Prima Parte
Matt salì in camera sua. Suo padre si era piazzato in salone, davanti al televisore, e sua madre nello studio, attaccata al telefono. Sul suo letto la spada brillava: non aveva ancora avuto il tempo di appenderla al muro. Accese il computer e lanciò MSN. Newton era già connesso con il suo nickname “Tartatossica”. Matt gli inviò:
«[Granfiacco ha scritto:] Eccomi».
La conversazione si avviò immediatamente:
«[Tartatossica ha scritto:] Bisogna ke cambi alias. Fa skifo».
«[Granfiacco ha scritto:] E tu smetti di scrivere come un troll. A me piace molto il mio nickname, è buffo. E non si diffida di ciò che si sottovaluta. Pratico!».
«[Tartatossica ha scritto:] Vada x Granfiacco. Keffai?».
«[Granfiacco ha scritto:] Per l’ultima volta: scrivi in modo normale. A che serve avere una lingua se la devi torturare?».
«[Tartatossica ha scritto:] È 1 lingua viva n? È fatta per vivere, per evolversi».
«[Granfiacco ha scritto:] Sì, lingua viva, e tu la fai soffrire».
«[Tartatossica ha scritto:] OK, va bene, tratterò la lingua con i guanti, non mi rompere, signor Pierce».
Il signor Pierce era il loro professore di inglese. Matt si alzò e accese il piccolo televisore che aveva in camera. Capitò su un’edizione straordinaria del telegiornale. Lo speaker esortava le persone a non uscire di casa in quanto una
tempesta di neve colossale – la parola strappò una smorfia a Matt, colossale non usciva spesso dalla bocca dei giornalisti televisivi, e questo non era affatto un buon segno – si
stava avvicinando a New York ed erano attese raffiche di vento superiori ai centocinquanta chilometri orari e cadute di neve colossali. Questa volta Matt si alzò. I giornalisti
televisivi non ripetevano mai la stessa parola in una frase,come se un parrucchiere volesse tagliare i capelli con un
fon: non si fanno errori così grossolani quando si è adulti e professionisti. In questo caso ripetere “colossale” dava la
misura del grado di panico che aveva colpito la redazione.
Matt si precipitò alla tastiera:
«[Granfiacco ha scritto:] Hai visto la TV? Credo che siano impazziti anche al telegiornale… C’è qualcosa che non va».
«[Tartatossica ha scritto:] Già. Bollettini di allerta meteo a manetta. Ero su MSN con mio cugino di Boston e da cinque minuti più niente. Ho appena provato a chiamarlo,
ma la linea è guasta. I notiziari dicono che la tempesta di neve è su Boston in questo momento».
In quel momento comparve in linea anche Tobias:
«[KastoroMagiko ha scritto:] Ciao ragazzi. Ho parlato con i miei. Non mi hanno creduto».
«[Tartatossica ha scritto:] Ma davvero? E che altro ti aspettavi? Che andassero a cercare il numero dell’Acchiappafantasmi sulle Pagine Gialle per salvarci?».
«[KastoroMagiko ha scritto:] Che ne so. Contare sui genitori, è una roba che non ti hanno insegnato? Per ora ho fatto cilecca».
Matt stava per unirsi alla conversazione quando la sua attenzione venne attirata dal televisore. L’immagine era velata, delle scariche facevano saltare lo speaker. È la trasmissione satellitare, vuol dire che la tempesta si sta avvicinando. E, quasi a confermare questo pensiero, un’ombra gigantesca si allungò sulla strada. Matt si precipitò alla finestra. Tutta la strada era immersa in un chiaroscuro crepuscolare che fece risaltare le centinaia di luci dei palazzi.
Matt ebbe l’impressione che un gigantesco uccello sostasse immobile al di sopra dei tetti; scrutò il cielo: una nuvola nera ricopriva tutta la città. Una nuvola colossale.
Il vento si infilò nella strada e colpì la finestra con un sibilo stridente. Il televisore si offuscò, i colori svanirono. Poi, con un pop, l’immagine scomparve completamente. Schermo nero, presto sostituito dall’immagine fissa di fine trasmissione. Matt cambiò canale e scoprì che la maggior
parte delle reti televisive subiva la stessa sorte. Si oscuravano una dopo l’altra.
Il ragazzo prese posto davanti al computer:
«[Granfiacco ha scritto:] Ci siamo, la tempesta è sopra di noi, è arrivata più in fretta di quanto avessero previsto! È sparita anche la TV!».
