venerdì 18 marzo 2011

Anteprima Brivido Eterno


Le Leggereditore è una casa editrice molto sensibile ai gusti dell'animo femminile, cosantemente alla ricerca di
nuove autrici inedite in Italia da far conoscere al pubblico sempre più esigente del paranormal romance. Dopo Lora Leigh, infatti, rilancia e raddoppia con Larissa Ione. In attesa di Brivido Eterno, in uscita il 31 Marzo, ci è stato messo a disposizione un piccolo assaggio di questo nuovo romanzo dalle sfumature dark e con un'eroina che potrebbe ricordare a molte la tanto amata Anita Blake.

 
Brivido Eterno - Larissa Ione
Tayla è una cacciatrice di demoni che non ha mai scoperto il piacere vero, quello che fa perdere i sensi, e teme che questo sia un privilegio che le verrà negato per sempre. Finché non viene portata incosciente in un ospedale sotterraneo, nel quale tutto il personale medico è costituito da esseri sovrannaturali: vampiri, licantropi, demoni. È lì che per la prima volta viene scossa da un brivido sottile e insistente che le dischiude le porte del desiderio più nascosto e totalizzante. Eidolon, un demone centenario alla ricerca della donna che lo accompagni per l’eternità, non riesce a resistere a questa splendida cacciatrice che provoca in lui una passione incontenibile. Nessuno dei due potrà opporsi a un’attrazione profonda che sembra essere scritta nel loro destino, nonostante siano nemici, nonostante l’istinto li spinga ad annientarsi a vicenda. Nel frattempo Tayla viene travolta dagli indizi di un passato che la guidano verso la sua reale identità, rivelandole segreti che nessuno ha mai osato confessarle. 


Qui di seguito potrete leggere il primo capitolo del romanzo:

Il demone è un principe dell’aria e può
assumere diverse forme, ingannare
i nostri sensi per un certo periodo di tempo;
ma il suo potere è limitato,
può terrorizzarci ma non farci del male.
Robert Burton, Anatomia della malinconia

1

Se non fossero stati in ospedale, Eidolon avrebbe ucciso il tizio che implorava per la propria vita.
Ma visto che le cose stavano così, avrebbe dovuto salvare il bastardo.
«A volte essere un medico è uno schifo» borbottò, e trafisse il demone in abiti umani con una siringa piena di enoxacina.
Il paziente urlò quando l’ago penetrò nel tessuto lacerato della coscia, iniettando nella ferita il medicinale per prevenire eventuali infezioni.
«Non lo hai sedato prima?»
Eidolon ridacchiò per le parole del fratello minore. «L’incantesimo di Protezione mi impedisce di ucciderlo. Non mi trattiene dal dispensare un po’di giustizia durante la terapia.»
«Non riesci a lasciarti il vecchio lavoro alle spalle, eh?» Shade aprì completamente la tendina che separava due dei tre cubicoli del pronto soccorso e si avvicinò. «Questo figlio di puttana mangia i neonati. Lascia che lo accompagni fuori io in sedia a rotelle, poi gli spaccherò quel culo sciancato.»
«Si è già offerto di farlo Wraith.»
«Se fosse per lui, Wraith liquiderebbe tutti i pazienti.»
Eidolon borbottò. «Probabilmente è un bene che il nostro fratellino non abbia intrapreso la strada della medicina.»
«Non l’ho fatto nemmeno io.»
«Tu avevi altri motivi.»
Shade non aveva voluto passare troppo tempo sui libri, soprattutto perché il suo potere di guarigione si addiceva di più al mestiere che aveva scelto, il paramedico. Tutto quello che faceva era togliere i pazienti dalla strada e tenerli in vita finché lo staff dell’Underworld General non li avesse sistemati.
Il sangue gocciolò sul pavimento di ossidiana mentre Eidolon esplorava con lo specillo la ferita più grave del paziente. Una femmina di demone Umber – la stessa specie della madre di Shade – aveva sorpreso il paziente dopo che si era intrufolato nella camera dei bambini e in qualche modo era riuscita a trafiggerlo diverse volte con lo scopettino del water.
D’altra parte, i demoni Umber erano straordinariamente forti nonostante la corporatura minuta. Soprattutto le femmine. In diverse occasioni Eidolon aveva tratto piacere dall’impiego di quella forza sotto le lenzuola. In effetti, quando non sarebbe più riuscito a resistere al ciclo di maturazione finale in cui era entrato il suo corpo, pensava di scegliere una femmina Umber come sua prima infadre. Le Umber erano ottime madri e raramente uccidevano la progenie indesiderata di un demone Seminus.
