sabato 26 gennaio 2013

Recensione di "Alabama Song" di Gilles Leroy



Alabama Song - Gilles Leroy


Montgomery, Alabama, 1918. Quando Zelda, la "Bella del Sud", incontra il sottotenente Scott Fitzgerald, la sua vita subisce una svolta decisiva. Lui ha giurato a se stesso di diventare scrittore, e in effetti il suo primo romanzo è un successo strepitoso. La coppia diventa un'icona dell'alta società newyorkese e dei ruggenti anni Venti. Ma Scott e Zelda sono poco più che dei bambini e, gettati nel falò della vita mondana, non tardano a bruciarsi le ali. Costruito come un diario in cui si miscelano elementi biografici e fantastici, e inframmezzato da immaginari colloqui della protagonista con gli psichiatri che l'ebbero in cura, "Alabama song" è la cronaca di una corsa a perdifiato incontro alla follia.
Editore: Dalai Editore
Pagine: 213
Prezzo: 11.90 euro




A cura di Glo in Stockholm



Voto: 


Frances Scott Fitzgerald e Zelda Sayre, coppia mitica dei Roaring Twenties, sono forse il simbolo di un'epoca leggendaria, caratterizzata da lusso, sregolatezza, proibizionismo (con il suo fiorire di personaggi loschi, come i contrabbandieri di alcolici) e anche dalle Flappers, le donne giovani e disinibite, con i capelli corti alla “maschietta” e la sigaretta in bocca, irresistibilmente peccaminose agli occhi dell'America puritana del tempo. È proprio quest'epoca a fare da sfondo ad Alabama Song, romanzo  che Gilles Leroy scrive dando voce alla “Bella del Sud” per antonomasia, Zelda Sayre, moglie di Francis Scott Fitzegerald, uno degli scrittori più grandi del XX° secolo. Leroy si prefigge un obiettivo ambizioso: quello di consentire alla “sua” Zelda  di narrare la storia della propria vita, irrimediabilmente cambiata e sconvolta dall'incontro con l'autore di “Tenera è la notte”. Emerge così una figura di donna eccezionale, intelligente e vivace, ingorda di vita e di esperienze, vibrante come una fiamma, ma che racchiude in sé il germe di una disperata follia che la porterà a trascorrere gli ultimi anni di vita in una casa di cura, dove troverà la morte nel 1948.
Il romanzo si sviluppa come se fosse una sorta di diario, in cui si intrecciano due piani temporali: al racconto degli anni della giovinezza trascorsa con Fitzegerald (i primi incontri, il matrimonio, la vita in Europa, il tradimento, la passione tardiva per la danza) si affianca quello delle vicende degli anni 40, caratterizzati dalle crisi, dai ricoveri e dai colloqui con i vari psichiatri.  

La Zelda di Alabama Song è una figura interessante; fin dalle prime pagine  appare una ragazza determinata e anti-conformista, bellissima e corteggiata, fortemente attratta dal giovane tenente Francis Scott Fitzgerald che, come lei, è ambizioso, avido di vita e pervaso da una vena di instabilità sempre più evidente con il trascorrere degli anni. Zelda ne è conquistata, lo ritiene a lei “affine”, un compagno con cui condividere una vita fuori dal comune: “Sono figlia di genitori vecchi. Quanto a questo, Scott e io siamo uguali: figli di vecchi tutti e due. I figli di vecchi sono tarati, dice Scott”...  Io sono una ragazza dura (no, non crudele) e il mio fidanzato, così fresco, così fiammante, in guerra non ci andrà mai. Non so che farmene della sua paga o dei suoi futuri galloni: per noi due ho altri progetti. L'Europa, l'avremo. Sbarcheremo, ma dal ponte di prima classe. E senza uniforme.”

Proseguendo nella lettura del romanzo, si tratteggia sempre di più la complessità del rapporto fra i due: Fitzgerald è contraddittorio, vuole sposarla per poi smentirsi il giorno dopo, le dice che non gli importerebbe se morisse, ma non sopporterebbe di vederla sposata a un altro uomo, la sbeffeggia con dettagli della loro relazione intima; Zelda invece è inquieta, forse stanca di tanta incertezza, ma desiderosa di fuggire dal soffocante caldo del Sud. Si uniscono in matrimonio sotto l'egida della grande ambizione entrambi... ed è grande la malinconia che pervade le pagine del libro da questo punto in poi. Leroy è stato abile nel trasmettere un senso di ineluttabilità, di un destino implacabile e fatale che contiene in sé il germe di una fine tragica e prematura. Nella realtà, per il loro bene, probabilmente sarebbe stato meglio per Zelda e Fitzgerald non incontrarsi mai: troppo simili nella loro tendenza autodistruttiva ("Ah! Goofo, la mia Bambola, il mio Buffone!... Eravamo così simili, lui e io, lo eravamo dalla nascita, due ballerine mondane, due figli di vecchi, due bambini viziati, insopportabili e, tutti e due, mediocri a scuola, una coppia di brillanti  'potrebbe-fare-di-più', due creature insaziabili e condannate a rimanere deluse". Pag. 47), smodati e portati agli eccessi, per loro una vita serena insieme non era possibile, eppure, la sensazione è che non avrebbero potuto fare altrimenti: dovevano incontrarsi, era scritto così. Belli e dannati, indissolubilmente legati anche quando ormai sono lontani, è anche grazie alla loro storia (d'amore forse, di dipendenza sicuramente) che oggi possiamo leggere capolavori come “Il grande Gatsby” e “Tenera è la notte”. Non è affatto un mistero infatti che Fitzgerald abbia utilizzato parti del diario della moglie nei suoi scritti (“Belli e Dannati”, n.d.r.), e sebbene all'inizio Zelda fosse felice di aiutare al marito, con il passare del tempo era sempre meno disposta a lasciarsi “derubare”, come dichiara lo stesso Gilles Leroy in un'intervista concessa al sito Dalai Blog Editore (clicca qui per leggere l'intervista completa).

Andando avanti, il libro assume un tono a tratti onirico e visionario, permettendo alla voce ormai sempre più fioca di Zelda di prendere forza e continuare il proprio disperato racconto: l'instabilità del marito, la sua amicizia “particolare” che egli tesse con lo scrittore Lewis O'Connor (pseudonimo che l'autore ha deciso di usare per Ernest Hemingway, riconoscibilissimo quando si parla di amore per la corrida..!), la passione per il proprio amante francese, la sottile vendetta di Fitzgerald che la fa internare... e forse è vero quanto è riportato sulla seconda di copertina Zelda Sayre, moglie infelice e tormentata, era davvero una donna con la “sola colpa di essere nata con qualche decennio di anticipo”. Ribelle contro le convenzioni della società, ma troppo immersa nella società stessa per uscirne, era come una farfalla splendente che, attirata dalla luce dell'idolo (come lo chiama a pag. 183 quando viene a conoscenza della sua morte) alla fine è rimasta folgorata.
Probabilmente Alabama Song non è un libro imperdibile, ma, se come me amate la storia di Goofo  & Zelda, credo comunque che meriti di essere letto, non fosse altro che per il ritratto profondamente umano, misero e insieme grandioso, di Mrs. Fitzgerald. Come conclude Gilles Leroy: "Addio Zelda. È stato un onore.

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