giovedì 27 luglio 2017

Recensione: "Scomparsa" di Joyce Carol Oates

Scomparsa, Joyce Carol Oates
Mondadori
461 pagine, € 25,00
Chi è avvezzo ai libri di Joyce Carol Oates sa che le sue trame si possono riassumere con poche
parole, dando l’impressione di una certa linearità. Il problema si presenta quando il lettore tenta di andare più a fondo, di sbrogliare le fila di questa architettura “semplice”: a quel punto verrà colto da una sensazione asfissiante di deja-vu, un’inquietudine che mette radici nel subconscio e che vuole far emergere un ricordo. I libri della Oates ci toccano tutti nel profondo, nella nostra intimità di esseri umani, e così le vicende estranee, distaccate, quasi fredde, si trasformano in esperienze dolorose per il lettore che si è addentrato nel cuore della narrazione.

Di solito abbiamo un contesto, che è sempre americano: una borghesia benpensante, un luogo lindo e rassicurante, dimora di un personaggio colto. C’è il peccato, ovvero il rifiuto di adeguarsi al nitore di una vita agiata ma ricca di drammi personali. C’è la frattura, a cui segue, dopo un complesso percorso, la disfatta del protagonista.
Lo scontro di classe e l’ipocrisia fanno da contorno a una storia dove nessuno può essere assolto, tantomeno colui che dovrebbe essere la vittima – non di qualcun altro, ma del sistema: il povero, la ragazza nera, l’emarginato.

Scomparsa reitera, a grandi linee, gli schemi propri della Oates: in una famiglia benestante si consuma la tragedia della sparizione della figlia minore, Cressida, presumibilmente uccisa dall’ex fidanzato della maggiore, Brett Kinkaid. Eroe di guerra dal corpo e dal viso sfigurato, Brett è un ragazzo poco abbiente, cosa che non ha però impedito a Juliet Mayfield di innamorarsene.
Juliet e Cressida Mayfield sono due opposti destinati a non completarsi: la prima, “quella bella”, ha un carattere mansueto e aspirazioni domestiche; la seconda, “quella intelligente”, è un’adolescente insofferente, complicata e complessata, erudita, solitaria, forse affetta da una lieve forma di Asperger.
Il disegno che si va delineando attorno alla famiglia Mayfield, e in particolare attorno alle due sorelle, è torbido: Cressida influenza i suoi familiari al punto che loro stessi riescono a definirsi solo in sua funzione e di ciò che fa o non fa. Il padre, Zeno, incoraggia il talento artistico della ragazza; la madre, Arlette, ne subisce silenziosamente l’acredine; Juliet, infine, è condizionata dal permissivismo concesso solo alla sorella, in virtù del suo essere “speciale”.

A Cressida è conferito un potere di creazione e di distruzione, che userà – non si sa se in mala fede o meno – per rovinare la vita dei suoi cari, facendo in modo di sottrarre loro la sua presenza.
Scomparsa – come già Espiazione di Ian McEwan prima – è la parabola di un nucleo di vite cambiate per sempre dall’imprudenza e dall’egoismo di una ragazzina. Per Cressida non c’è, però, la giustificazione dell’innocenza, né l’ammenda, né la punizione: al contrario, viene vista fino alla fine come una vittima da proteggere, anziché come una carnefice. Poco importa, quindi, che la famiglia Mayfield sia andata in pezzi e un giovane militare abbia perso la libertà, poco importa che Juliet – l’unica che ha un moto di odio nei suoi confronti – abbia rinunciato all’amore della sua vita, se Cressida non lo ha fatto apposta.

Quello di chi scrive è, ovviamente, un giudizio parziale. L’autrice dissemina molti più dubbi di quelli che io ho deciso di risolvere addossando tutta la responsabilità alla protagonista, una persona confusa e in giovanissima età. Di oggettivo c’è la solidità della narrazione della Oates, una scrittura claustrofobica che pretende la massima attenzione e che si concede lunghissime digressioni a sfondo sociale – un intero capitolo sulle carceri americane. La trama, come accennato, è secondaria e lascia il posto all’introspezione psicologica, massiccia e quasi insopportabile perché costringe a entrare nelle menti disturbate e addolorate dei personaggi.
Leggere la Oates è un’esperienza ogni volta difficile ma doverosa, catartica, in grado di reallineare i pianeti e riconnetterci con il nostro emisfero emotivo, o, come dicevo all’inizio, con l’area della nostra mente che conserva i ricordi più atavici: il faticoso mese impiegato a leggere un suo romanzo diventa tempo dedicato alla costruzione della nostra identità.

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