venerdì 18 marzo 2011

Ottavo appuntamento "Il Tempio degli otaku" In una lontana città





Scritto da Suymae Rossweisse.

Ciao a tutti! Questa è l'ottava volta che ci ritroviamo insieme per “Il tempio degli Otaku”; come passa il tempo, eh? Bene, oggi parliamo di un manga di nicchia. Niente paura: non una storia inedita in Italia con un pubblico di più o meno cinque persone, tra cui il mangaka e sua madre. Direi che nel suo ambiente è un manga conosciuto (ne hanno, tra l'altro, appena fatto l'adattamento filmico in francese), fatto da un autore conosciuto... peccato solo che questo ambiente non sia quello in cui sguazzano i lettori medi in genere più attratti da storie romantiche o di stampo fantastico e con target adolescenziale. Non che questo sia un male, però rischia di far dimenticare delle opere importanti che non avrebbero nulla di meno rispetto alle suddette opere adolescenziali anzi, ma che vengono sottovalutate e conosciute da poche persone. Lo scopo di questa rubrica è, almeno a mio parere, farvi scoprire nuovi manga – evitando il più possibile i soliti bestseller che conoscono anche i sassi – e cercare di farvi capire che attraverso il fumetto giapponese si possono raccontare tante trame tutte diverse tra loro, esattamente come la letteratura. Quindi, ben venga una storia più impegnata e più di nicchia, no? Ecco a voi “In una lontana città” di Jiro Taniguchi.

NOTA BENE: recentemente, in vista del succitato adattamento in chiave occidentale, il manga è stato ripubblicato con un altro titolo, “Quartieri lontani”. Tuttavia, poiché io ho conosciuto l'opera sotto l'altro nome (e perché mi piace di più il titolo vecchio!) continuerò a chiamarlo “In una lontana città”.

Hiroshi Nakahara è un uomo d'affari quarantottenne. Prende il treno per tornare a casa da un viaggio di lavoro, ma sorpresa: prende quello sbagliato. Si ritrova così nella sua città natale, Kurayoshi, da cui mancava da tanto tempo. Il nostro coglie così l'occasione per visitare la tomba di sua madre; ma, una volta al cimitero, si sente male e sviene.
Quando Hiroshi rinviene, scopre che è accaduta una cosa incredibile: pur mantenendo il cervello di un adulto ha di nuovo il corpo agile e scattante di un adolescente. Tutto il paese è tornato indietro nel tempo, nell'estate dei suoi quattordici anni. Sua madre è ancora viva, la sorellina è ancora una bambina... e suo padre è ancora a casa.
Quest'ultimo particolare è quello che colpisce di più il nuovo Hiroshi: originariamente, alla fine di quell'estate, il genitore si era allontanato da Kurayoshi senza che nessuno ne sapesse il motivo, e di lui si erano perse le tracce. Com'è ovvio tutta la famiglia, Nakahara compreso, ne aveva sofferto terribilmente.
Questa strana situazione però, cambia le carte in tavola per l'ex uomo d'affari il quale comincia ad avere per la testa alcune idee. Prima tra tutte, potrebbe sfruttare l'essere tornato indietro nel tempo per fermare il padre o quantomeno scoprire le ragioni della sua fuga, evitando così tanto dolore alla madre e alla sorella. Ma non è finita qui: Hiroshi inoltre potrebbe cercare di rifarsi una vita tutta nuova grazie alla maturità che allora non aveva, magari conquistando quella ragazza di cui si era tanto invaghito... Riuscirà Nakahara a manipolare il passato a suo vantaggio?