Mettendo da parte i pensieri che lo affliggevano sempre più spesso con l’avvicinarsi del Cambiamento, Eidolon diede un’occhiata al viso del paziente. La pelle, che sarebbe dovuta essere di un intenso color ruggine, ora era pallida per il dolore e la perdita di sangue. «Come ti chiami?»
Il paziente rispose con un gemito. «Derc.»
«Ascoltami bene, Derc. Curerò questa brutta ferita, ma farà male. Parecchio. Cerca di non muoverti. E non gridare come un diavoletto spaventato.»
«Dammi qualcosa per il dolore, pezzo di merda di un parassita.»
«Dottor parassita.» Eidolon fece un cenno al vassoio degli strumenti e Paige, una delle poche infermiere umane, gli passò le pinze vascolari.
«Derc, amico, hai mangiato uno dei figli di quell’Umber prima che ti scoprisse?»
L’odio defluì dal corpo di Shade quando Derc scosse il capo, mostrando i denti affilati, mentre gli occhi brillavano arancioni.
«Allora oggi non è proprio la tua giornata fortunata. Non hai fatto uno spuntino e non avrai nemmeno qualcosa per il dolore.»
Concedendosi un ghigno sinistro, Eidolon clampò l’arteria danneggiata in due punti mentre Derc gridava ignobili imprecazioni e lottava contro le cinghie di contenzione che lo tenevano fermo sul tavolo metallico.
«Bisturi.»
Paige gli passò lo strumento e Eidolon incise sapientemente tra le due clamp. Shade si chinò per osservarlo mentre tagliava il tessuto arterioso a brandelli per poi ricongiungere i
due capi nuovamente intatti. Un brivido caldo gli percorse il braccio destro lungo i segni che aveva sulla pelle fino alle punte delle dita guantate, e l’arteria si fuse. Il mangiatore di bambini non avrebbe più dovuto preoccuparsi dell’emorragia.
Dall’espressione di Shade, però, avrebbe dovuto preoccuparsi di sopravvivere non appena avesse messo piede fuori dall’ospedale. Non sarebbe stata la prima volta che Eidolon salvava la vita a un paziente per poi vederlo morire subito dopo la dimissione.
«La pressione sta scendendo.» Lo sguardo di Shade era concentrato sul monitor accanto al letto. «Potrebbe collassare.»
«C’è un’altra perdita di sangue da qualche parte. Stabilizza la pressione.»
Riluttante, Shade mise il palmo della mano sulla cresta ossea della fronte di Derc. Le cifre sul monitor scesero improvvisamente, poi si alzarono ancora e infine si stabilizzarono, ma il cambiamento sarebbe stato temporaneo. I poteri di Shade non potevano sostenere una vita che non c’era, e se Eidolon non avesse trovato il problema, l’intervento di Shade non sarebbe servito a nulla.
Una rapida valutazione delle altre ferite non rivelò nulla che potesse spiegare il calo delle funzioni vitali. Poi, proprio sotto la dodicesima costola, trovò una cicatrice fresca. Sotto il taglio netto qualcosa gorgogliava.
«Shade.»
«Per le fiamme dell’inferno» disse Shade in un sospiro. I suoi occhi si mossero in modo frenetico mentre si passava le dita fra i capelli quasi corvini che, arrivandogli alle spalle, erano più lunghi ma dello stesso colore di quelli di Eidolon. «Potrebbe
non essere niente. Non è detto che siano stati i ghoul.»
Ghoul. Non si trattava dei mostri che secondo il folklore umano si nutrivano di cadaveri. Così venivano chiamati coloro che facevano a pezzi i demoni per vendere le loro parti al mercato nero degli inferi.
Sperando che il fratello avesse ragione, ma di certo non così ingenuo, Eidolon premette delicatamente sulla cicatrice.
«Derc, che è successo qui?»
«Mi sono tagliato.»
«Questa è una cicatrice chirurgica.»
L’UG era l’unica struttura sanitaria al mondo che praticasse la chirurgia sulla loro specie e Derc non era mai stato ricoverato prima d’allora.
Eidolon percepì il puzzo pungente della paura. «No. È stato un incidente.» Derc strinse i pugni, gli occhi privi di palpebre erano disperati. «Devi credermi.»
«Derc, calmati. Derc?»
Le spie del monitor cominciarono a suonare e al divoratore di bambini vennero le convulsioni.
«Paige, prendi il carrello delle emergenze. Shade, alza le funzioni vitali.»
