giovedì 17 marzo 2011

Recensione Winter



( Trovi qui le info e la trama)


Voto:

Una copertina bellissima e accattivante, uno stile scorrevole e una mole che non spaventa nonostante le 485 pagine. Winter si presenta come un libro che avrebbe tutte le carte in regola per sfondare e dare inizio ad una buona saga, ma, leggendolo, non possiamo non rintracciarvi qualche difetto che ha minato la possibilità di un voto più alto.

Winter è una ragazza di sedici anni dai grandi occhi color argento, che vive con la nonna a Londra. Nei primissimi capitoli del romanzo, a causa di un malore e del ricovero in ospedale di questa, non avendo altri parenti Winter deve trasferirsi nella tranquilla Cae Mefus (in Galles), ospite dei Chiplin, una famiglia del luogo. La sistemazione le viene descritta dalla sua avvocatessa, Susan Brandon, come assolutamente temporanea e la ragazza non vede l’ora di tornare alla sua vita normale. Nel frattempo deve però affrontare una nuova vita scolastica ed Eleri, una dei tre figli dei signori Chiplin –insieme all’affascinante Gareth e al piccolo Dai- non esita a presentarle più o meno tutta la scuola. Gli unici che non sembrano degni della loro attenzione e che tutti evitano sono i Nox, un gruppo di ragazzi che, per quanto belli e intelligenti, vengono canzonati ed emarginati. Gente, insomma, da cui si deve stare assolutamente alla larga, nonostante nessuno voglia spiegare a Winter perché. Ma è proprio con uno di loro, Rhys, che la ragazza vive un’esperienza… “particolare”.
Un solo incontro in un corridoio deserto basta a sconvolgere la vita di entrambi… presi da un contatto impalpabile ma inspiegabilmente profondo, i due ragazzi sentiranno di essere indissolubilmente legati l’uno all’altra.
La vita a Cae Mefus non è però così tranquilla come sembra, e alcune aggressioni, di cui una è persino vittima Winter, sconvolgono la pacifica cittadina. Sarà così che Winter scoprirà incredibili verità su quella che è la sua vera natura, sulla morte dei genitori, ma, soprattutto, sui suoi rapporti con Rhys… impossibili quanto pericolosi.

Lo stile della Greenhorn è molto fluido e pulito, esente da particolari lirismi o ghiribizzi –questo non vuol dire che sia scarna, anzi, dedica ampio spazio alle emozioni- ma la prima pecca che mi ha colpito del romanzo è stata la mancanza di descrizioni, che mi ha fatto soffrire molto.
Per esempio, dell’aspetto fisico di Gareth o Rhys non si sa quasi niente, eccetto che quest’ultimo ha gli occhi diaspro (colore non meglio identificato). Oppure, non sappiamo che forma abbia il ciondolo di Winter fino a circa metà libro, quando questo comincia ad assumere un valore determinante per la storia.
Sempre parlando dello stile, ho notato alcuni “cambi di punti di vista” effettuati non solo all’interno di uno stesso capitolo, ma addirittura nell’arco di poche righe, e che mi hanno spesso dato fastidio. Faccio un esempio:

Winter andò a sedersi sul gradino d’ingresso del Manaros, e rimase a fissare un punto imprecisato per terra con gli occhi lucidi.
Era l’unica rimasta, ed Evans la raggiunse poco dopo.
Non la conosceva, perciò non ebbe difficoltà a intuire che si trattasse della londinese appena trasferita.
- Come ti chiami?- le domandò in tono gentile accucciandosi di fronte a lei.
La osservò passarsi le mani tra i capelli prima di rispondere, tirandoseli dietro le orecchie con gesti incerti.

