In attesa dell' uscita di Winter, perché non deliziarci con i primi capitoli del romanzo? Messi a disposizione dalla pagina facebook della collana Shout di Mondadori, eccoli qui raccolti per voi... Buona lettura!
Prologo
L’ombra del vampiro sull’aggressione di Walton Street
Per le autorità l’ennesima montatura dei media
Il parere dell’esperto
“The Times”, 20 agosto 2009
Oxford
Dopo due giorni di ricovero torna a casa Laura Campbell, diciannove anni, la studentessa aggredita tra Walton e Cranham Street all’uscita del cinema. «È ancora sotto shock» ha dichiarato la sua famiglia. Il medico curante la definisce spaventata, ancora incapace di offrire una ricostruzione chiara del tragico episodio che l’ha vista protagonista. Ma il suo caso continua a destare scalpore per via delle prime
indiscrezioni trapelate. Sì, perché Laura avrebbe dichiarato di essere stata morsa alla gola da una sconosciuta alla fermata dell’autobus, prima che l’intervento tempestivo di un passante mettesse fine all’attacco. Un episodio di violenza conclusosi fortunatamente senza troppi danni, ma che getta la tranquilla cittadina universitaria nell’inquietudine. Pochissimi osano parlare apertamente del “vampiro di Walton” ma la voce si diffonde sussurrata. I meno impressionabili (e più cinici, ci viene da dire) addirittura ne ridono. Magari quegli stessi che dopo il calare del sole fanno in modo di trovarsi al riparo della propria abitazione.
Intanto la polizia viene sommersa di segnalazioni, per la maggior parte anonime e approssimative, di studenti e residenti che avrebbero visto la vampira o sentito parlare di lei. E lo stesso capita nelle redazioni dei giornali. «Questo è l’effetto del solito sciacallaggio mediatico, il risultato degli articoli sensazionalistici delle testate locali» dice il portavoce della polizia. «L’allarme è sproporzionato, infondato.»
Nelle sue dichiarazioni è ribadita la necessità di non lasciarsi prendere dal panico che genera falsi indizi, riducendo le possibilità di concludere quello che è solo un comune caso di violenza.
Spaventosa, certo. Ma semplice. «Stiamo seguendo una pista, e una ragazza che risponde alla
descrizione è attualmente in stato di fermo. Il resto è superstizione, leggenda metropolitana.»
Abbiamo chiesto un parere al professor Kevin McArthur, esperto di folklore, che proprio a Oxford insegna fin dal 1987. «Ciò che definiamo comunemente leggenda metropolitana è proprio una storia nata dalle ceneri della cronaca. Inizia magari per gioco e si diffonde con leggerezza fino a ricostruire la realtà
nell’immaginario pubblico urbano» spiega McArthur. «Nella nostra società, civile e moralmente codificata, simili episodi, terrificanti e privi di un movente logico, hanno un forte impatto. Da questo il fiorire di una mitologia contemporanea che dia una versione alternativa e più accettabile dei fatti, perché il colpevole
non può essere l’uomo della porta accanto: è necessario diventi il mostro, il diverso. Solo così si può ancora continuare a fingere che il male non arriverà mai a toccarci.»
Capitolo 1
Erano le dieci ma il sonno stava evaporando lentamente. Winter Starr mise da parte il quotidiano e contemplò tristemente i cereali zuppi che cominciavano ad affondare nel latte della tazza.
La sua colazione era ridotta in poltiglia. Ecco come cominciare male una giornata! protestò tra sé prendendone una cucchiaiata con diffidenza. Il riso soffiato produsse gli ultimi scoppiettii, poi tacque.
lasciandole almeno la consolazione di essere ancora in vacanza.
Winter si perse a elaborare progetti per la giornata, mentre il suo viso da bambina assumeva un’espressione troppo seria. C’erano tantissime cose che aveva rimandato fino ad allora: mostre da vedere, libri da leggere…
Oddio, lo shopping! ricordò d’improvviso. Ma come ha fatto Mad a incastrarmi di nuovo?
Mad – Madison Winston – era senza dubbio la sua migliore amica, e decisamente l’unica che riuscisse a trascinarla in giro per negozi quasi volentieri nonostante il caldo d’agosto.
Si erano conosciute il giorno stesso in cui era arrivata a Londra. Winter e la nonna avevano scaricato i primi bagagli dall’auto e Madison le aveva osservate per un po’ dalla finestra della casa accanto. Poi, come fosse la cosa più naturale del mondo, era andata ad aiutarle insieme a suo fratello.
