domenica 4 marzo 2012

Intervista a Lara Manni: "nelle mie storie parlo di emozioni"

Lara Manni ha appena concluso, con Tanit -uscito lo scorso 17 febbraio con Fazi editore-, la trilogia fantastica che l'ha resa nota al pubblico, ma ha già in cantiere un nuovo libro. Tra immagini apocalittiche e romanzi di Stephen King, ecco l'intervista che ci ha gentilmente concesso. Noi le auguriamo un brillante futuro letterario!


Interview with...

Lara Manni





Malitia: Ciao Lara e benvenuta su Dusty pages in Wonderland!

Tanit, il romanzo di Lara Manni
dal 17 febbraio in libreria
Lara Manni: Grazie! Bentrovate a voi!

M: Anche Tanit finalmente è stato pubblicato. Come ci si sente a porre la parola "fine" dopo tre libri?

L: Non è un solo stato d'animo. Da una parte sollevate. Perché comunque si è riuscite a portare a termine una storia complessa. Dall'altra, è comunque la fine di un ciclo. Naturalmente, è anche un nuovo inizio. Insomma, con l'incertezza e anche l'euforia della strada che non si è ancora percorsa.

M: Già in Sopdet si notava una certa inclinazione alla riflessione di natura sociale o storica, e il principio di Tanit è infatti la crisi economica che ha colpito il paese e il mondo intero nel 2008. Nei tuoi libri l'atmosfera è imperniata di realismo, evidenziata, tra l'altro, dalla citazione di oggetti e situazioni comuni al nostro quotidiano.Perché conciliare fantasy ed attualità?

L: Perchè, nel mio modo di concepire il fantastico, non riesco a separarle. Non sto delineando un manifesto, intendiamoci. Questa è la strada che seguo io, e che seguono gli autori che amo. In "Duma Key", Stephen King scrive "Comincia da quel conosci". Ed è il mondo che io conosco, in cui vivo, o in cui hanno vissuto i miei genitori o i miei nonni, che mi interessa. Per farla breve, mi interessano gli esseri umani. Mi interessa il punto di frattura fra un mondo non reale e il nostr mondo. Raccontare cosa accade quando due mondi vengono a contatto, e le conseguenze che uno può avere ed ha sull'altro, è alla base del mio lavoro. Penso, anche, che raccontare quel che è noto possa dare credibilità a quello che noto non è. Infine, una storia fantastica è comunque, sempre, una storia di emozioni. Amore, dolore, paura, desiderio, rimpianto. Credo che tutte le storie siano tessute con le emozioni. Altrimenti, non potrebbero parlare al cuore di chi legge. Che sia un demone o un dio a camminare fra gli uomini, è quel che prova, e quel che provano gli esseri umani con cui viene in contatto, a interessarmi. Ecco.

M: E da Stephen King mi sembra che tu abbia carpito anche la particolarità di alcune tecniche narrative e l'amore per l'approfondimento psicologico...

L: Sì. Senza approfondimento psicologico non c'è storia, sempre a mio parere. Di lettrice, oltre che di autrice. Quanto alla tecnica: "On Writing" resta, per me, l'unico manuale di scrittura realmente valido. Semplice, diretto, contiene quella manciata di regole indispensabile per lavorare sulla propria lingua. Da King, ho appreso un'altra cosa: nessun fantasma, o mostro, o vampiro, può colpirti al cuore o terrorizzarti quanto i tuoi stessi sentimenti. Emozioni, ancora una volta. Quello che gli invidio è la "bonaccia": la capacità di far montare molto lentamente la tensione per scatenarla negli ultimi capitoli. In questo, resta maestro insuperato.


M: Esbat è stato pubblicato da Feltrinelli, mentre Sopdet e Tanit da Fazi editore. Tutti sappiamo però che il tuo esordio è stato in rete, grazie alle fan fiction. Com'è avvenuto il passaggio dal manoscritto alla pubblicazione?

L: Attraverso un agente. Le fan fiction sono il "grezzo" dei romanzi, equivalgono grosso modo a una prima stesura. Alla fine ne ho totalizzate cinque a romanzo. Giocoforza, direi. Almeno, secondo il mio modo di procedere la prima stesura avviene quasi sempre di getto. Poi, lascio "dormire" il testo per un bel po'. Sei mesi, possibilmente. Infine, comincio a lavorarci, prima aggiungendo e soprattutto togliendo. Poi, intervenendo sulle singole frasi, infine sulle singole parole.

M: Hai più volte ribadito, sul tuo blog, quanto le fan fiction siano un importante banco di prova per gli scrittori esordienti, e quanto sia ingiusto sottovalutarle o malgiudicarle. Siamo davvero così snob, in Italia?

L: Sì, lo siamo. In un senso e nell'altro. Lo siamo quando si dice (e accidenti se viene detto!) che letteratura e narrativa fantastica sono due cose separate. Lo siamo, sul fronte opposto, quando si giudica la medesima come serie B. E il fan writing come serie Z. Io ho sempre pensato che il fan writing sia antico come le storie. Rinarrare le possibili derivazioni da una stessa vicenda è qualcosa che si fa dai tempi immediatamente successivi a Omero. Peraltro, il fan writing attuale ha una marcia in più rispetto alle ormai decine di social network di scrittura: è disinteressato. Non è necessariamente finalizzato alla pubblicazione, intendo. E' piacere di condivisione, aiuto reciproco, anche critica feroce. A volte, critica malevola, certo. Ma più genuina di quella del mondo letterario ufficiale, a mio parere.

