A cura di Glo in Stockholm
Avete mai pensato a quanto sia importante la traduzione quando si legge un'opera straniera? Vi siete mai soffermati a pensare che il traduttore non si limita semplicemente a “volgere” il libro dalla lingua madre a quella di arrivo, ma che compie un vero e proprio lavoro di mediazione fra noi e l'autore e che alla sua sensibilità sono affidati la resa dello stile originale dell'autore? Se avete risposto di sì, i miei complimenti, fate parte di quella rosa (ahimè ristretta) di lettori che riconosce a una professione importante e affascinante il giusto ruolo... Peccato che in Italia, anche a giudicare dai dati a nostra disposizione rivelati dall'AIE (Associazione Italiana Editori), nel giro di 15 anni (dal 1997 al 2012) le traduzioni sono diminuite sensibilmente, passando dal 25% a meno del 20%, con pesanti ripercussioni di carattere culturale e di circolazione delle idee. E qual è la ragione di questo calo? Che la traduzione costa! Risibile, se si pensa che i traduttori non percepiscono certo onorari da capogiro.
Ospitiamo in questo articolo
una bravissima traduttrice letteraria - che ho la fortuna di conoscere - che si è resa disponibile a rispondere ad alcune domande che spero
possano fornire informazioni interessanti sul mondo della traduzione
letteraria. Spero che emerga chiaramente quanto sia interessante la professione
del traduttore, ma quanto sia anche difficile e sottovalutata, e che questo
articolo contribuisca a smuovere un poco le opinioni dei lettori, che troppo
spesso paiono dimenticarlo.
Interview with...
Cristina Volpi
Traduttrice dal francese e
dall'inglese, Cristina Volpi collabora con case editrici del calibro di Sperling&Kupfer,
Sonzogno, Bompiani e Piemme. Tra le sue traduzioni più recenti, ricordiamo Le
cronache di Braveheart di Jack
Whyte, Il giardino delle erbe proibite di Deborah Harkness, Sei una Jackie o
una Marilyn? di Pamela
Keogh, La piccola sarta di Kabul di Gayle Tzemach Lemmon, La notte
degli innocenti di Kate
Mosse.
D: Innanzitutto Cristina,
potresti raccontare come è nata la tua passione per la traduzione, soprattutto
per la traduzione letteraria?
R: La mia passione per la
traduzione nasce inevitabilmente dalla passione per la lettura, per i libri e
per il mondo dell’editoria, il cui fascino mi ha stregata sempre più fino a
indurmi a desiderare di farne parte. La traduzione letteraria è un genere che,
a mio parere, rispetto alla traduzione tecnica e specialistica, sa coinvolgere
ed entusiasmare con più ardore, pur necessitando di ricerche e approfondimenti
talvolta in grado di sfiorare il tecnicismo.
D: Secondo te, quali sono
gli aspetti più coinvolgenti dell'attività del traduttore letterario? Quali invece le difficoltà?
R: L’aspetto più coinvolgente
di questa attività è senza dubbio la possibilità di calarsi nel testo e di
esserne, oltre che primariamente ed esclusivamente lettore, anche “voce”. Allo
stesso tempo la difficoltà è proprio trovare la tanto agognata voce narrante,
capace di trasmettere al lettore del testo tradotto le emozioni e le sensazioni
dell’originale, incappando nel minor numero possibile di tradimenti.
D: So che nel corso della
tua attività, hai avuto modo anche di conoscere gli scrittori di cui traducevi
le opere. Potresti raccontarci un episodio particolare?
R: Quando ho la possibilità di
farlo, cerco sempre di contattare l’autore del testo che devo tradurre perché è
sempre utile interrogarlo, scambiarsi opinioni o semplicemente cercare
conferme. Oltre ai contatti virtuali, mi è capitato di conoscere personalmente
l’israeliano Radu Mihaileanu, in primo luogo regista del noto film Train
de vie e autore di Vai e Vivrai, testo da me tradotto e dal quale ha
poi ideato il film omonimo uscito nel 2005. Ci siamo visti in occasione di una
presentazione del libro in cui lo scrittore era intervistato da Moni Ovadia, il
cui cognome peraltro – pessima ironia della sorte – risultava citato e
storpiato nel testo italiano a causa di un refuso dovuto al correttore
grammaticale automatico. Radu è stato felice di conoscere la sua voce italiana,
come del resto tutti gli altri scrittori che ho avuto modo di contattare. Si
sono mostrati per lo più disponibili a comprendere le difficoltà legate al
passaggio da una lingua all’altra, cosa non sempre semplice per chi non ha la
padronanza di entrambe. Altra autrice a me molto cara, che ha con mia grande
sorpresa chiesto esplicitamente che fossi io a tradurre anche la sua seconda
opera, è Isabel Losada, scrittrice londinese con la quale sono rimasta
in contatto e con la quale è nata un’immediata simpatia personale, oltre che
professionale.