Da lì, lei e Kenneth erano diventati un’estensione della famiglia, qualcosa che si mescolava misteriosamente al concetto di casa. Poi Kenneth aveva esteso quel concetto di clan anche ai suoi amici: Cob, Voice, Bad e Hard. Così, quando avevano messo in piedi una band metal, i Sin-derella, Winter si era ritrovata a essere la loro mascotte.
A farla riemergere dai suoi pensieri fu la voce della nonna.
— Hai già preparato i bagagli per la partenza, tesoro? — domandò Marion Starr entrando in cucina a passo spedito. Era una sessantenne piena di energia, e di sicuro amava viaggiare, dato che, prima di approdare definitivamente a Londra, aveva girato con lei tutto il Regno Unito.
— Sì, nonna. Spero di aver preso le cose giuste… Non mi hai neanche detto dove andiamo.
La donna la studiò per un istante, poi il suo sguardo si posò sul quotidiano abbandonato all’estremità del tavolo.
— Hai sempre preferito le sorprese, no? — replicò mettendoselo sotto il braccio.
I grandi occhi grigi di Winter sorrisero. Dal giorno in cui le aveva annunciato che avrebbero fatto un nuovo viaggio, nonna Marion era sempre stata vaga sulla loro meta.
— Stai uscendo?
— Sì, devo fare le ultime commissioni. E tu?
— Shopping con Madison. Deve procurarsi qualcosa di nuovo per il concerto dei Sin…
Marion Starr carezzò la massa scura dei suoi capelli.
— Ha ragione. È la prima volta che si esibiscono in un locale: bisogna festeggiare — disse dolcemente.
Sovrappensiero, sollevò la catenina d’argento che sua nipote portava sempre al collo. Il ciondolo che vi era appeso, una sferetta di cristallo sfaccettato, scintillò nella luce mattutina.
Marion lo osservò per qualche secondo. Poi gettò un’occhiata all’orologio e sospirò.
— Devo andare, se non voglio fare tardi. Ci vediamo nel pomeriggio?
Winter annuì.
— A dopo, nonna.
Lavò la tazza della colazione e, stiracchiandosi per bene un’ultima volta, si arrese all’idea di cominciare la giornata.
Capitolo 2
Marion Starr stava sbrigando le ultime commissioni al minimarket in fondo alla strada. Doveva fare in fretta
se voleva raggiungere la tintoria prima che chiudesse. Ci era già passata davanti nel pomeriggio, ma si era dimenticata di dover ritirare dei capi, aveva girovagato per un po’ lasciandosi attrarre dalle vetrine ed era tornata verso casa per fare la spesa.
Per tutto il giorno la cappa d’afa aveva reso ogni cosa più pesante e adesso sembrava addirittura toglierle le
energie. O forse Marion era semplicemente nervosa perché aveva avuto a che fare con gli assistenti sociali. Non le piaceva vederli e rispondere alle loro domande su Winter, su di lei e la loro vita, la metteva immancabilmente a disagio, le faceva sempre venire un mal di testa pulsante e difficile da scacciare.
Facendosi coraggio, continuò a vagare tra gli scaffali soffermandosi a valutare ogni acquisto.
— Buongiorno, signora Marion.
Il saluto di Penny Ford, la proprietaria del negozio, la colse di sorpresa. Non l’aveva sentita avvicinarsi.
— Buongiorno.
Marion infilò nel cestino qualche scatoletta e, pochi metri più in là, si arrestò davanti alle confetture.
— La marmellata di arance non c’è più?
— Mi dispiace, c’è stato un ritardo con le consegne. Ma se passa domani la trova di sicuro…
Scosse il capo.
— Peccato, credo che per un po’ non riuscirò a tornare.
Un bel po’, se tutto va bene, specificò tra sé.
Doveva essere il caldo. Non riusciva a concentrarsi e le mancavano sempre più le forze. All’improvviso le parve addirittura che gli scaffali si inclinassero in avanti, minacciando di caderle addosso. Tentò di allontanarsi, ma i muscoli rifiutarono di obbedirle. Eppure quella sera era necessario che riuscisse a guidare…
— Dicevo, vi fate un’altra vacanza prima che sua nipote ricominci la scuola? — dovette ripetere Penny Ford.
Marion trasse un lungo respiro, cercando di dominare quelle vertigini improvvise.
— Ma no… sarò solo un po’ impegnata.