M: Ritornando a Tanit: per la sua stesura, oltre che dalla crisi economica, quanto sei stata influenzata dalle inverosimili previsioni apocalittiche sul 2012?

L: Per nulla! Quando l'ho scritto i Maya non erano ancora stati tirati fuori dal cilindro. Volevo un'atmosfera apocalittica: e nei fatti la vedevo. La crisi economica imminente si rifletteva nella rabbia, nelle piccole crudeltà quotidiane, in un tasso altissimo di violenza trattenuta che vedevo attorno a me tutti i giorni. E' stato soprattutto questo a ispirarmi.

M: Chi è Tanit?

L: La bambina nera, naturalmente. E poi, è il lato oscuro. La Dea - ogni Dea, e ogni Dio - ha sempre due aspetti, quello che crea e quello che distrugge. Axieros, nelle sue molte vite, li ha mantenuti entrambi. E tutti i miti della Grande Madre mantengono il dualismo. A pensarci bene, il dualismo fa parte della divinità stessa: un principio creatore e un principio distruttore. Luce e Tenebra. Tanit è tenebra, completamente.

M: Nel tuo libro compaiono anche due nuovi personaggi: Nadia e Brizio. Perché hai deciso di affidar loro il mestiere di falsari? C'è qualche implicazione psicologica?

L: No. Semplicemente ho conosciuto dei falsari e mi hanno sempre affascinato. Uomini e donne con un enorme talento artistico che copiano quadri famosi. Dovendo dare loro un mestiere, ho scelto questo. In effetti, sono falsari anche nella vita. Mentono sulla propria identità e sono costretti a mentire anche alle persone che amano. E poi, in effetti, essere un falsario significa rinunciare a proprio talento creativo originale. In un certo senso, senza fare spoiler, Nadia e Brizio sono costretti a essere ostili alla creazione artistica...

M: In quest'ultimo libro Ivy subisce una profonda maturazione, forse eccessiva considerata la sua giovane età. Nel libro si avverte anche un'atmosfera cupa e angosciosa di cui risentirà soprattutto Ivy. Anche la follia è un tema a te caro?

L: Più che la follia, il costeggiarla. Il poter perdere il controllo. La mancanza di lucidità. Come avveniva, in Esbat, alla Sensei. Sì, Ivy viene sottoposta a prove tremende, in Tanit. Come avviene a tutte le adolescenti: certo, non parliamo delle stesse prove. Ma l'intensità dei cambiamenti che si affrontano nell'adolescenza è tale che davvero può essere paragonata a una lotta con le forze del male. O all'incontro con la potenza del desiderio.

M: Tu, invece, com'eri a sedici anni? Avevi già la passione per la scrittura?

L: Ero molto simile a Ivy. Radicalizzavo tutto. Non ero nel club delle belle e vincenti e popolari. Leggevo disperatamente e facevo una tragedia per ogni piccolezza (cosa che tendo a fare ancora oggi, a dire la verità). La passione per la scrittura è stata negata e soffocata molto a lungo. Non mi sentivo all'altezza dei libri che leggevo. Le fan fiction sono state la prima cosa che ho scritto. Il primo tentativo di narrazione.

M: E i manga?

L: I manga sono venuti più tardi. Come lettura, intendo: gli anime in televisione li ho sempre guardati, ma i manga ho cominciato a leggerli molto più avanti. Amandoli perchè contengono molti "ibridi": molte sfumature fra bene e male, anche se il bene, infine, trionfa quasi sempre. E', appunto, quel costeggiare, quello stare sul confine: insomma, l'avrai capito, quello è il mio leit motiv.

M: Cosa scriverai, ora che la Trilogia è stata conclusa? Continuerai con il genere fantastico?

L: Sì. Ho già concluso un romanzo, che ha il titolo provvisorio de "Il gioco di Lavinia", ed è un preciso omaggio a Lovecraft in chiave femminile. Appena possibile, vorrei cominciare un romanzo più complesso e lungo, ambientato nel 1980.

M: Allora speriamo di rivederti presto in libreria! :)

L: Grazie! Intanto, continuo a scrivere racconti. Ogni tanto li dissemino in rete e forse prima o poi li raccoglierò in libro.

M: Allora spero che qualcuno vorrai concederlo a Dusty pages in Wonderland! Grazie mille per aver risposto alle mie lunghe domande, sei stata gentilissima! :)

L: Ma certo! Appena ho un po' di tempo per ragionarci, ne scriverò uno appositamente per voi. Grazie a te!


1 commento:

  1. anch'io come l'autrice non posso pensare di separa realtà e fantasy... solo rendendo un minimo credibile e attuale una storia la si può apprezzare
    inoltre ignoravo le fan fiction... grazie per la delucidazione (mado', quanto sò ignorante!)

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