“In una lontana città” è formato da un unico volume. Non a caso molti lo classificano nel genere “graphic novel” che, come dice il nome, sono una sorta di romanzi a fumetti che possono essere sia occidentali che orientali (anche se prevalgono le prime). In ogni caso è molto difficile conciliare le esigenze del formato – storie corte, di un volume o giù di lì – con tutto quello che l'autore vuole esprimere, che in genere è troppo per lo spazio concesso. Bisogna fare dei compromessi, a volte tralasciando qualcosa per fare più luce su qualcos'altro. Piccola nota personale: in genere quelli tralasciati sono esattamente gli aspetti che volevo sapere di più, ma c'è da dire che come lettrice ho dei gusti piuttosto strani...
Chiudiamo la parentesi, va'. Per fortuna Jiro Taniguchi, complice anche una esperienza decennale nel campo della graphic novel, ha un ottimo senso del ritmo, e i compromessi con lo spazio ristretto sono ragionevoli.
In questa storia, l'aspetto sovrannaturale è soltanto un pretesto per soffermarsi sull'aspetto emozionale e psicologico della faccenda. Più che concentrarsi su come si sia verificata questa strana situazione – ve lo dico già da ora: non verrà mai spiegato – Taniguchi preferisce farci vedere come Hiroshi reagisce e si comporta. Da un lato abbiamo infatti un uomo adulto, che vuole sfruttare le conoscenze acquisite per cambiare il corso della sua vita, senza preoccuparsi più dello stretto necessario delle conseguenze sugli altri delle sue azioni; da un lato abbiamo comunque un adolescente, in un corpo di adolescente, alle prese con dei segreti più grandi di lui. Come fare con la sua nuova condizione? Può dirlo alle persone che gli stanno vicino, oppure no? E se sì: verrà creduto? Tutte domande che assillerebbero sia un adulto che un adolescente.
Ma quello non è l'unico segreto che Nakahara custodisce: nel corso della storia, infatti, verrà a sapere lati nascosti del proprio padre – i lati che lo porteranno ad andarsene alla fine dell'estate. Anche questo causerà problemi al nostro uomo: se all'inizio, come vi ho già detto, non aveva dubbi su quel che doveva fare – scoprire le ragioni che avevano portato suo padre ad allontanarsi, fermarlo, rendere tutti felici e contenti – in seguito Hiroshi comincerà a porsi domande, domande che riguarderanno più che altro la sua coscienza. E' giusto quello che vuole fare? O forse la verità sta nel mezzo, e non è esattamente quella che pensava a quattordici anni?
Nakahara, che in fondo voleva solamente cambiare gli altri, si ritroverà così a cambiare lui stesso, e  a mettere in dubbio il piano che prima sembrava l'unica alternativa possibile. Dovrà scegliere se metterlo in pratica o lasciare che tutto vada come era andato all'inizio; una scelta piuttosto difficile, come potrete capire.
Alla fine, il nostro Hiroshi sceglierà di... ci siete cascati, eh? No, cari miei, il finale non ve lo dico (anche se temo che lo avrete indovinato da un pezzo)! Come forse ho già detto altre volte, uno degli scopi di una recensione – almeno a mio parere – è quello di non dire tutto al lettore, ma dargli una piccola imbeccata, di spingerlo a cercare da sé quello che non c'è scritto qui: perché nessuna recensione, nemmeno la migliore possibile, potrà mai dire tutto quello che c'è da sapere su una determinata opera. Se mi passate il paragone, è un po' come i lati nascosti del padre di Nakahara: ci sono, ma sta a voi volerli scoprire...


E con questo, si chiude l'ottava puntata de “Il tempio degli Otaku”. Prima di lasciarci, però, un'ultima cosa: senza calcare troppo la mano con strumentalizzazioni o roba del genere, vorrei ricordare le vittime del terremoto e dello tsunami avvenuto la scorsa settimana in Giappone. Non vi lascio link per donazioni varie – non credo sia il mio compito, ed in ogni caso credo sappiate comunque trovarli, se li volete – ma vi inviterei comunque a pensarci un pochettino, senza troppo impegno. E' importante, non credete? Arrivederci alla prossima settimana!

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