Alabama Song - Gilles Leroy
Montgomery,
Alabama, 1918. Quando Zelda, la "Bella del Sud", incontra il
sottotenente Scott Fitzgerald, la sua vita subisce una svolta decisiva. Lui ha
giurato a se stesso di diventare scrittore, e in effetti il suo primo romanzo è
un successo strepitoso. La coppia diventa un'icona dell'alta società newyorkese
e dei ruggenti anni Venti. Ma Scott e Zelda sono poco più che dei bambini e,
gettati nel falò della vita mondana, non tardano a bruciarsi le ali. Costruito
come un diario in cui si miscelano elementi biografici e fantastici, e
inframmezzato da immaginari colloqui della protagonista con gli psichiatri che
l'ebbero in cura, "Alabama song" è la cronaca di una corsa a
perdifiato incontro alla follia.
Editore: Dalai Editore
Editore: Dalai Editore
Pagine: 213
Prezzo: 11.90 euro
A cura di Glo in Stockholm
Voto:
Frances
Scott Fitzgerald e Zelda Sayre, coppia mitica dei Roaring Twenties, sono
forse il simbolo di un'epoca leggendaria, caratterizzata da lusso,
sregolatezza, proibizionismo (con il suo fiorire di personaggi loschi, come i
contrabbandieri di alcolici) e anche dalle Flappers, le donne giovani e
disinibite, con i capelli corti alla “maschietta” e la sigaretta in bocca,
irresistibilmente peccaminose agli occhi dell'America puritana del tempo. È
proprio quest'epoca a fare da sfondo ad Alabama Song, romanzo che Gilles Leroy scrive dando voce alla
“Bella del Sud” per antonomasia, Zelda Sayre, moglie di Francis Scott
Fitzegerald, uno degli scrittori più grandi del XX° secolo. Leroy si prefigge
un obiettivo ambizioso: quello di consentire alla “sua” Zelda di narrare la storia della propria vita,
irrimediabilmente cambiata e sconvolta dall'incontro con l'autore di “Tenera
è la notte”. Emerge così una figura di donna eccezionale, intelligente e
vivace, ingorda di vita e di esperienze, vibrante come una fiamma, ma che
racchiude in sé il germe di una disperata follia che la porterà a trascorrere
gli ultimi anni di vita in una casa di cura, dove troverà la morte nel 1948.
Il romanzo si sviluppa come se fosse
una sorta di diario, in cui si intrecciano due piani temporali: al racconto
degli anni della giovinezza trascorsa con Fitzegerald (i primi incontri, il
matrimonio, la vita in Europa, il tradimento, la passione tardiva per la danza)
si affianca quello delle vicende degli anni 40, caratterizzati dalle crisi, dai
ricoveri e dai colloqui con i vari psichiatri.
La
Zelda di Alabama Song è una figura interessante; fin dalle prime pagine appare una ragazza determinata e
anti-conformista, bellissima e corteggiata, fortemente attratta dal giovane
tenente Francis Scott Fitzgerald che, come lei, è ambizioso, avido di vita e
pervaso da una vena di instabilità sempre più evidente con il trascorrere degli
anni. Zelda ne è conquistata, lo ritiene a lei “affine”, un compagno con cui
condividere una vita fuori dal comune: “Sono figlia di genitori vecchi.
Quanto a questo, Scott e io siamo uguali: figli di vecchi tutti e due. I figli
di vecchi sono tarati, dice Scott”... Io
sono una ragazza dura (no, non crudele) e il mio fidanzato, così fresco, così
fiammante, in guerra non ci andrà mai. Non so che farmene della sua paga o dei
suoi futuri galloni: per noi due ho altri progetti. L'Europa, l'avremo.
Sbarcheremo, ma dal ponte di prima classe. E senza uniforme.”
Proseguendo
nella lettura del romanzo, si
tratteggia sempre di più la complessità del rapporto fra i due: Fitzgerald è
contraddittorio, vuole sposarla per poi smentirsi il giorno dopo, le dice che
non gli importerebbe se morisse, ma non sopporterebbe di vederla sposata a un
altro uomo, la sbeffeggia con dettagli della loro relazione intima; Zelda
invece è inquieta, forse stanca di tanta incertezza, ma desiderosa di fuggire
dal soffocante caldo del Sud. Si uniscono in matrimonio sotto l'egida della
grande ambizione entrambi... ed è grande la malinconia che pervade le pagine
del libro da questo punto in poi. Leroy è stato abile nel trasmettere un senso
di ineluttabilità, di un destino implacabile e fatale che contiene in sé il
germe di una fine tragica e prematura. Nella realtà, per il loro bene,
probabilmente sarebbe stato meglio per Zelda e Fitzgerald non incontrarsi mai:
troppo simili nella loro tendenza autodistruttiva ("Ah! Goofo, la mia
Bambola, il mio Buffone!... Eravamo così simili, lui e io, lo eravamo dalla
nascita, due ballerine mondane, due figli di vecchi, due bambini viziati,
insopportabili e, tutti e due, mediocri a scuola, una coppia di brillanti 'potrebbe-fare-di-più', due creature insaziabili e condannate a rimanere
deluse". Pag. 47), smodati e portati agli
eccessi, per loro una vita serena insieme non era possibile, eppure, la
sensazione è che non avrebbero potuto fare altrimenti: dovevano incontrarsi,
era scritto così. Belli e dannati, indissolubilmente legati anche quando ormai
sono lontani, è anche grazie alla loro storia (d'amore forse, di dipendenza
sicuramente) che oggi possiamo leggere capolavori come “Il grande Gatsby” e
“Tenera è la notte”. Non è affatto un mistero infatti che Fitzgerald abbia
utilizzato parti del diario della moglie nei suoi scritti (“Belli e Dannati”,
n.d.r.), e sebbene all'inizio Zelda fosse felice di aiutare al marito, con il
passare del tempo era sempre meno disposta a lasciarsi “derubare”, come
dichiara lo stesso Gilles Leroy in un'intervista concessa al sito Dalai Blog
Editore (clicca qui per leggere l'intervista completa).
Andando avanti, il libro assume un
tono a tratti onirico e visionario, permettendo alla voce ormai sempre più
fioca di Zelda di prendere forza e continuare il proprio disperato racconto:
l'instabilità del marito, la sua amicizia “particolare” che egli tesse con lo
scrittore Lewis O'Connor (pseudonimo che l'autore ha deciso di usare per Ernest
Hemingway, riconoscibilissimo quando si parla di amore per la corrida..!), la
passione per il proprio amante francese, la sottile vendetta di Fitzgerald che
la fa internare... e forse è vero quanto è riportato sulla seconda di copertina
Zelda Sayre, moglie infelice e tormentata, era davvero una donna con la “sola
colpa di essere nata con qualche decennio di anticipo”. Ribelle contro le
convenzioni della società, ma troppo immersa nella società stessa per uscirne,
era come una farfalla splendente che, attirata dalla luce dell'idolo (come lo chiama a
pag. 183 quando viene a conoscenza della sua morte) alla fine è rimasta folgorata.
Probabilmente Alabama Song non è un libro imperdibile, ma, se come me amate la storia
di Goofo & Zelda, credo comunque che
meriti di essere letto, non fosse altro che per il ritratto profondamente
umano, misero e insieme grandioso, di Mrs. Fitzgerald. Come conclude Gilles
Leroy: "Addio Zelda. È stato un onore.
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