Un misterioso lamento sembrò fuoriuscire da ogni poro della pelle di Derc e un fetore di bacon andato a male e liquirizia riempì lo spazio angusto. Paige vomitò la colazione nel bidone dell’immondizia.
Il tracciato dell’elettrocardiogramma era piatto. Shade tolse la mano dalla fronte del paziente.
«Odio quando fanno così.» Chiedendosi cosa avesse spaventato Derc a tal punto da fargli decidere di fermare da solo le proprie funzioni vitali, Eidolon aprì la cicatrice con un colpo deciso del bisturi, sapendo cos’avrebbe trovato, ma col bisogno di esserne assolutamente certo.
Shade infilò la mano nella tasca della divisa e tirò fuori l’immancabile gomma da masticare. «Cosa manca?»
«Il sacco di Pan Tai. Raccoglie i materiali di rifiuto e li reintegra nell’organismo, così la sua specie non deve mai urinare o defecare.»
«Che praticità» mormorò Shade. «E uno cosa se ne farebbe?»
Paige si tamponò la bocca con una spugna chirurgica, aveva un colorito ancora verdognolo, anche se il puzzo della morte del paziente si era prevalentemente dissolto. «Il contenuto viene usato durante alcuni riti vudu che colpiscono i movimenti intestinali.»
Shade scosse la testa e diede all’infermiera un pacchetto digomme. «Non c’è più niente di sacro?» Si voltò verso Eidolon. «Perché non l’hanno ucciso? Hanno ucciso gli altri.»
«Valeva di più da vivo. La sua specie riesce a farsi ricrescere un organo nel giro di qualche settimana.»
«Cosa da cui avrebbero tratto profitto.» Shade si lasciò sfuggire una sfilza di imprecazioni, incluse alcune che Eidolon non aveva mai sentito nonostante i suoi cento anni d’età. «Deve trattarsi dell’Aegis. Morbosi bastardi.»
Chiunque fossero i bastardi in questione, erano stati piuttosto occupati. I paramedici avevano portato in ospedale dodici corpi mutilati nelle ultime due settimane e la violenza era andata crescendo. Alcuni segni sui corpi delle vittime indicavano che erano state squartate mentre erano ancora vive... e coscienti.
Peggio ancora: alla maggior parte dei demoni non importava nulla, e quelli a cui importava non avrebbero cooperato con i Consigli delle altre specie per aprire un’indagine. A Eidolon importava, non solo perché era implicato qualcuno con conoscenze mediche, ma perché era solo una questione di tempo prima che i macellai acciuffassero qualcuno che conosceva.
«Paige, informa l’obitorio perché vengano a prendere il corpo e comunica loro che voglio una copia del risultato dell’autopsia. Ho intenzione di scoprire chi sono questi stronzi.»
«Dottor E.» Eidolon non aveva fatto più di dieci passi quando Nancy, una vampira che faceva l’infermiera da prima di essere trasformata, lo chiamò dalla postazione dietro al banco dell’accettazione. «Ha chiamato Skulk, ha detto che sta portando qui un Cruentus. Arrivo stimato fra due minuti.»
Eidolon si lasciò quasi sfuggire un gemito. I Cruenti vivevano per uccidere, il loro desiderio di carneficina era così incontrollabile che persino durante l’accoppiamento a volte si facevano a pezzi a vicenda. L’ultimo Cruentus che avevano avuto come paziente si era liberato delle cinghie di contenzione e aveva distrutto mezzo ospedale prima che riuscissero a sedarlo.
«Prepara la sala emergenza 2 con le cinghie rinforzate in oro e chiama il dottor Yuri. Alui piacciono i Cruenti.»
«Ha detto anche che porta un paziente a sorpresa.»
Questa volta Eidolon gemette sul serio. L’ultima sorpresa di Skulk si era rivelata un cane investito da un’auto. Un cane che lui poi si era dovuto portare a casa perché lasciarlo uscire dal pronto soccorso avrebbe significato offrire un bel pasto a un certo numero di membri dello staff. Adesso quel piccolo bastardo maledetto si era già mangiato tre paia di scarpe e aveva preso il controllo del suo appartamento. Shade sembrava combattuto tra dar sfogo all’irritazione con Skulk, la sua sorella Umber, e flirtare con Nancy, con cui era già stato a letto due volte per quel che ne sapeva Eidolon.
«La uccido.» Chiaramente, alla fine aveva vinto l’irritabilità.
«Non se la becco prima io.»
«Lei è off limits per te.»
«Non hai mai detto che non posso ucciderla» puntualizzò Eidolon. «Hai solo detto che non posso andare a letto con lei.»
