavori come “Il grande Gatsby” e “Tenera è la notte”. Non è affatto un mistero infatti che Fitzgerald abbia utilizzato parti del diario della moglie nei suoi scritti (“Belli e Dannati”, n.d.r.), e sebbene all'inizio Zelda fosse felice di aiutare al marito, con il passare del tempo era sempre meno disposta a lasciarsi “derubare”, come dichiara lo stesso Gilles Leroy in un'intervista concessa al sito Dalai Blog Editore (clicca qui per leggere l'intervista completa).

Andando avanti, il libro assume un tono a tratti onirico e visionario, permettendo alla voce ormai sempre più fioca di Zelda di prendere forza e continuare il proprio disperato racconto: l'instabilità del marito, la sua amicizia “particolare” che egli tesse con lo scrittore Lewis O'Connor (pseudonimo che l'autore ha deciso di usare per Ernest Hemingway, riconoscibilissimo quando si parla di amore per la corrida..!), la passione per il proprio amante francese, la sottile vendetta di Fitzgerald che la fa internare... e forse è vero quanto è riportato sulla seconda di copertina Zelda Sayre, moglie infelice e tormentata, era davvero una donna con la “sola colpa di essere nata con qualche decennio di anticipo”. Ribelle contro le convenzioni della società, ma troppo immersa nella società stessa per uscirne, era come una farfalla splendente che, attirata dalla luce dell'idolo (come lo chiama a pag. 183 quando viene a conoscenza della sua morte) alla fine è rimasta folgorata.
Probabilmente Alabama Song non è un libro imperdibile, ma, se come me amate la storia di Goofo  & Zelda, credo comunque che meriti di essere letto, non fosse altro che per il ritratto profondamente umano, misero e insieme grandioso, di Mrs. Fitzgerald. Come conclude Gilles Leroy: "Addio Zelda. È stato un onore.

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...