«[Tartatossica ha scritto:] Ma non mi dire, nella mia strada c’è il panico, la gente ha cominciato ad avere fretta, suonano clacson dappertutto! Io ho i…».
Newton non terminò la frase. Matt aspettò un minuto, ma non arrivò nulla. Improvvisamente comparve un messaggio: «La connessione Internet è stata interrotta». Tentò di lanciare nuovamente il programma, riavviando anche il
modem, ma senza successo.
«Ma che succede…».Improvvisamente l’illuminazione della stanza si interruppe. Matt si ritrovò in una camera buia e silenziosa.
«Blackout!», gridò suo padre dal salone. «Vado a prendere le candele in cucina, nessuno si muova».
Matt fece scivolare la sedia fino alla finestra: vide le luci dei palazzi spegnersi una dopo l’altra, facciata dopo facciata. La città fu avvolta dall’oscurità. Non era ancora mezzogiorno eppure sembrava di essere negli ultimi secondi di un tramonto, quando la luce assume quel colore così particolare, spettrale. Ed era esattamente quella: la luce dei
fantasmi, quella che non buca le tenebre, che evidenzia solo le forme di vita, un breve istante.
Il padre di Matt bussò alla porta e mise sulla scrivania una candela accesa in un piccolo candeliere.
«Non te la prendere figliolo, la corrente tornerà subito».
«Papà hai visto il notiziario? La bufera sarebbe dovuta arrivare soltanto nel pomeriggio».
«Hanno toppato ancora! Te lo dico io: questi che fanno le previsioni del tempo dovrebbero essere licenziati tutti! Sono sempre meno affidabili!».
Suo padre era piuttosto allegro, prendeva la faccenda alla leggera. A meno che non lo faccia per rassicurarti!, pensò Matt.
«E può durare molto un black qualcosa…».
«Un blackout? Dipende, due minuti come due giorni, in funzione dei lavori da effettuare. Non ti preoccupare, mentre noi parliamo decine di tecnici si stanno impegnando a far tornare tutto alla normalità».
L’ottimismo di suo padre lo stese. Succedeva spesso con gli adulti. Troppo ottimisti o troppo pessimisti. Matt vedeva raramente le persone rimanere serene, senza grandi
preoccupazioni. D’altronde anche i film lo mostravano bene: in caso di catastrofe c’era sempre chi gridava e trasci-nava gli altri verso la tragedia, mentre chi si credeva invulnerabile finiva addirittura peggio. Gli eroi erano sempre quelli che riuscivano a mediare, prendendo le cose senza troppa emozione, con il giusto distacco. Era vero anche nella realtà quotidiana? Le persone sane, gli “eroi” di questo mondo, erano capaci di moderarsi in ogni circostanza?
«Forza, è il momento di tirare fuori i buoni, vecchi libri dell’orrore», disse suo padre. «Non hai uno Stephen King da mettere sotto i denti? In queste condizioni sarebbe una lettura indimenticabile! Altrimenti dovrei averlo io nella mia biblioteca».
«Ho quello che serve, grazie pa’».