«Vero.» Shade si strinse nelle spalle. «Uccidila tu, allora. Mia madre non mi perdonerebbe mai.»
Shade aveva ragione su questo. Sebbene Eidolon, Wraith e Shade fossero demoni di pura razza Seminus figli dello stesso padre ormai defunto, le loro madri erano tutte di specie differenti e tra loro quella di Shade era la più materna e protettiva.
I segnalatori alogeni rossi ruotarono sui montanti attaccati al soffitto, per segnalare l’arrivo dell’ambulanza. La luce cremisi inondò la stanza, portando in evidenza le scritte sulle pareti grigie. Quella tonalità non era stata la prima scelta di Eidolon, ma tratteneva gli incantesimi meglio di qualsiasi altro colore, e in un ospedale in cui tutti erano il nemico mortale di qualcuno, ogni vantaggio era decisivo. Per questo i simboli e gli incantesimi erano stati modificati per aumentare i loro poteri protettivi. Invece della pittura, erano scritti col sangue.
L’ambulanza penetrò nei recessi della struttura sotterranea e l’adrenalina iniziò a scorrere con violenza nelle vene di Eidolon. Amava questo lavoro. Amava gestire quell’angolino d’inferno personale, per lui era quanto di più vicino al paradiso avesse mai trovato.
L’ospedale, situato sotto le strade affollate di New York e nascosto con la magia proprio sotto al naso degli umani, era la sua creatura. Ma era anche la sua promessa al genere demoniaco, che vivesse nei meandri della terra o in superficie insieme
agli umani: sarebbe stato curato senza discriminazioni, la sua razza non era abbandonata da tutti.
Le porte scorrevoli del pronto soccorso si aprirono con un sibilo e il paramedico che faceva coppia con Skulk, un lupo mannaro che odiava tutto e tutti, spinse dentro una barella cui era stato legato per sicurezza un Cruentus sanguinante. Eidolon e Shade si misero al passo con Luc: sebbene fossero entrambi sul metro e novanta, i dieci centimetri in più e la corporatura imponente del licantropo li faceva sentire dei nani.
«Cruentus» ringhiò Luc, perché non produceva mai altro suono quando era in forma umana, come in quel momento. «Trovato privo di coscienza. Frattura esposta di tibia e perone alla gamba destra. Ferita lacero contusa alla base della nuca inferta da un colpo. Entrambe le lesioni si sono rimarginate. Profonde lacerazioni non rimarginate all’addome e alla gola.»
Eidolon sollevò un sopracciglio. Solo l’oro o armi perfezionate con la magia avrebbero potuto causare ferite del genere. Tutte le altre lesioni si richiudevano da sole mentre il Cruentus si rigenerava.
«Chi ha chiamato aiuto?»
«Li ha trovati un vampiro. Il Cruentus e...» indicò con l’unghia lunga del pollice l’ambulanza alle proprie spalle, dove Skulk aveva tirato fuori la seconda barella «quella.»
Eidolon si fermò di colpo, e Shade con lui. Per un istante, entrambi fissarono la femmina umanoide priva di coscienza. Uno dei medici le aveva tagliato i vestiti di pelle rossa che giacevano sotto di lei come se fosse stata scuoiata. Adesso aveva addosso solo le cinghie, reggiseno e mutandine neri e una vasto assortimento di fodere per armi legate alle caviglie e agli avambracci.
Un brivido gli percorse la spina dorsale a doppia articolazione: cazzo, no, questo non doveva succedere. «Hai portato una cacciatrice dell’Aegis nel mio ospedale? Che diavolo ti è saltato in mente?»
Skulk sbottò esasperata, lo fulminò con i penetranti occhi grigi che si accordavano con la pelle e i capelli cinerei. «Che altro avrei dovuto farne? La sua partner è finita in pasto ai topi.»
«Il Cruentus ha neutralizzato una cacciatrice?» chiese Shade, e quando la sorella annuì percorse con lo sguardo l’umana ferita. I comuni esseri umani costituivano una minaccia insignificante per i demoni, ma quelli che appartenevano all’Aegis, un’associazione guerriera volta a sterminarli, non avevano nulla di comune. «Non avrei mai pensato di ringraziare un Cruentus. Avresti dovuto lasciare pure questa ai topi.»
«Le sue lesioni potrebbero risparmiarci un po’ di lavoro.»
Skulk snocciolò la lista delle ferite, tutte serie, ma la peggiore – il polmone perforato – poteva anche accelerare il decesso.
Skulk le aveva praticato una decompressione con un ago e per il momento la cacciatrice era stabile, il colorito era buono. «E poi» aggiunse «la sua aura è debole, sottile. Non sta bene da molto tempo.»