D: Sono in molti a pensare
erroneamente che un bravo traduttore debba essere praticamente bilingue mentre, in realtà, l'ottima conoscenza della lingua straniera è sì un requisito
fondamentale, ma entrano in gioco anche altri fattori. Secondo te quali sono le
doti di un buon traduttore letterario?
R: Parlando di lingue di lavoro,
è necessario partire dal presupposto che un’ottima conoscenza della lingua
straniera di partenza è fondamentale, ma mai quanto è d’obbligo una perfetta e
impeccabile padronanza lessicale e grammaticale della lingua d’arrivo, in
genere la propria lingua madre. Ecco dunque la prima sostanziale dote di un
buon traduttore letterario: conoscere, amare e sapere plasmare la propria
lingua con brio e passione. Imprescindibile poi è la capacità di acuire i sensi
per entrare in sintonia con il testo: bisogna riuscire a sentire voci, suoni,
odori, sapori; essere in grado di notare colori e sfumature, oltre che di dare
libero corso all’intuito e alla sensibilità. Mi piace partire da doti di cuore
come quelle citate, ma naturalmente mai dare per scontate una buona
preparazione teorica (la teoria della traduzione è una scienza giovane ed
emergente ma ormai ben affermata), lo studio continuo della lingua (straniera e
non), la pratica dell’attività traduttiva e l’attenzione maniacale alla
revisione del proprio lavoro.
D: Che cosa consiglieresti a
un/a giovane che vorrebbe intraprendere questa professione?
R: Consiglio senza dubbio di
frequentare una scuola di traduzione in cui, in genere, i docenti sono
traduttori professionisti che vivono il mondo della traduzione in prima
persona, dettaglio non da poco. L’improvvisazione nel mondo della traduzione la
fa spesso da padrona, ma di certo non paga. Consiglio inoltre di capire se è
davvero l’attività adatta a se stessi: tradurre comporta ore di ricerche a cui
appassionarsi, ore di lavoro solitario a cui dedicarsi con la mente e con il
cuore e ore di revisione che – se non avessimo scadenze da rispettare –
diventerebbero infinite. Se tutto ciò non risulta allettante, è poco probabile
che quella del traduttore sia la professione ideale. Solo con una motivazione
forte si hanno risultati apprezzabili e soprattutto solo con la passione la
traduzione prende vita e il libro nasce una seconda volta.
D: Hai parlato di formazione
presso serie scuole di traduzione... quindi, “vade retro” a tutte quelle
sedicenti società che promettono di entrare nel mondo della traduzione
editoriale, ma nel contempo chiedono di frequentare costosi corsi come
condizione necessaria per entrare nella loro banca dati. Quanto è diffuso
secondo te questo fenomeno? Conosci qualche traduttore letterario che è
incappato in questo genere di situazioni?
R: Per tradurre letteratura è
necessario avere coscienza di presupposti legati a un’analisi testuale
approfondita e a tecniche diversificate anche secondo la combinazione
linguistica di lavoro che si adotta. Tutto ciò non può e non deve essere
improvvisato né, a maggior ragione, travisato da chi non è né esperto né
cultore della materia. Ho sentito parlare di corsi da frequentare alle spese
dei poveri candidati per posizioni lavorative che non si concretizzeranno mai:
non conosco traduttori che siano incappati in situazioni simili, ma posso
garantire che circostanze del genere non costituiscono un approccio serio
all’attività della traduzione. Per collaborare con una casa editrice è
necessaria la costanza e la pazienza di cercare contatti personali con gli
editor di narrativa straniera o con i responsabili delle traduzioni, chiedendo
di essere sottoposti a una prova di traduzione. Personalmente ho insistito
per ottenere una collaborazione per più di un anno e mezzo, a suon di prove di
traduzione, e – per fortuna mia o per sfinimento loro – alla fine la
collaborazione è nata e ha dato frutto.