Avete notato qualcosa di particolare? Forse no, ma vi faccio notare una cosa: nella prima frase (e in tutte quelle precedenti che non ho riportato) il punto di vista è di Winter. Lei ha appena chiesto ad una sua amica, vittima di aggressione, come stesse, e adesso è avvicinata da un poliziotto, Evans. Immediatamente dopo, però, il punto di vista viene spostato da quello di Winter a quello di Evans, di cui l’autrice lascia trasparire i pensieri (Non la conosceva, perciò non ebbe difficoltà a intuire che si trattasse della londinese appena trasferita). Come a rafforzare questa impressione, la Greenhorn decide di scrivere: la osservò passarsi le mani tra i capelli. Vedete, non è Winter che, dal suo punto di vista (nell’ambito specifico viene abbreviato in P.D.V. o P.O.V.) sposta i propri capelli, ma è Evans che, dalla sua prospettiva, la osserva.
Questo “fenomeno”, comunque, si verifica molto spesso all’inizio del libro ma va man mano scomparendo.
Ci sono anche delle piccole critiche da fare dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi. Esattamente come Winter, sappiamo che i Nox sono dei ragazzi che vengono emarginati. Non si comportano male, non sembrano nemmeno così antipatici, eppure tutti li odiano e li disprezzano. Il problema della Greenhorn è che non ci dà degli elementi peculiari su cui basare la convinzione che i Nox siano davvero diversi (vampiri, l’avrete ormai capito): anzi, vengono descritti come dei ragazzi sì belli, ma assolutamente normali ed avvicinabili. I vampiri in generale, nel corso del libro, non hanno quasi niente che li faccia sembrare tali, oltre al fatto che bevano sangue da un elegante calice.
Non si fa accenno ad un vago pallore, ed essi camminano tranquillamente sotto il sole come comuni mortali, senza che però ce ne venga data una spiegazione.
Un capitolo a parte merita la storia tra Winter e Rhys: sebbene l’autrice descriva molto bene (e molto poeticamente) le loro emozioni, il loro innamoramento avviene quasi troppo in fretta e si fonda su sporadici episodi. Anche il tormentato evolversi della loro relazione avviene quasi in modo freddo, perché non vi sono solidi precedenti a cui il lettore può affezionarsi.
Ho inoltre notato una piccola incongruenza: l’aggressione di Winter nel bosco avviene per opera di un vampiro sano e nel pieno delle sue forze. Ma se nel caso dell’aggressione dell’amica Lorna occorrono sia Gareth che Farland (uno dei Nox) per stanare una vampira ridotta piuttosto male dalla fame, come mai nel caso dell’aggressione di Winter il solo Gareth (che è un comune umano) riesce a far fuggire un vampiro che se lo sarebbe potuto mangiare in un sol boccone?
La storia è comunque piuttosto originale e, se all’inizio può ricordare Twilight (una ragazza di città che si trasferisce in un paesino sperduto… l’incontro con un gruppo di studenti definiti anormali…) ha dei risvolti molto differenti e, devo dire, positivi.
Il fatto che ne abbia evidenziato i difetti non toglie che Winter sia un romanzo scorrevole e promettente, soprattutto dal punto di vista della trama che, sono convinta, ci riserverà molte sorprese.
Quelle che sono delle mancanze dovute all’inesperienza dell’autrice potranno facilmente  essere corrette nei prossimi libri. Se questo sarà fatto la saga potrà sicuramente arrivare a livelli molto più alti e, chissà, ottenere un successo pari o addirittura superiore a quello di molte stimate “colleghe”. 

3 commenti:

  1. E' a metà tra Twilight e Vampire Knight, mi è parso di capire.
    E una simile incapacità di gestire il punto di vista è *veramente* da pivellini. Nessun editor le ha dato una mano?

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  2. Sono sconcertata...le descrizioni sono importantissime, come fai a immaginarti un personaggio senza una caratterizzazione fisica? E il ciondolo è un elemento importante, io mi sono chiesta com'è solo leggendo la trama.
    Se deciderò di comprarlo spero di riuscire anch'io a passare sopra ai difetti e riuscire a godermi la storia.

    Emy

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  3. I libri migliori che ho letto e cito per tutti A Song of Ice and Fire mi sono piaciuti proprio perchè lasciavano intravedere pian piano i personaggi, le descrizioni, le implicazioni e sì, anche gli oggetti cruciali.
    Finalmente un libro che permette di immaginare...i personaggi crescono pian piano e si percepisce (voluto) il voler nascondere certi elementi.
    Davvero accattivante!

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