Paige si avvicinò a loro, nei suoi occhi nocciola brillava qualcosa di simile alla soggezione. «Mai vista una Buffy prima d’ora. Non una viva, comunque.» «Io sì. Diverse.» La voce roca di Wraith arrivò da qualche parte alle spalle di Eidolon. «Ma non sono rimaste vive a lungo.» Wraith, praticamente identico ai fratelli tranne che per gli occhi azzurri e i capelli biondi – quasi bianchi – lunghi fino alle spalle, prese il controllo della barella. «La porto fuori e la faccio sparire.»
Farla sparire. Era la cosa giusta da fare. Dopotutto, era quello che l’Aegis aveva fatto a loro fratello, Roag. Una perdita che Eidolon ancora sentiva come una crepa nell’anima. «No»
disse, digrignando i denti per quella decisione. «Aspetta.»
Per quanto lo allettasse l’idea di lasciare che Wraith facesse a modo suo, solo tre tipi di creature potevano essere respinte dall’UG, in base allo statuto che lui stesso aveva redatto, e i macellai dell’Aegis non erano tra queste. Una svista cui aveva intenzione di rimediare. Certo, in qualità di quello che era l’equivalente del capo dello staff medico in un ospedale umano, lui aveva l’ultima parola: poteva lasciar morire la donna, ma era stata concessa loro una rara opportunità. I suoi sentimenti nei confronti dei cacciatori dovevano essere messi da parte.
«Portala in sala emergenza 1.»
«Ascolta,» disse Shade abbassando il tono per la disapprovazione «averla catturata per poi lasciarla andare non mi sembra una buona idea in questo caso. E se è una trappola? E se ha addosso un dispositivo di localizzazione?»
Wraith si guardò attorno come se si aspettasse di vedere i cacciatori dell’Aegis – loro si facevano chiamare Guardiani – comparire dal nulla.
«C’è l’incantesimo di Protezione.»
«Solo se ci attaccano dall’interno. Se ci trovano, potrebbero cercare di far saltare l’edificio.»
«Occupiamoci di lei e dopo penseremo al resto.» Eidolon spinse la barella nella sala predisposta, i fratelli paranoici e Paige subito dietro di lui. «Abbiamo l’opportunità di imparare qualcosa su di loro. La conoscenza che potremmo acquisire supera di gran lunga gli eventuali pericoli.»
Allentò le cinghie e le sollevò la mano sinistra. L’anello argento e nero che portava al mignolo aveva un’aria piuttosto innocua, ma quando lo sfilò lo stemma dell’Aegis inciso al suo interno confermò l’identità della donna e gli provocò un brivido.
Se le dicerie erano vere, qualsiasi gioiello che recasse inciso quello scudo era imbevuto di poteri che conferivano ai cacciatori la visione notturna, la protezione da certi incantesimi, l’abilità di vedere attraverso i mantelli dell’invisibilità... e solo gli dèi sapevano chissà che altro.
«Sarà meglio che tu sappia quello che fai, Eidolon.» Wraith chiuse la tenda con uno strattone per lasciare fuori il personale sbalordito.
A giudicare dal numero degli astanti, probabilmente la voce aveva cominciato a circolare. Venite a vedere Buffy, l’incubo appostato nei nostri armadi e pronto all’agguato.
«Non fai così tanta paura adesso, vero, piccola assassina?» mormorò Eidolon infilandosi i guanti.
Il labbro superiore della donna si arricciò, come se lo avesse sentito, e lui d’un tratto ebbe la certezza che non avrebbe perso la paziente. La morte disdegnava forza e cocciutaggine, qualità che si sprigionavano da lei a ondate. Incerto se la sua sopravvivenza fosse una cosa positiva o negativa, le tagliò il reggiseno per controllare le lacerazioni al torace. Shade, che era rimasto in giro a ciondolare in attesa che iniziasse il suo turno, stabilizzò le funzioni vitali, attenuando i suoi respiri faticosi e gorgoglianti.
«Paige, determina il gruppo sanguigno e portami una sacca di gruppo 0 umano mentre aspettiamo.»
L’infermiera si mise al lavoro e Eidolon allargò la ferita più grave della cacciatrice con il bisturi. Sangue e aria gorgogliarono attraverso il polmone danneggiato e le pareti del torace mentre inseriva le dita e univa i lembi lacerati per la fusione.
Wraith incrociò le braccia sul petto, i bicipiti si contraevano come se volessero partire alla carica e uccidere la cacciatrice.

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