La
casa editrice Neri
Pozza
inizierà il 2013 con una nuova sfida, volta ad annoverare fra i suoi
titoli anche la narrativa italiana. La notizia giunge da
un’intervista di Affaritaliani.it a Giuseppe
Russo,
dal 2000 direttore editoriale del marchio milanese. Giustificando
questa scelta editoriale con la convinzione che possa esistere in
Italia una narrativa
d’eccellenza
che possa competere con quella straniera, spesso di dubbio valore
letterario e destinata ad essere mero prodotto di consumo. Ma non è
tutto, Russo annuncia anche l’istituzione
del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza
riservato esclusivamente a opere inedite di narrativa italiana e
volto a premiare la qualità:
“Noi
ci concepiamo, anzi, come un’autentica casa editrice di tendenza,
poiché raccogliamo quella che, per noi, è davvero l’ultima novità
sulla scena letteraria internazionale: il ritorno al romanzo,
all’essenza più propria del romanzo: il conflitto tra l’io e il
mondo, tra personaggi alla ricerca della propria identità e il
mondo, narrato attraverso un’ampia storia a più voci. (…) Vedo
già affacciarsi una nuova generazione di scrittori non irretita dal
conflitto descritto, una generazione che non “gaddeggia” e,
soprattutto, che non scimmiotta gli americani come i giovani delle
ultimissime stagioni del secolo scorso".
Ad
occuparsi della scelta degli autori italiani da “catalogare” è
il consulente Francesco
Durante,
lui stesso scrittore e colonna portante del Corriere del Mezzogiorno.
Ad ora sono sei gli autori che sono stati scelti per inaugurare
questa nuova linea editoriale, di cui due già noti: Paolo
Piccirillo
con “La
terra del Sacerdote” e
Francesco
Formaggi
con “Birignao”.
Per
quanto riguarda la narrativa straniera, Neri Pozza pubblicherà i
nuovi romanzi di Harding,
Tsiolkas
e degli esordienti Kracht,
St
Aubyn
e Kingsolver.
L’intervista
poi procede con un bilancio del progetto
BEAT,
che nel 2012 ha proposto una narrativa
tascabile rilegata al prezzo di 9,90 euro,
che è stato assolutamente positivo, nonostante l’evidente crisi
del settore editoriale e vedrà presto la pubblicazione della nuova
edizione de “Un
uomo da marciapiede”
di James
Leo Herlihy.
Vorrei
concludere riportando la parte finale dell’intervista, dove Russo
parla degli evidenti
disagi apportati all’editoria italiana dopo l’introduzione della
legge Levi:
“Si
dirà, in Italia è stata introdotta la legge Levi che doveva
esattamente frenare la ricorsa del mercato all’abbassamento del
prezzo. Ora, è evidente a questo punto che questa legge non è
riuscita nel suo compito. Concedere di scontare al 25% singoli libri,
imprint interi, collane, sezioni e piccole parti di catalogo
significa dare la possibilità ai grandi agglomerati editoriali di
essere in eterna campagna 11 mesi all’anno e di trasformare, com'è
accaduto, le librerie in scontifici, con tutti i principali banconi
occupati da libri col prezzo tagliato. Alla Legge Levi si è poi
aggiunta l'iniziativa, fatta subito propria, come si diceva, dalla
totalità dei grandi gruppi, di offrire hardcover al prezzo di 9,90.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il mercato del libro in
Italia si avvia a diventare un gigantesco mass-market di libri di
fiction commerciale e di saggistica di current affairs a basso
prezzo. In questo tipo di mercato un centinaio di libri, generalmente
di mero intrattenimento - romanzi rosa, opere di comici, gialli -
realizzano cifre adeguate, il resto arranca. Arrancano poi
soprattutto le librerie che, con margini notevolmente ridotti,
chiudono. (…)
Ma
noi siamo ormai un paese in cui una dichiarazione come quella della
ministra della cultura francese ("L'intervento dello Stato nella
cultura non è una questione morale, semplicemente solo così il
sistema può funzionare") susciterebbe immediato scandalo e
innescherebbe una rivolta tra i sostenitori del libero mercato di
casa nostra, entusiasti come tutti i neofiti e gli ultimi arrivati".
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