Mentre la stanza ricominciava a ondeggiare, tuttavia, si chiese se sarebbe riuscita a partire davvero. Non potevano più rimandare.
Sempre che non sia già troppo tardi!
Marion Starr conosceva il significato dell’incontro di quella mattina.
Le vertigini aumentarono improvvisamente e la donna si lasciò scivolare in ginocchio, certa che altrimenti
sarebbe caduta a terra. Si sentiva la testa ovattata e aveva la vista sfocata.
— Signora, si sente bene?
Penny Ford le si avvicinò preoccupata, ma Marion quasi non se ne accorse.
— Venga, signora Marion, la aiuto a rialzarsi!
Le cinse la schiena e cominciò a tirarla su. Quel contatto non riuscì a schiarirle la mente.
Quando Winter rincasò dopo un tour de force di shopping erano le sei passate. Era piuttosto stupita che la nonna non avesse risposto al campanello.
A quanto pare anche lei si diverte più di me a fare acquisti! si disse ironica girando le chiavi nella toppa.
Aveva un estremo bisogno di bere qualcosa di fresco e di sfilarsi le scarpe.
Al contrario della nonna, trovava che il girare per negozicon quel caldo fosse una sofisticata forma di masochismo della civiltà moderna, e il ritorno alla quiete domestica le parve per qualche istante un sogno.
Indossò una maglietta larga, vecchia di anni, e pantaloncini sformati che avevano l’unico pregio di essere comodi, ed estrasse dai suoi pacchetti uno dei nuovi libri che aveva comprato. Si perse nella lettura, sul suo lettino, di fronte al ventilatore, con una bottiglia d’acqua fredda a portata di mano.
Questa sì che è vita! pensò.
Ne riemerse solo molto tempo dopo, nella luce ormai tenue della sera, quando il telefono di casa squillò facendola sobbalzare.
— Pronto? — rispose in tono svogliato, dandosi della stupida per il proprio spavento.
Ma presto il suo viso perse espressione, e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa e la preoccupazione.
— La signorina Starr?
— Sono io.
— Sono il dottor Jonathan Taylor dell’Ospedale St Charles. Si tratta di sua nonna…
Winter deglutì a vuoto per ricacciare indietro le lacrime, perché la nonna era tutta la sua famiglia.
Capitolo 3
Quando l’auto dei Winston si fermò nel parcheggio visitatori dell’ospedale, Winter aveva gli occhi lucidi e
anche Madison era tremendamente preoccupata. Marion Starr era in rianimazione da qualche ora.
— Mi dispiace, cara — disse Susan Bray, che aveva acconsentito ad accompagnarle.
Era il legale della Family Division che da sempre si occupava di Winter e di sua nonna, un tipo asciutto dalla
bocca sottile generalmente atteggiata in un sorriso benevolo.
In quel momento, invece, sul suo volto scarno e maturo si leggeva un’espressione sinceramente addolorata.
— Dopo parlerò di nuovo coi medici per saperne di più…
Winter sopportava tutto in silenzio, limitandosi a osservare la lancetta dei minuti percorrere l’orologio della
sala d’attesa, con un tic tac che si perdeva nel brusio dei visitatori.
L’avvocatessa le lanciava ogni tanto occhiate preoccupate.
— Bevi, Win! — esclamò Madison porgendo all’amica un caffè del distributore automatico.
Sorrise, cercando di smorzare la tensione, per poi aggrottare le sopracciglia in un buffo cipiglio autoritario.
Winter bevve il caffè. Si scottò la lingua e non ne sentì il sapore.
Era mezzanotte passata.
— Dove dormirai stanotte, Winter? — domandò Susan, mettendole una mano sulla spalla.
La giovane fece un sorriso tirato.
— Probabilmente qui, Susan. Non me ne vado prima di avere notizie della nonna…
L’avvocatessa sospirò, cercando di definire meglio i limiti della propria posizione e di pianificare rapidamente le prossime mosse. Fortunatamente era una donna pratica, e in tutti gli anni
in cui si era occupata delle due Starr si era ben preparata a un’eventualità di quel genere.
Per prima cosa aveva bisogno di fare qualche telefonata.
Verso le quattro Winter si addormentò, stremata, sui sedili della sala d’attesa, stringendosi addosso una felpa leggera che non riusciva a ripararla dal freddo dell’aria condizionata.
Il sonno iniziò a sopraffarla piano piano, come un narcotico implacabile.
Tentò di resistere con tutta se stessa, poi scivolò in un dormiveglia inquieto, angoscioso. Non riusciva nemmeno a concepire che potesse davvero succedere qualcosa alla nonna, non nel suo mondo.