D: Parlando dei guadagni...
quanto viene mediamente pagato un traduttore letterario? La tariffa viene
influenzata da fattori quali la combinazione linguistica?
R: Un traduttore letterario
viene pagato a cartella o a forfait. Si conta una cartella letteraria ogni 2000
battute spazi inclusi e la retribuzione di un traduttore – con grandi capacità
ma fama medio-bassa – varia da 7-8 euro a 13-15 euro a cartella. Con le
traduzioni pagate a forfait – in genere libri di grossa taglia – si guadagna
ancor meno. La tariffa viene senz’altro influenzata dalla combinazione
linguistica, vale a dire concretamente dalla difficoltà a reperire un
traduttore bravo che traduca da lingue meno ovvie; viene influenzata anche
dall’andamento del mercato librario e dalla politica interna della singola casa
editrice.
D: Quindi, Cristina, ci pare
di capire che il lavoro del traduttore letterario è sì molto affascinante, ma
certamente non facile né molto considerato purtroppo. Da professionista, non
credi si tratti di un ruolo sottovalutato? Penso per esempio, alla mancanza di
un ordine professionale, ma non solo... eppure una buona traduzione è un
elemento fondamentale per il successo del libro. Che cosa ne pensi a proposito?
R: A questo proposito mi
permetto di raccontare un aneddoto che mi è successo nel 2005, quando ho
cominciato a tradurre. Mi ero rivolta a un commercialista per capire quali
fossero i passi da compiere dal punto di vista fiscale per svolgere un’attività
simile, non esistendo – come dici giustamente tu – un albo dei traduttori
ufficiale. La persona con cui ho parlato, non avendo nemmeno ben chiaro quale
fosse il mio lavoro, mi ha salutata con questa frase che credo non dimenticherò
mai: “Per ora procediamo così e speriamo sia giusto. Poi quando troverà un
lavoro vero ne riparleremo”. Un non-lavoro: ecco come viene considerata la
traduzione, letteraria in special modo. Attualmente esistono alcune
associazioni di traduttori professionisti che danno sostegno di ogni tipo a
chiunque si accinga a svolgere la professione ma, naturalmente, trovo
scandaloso che sia un’attività poco riconosciuta e ignorata.
D: Se non sbaglio, spesso
all'estero il nome del traduttore appare in copertina, mentre in Italia quasi
si rischia di non essere nominati... fatto per me molto increscioso. Pensi che
ci potrà essere un cambio di atteggiamento nel nostro mercato editoriale oppure
siamo ancora lontani dall'allinearci?
R: La comparsa del nome del
traduttore è una questione alquanto spinosa. Il contratto che firmiamo
specifica che il nostro nome comparirà sull’opera tradotta ma, naturalmente, non
specifica dove. Quindi è vero che talvolta la ricerca diventa complicata. Poche
case editrici riportano il nome del traduttore ben visibile sotto il titolo
interno del libro, mentre la maggior parte lo inserisce tra le annotazioni
redazionali, trasformandolo così in un’informazione tra le tante e persino
difficile da reperire. Non so dire da cosa dipenda l’atteggiamento italiano –
storico, ahimè – nei confronti della traduzione, ma posso dire per certo che
molti lettori non si rendono affatto conto di ritrovarsi tra le mani un libro
tradotto e, seppur di fronte a un autore straniero, non si pongono il problema.
Mi chiedo, a questo punto, se l’idea dell’importanza della traduzione potrà mai
passare in primo piano.
Ringrazio Cristina per la sua
disponibilità e per la chiarezza con cui ha esposto i suoi punti di vista,
rinnovandole l'invito a venirci a trovare sul blog, e perché no, a intervenire
ogni tanto per fornire preziosi consigli di lettura!
Vi informo inoltre che la
situazione della traduzione letteraria è stata oggetto anche di una puntata
della trasmissione Fahrenheit di Radio 3, a cui hanno partecipato traduttori
del calibro di Yasmina Melaouah e Ilide Carmignani. Potete accedervi cliccando qui.
E mi raccomando, la prossima
volta che leggete una traduzione, cercate il nome del traduttore!!
Fantastica questa intervista, grazie mille!
RispondiEliminaIo aspiro a diventare una traduttrice, e sto sviluppando di conseguenza il mio percorso universitario. Sono comunque cosciente delle difficoltà che ci saranno in futuro ma, in fondo, in questo momento non c'è nulla di facile in campo lavorativo :)