Suo padre lo scrutò un istante, senza trovare le parole, quelle che avrebbe voluto far sentire a suo figlio. Gli strizzò l’occhio prima di uscire e richiuse la porta. La candela bruciava diffondendo un chiarore ambrato. Sicuramente sarebbe stato l’ideale per leggere, ma Matt non ne aveva alcuna voglia. Era troppo inquieto per quello che stava succedendo fuori. Si girò verso la finestra. In quel momento larghi fiocchi di neve turbinavano nel vento, effettuando manovre nell’aria con la potenza e l’abilità di aerei da caccia. In pochi minuti la strada scomparve dietro a una spessa cortina vorticante. Matt non vedeva più niente, non c’era niente da fare. Compiangeva tutte le persone ancora in giro che cercavano di tornare a casa con una visibilità così scarsa. Probabilmente non riuscivano neanche a vedersi la punta dei piedi! Con il passare delle ore, Matt finì con l’annoiarsi. Afferrò un fumetto che sfogliò svogliatamente. Nel pomeriggio tentò nuovamente di accendere il televisore e la radio, ma non successe niente, l’elettricità non era ancora tornata. La neve, da parte sua, non smetteva di riversarsi a secchiate contro la finestra.Verso la fine della giornata sua madre andò a bussare alle porte dei vicini per assicurarsi che tutti stessero bene e organizzarono dei turni, con i sei appartamenti del piano, per preparare la cena poiché alcuni erano dotati solo di cucine elettriche. Il gas aveva i suoi vantaggi dunque, si ripeteva sorridendo nel corridoio, e una sorta di bonaria coabitazione si instaurò fra gli appartamenti le cui porte vennero lasciate spalancate. La sera i Carter cenarono in compagnia di Maât e dei Gutierrez, una coppia di pensionati che viveva nell’appartamento accanto. Su quel piano nessuno aveva figli dell’età di Matt e l’unico amico che aveva nel palazzo era in vacanza in California. Non rimase a lungo a tav la e augurò a tutti la buona
notte. Maât lo saluto più teneramente dei suoi stessi genitori, i quali erano impegnati in un’animata conversazione con i Gutierrez. Passando afferrò una scatola di biscotti e si chiuse nella sua stanza. Provviste in caso di attacchi di fame notturna, torcia per illuminare il cammino per andare in bagno e una formidabile tempesta fuori ad allietare la notte. A forza di vedere tutti quanti scherzare sulla situazione, Matt aveva deciso di prenderla anche lui alla leggera, o comunque con più eccitazione che angoscia. Sì, la tempesta era enorme; sì, gli era piombata addosso prima del previsto, ma questo non significava certo la fine del mondo. A parte il fatto che da qualche giorno ci sono tutti quegli strani segni. Il vecchio commerciante con la lingua di serpente, le biglie con gli occhi, i lampi-che-inghiottonole-persone, tutto ciò poteva bastare. Nello stesso tempo, adesso che il passare delle ore attenuava i ricordi, Matt li considerava meno sconvolgenti. Doveva per forza esserci una spiegazione. Una roba da adulti che Matt e i suoi amici non riuscivano ad afferrare. Sì, forse una droga messa daiterroristi nell’acqua potabile della città che provocava delle allucinazioni? Perché no? Si parlava in continuazione dei terroristi! Quando era piccolo e piangeva perché aveva paura dei terroristi di cui si temeva perennemente l’attacco, suo nonno gli aveva detto: «Devi pensare che prima dei terroristi abbiamo avuto i comunisti e i nazisti. Prima dei nazisti abbiamo avuto gli inglesi e, prima degli inglesi, gli indiani. Per farla breve, c’è sempre stato il bisogno di inventarsi dei nemici in questo paese. E ti dirò questo: alcuni sono diventati amici e gli altri non esistono più, o sono inoffensivi. Il mondo è fatto così, figliolo, se non hai nemici non progredisci. Quindi stai tranquillo e serviti di loro come di un motore per andare avanti nella vita. Sii forte!»
A queste parole sua madre gli aveva detto che il nonno era un «bifolco repubblicano». Ma questo Matt non lo aveva capito e d’altra parte non lo comprendeva bene neanche ora. Nonostante tutto la minaccia terroristica era una ragione plausibile per spiegare ciò che aveva visto. Matt andò a dormire con la sua torcia e un’intera pila di fumetti che aveva tirato fuori dai cassetti. Anche la scatola di biscotti era sotto le lenzuola, insieme alla spada. Ebbe un’esitazione: non poteva dormire anche con quella. Che cosa avrebbero pensato di lui Connie e Patty se lo avessero visto dormire con una spada? Lo avrebbero preso in giro, di sicuro. Alla sua età… Sì, ma loro non sono qui, tagliò corto Matt. Il vento aumentò ancora e cozzò contro la finestra, diventata nera con il calare della notte. Non si intravedeva alcuna luce per strada e neanche un luccichio di candele dai palazzi di fronte. Non c’era altro che la notte opaca e la tempesta urlante.
Alla fine si addormentò. Venne svegliato una prima volta dai Gutierrez che andavano via ringraziando a voce unpo’ troppo alta e una seconda volta, molto più tardi nella notte, da un’esplosione. Matt sussultò. Le sue palpebre seguivano il ritmo del
suo cuore che batteva all’impazzata. Avevano sparato da qualche parte – forse in casa? Nessun rumore, nessuna luce nelle stanze vicine. Fu allora che se ne accorse: la tempesta era cessata. Per abitudine guardò la sveglia il cui schermo era nero: la corrente non era tornata. Il suo orologio segnava le 3,30.