La sola idea le toglieva il fiato. Mugolò nel sonno, stanca e infreddolita, e si raggomitolò sul sedile scomodo, protendendosi senza saperlo verso l’amica che sonnecchiava al suo fianco. Poi un tocco leggero la fece trasalire.
— Winter — la chiamò piano Susan Bray.
Nella frazione di secondo che seguì, la ragazza si sentì mancare. Notizie dai medici, di sicuro.
Si portò la mano alla gola e si premette sulla pelle il ciondolo portafortuna.
— Il peggio è passato, ma devi essere forte, tesoro.
Per la prima volta, la donna la avvolse in un abbraccio che sapeva di profumo costoso, e la cullò lentamente finché la sua presa si allentò piano.
— I dottori non temono più per la sua vita, però tua nonna è in coma — le spiegò guardandola con serietà e dolcezza. Non c’era altro modo per darle una simile notizia.
— è probabile che il motivo sia semplicemente la caduta, ma devono fare altri accertamenti.
Winter contrasse le labbra.
Le girava la testa e negli occhi si addensarono le lacrime. Madison la strinse forte e Susan Bray lasciò che quel momento fosse solo per loro.
Capitolo 4
— È pazzesco! — esplose Madison percorrendo a grandi passi il perimetro della sua stanza. — Che accidenti
di procedura è?
— I medici prevedono che il ricovero della nonna durerà almeno qualche settimana, Mad — replicò Winter
nel tono più neutro che riuscì ad adottare — le stanno facendo centinaia di esami e sperano che a breve uscirà dal coma, ma Susan nel frattempo mi ha dovuto trovare una sistemazione.
Winter si agitò inquieta. Neanche lei era troppo entusiasta di lasciare Londra diretta in casa di sconosciuti. Ma aveva davvero scelta? Il documento d’ordinanza parlava chiaro e lei ne aveva visti talmente tanti nella sua vita che ormai aveva smesso di ribellarsi.
— Mad — la richiamò in un sussurro.
Era un po’ deprimente lanciarsi ancora una volta in quella spiegazione, nel tentativo di far capire come funzionava a chi aveva una bella famigliola felice. Abbassò istintivamente lo sguardo e si sforzò di essere
più chiara e rapida che poteva.
Perché la situazione non sarebbe cambiata in alcun modo: finché Marion Starr non si fosse ripresa, Winter sarebbe stata affidata a dei tutori temporanei.
— Lo sai come stanno le cose. Quando i servizi sociali ritengono che per noi sia utile un cambio d’aria ci
trasferiamo, se pensano che ci serva aiuto ad ambientarci ci vengono a trovare tutti i giorni. E se dobbiamo
prendere delle decisioni, sono loro che ce le suggeriscono. Quindi finché la nonna rimane in ospedale, io
filo dritta in uno stupido paese del Galles e me lo faccio anche piacere.
Sentiva su di sé lo sguardo perplesso dell’amica ma si sforzò di ignorarlo. Per quanto fossero unite, c’erano dei momenti in cui le due ragazze sembravano vivere davvero in due mondi diversi.
— Ma è un sistema che fa schifo! — insistette Madison scuotendo i codini arruffati.
Winter osservò il piercing che portava sotto il labbro e la sua espressione battagliera: Madison era così semplice e piena di coraggio che a volte le faceva tenerezza.
— Sarà solo per poche settimane, Mad — la consolò con l’ombra di un sorriso — passeranno in fretta…
— Sono dei tiranni! Almeno telefonami tutti i giorni e vedi di tornare presto o con i secondini della Family Division ci parlo io, ok?
Quella sì che sarebbe stata una scena interessante, considerò Winter tra sé. Pescò un dvd a caso e lo spinse nel lettore con decisione. The Big Bang Theory, prima stagione. Avevano già visto ogni puntata più di una volta, ma non importava. Le avventure di quattro nerd asociali della California erano ciò che ci voleva per non pensare ai propri problemi. Sdraiate sul letto, le mani allacciate, si impegnarono a fingere che tutto andasse bene.
Questi primi capitoli li ho letti tutti d'un fiato. Spero che il romanzo non mi deluda. ;)
RispondiElimina*________________________* Lovoglioooo!!! asslutamente, non vedo l'ora di averlo tra le mani!! *_*
RispondiEliminaSono curiosa di conoscere la famiglia che accoglierà Winter :)
RispondiEliminaEmy