“Che interpreti una dama o una prostituta, una conquistatrice o una vittima, Marlene Dietrich incarna sempre un sogno universale”. Così Franz Hessel rivela al lettore la sua totale ammirazione verso la Dietrich, che ebbe occasione di incontrare a Berlino nel 1931, quando l’attrice era tornata nella sua città dopo i primi successi a Hollywood. Nelle pagine di questo breve ritratto, inedito in Italia, Hessel riesce a restituire un’immagine valida allora come oggi, cogliendone con acume e lungimiranza le caratteristiche che i ruoli e i film successivi avrebbero poi confermato. Nella prosa di cui è maestro, l’autore guarda l’attrice con occhi affascinati e sedotti, a volte teneramente ingenui. Nello charme che l’ha resa celebre, Hessel sa riconoscere con intelligente sensibilità non tanto i tratti della vamp ma la bellezza e la levatura dell’artista. Infine, a chiusura di questo breve omaggio, l’intellettuale ammirato rivela l’incontro personale, e descrive non più la diva ma la donna e la madre cui ha fatto visita a Berlino. A vent’anni dalla morte dell’attrice tedesca, il lettore non tarderà a trovare tra le righe di questo libro, assieme al sorriso ammiccante della Lola Lola, dell’Angelo azzurro, lo spirito di un’intera epoca, che sperimenta la crescita del mondo patinato del cinema mentre si prepara, ignara e sognante, agli anni più difficili e cupi del Novecento.
Editore: Elliot
Pagine: 64
Prezzo: 7.50 euro
A cura di Glo in Stockholm
Voto:
Che cosa sapevo di Marlene Dietrich prima di leggere la breve prosa di Franz Hessel? Poco,
devo ammettere: per me era la
protagonista dell'Angelo Azzurro, un'attrice
di grande talento e un'icona tedesca fra le più celebri. Inoltre,
personalmente, l'ho sempre considerata un personaggio molto affascinante, non
soltanto per la bellezza e l'aura speciale che sembrava emanare, ma anche per
il suo ruolo di strenua oppositrice del regime nazista. Per questo ho
letteralmente divorato le 49 pagine del ritratto tracciato da Hessel.
Quando Franz Hessel scrive
quest'opera, nel 1931, il successo di Marlene Dietrich è già notevole, anche se
non ancora al vertice, tuttavia, lo scrittore è abile nel comporre un quadro
attuale, capace di coglierne il
potenziale confermato poi dalla storia.
Fin dalle prime pagine emerge subito
la simpatia che nutre per la “giovane tedesca, figlia di Berlino... stella di Hollywood e di New York”, dal talento
versatile e magnetico, che le permette di interpretare personaggi in grado di
conquistare tutto il pubblico, senza distinzioni.
Agli occhi di Hessel, la Dietrich non
è una semplice vamp, la donna fatale
capace di rovinare consapevolmente gli uomini; in lei anche seduzione e mistero
si fanno inconsapevoli (a questo proposito cita il personaggio di Lola
nell'Angelo Azzurro, benevola anche quando manda in rovina il professore
vittima del suo fascino), come dimostra il suo sorriso, un sorriso capace di
conquistare l'Europa e l'America.
L'autore tratteggia l'attrice anche
attraverso alcuni cenni biografici: per esempio, quando narra di una bambina
che non si curava di essere al centro dell'attenzione, amante della musica, la
cui passione per il teatro si sviluppa più tardi nell'adolescenza, oppure
quando racconta delle prime incursioni nella vita artistica, con l'invito a partecipare
alla rivista da camera Es liegt in der Luft (È nell'aria), in cui emerge chiaramente il suo talento.
Ma è grazie ai principali ruoli interpretati da Marlene Dietrich che Hessel
dipinge la sua figura con maggiore efficacia: primo fra tutti il già citato Angelo Azzurro di Josef von Sternberg, il film di Marlene Dietrich per
antonomasia, a cui è proprio la diva berlinese a dare il grande successo
mondiale. Bellissima, intensa, ammaliatrice, circondata da un magico mondo di
fiera, Lola spinge lentamente l'uomo che la ama sull'orlo del baratro, ma non
se ne compiace affatto, anzi cerca in tutti i modi di farlo abituare al proprio
stile di vita, anche se il tragico epilogo è ineluttabile. Il viso dell'attrice
si rivela particolarmente adatto a incarnare questo personaggio, con i suoi
lineamenti volitivi e nello stesso momento dolci, l'espressione degli occhi
magnetici. Un'altra interpretazione che ha colpito Franz Hessel è quella nel
film Marocco, che ha permesso a Marlene
Dietrich di essere conosciuta negli Stati Uniti. Lo scrittore sembra esserne
abbagliato: la canzonettista francese superficiale e frivola che si reca nel
paese nord africano e si lascia lusingare da un viveur che le offre una vita lussuosa... ma l'implacabile
seduttrice cade sedotta sotto l'invincibile forza dell'amore, infatti
abbandonerà tutto per seguire un gruppo di soldati legionari che attraversano
il deserto del Sahara, fra cui c'è il giovane di cui si innamora follemente.
Hessel si concentra qui sul suo sguardo, in cui “compaiono nuove
dissimulazioni e rivelazioni […]: osservazione ostinata, terrore per il proprio
dolore, gioia angosciosa nell'eroismo, inerme dedizione.”
In questo breve libro, quindi, sono i
film gli strumenti che ci permettono di “comporre” un ritratto di Marlene Dietrich:
ovviamente la figura che viene abbozzata è filtrata attraverso gli occhi di
uno spettatore (per quanto scrittore di
talento) e quindi può risultare parziale e “bidimensionale” (in questo anche la
brevità dell'opera gioca un ruolo); ma nell'ultimo capitolo ritroviamo alcune
riflessioni che aiutano a comprendere meglio come probabilmente era Marlene
Dietrich, per lo meno nei primi anni della sua carriera. Hessel ha
l'opportunità di conoscerla a Berlino e la incontra proprio nella stanza dei
giochi della figlia, avendo così l'opportunità di assistere a un'inedita scena
familiare fra mamma e bimba. Ne scaturisce un'interessante osservazione; scrive
infatti: «In questa scena è stato possibile scorgere molti volti che non
abbiamo potuto conoscere da nessuno dei suoi ruoli. “Che cosa sappiamo di
questa donna?”, mi sono chiesto. È il
destino e forse anche un po' il lavoro delle grandi attrici del cinema, quello
di essere confuse con i personaggi che interpretano». Non si può che essere
d'accordo con questo, oggi come allora, una grande attrice è identificata dai
ruoli interpretati, e quasi si stenta a credere che anche una donna così
eccezionale può vivere una quotidiana lontana dalle luci della ribalta.
Particolarmente calzante a questo proposito è anche il seguente passaggio: «Mentre
la bimba tende la mano ai suoi giocattoli, Marlene dice: “Se ritenete giusto
raccontare la gente alla gente qualcosa della mia vita personale, allora per
favore, dite che lì” indica la bambina “c'è la cosa più importante della mia
vita”».
Concludo scrivendo che l'opera di
Franz Hessler, pur con i suoi limiti, ha per me un pregio: mi ha infatti così
incuriosito da voler riscoprire i film di questa grande attrice, per conoscere
meglio una grande protagonista della cultura europea.
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