In maglietta e boxer Matt si alzò e si avvicinò alla finestra. La strada era sempre nascosta nell’oscurità. Una spessa crosta di neve ricopriva le cornici della finestra. In quel momento l’esplosione lacerò di nuovo il silenzio, lontano, da qualche parte in città, e comunque notevole. Istintivamente fece un passo indietro.
«Che diavolo è questo chiasso?», mormorò, convinto, stavolta, che non fosse un colpo d’arma da fuoco.
Tornò a nascondersi dietro al vetro freddo e scrutò nel buio.
Un potente lampo blu illuminò l’orizzonte e, per una frazione di secondo, i contorni dei palazzi disegnarono ombre cinesi contro il cielo.
«Wow!», disse indietreggiando di nuovo, questa volta per la sorpresa. Tre saet t e simult anee lacerarono la notte, saette blu. E quasi immediatamente la città, in lontananza, cominciò a lampeggiare sotto quelle luci. Matt contò una dozzina di lampi che spuntavano da sopra gli edifici, come immense mani che vi si aggrappavano. Poi raddoppiarono e, in meno di un minuto, non riuscì più a contarli. Somigliavano a quello che aveva fatto sparire il barbone nel vicolo, ma in versione gigante. Scivolavano sui muri a tutta velocità e Matt ebbe l’impressione che toccassero le pareti, come sipalpeggia un frutto per capire se è maturo prima di mangiarlo. Peggio ancora. Stavano avanzando, venivano verso di lui.
«Oh no, questo no!», disse a bassa voce.
Doveva uscire. E ritrovarsi all’aperto con quegli affari? No, non è una buona idea. Al contrario, doveva rimanere al riparo, forse sarebbero passati sopra al palazzo o a fianco, senza fare danni. Matt scrutò l’orizzonte: si avvicinavano molto in fretta. Il vento si risvegliò e delle volute di neve si sollevarono, disegnando dei vortici. Questa volta il vento soffiava nell’altro senso. Che stava succedendo? Un’altra tempesta che andava in direzione opposta? Un tuono fece rimbombare tutta la strada quando un fulmine gigantesco si sollevò dal suolo per gettarsi su un edificio dall’altra parte della strada. Matt vide l’enorme arco elettrico arrampicarsi di finestra in finestra e lanciare i suoi tentacoli crepitanti per raggiungerle il più in fretta possibile.
È una mano enorme! Ecco cos’è! Una mano enorme! E proprio in quel momento, quando pensava di aver visto la cosa più terrificante, socchiudendo gli occhi scoprì che le estremità del lampo non si limitavano a scalare l’edificio: entravano dalle finestre, che esplodevano, e uscivano immediatamente lasciando un fumo bianco dietro di sé. Quell’affare sta facendo sparire la gente! Come il barbone di stamattina! Sarebbero stati risucchiati tutti. Spariti in una frazione
di secondo. Matt si gettò sui pantaloni infilandoli alla cieca e affondò i piedi nelle scarpe, senza perdere tempo a mettersi i calzini. Non sapeva dove andare, ma non doveva assolutamente restare lì, forse nel corridoio sarebbe stato protetto da quelle carogne… Uno schiocco feroce lo fece sobbalzare mentre un altro lampo appariva sulla facciata del palazzo proprio di fronte al suo. Sopravvivere era ormai solo una questione di tempo. Avvertire i suoi genitori. Un flash blu lo accecò e il pavimento cominciò a tremare. Un boato salì dalle fondamenta del palazzo. Il lampo era sopra di loro, si arrampicava verso Matt, divorando la gente di piano in piano.
«Non c’è tempo!», gridò vedendo il suo cappotto in un angolo della stanza.
Si precipitò nel corridoio: suo padre dormiva sul divano in salone, sua madre nella loro stanza. Presto! Anche i muri cominciarono a tremare, il boato divenne sempre più forte, assordante. Un attimo prima che Matt entrasse nel salone, le finestre esplosero. Il fulmine devastò ogni cosa, attraversando l’appartamento da una parte all’altra. Quando arrivò su Matt, il ragazzo fece appena in tempo a mettersi le mani sul viso per proteggersi che il fulmine lo folgorò e ripartì lasciando dietro di sé un denso fumo bianco.
sto aspettando l'arrivo del volume anch'io, che strazio!!! :)
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